Vulnerabilità di placca aterosclerotica e diabete mellito: un substrato molecolare per l’elevato rischio cardiovascolare

Francesco Cipollone, Donato Santovito
Istituto di Clinica Geriatrica e Centro di Eccellenza Europeo e di Riferimento Regionale per l’Aterosclerosi, l’Ipertensione Arteriosa e le Dislipidemie, Università degli Studi di Chieti-Pescara “G. D’Annunzio”

Il diabete mellito e le malattie cardiovascolari sono entità profondamente collegate tra loro e che condividono nume- rose caratteristiche fisiopatologiche. La rilevanza clinica di tale associazione è dimostrata dall’evidenza, derivante da numerosi studi epidemiologici, che i pazienti affetti da diabete mellito hanno una incidenza di infarto miocardico molte volte superiore a quella della popolazione generale. In particolare, uno studio finlandese ha dimostrato come l’incidenza a 7 anni di infarto miocardico nel paziente diabetico sia assimilabile a quella dei pazienti in prevenzione secondaria (1). Tale studio rappresenta una delle evidenze più solide che ha consacrato il diabete come condizione ad elevato rischio cardiovascolare, tanto da essere incluso nella categoria di rischio “evento-equivalente” nelle linee gui- da di prevenzione cardiovascolare dell’ATP-III. Sebbene evidenze più recenti suggeriscano che il rischio cardiovascolare del paziente diabetico possa non raggiungere perfettamente quello della prevenzione secondaria, la mortalità di circa il 68% dei pazienti diabetici con età superiore ai 65 anni è spiegata dalla cardiopatia ischemica, ed un ulteriore 16% è spiegato dallo stroke ischemico, entrambi manifestazioni della malattia aterotrombotica (2). D’altro canto, la maggior parte dei pazienti con evento coronarico acuto, anche in assenza di pregressa diagnosi di diabete, dimostra di avere uno stato di insulino-resistenza o di franco diabete mellito (3).