L’uso dell’FGM riduce il rischio di ipoglicemia nei soggetti con diabete in emodialisi

Background: I dati a nostra disposizione sull’accuratezza del flash glucose monitoring (FGM) nei soggetti con diabete in emodialisi (HD) sono scarsi. In particolare, non vi sono dati prospettici sull’impatto di questa tecnologia sul controllo glicemico ed il rischio di episodi ipoglicemici in questa popolazione. Materiali e metodi: Abbiamo condotto uno studio prospettico, monocentrico, della durata di 12 settimane in 13 soggetti con DM in HD (11 maschi; età media 64±12.6 anni; età dialitica 2.9±1.4 anni) che non avevano mai utilizzato l’FGM. Lo strumento è stato applicato al momento dell’arruolamento; il sensore sostituito (a cura di uno sperimentatore, PF) ogni 14 giorni; i principali marcatori biochimici di controllo glicemico e le metriche FGM-correlate sono state valutate ogni 2 settimane per tutta la durata dello studio. Ai soggetti arruolati nello studio è stato chiesto di eseguire misurazioni accoppiate della glicemia capillare ed FGM per poter valutare l’accuratezza del sistema attraverso il calcolo della mean absolute relative difference (MARD). Risultati: La MARD mediana (valutazione eseguita su 546 misurazioni accoppiate) era del 19.2% (IQR, 9.9-29.9). Dopo 12 settimane, il “time below range” (TBR) 54-69 mg/dL e <54 mg/dL si è ridotto dal 4% (IQR 1.0-6.5) e 1% (IQR 0-2) al 2.5% (IQR 0.2-4.0) e 0% (IQR 0-7), rispettivamente (Figura). Il numero di eventi ipoglicemici giornaliero si è ridotto da 6 (IQR 1.5-9.5) eventi/die al baseline a 2.5 (2.0-6.5) dopo 10 settimane. A 12 settimane, il “time in range” (TIR, 70-180 mg/dL), il “time above range” (TAR, >180 mg/dL), HbA1c e fruttosamina non era significativamente differenti rispetto al baseline. La curva ROC ha mostrato che il “time in range” era maggiormente associato (AUC=0.686; P=0.011) alla variabilità glicemica (CV >36%) rispetto ai valori di HbA1c (AUC=0.592; P=0.372). Conclusioni: L’accuratezza dell’FGM è accettabile nei soggetti con DM in emodialisi. L’uso dell’FGM in questa popolazione sembrerebbe associarsi ad una riduzione del rischio di ipoglicemia.