XX Riunione scientifica annuale regionale SID-AMD, Regione Sardegna 30 novembre-1 dicembre 2018, Alghero

Diabete: una patologia complessa a valenza multidisciplinare

DOI: 10.30682/ildia1901m

[protected]

Scarica l’articolo in formato PDF

COMUNICAZIONI ORALI

Uso di un modello murino transgenico hla- dr3, dq2 per l’identificazione di peptidi immunodominanti di autoantigeni pancreatici

Simbula M2, Manchinu F2, Schirru E1, Caria C2, Marongiu MF2, Meloni A2, Rossino R1, Piludu M1, Cucca F2, Congia M2, Muntoni S1

1Università degli Studi di Cagliari; 2Istituto di Ricerca Genetica e Biomedica (CNR, Monserrato – Cagliari)

La popolazione sarda ha una delle incidenze più alte al mondo di diabete mellito autoimmune (T1D) (38/100.000 con insorgenza tra 0-14 anni) cui sono associate basso grado di eterogeneità genetica e alta frequenza dell’aplotipo HLA- DR3, DQ2. Questo aplotipo HLA conferisce un alto rischio non solo per il T1D, ma anche per altre malattie autoimmuni quali morbo celiaco e sclerosi multipla.

Obiettivi. I) Identificazione degli epitopi immunodominanti (riconosciuti dalle cellule T) degli autoantigeni pancreatici, attraverso l’immunizzazione di modelli murini transgenici HLA- DR3, DQ2 con questi autoantigeni, come la preproinsulina (PPI) e la glutammato carbossilasi (GAD65), al fine di isolare ibridomi T cellulari specifici. II) Sintesi di varianti peptidiche di questi epitopi in grado di legare la molecola HLA di classe II senza indurre l’attivazione delle cellule T. Materiali e Metodi. Animali tripli transgenici, HLA- DR3-DQ2, CD4 umano e knockout (KO) per le molecole murine di classe II IA, in background NOD (non obese diabetic mice), verranno immunizzati con gli autoantigeni umani PPI e GAD65 in modo da generare cellule T antigene specifiche. Queste cellule saranno fuse con la linea cellulare murina BW5147 per produrre ibridomi T cellulari. Le specifiche risposte delle cellule T verranno identificate stimolando l’ibridoma con peptidi overlappanti della PPI e della GAD65 attraverso la quantizzazione dell’IL-2 prodotta. La PPI e la GAD65 saranno sintetizzate in vitro, purificate e quantificate in modo da immunizzare ciascun animale con 100 ug di antigene. Il pepscan dei peptidi overlappanti verrà acquistato dalla Alphalyse Company. Risultati. Con l’obiettivo di migliorare la risposta delle cellule T e di generare un ibridoma T cellulare antigene specifico, l’animale transgenico HLA- DR3-DQ2, inizialmente ottenuto nel background C57BL/6, è stato incrociato con un modello murino KO per l’MHC di classe II murina, CD4 umano positivo, in background NOD. Questi animali sono ora disponibili per l’immunizzazione poiché possiedono il background di autoimmunità del topo NOD (i topi di questo ceppo sviluppano spontaneamente una patologia con caratteristiche molto simili al T1DM umano) in assenza delle molecole di classe II murine. Al momento una colonia di questi animali viene mantenuta nel nostro stabulario. Inoltre è stato costruito il vettore di espressione per la produzione in vitro delle proteine PPI e GAD65. Conclusioni. Con il presente studio ci proponiamo di identificare la porzione più immunogenica degli autoantigeni pancreatici PPI e GAD65, presentata dalle molecole HLA DR3 e HLA DQ2. Questa informazione potrebbe essere utilizzata per costruire varianti peptidiche in grado di legare le molecole HLA di classe II diabetogeniche senza indurre l’attivazione delle cellule T, fornendo un possibile peptide per un vaccino per il diabete di tipo 1.

Bibliografia: Muntoni S, Fonte MT, Stoduto S, Marietti G, Bizzarri C, Crinò A, Ciampalini P, Multari G, Suppa MA, Matteoli MC, Lucentini L, Sebastiani LM, Visalli N, Pozzilli P, Boscherini B, Muntoni S. Incidence of insulin-dependent diabetes mellitus among Sardinian-heritage children born in Lazio region, Italy. Lancet 1997 Jan 18; 349(9046): 160-2.

Congia M, Patel S, Cope AP, De Virgiliis S, Sonderstrup G. T cell epitopes of insulin defined in HLA-DR4 transgenic mice are derived from preproinsulin and proinsulin. Proc Natl Acad Sci USA  95: 3833-8, 1998.

Todd JA. Etiology of type 1 diabetes. Immunity 32: 457-67, 2010.

Patel SD, Cope AP, Congia M, Chen TT, Kim E, Fugger L, et al. Identification of immunodominant T cell epitopes of human glutamic acid decarboxylase 65 by using HLA-DR(alpha1*0101,beta1*0401) transgenic mice. Proc Natl Acad Sci USA 94: 8082-7, 1997.

ALTA PREVALENZA DI FRATTURE VERTEBRALI MORFOMETRICHE IN UNA COORTE DI SOGGETTI SARDI CON DIABETE MELLITO TIPO 2

Boi A, Salcuni AS, Cossu E

Struttura Complessa di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo, Azienda Ospedaliero-Universitaria di Cagliari, Presidio di Monserrato

Introduzione. Il diabete mellito tipo 2 (DMT2) è associato con un aumentato rischio fratturativo, ma la prevenzione e lo screening delle fratture non sono una priorità nella valutazione delle complicanze del DMT2. Obiettivo. Valutare, in una coorte di soggetti sardi affetti da DMT2, la presenza di osteoporosi, analizzando la densità minerale ossea (BMD), la prevalenza di fratture morfometriche vertebrali (VMfx) asintomatiche e ricercare quali parametri si associno al rischio di VMfx. Risultati. Abbiamo arruolato 102 DMT2 (75F, 28M), con età media di 69±8 anni, durata di malattia di 9±7 anni e discreto grado di compenso glicometabolico sulla base della media dell’HbA1c degli ultimi due anni (6.8±0.9). La valutazione della BMD mostra la presenza di osteoporosi in 39 su 102 soggetti (38%). La valutazione delle fratture asintomatiche, mediante analisi di morfometria vertebrale, mostra la presenza di VMfx nel 64% (65 su 102 soggetti) ed evidenza di fratture multiple nel 69% di essi. L’unico parametro che è risultato associarsi al rischio di frattura è stato il compenso glicemico inteso come la media dell’HbA1c degli ultimi due anni (p<0.03), mentre nessuna correlazione è stata trovata con la durata di malattia, le complicanze croniche del diabete e parametri di metabolismo fosfo-calcico. Conclusioni. I dati preliminari del nostro studio mostrano come l’osteoporosi sia una complicanza frequentemente osservata nel paziente diabetico e andrebbe valutata routinariamente come complicanza cronica. In considerazione dell’alta prevalenza di fratture asintomatiche sarebbe inoltre utile associare sempre alla BMD lo studio morfometrico vertebrale.

Intervento sullo stile di vita in pazienti con obesità e sindrome delle apnee ostruttive nel sonno (OSAS)

Boi A1, Contis M1, Collu G1, Sanna U1, Pisanu S2, Casula E2, Loi E1, Puligheddu M1, Loviselli A1, Velluzzi F1

1Dipartimento di Scienze Mediche e Sanità Pubblica, Università degli Studi di Cagliari; 2Dipartimento di Scienze biomediche, Università degli Studi di Cagliari

Scopo del lavoro, inserito in uno studio sulle relazioni tra obesità e disturbi del sonno, è quello di valutare l’efficacia di un intervento multidisciplinare di modifica dello stile di vita, in pazienti con obesità e OSAS. Il campione studiato finora è costituito da 12 pazienti (5 M, 7 F), di età media di 51±7 anni, sottoposti ad una valutazione multidisciplinare (clinica, antropometrica, motoria, nutrizionale e della qualità della vita), al momento della prima osservazione ambulatoriale (T0) e dopo 12 mesi dall’inizio di un programma di intervento nutrizionale-motorio individualizzato (T1). Al confronto T1-T0, si è osservato un miglioramento di tutti i parametri antropometrici e clinici, significativo per il peso corporeo, il BMI, la FFM, la CA, la CC e soprattutto per il punteggio relativo al grado di sonnolenza diurna, ESS, che ha presentato una riduzione del valore medio (p=0,001), nonché dei valori individuali. Per quanto riguarda lo stile di vita, si è rilevata una riduzione significativa dell’introito calorico medio giornaliero (p=0,04), dell’apporto di colesterolo (p=0,04), un aumento significativo dell’aderenza alla dieta mediterranea (p=0,001) e del dispendio energetico settimanale (p=0,008). La composizione percentuale in macronutrienti e l’apporto giornaliero di fibre, benché migliorati non hanno raggiunto valori significativi. Infine la valutazione della qualità della vita attraverso l’SF-36 ha mostrato un miglioramento di diverse scale, significativo per quelle relative all’Attività Fisica e alle Attività Sociali. I nostri risultati ancora preliminari, confermano l’efficacia dell’intervento sullo stile di vita nel trattamento dell’obesità e delle sue comorbidità. Relativamente all’OSAS, la significativa riduzione del punteggio ottenuto con il questionario ESS, in attesa della conferma polisonnografica, suggerisce che il trattamento nutrizionale e motorio individualizzato costituisce un supporto e forse in qualche caso un’alternativa al trattamento “gold standard” con CPAP. Il miglioramento della qualità della vita potrebbe essere un fattore di rinforzo motivazionale nei confronti dell’aderenza al programma terapeutico.

Valutazione anticorpale, tiroidea e screening metabolico longitudinale in familiari di diabetici tipo 1

Satta C1, Incani M1, Serafini C1, Rodia R1, Meloni P1, Soro M3, Frongia AP4, Ricciardi MR4, Ripoli C5, Taberlet A1, Mariotti S1, Baroni MG2, Cossu E1

1Dipartimento di Scienze Mediche e Sanità Pubblica, Università degli Studi di Cagliari; 2Dipartimento di Medicina Sperimentale, Sapienza Università di Roma; 3Pediatria Ospedale Oristano; 4Pediatria Ospedale Brotzu Cagliari; 5Clinica Pediatrica, Ospedale Microcitemico, Cagliari

Introduzione. Il diabete mellito tipo 1 (DMT1) è una malattia multifattoriale. I familiari di I grado (First degree relatives – FDR) dei diabetici condividono con loro parte del “background” genetico e ambientale. Il DMT1 può associarsi anche ad altre patologie autoimmuni. Scopo. Considerando l’incidenza di DMT1 in Sardegna abbiamo valutato la prevalenza degli anticorpi contro la beta cellula (AbDM) nei FDR di diabetici sardi ed il follow-up glico-metabolico dei parenti AbDM+. Considerato poi che nella popolazione sarda vi è una prevalenza di anticorpi contro gli antigeni tiroidei (AbTir) di circa il 16% abbiamo voluto dosarli in 99 FDR. Materiali e Metodi. Sono stati screenati 538 FDR dosando GADA, IA2-A, IAA e ZnT8-A. I soggetti AbDM+ hanno eseguito poi curva da carico di glucosio (OGTT). Sono stati poi prelevati per AbTg e AbTPO 99 familiari. Risultati. Dei soggetti studiati 60/538 (11.5%) sono risultati positivi ad almeno un AbDM; di questi 54 hanno eseguito OGTT. Al follow-up 11 sono diventati diabetici (20.3%) e 10 hanno presentato altre alterazioni glucidiche. Gli FDR che hanno sviluppato DM erano positivi per più di un AbDM; la presenza di 2 o più AbDM ha un certo impatto sulla comparsa di malattia (p<0.001), con un intervallo di tempo nella comparsa di 28.8±24.7 mesi. Dei 99 soggetti studiati per AbTir, di cui 55 positivi per AbDT1 (55,6%) e 44 negativi (44,4%), 48 (48,5% della popolazione) sono risultati positivi ad almeno un AbTir. La prevalenza di AbTir nei soggetti AbDM+ è del 50,9% (28/55), mentre nei soggetti AbDM- del 45,5% (20/44). Non è stata osservata differenza statisticamente significativa nella prevalenza di AbTir in relazione alla presenza/assenza di AbDM. Conclusioni. Lo studio ha dimostrato un’elevata prevalenza di autoimmunità β-cellulare nei FDR di diabetici sardi, paragonabile a quanto osservato in Finlandia. Un rischio maggiore di sviluppare DMT1 è stato osservato in FDR che presentavano 2 o più AbDM. La parentela di I grado con un diabetico tipo 1 aumenterebbe il rischio di sviluppare AbTir; rispetto alla prevalenza anticorpale osservata nella popolazione sarda, la prevalenza tra i parenti risulta essere elevata (48,5%).

PREVALENZA DI ALTERAZIONI GLICEMICHE IN DONNE SARDE CON PREGRESSO GDM ED AUTOIMMUNITÀ DIABETE-RELATA

Belfiori E2, Incani M2, Pani MG2, Gattu G2, Satta C2, Baroni MG3, Cossu E1

1UOC di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo, PO Duilio Casula, Monserrato, AOU Cagliari; 2Dipartimento di Scienze Mediche e Sanità Pubblica, Università degli Studi di Cagliari; 3Dipartimento di Medicina Sperimentale, Sapienza Università di Roma

Background. Il diabete gestazionale (GDM) è il disturbo di più frequente riscontro in gravidanza e rappresenta un fattore di rischio per lo sviluppo di diabete nel post-partum. La prevalenza del GDM varia tra il 2 ed il 17% a seconda del background genetico e della popolazione in studio. Una piccola percentuale delle pz. GDM (circa il 10%) presenta una forma autoimmune. Obiettivi. Stabilire la prevalenza ed individuare eventuali fattori predittivi di autoimmunità diabete-relata in una popolazione di donne sarde affette da GDM. Inoltre, attraverso un follow-up post-gravidico, valutare la prevalenza di alterazioni glicemiche in funzione dello status autoimmunitario diabete-specifico. Metodi. Sono state reclutate 125 donne affette da GDM. I dati clinici e gli outcome della gravidanza sono stati ottenuti mediante colloquio clinico o recall telefonico. Gli anticorpi GADA, IA2-A, IAA, ZnT8-A sono stati dosati sull’intera popolazione al baseline e, nelle donne anticorpo-positive, al momento del follow-up. Risultati. La prevalenza globale di autoimmunità è stata del 6,4% (8/125). Non sono state individuate caratteristiche fenotipiche predittive di GDM autoimmune per quanto riguarda: età, BMI, familiarità per diabete mellito, presenza di altre patologie autoimmuni e terapia insulinica. I dati preliminari relativi alle 64 pz. che hanno aderito al follow-up evidenziano una differenza statisticamente significativa (p<0.05) tra le due popolazioni di gestanti con positività e, rispettivamente, negatività agli autoanticorpi per quanto concerne lo sviluppo di alterazioni del metabolismo glucidico (IFG, IGT, DM) nel post-gravidanza. Conclusioni. La prevalenza di autoimmunità diabete-relata nella nostra popolazione di donne sarde affette da GDM non discorda da quelle rilevate in altri studi in riferimento alla popolazione italiana. Non si sono evidenziate caratteristiche fenotipiche in grado di predire l’insorgenza di forme autoimmuni di GDM, tuttavia la positività autoanticorpale diabete-specifica correla in maniera statisticamente significativa con un maggior rischio di sviluppare alterazioni del metabolismo glucidico successivamente alla gravidanza.

DIABETE TIPO 1 ED EPATITE AUTOIMMUNE IN GRAVIDANZA: OUTCOME OSTETRICO

Puggioni GF, Boi M, Urrai L, Zoccheddu S1, Madau G, Succu AO, Clausi C1*

Patologia Ostetrica, UOC Ostetricia e Ginecologia, 1Diabete in gravidanza, UOC Diabetologia e malattie metaboliche, Ospedale S. Martino, Oristano, ATS Sardegna

Introduzione e Scopo. Le donne in età fertile affette da epatite autoimmune (AIH) hanno oggi la possibilità di diventare madri e affrontare una gravidanza. Tuttavia la progressione della malattia in gravidanza non ė ancora ben chiarita. Sono riportati casi con esito infausto a causa dello svilupparsi di complicanze severe come eventi tromboembolici, disordini infiammatori e attivazione del sistema autoimmune. È rara l’associazione in gravidanza di AIH con il diabete tipo 1 (DMT1). Obiettivo di questo lavoro è stabilire l’outcome della gravidanza nell’AIH associata a DMT1. Descriviamo un caso seguito dal nostro team in cui coesistevano DMT1 e AIH in gravidanza. Descrizione del caso. Si tratta di una donna di 35 anni affetta da DMT1 dall’età di 13 anni, retinopatia pre-proliferante già trattata con laser, nefropatia diabetica incipiente, tiroidite di Hashimoto e AIH tipo 1. È stata effettuata una stretta sorveglianza del benessere fetale con l’obiettivo di escludere complicanze materne che avrebbero potuto compromettere l’esito gestazionale. Durante il corso della gestazione la patologia autoimmune non ha mostrato esacerbazioni. Non si sono verificate complicanze materne e la retinopatia non ha subito ulteriore evoluzione. La paziente è stata trattata con azatioprina e prednisone per la terapia dell’AIH. Dal primo trimestre è stata aggiunta metildopa per trattare l’ipertensione arteriosa. Si è riscontrata una notevole instabilità glicemica nella prima parte della gestazione e questo ha richiesto una modulazione della terapia insulinica. Il parto è stato indotto mediante l’utilizzo delle prostaglandine per via vaginale alla 38ª settimana completa di gestazione con nascita di un neonato di sesso maschile di 2860 grammi in buono stato di salute. Conclusioni. AIH é una patologia del fegato che interessa primariamente le donne e molte di loro si ammalano durante l’età fertile. Pochi report sono reperibili in letteratura sull’esito della gravidanza in donne affette sia da AIH che da DMT1. La gravidanza e il parto in donne con DMT1 associato a AIH appaiono sicuri a patto che la gravidanza stessa sia seguita meticolosamente da parte di un team multispecialistico.

QUALITà E APPROPRIATEZZA ASSISTENZIALE NEL DIABETE IN GRAVIDANZA

Puggioni GF, Urrai L, Boi M, Zoccheddu S1, Madau G, Succu AO, Clausi C1*

Patologia Ostetrica, UOC Ostetricia e Ginecologia, 1Diabete in gravidanza, UOC Diabetologia e malattie metaboliche, Ospedale S. Martino, Oristano, ATS Sardegna

Introduzione e Scopo. Si riscontra una certa mancanza di consenso internazionale e sotto diversi aspetti anche nazionale, sul management del diabete in gravidanza, in particolare del diabete gestazionale. Una survey britannica del 2003 indicava che gli outcome gestazionali per le donne con diabete tipo 1 e 2 erano subottimali e recenti survey sempre inglesi suggeriscono un non miglioramento significativo degli esiti. Inoltre sia a livello internazionale che anche nazionale la stessa qualità delle cure per le donne con diabete è variabile. Scopo di questo lavoro è quello di capire come e realizzare un miglioramento dell’assistenza e dell’appropriatezza nelle cure della donna in gravidanza con diabete. Metodi. Siamo partiti alcuni anni fa considerando le distanze e i vuoti tra le conoscenze culturali e l’agire medico delle nostre rispettive discipline. Abbiamo condotto delle discussioni anche sotto forma di audit su alcuni casi campione di gestione non appropriata arrivando alla chiarificazione delle misure per elevare i livelli assistenziali nella donna in gravidanza con diabete. Risultati. Uno dei risultati più evidenti è la possibilità di erogare l’assistenza specialistica da parte del team nello stesso lasso temporale utilizzando un percorso condiviso. Le criticità maggiori erano legate al timing del parto, alla terapia insulinica, alla supplementazione con folati, alla terapia con aspirina nel DMT1 per la profilassi della preeclampsia. Abbiamo anche adottato modelli univoci per la stima dell’accrescimento fetale e implementato i criteri per la sorveglianza materno-fetale. Conclusioni. Riteniamo che il riferimento ad un’unica linea guida internazionale largamente condivisa anche se non universalmente adottata sia la base per migliorare l’appropriatezza degli interventi sanitari sul tema del diabete in gravidanza. Nella nostra esperienza un ruolo chiave nel miglioramento è stato la rivalutazione del team che assiste la donna in gravidanza e nel salvaguardare la specificità ostetrica e perinatale, consentendo anche quel travaso di esperienze e di cultura specialistica da cui non si può prescindere per una moderna assistenza della donna in gravidanza con diabete.

PUÒ IL TEATRO, APPARENTEMENTE COSÌ LONTANO DAL MONDO SCIENTIFICO, DIVENTARE PARTE INTEGRANTE DI UN PROCESSO CURATIVO MULTIDISCIPLINARE? … UN LIBRO NE PARLA…

il Teatro del Vissuto per un nuovo accompagnamento dei pazienti

Lo staff* medico-teatrale del Teatro del Vissuto a Cagliari: Luciano Carboni, Maria Pia Turco, Rita Atzeri, Fausto Siddi, Daniela Spissu, Monica Marcias, Roberto Lamonica

*Associazione per il Diabete e le Cronicità, Cagliari

Da 15 anni questo teatro (TdV) innovativo e originale fa emergere ed evolvere il vissuto silenzioso, pesante, doloroso e spesso paralizzante di malati cronici, medici, operatori sanitari, sociali e umanitari, e anche educatori e formatori. Si propone laddove alberga l’insoddisfazione (terapeutica).

Nato per intuito e volontà di Jean-Philippe Assal, padre in Europa dell’educazione terapeutica, si è poi diffuso nel mondo: oggi è attività mensile in diabetologia nella sua Ginevra, a Parigi (Sampitriere) e Antanarive. A Cagliari oggi Luciano Carboni e Maria Pia Turco, inizialmente accompagnati e tuttora supportati da Jean-Philippe, coordinano uno staff medico-teatrale di TdV tutto sardo, con continuità dal 2010, trenta edizioni, una sede stabile e un follow-up importante per numerosità e per risultati a lungo termine. Ora un libro ne parla. Partiti dal diabete, sono approdati in altri mondi della cronicità: Parkinson, sclerosi multipla, obesità, disturbi del comportamento alimentare…, cancro… e anche l’età che avanza… “Abbiamo ‘scoperto’ il vissuto!”… “influenza la vita e, nella malattia, il trattamento: influenza chi ha necessità di applicarlo e chi trattamento propone…”. Ha influenze negative, a volte paralizzanti, quel vissuto che resta nascosto, quello occultato e occasionalmente e inopportunamente risvegliato dalle quotidianità. Troppe energie si consumano per ricondurlo al suo silenzio o tenerlo nell’oscurità. Poche così ne restano per dare impulso alla vita, per la realizzazione di sé e, se c’è malattia, per quella “presa in cura” che dipende da noi. Il TdV: tre giorni successivi dove sei partecipanti – che non recitano e in assenza di pubblico – hanno a disposizione un teatro tutto per sé e uno staff medico-teatrale dedito a permettere che quel vissuto emerga, venga espresso, diventi l’opera d’arte che la messa in scena consente, venga condiviso e “si trasformi”; rimane su quel palcoscenico tutta l’emotività che lo caratterizzava e si libera così quell’energia che si rende disponibile per una ripartenza, per la cura di sé e… per la vita.

In tre giorni!

Potenza di medicina, teatro, arte, educazione, cura …e della loro contaminazione reciproca.

poster

Microbiota intestinale e obesità: studio di un campione di pazienti diet-free

Pisanu S2, Casula E2, Deledda A1, Sale F1, Cois C1, Boi A1, Palmas V2, Loi E1, Manzin A1, Loviselli A1, Velluzzi F1

1Dipartimento di Scienze Mediche e Sanità Pubblica, Università degli Studi di Cagliari; 2Dipartimento di Scienze Biomediche, Università degli Studi di Cagliari

Lo scopo del presente lavoro è stato quello di caratterizzare il microbiota intestinale (GM), attraverso la raccolta dei campioni fecali, in 18 individui obesi adulti (BMI=35.4±5.3), 10 dei quali affetti da sindrome metabolica e che al momento del reclutamento non seguivano alcun programma nutrizionale specifico da almeno dodici mesi (diet-free, DF), e in 10 soggetti normopeso sani come controllo (NW; BMI=22.2±2.0), tutti di sesso femminile. Inoltre, in 10/18 pazienti DF, abbiamo confrontato la composizione del GM prima e dopo tre mesi di un trattamento multidisciplinare, comprendente un programma nutrizionale personalizzato. Le librerie genomiche sono state generate utilizzando primers specifici per le regioni V3 e V4 dell’RNA ribosomiale 16S e il kit Nextera XT index (Illumina, inc.). I campioni sono stati sequenziati e analizzati con la piattaforma Illumina MiSeq, la 16S metagenomics app e il MiSeq Reporter software. Nei pazienti obesi DF, si sono osservati un aumento del phylum Chloroflexy e una riduzione dei phyla Cyanobacteria e Verrucomicrobia, un aumento di Prevotellaceae e Prevotella e una riduzione dei generi Flavobacterium, Lachnospira, Clostridium e Alkaliphilus. Inoltre, nei pazienti DF, sono risultate più abbondanti le specie Akkermansia muciniphila, Bacterioides plebeius e Bifidobacterium longum, e ridotte le specie Roseburia faecis, Lachnospira pectinoschiza, Alkaliphilus crotonatoxidans, Parabacteriodes merdae, Blautia coccoides e diverse Bacteroides spp. Dopo il trattamento, abbiamo rilevato una riduzione del phylum Actinobacteria, della famiglia Bifidobacteriaceae e del genere Bifidobacterium e un aumento della famiglia Clostridiaceae, mentre non è risultata significativa la riduzione del rapporto Firmicutes/Bacteroidetes, così come non è emersa alcuna correlazione significativa tra le variazioni del microbiota e quelle dei parametri antropometrici. I pazienti obesi DF presentavano un aumento di batteri produttori di acidi grassi a catena corta e/o proinfiammatori. I risultati mostrati sono ancora preliminari e saranno implementati con l’ampliamento della casistica e il prolungamento del follow-up.

Diabete Mellito tipo 1 e Neuropatia Autonomica: valutazione delle alterazioni cardiovascolari

Serafini C1, Bulla JS1, Pani MG1, Incani M1, Baroni MG2, Cossu E1

1Dipartimento di Scienze Mediche e Sanità Pubblica, Università degli Studi di Cagliari; 2Dipartimento di Medicina Sperimentale, Sapienza Università di Roma

Background. Si definisce neuropatia autonomia cardiovascolare (CAN) un’alterazione del controllo autonomico del sistema cardiovascolare, in assenza di altre cause. Le manifestazioni cliniche possono essere intermittenti; le principali sono la tachicardia a riposo, l’intolleranza all’esercizio fisico e l’ipotensione ortostatica. La diagnosi richiede oltre alla valutazione clinica l’uso dei test cardiovascolari (CV): Deep breathing, Lying to standing, Manovra di Valsalva e test dell’ipotensione ortostatica. Inoltre, possono essere d’ausilio il monitoraggio ambulatoriale della pressione arteriosa (ABPM) e la variabilità di frequenza cardiaca (HRV). Scopo del presente studio è stato valutare le possibili alterazioni cardiologiche precoci associate alla CAN. Materiali e Metodi. 40 pazienti sardi affetti da T1DM, afferenti all’ambulatorio di Diabetologia del Policlinico Duilio Casula di Monserrato, hanno effettuato test CV per la diagnosi di CAN, ECG Holter, ABPM.

Risultati. All analisi dellaHRV abbiamo osservato differenze statisticamente significative nel Total Spectral Power (TSP), LF e HF allHanalisi nel dominio di frequenza. È emersa una riduzione del TSP nei pazienti con CAN (p<0,05), rilevata in maniera più evidente nelle ore notturne (p<0,01). Nella valutazione del ABPM abbiamo evidenziato una differenza significativa nella pressione arteriosa (PA) media, sia sistolica che diastolica, soprattutto nelle rilevazioni pressorie notturne (p<0,05). Conclusioni. Il TSP è un indice globale di funzione autonomica; ciò suggerisce la presenza di una compromissione dell’intero sistema nervoso autonomo. La variazione dei valori di PA sistolica tra le ore diurne e notturne si è rivelata ridotta negli affetti da CAN, evidenziando una ridotta variazione circadiana della PA, suggerendo un ruolo della neuropatia nel favorire il fenomeno del  non-dipping. La CAN nei pazienti T1DM ha un effetto negativo sulla funzione cardiovascolare. Il riconoscimento di tale condizione può avere un impatto sulla prognosi: è stato osservato che piccole differenze pressorie tra giorno e notte si associano ad un rischio maggiore di complicanze cardiovascolari e di danni ad altri organi.

DIABETE MELLITO (DM) E AUTOIMMUNITÀ: RUOLO DEGLI ANTICORPI ANTI TRASPORTATORE DELLO ZINCO (ZNT8AB). STUDIO IN UNA POPOLAZIONE AD ALTO RISCHIO

Marini G2, Incani M2, Bulla JS2, Serafini C2, Cossu E1

1UOC di Endocrinologia e Malattie del Metabolismo, PO Duilio Casula, Monserrato, AOU Cagliari; 2Dipartimento di Scienze Mediche e Sanità Pubblica, Università degli Studi di Cagliari

Introduzione. Il DM è una patologia multifattoriale che necessita di test precisi per la diagnosi differenziale. Un test ideale discrimina con certezza i malati dai sani e, quando ciò non avviene come nel caso delle variabili continue e quindi anche degli anticorpi (Ab) contro la β-cellula, è utile calcolare il grado di incertezza della classificazione. Attualmente vengono utilizzati come marcatori gli Ab rivolti verso la decarbossilasi dell’acido glutammico, l’insulina, la tirosina-fosfatasi e ZnT8.  Scopo. Valutare l’accuratezza diagnostica del metodo per il dosaggio di ZnT8Ab, determinare un valore di riferimento ottimale e stimarne il ruolo come marcatore in una popolazione a rischio per DMT1. Materiali e Metodi. Sono stati studiati 390 soggetti sardi (UOC di Endocrinologia e Diabetologia dell’AOU Cagliari): 130 DMT1 e 260 controlli (OGTT normale, non autoimmunità e familiarità per DMT1). Per determinare la concentrazione sierica degli ZnT8Ab è stata utilizzata la metodica ELISA (RSR Limited, Cardiff, UK; v.n.<15u/ml, borderline: 10-15 u/ml). L’Osservatorio Epidemiologico Sardo ha stimato una prevalenza del 10% di DMT1 tra la popolazione totale diabetica e 0,58% nella popolazione totale. È stata costruita una curva ROC con un approccio di tipo bayesiano, che tiene conto della prevalenza della patologia (probabilità per-test) e riduce il rischio di falsi positivi. Risultati. Tra i DMT1 la positività per ZnT8Ab, singola e/o combinata, è 56,1%, mentre tra i controlli la positività singola è 1,5%. La validità delle presunzioni fatte nell’impostazione pratica spiega l’utilità di un determinato approccio per la determinazione di un cut-off di riferimento e rende alcuni metodi preferibili rispetto ad altri. I risultati di questo studio propongono un cut-off di >32 u/ml, che massimizza la specificità (100%) a discapito di una più bassa sensibilità (48,46%). Conclusioni. È stata valutata la performance diagnostica degli ZnT8Ab in un’ampia casistica di DMT1 in Sardegna. A nostra conoscenza questo studio è il primo che valuta la performance diagnostica del ZnT8A con l’analisi ROC, uno dei capisaldi della standardizzazione delle tecniche di laboratorio.

[/protected]