MDH2: un nuovo gene -malattia identificato in famiglie con diabete multigenerazionale

Nell’ambito di uno studio che si propone di individuare nuovi diabetogeni in famiglie con diabete multigenerazionale non ascrivibile a mutazioni nei geni MODY, abbiamo identificato, mediante analisi dell’esoma, due mutazioni nel gene che codifica per la Malato Deidrogenasi 2 (MDH2) in due famiglie indipendenti.
Entrambe le mutazioni (c.154C>T p.R52C; c.478G>A p.V160M) mostrano un guadagno di funzione e segregano con iperglicemia in queste famiglie.
MDH2 è un enzima mitocondriale che catalizza l’ossidazione reversibile del malato ad ossalacetato riducendo il NAD+ in NADH, nel ciclo di Krebs, e che partecipa al sistema navetta malato-aspartato. Analisi di dinamica molecolare indicano che entrambe le mutazioni alterano significativamente la struttura molecolare di MDH2. Studi in vitro, in cellule HepG2 transfettate con cDNA di MDH2 wild tipe (WT) o mutato (T154 o A478), hanno evidenziato un aumento significativo dell’attività enzimatica (p<0,01) in entrambi i mutanti rispetto al WT, in assenza di differenze nei livelli di espressione della proteina. L’aumentata attività enzimatica di MDH2 è prevista ridurre il rapporto NAD+/NADH, condizione nota per alterare sia l’azione che la secrezione insulinica.
Studi in vivo condotti sul mutante R52C di C.elegans, ottenuto mediante editing con CRISPR/Cas9, hanno evidenziato un aumento significativo della sopravvivenza in presenta di alto glucosio (p <0,05), della resistenza al Paraquat (un agente ossidante) e dell’accumulo di lipidi nelle linee mutate rispetto a quelle WT. Questo fenotipo è sovrapponibile a quello osservato in C. elegans con segnale insulinico geneticamente alterato, condizione che nell’uomo provoca riduzione dell’azione e della secrezione insulinica. In conclusione, i nostri dati propongono MDH2 come nuovo gene-malattia per il diabete, le cui mutazioni in eterozigosi sono responsabili dell’iperglicemia in famiglie affette da diabete multigenerazionale.
Studio supportato da NIH e Società Italiana di Diabetologia.