Fortunato D’Ancona1, Vincenza Gianfredi1,2, Francesco Vitale3
1Istituto Superiore di Sanità, Roma; 2Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva, Dipartimento
di Medicina Sperimentale, Università degli Studi di Perugia; 3Università degli Studi di Palermo
DOI: 10.30682/ildia1804d
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Introduzione
I vaccini costituiscono uno degli interventi di sanità pubblica più efficaci, sicuri e più costo-efficaci (1). Grazie al diffondersi delle vaccinazioni è stato possibile eradicare completamente alcune malattie infettive, come il vaiolo, mentre per altre invece, come poliomielite, difterite e tetano se ne è ridotta drasticamente la diffusione. Vaccinarsi, non solo riduce la probabilità di contrarre una determinata patologia infettiva, ma diminuisce il rischio di complicanze e morte. Il valore della vaccinazione, però, non risiede solo nella protezione dell’individuo immunizzato, ma ha un alto valore etico e sociale poiché, per alcune malattie e in presenza di coperture vaccinali molto elevate, riducendo la circolazione del microrganismo, essa è in grado di indurre una protezione collettiva, detta anche herd immunity. Tale effetto è di particolare importanza per tutti coloro che, per condizioni di salute, deficit immunitari, terapie immunodepressive o età non possono effettuare la vaccinazione o nei quali la vaccinazione offre una protezione ridotta.
Il valore della vaccinazione è ampiamente riconosciuto dalla comunità scientifica e l’Organizzazione Mondiale della Sanità sia nel Global Vaccine Action Plan 2011-2020 (2) sia nel relativo European Vaccine Action Plan 2015-2020 (3), enfatizza la sua importanza, riconoscendo la necessità che ogni individuo “possa godere di una vita libera dalle malattie prevenibili da vaccinazione”.
In Italia il Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale (PNPV) 2017-2019 (4) del Ministero della salute riconosce gli stessi principi e con maggior forza, rispetto alle edizioni precedenti, sottolinea l’importanza della vaccinazione durante tutto il corso della vita. Nel calendario vaccinale nazionale, sono state riportate, infatti, non solo le vaccinazioni da effettuare nei primi anni di vita, ma anche le vaccinazioni da effettuare durante l’adolescenza e l’età adulta, così come le vaccinazioni raccomandate per soggetti a rischio. Il calendario vaccinale individua la tempistica delle vaccinazioni, stabilita sulla base dell’epidemiologia dell’infezione, verso cui è rivolta, e dallo stato immunitario del soggetto sottoposto a vaccinazione (ad esempio stato di maturità del sistema immunitario nel bambino, livello di CD4 nel soggetto affetto da HIV). Inoltre, il PNPV, partendo dall’analisi delle priorità, tra le quali rafforzare e mettere a sistema l’attenzione per i gruppi fragili, stabilisce una serie di obiettivi da perseguire, in particolare quello di garantire l’offerta attiva e gratuita delle vaccinazioni nelle fasce d’età e nei soggetti affetti da alcune condizioni di rischio, tra cui le persone con il diabete.
È quindi importante sottolineare che a fronte di molti vaccini disponibili sul mercato, il PNPV indica chiaramente quelli da offrire in maniera attiva e gratuita in specifiche popolazioni (per età o per condizioni) e quelli raccomandati in alcuni soggetti e in alcune situazioni, seppure a parziale o a totale carico del cittadino.
In un’ottica di sanità pubblica, una offerta attiva e gratuita implica che lo Stato affronti un costo per il benessere dei cittadini, proteggendoli dalle malattie prevenibili nelle condizioni di maggiore rischio. Questo obiettivo viene perseguito su base nazionale tramite il PNPV, che si identifica come documento strategico finalizzato a garantire il massimo della protezione in ambito vaccinale con le risorse disponibili.
Sebbene l’offerta vaccinale possa variare tra le Regioni, sia in termini di vaccini sia in termini di calendario, le Regioni devono offrire al cittadino almeno quanto inserito nel PNPV. Questo grazie all’inserimento dei vaccini del PNPV tra i livelli minimi di assistenza (LEA), ovvero tra le prestazioni essenziali che tutte le regioni devono garantire (5).
Il diabete, la risposta immunitaria e i rischi infettivi
I pazienti diabetici sono considerati soggetti a rischio poiché la loro condizione li espone a un maggior rischio di contrarre patologie infettive e di sviluppare complicanze gravi fino alla morte (6). Raccomandare le vaccinazioni nei soggetti con diabete è di fondamentale importanza in considerazione di numerosi fattori tra cui l’alterazione delle difese immunitarie, la condizione di multi-morbilità, il crescente svilupparsi di microrganismi resistenti ai farmaci (antimicrobico-resistenza), la storia cronica della patologia diabetica, la difficoltà nella gestione della glicemia e le sue complicanze, così come l’allungamento dell’età dei soggetti e il conseguente aumento di fragilità (7). Il diabete, infatti, induce una alterazione della risposta immunitaria perché riduce la risposta anticorpale, determina una alterazione nella risposta cellulo-mediata e leucocitaria, e induce una diminuzione del rapporto CD4/CD8 con conseguente riduzione della funzionalità delle cellule natural killer, dell’azione fagocitica dei monociti, una riduzione dell’efficacia dell’interleukina 2 e una blastogenesi di linfociti minore (8). Queste alterazioni predispongono concretamente il soggetto con diabete a una minore capacità di contrastare le infezioni, esponendolo a un maggior rischio di alcune malattie infettive gravi come batteriemie, polmoniti e meningiti. Inoltre, possono essere le infezioni stesse a determinare una alterazione del controllo glicemico, come ad esempio l’influenza.
Un altro aspetto importante è il sistema di monitoraggio e assistenza al paziente diabetico stesso. Infatti, la necessità periodica di verifica dei livelli di glicemia, attraverso la valutazione dei livelli di glucosio misurati su sangue periferico mediante devices medici domiciliari (9), potrebbe esporre il paziente a rischio di contrarre patologie come epatite B, in ambienti con alta promiscuità, paziente emodializzato, o dove il monouso non viene rispettato, così come suggerito dall’Advisory Committee on Immunization Practices (ACIP). Infine, una durata più lunga del diabete e uno scarso controllo glicemico causano da sole un aumento del 25-75% del rischio di ospedalizzazioni legate a polmonite (10).
Vaccinazioni nel paziente con diabete
La prevenzione di malattie infettive attraverso la vaccinazione rappresenta quindi un importante tassello nella gestione della persona con il diabete, a causa dei suoi aumentati rischi per alcune patologie. Va ricordato però che la vaccinazione è importante a tutte le età, e anche per i soggetti con diabete è consigliabile essere in regola con le vaccinazioni riportate nel calendario vaccinale e che dovrebbero essere offerte attivamente e gratuitamente alla popolazione generale. Poiché il diabete è una patologia che colpisce sia il soggetto in età pediatrica sia l’adulto-anziano è sempre importante considerare l’età del paziente. Avremo quindi delle vaccinazioni offerte gratuitamente e attivamente per età e quelle specifiche per la condizione di salute del paziente diabetico.
In particolare il PNPV 2017-2019 riporta, per ogni vaccinazione, le categorie a rischio per le quali la vaccinazione è indicata. In tabella 1 sono sintetizzate le raccomandazioni per i soggetti con diabete.
Il vaccino pneumococcico coniugato 13-valente ha mostrato recentemente un’efficacia dell’89% nei pazienti anziani con diabete (11). Allo stesso modo, una meta-analisi di 17 studi (di cui solo 2 studi randomizzati) ha mostrato che il vaccino dell’epatite B conferiva siero-protezione dal 31,3 al 100,0% (mediana, 73,4%) tra le persone con diabete e dal 35,2 al 100,0% (mediana, 87,1%) per quelli senza diabete (12). L’ampia variabilità nei risultati, così come dichiarato dagli stessi Autori, potrebbe essere dovuta alle diverse schedule vaccinali adoperate e ai diversi dosaggi somministrati. Anche per quanto riguarda la vaccinazione anti-influenzale sono state condotte due revisioni con meta-analisi, le quali, giungendo a risultati simili, hanno dimostrato che la vaccinazione antinfluenzale in pazienti con diabete ha permesso una riduzione dell’ospedalizzazione per tutte le cause in circa il 58% dei casi, mentre una riduzione dell’ospedalizzazione a causa di influenza o polmonite del 43% (13-14).
I vaccini raccomandati nel PNPV sono stati considerati all’interno di linee guida delle diverse società scientifiche. Questo permette di ridurre il rischio di confusione sia nel paziente sia nel professionista sanitario, contribuendo a rafforzare la consapevolezza sull’importanza delle vaccinazioni. In altre parole, le linee guida delle società scientifiche possono fungere da booster presso i professionisti coinvolti e contribuire ad avere una voce scientifica senza incoerenza e incongruenze. In linea con l’esigenza di offrire protezione alle persone con diabete, le nuove Linee Guida stilate dalla Società Italiana di Diabetologia contengono una sezione specifica dedicata alle vaccinazioni (15) che riporta la forza delle evidenze per le quali è utile raccomandare ogni vaccinazione. In queste linee guida le raccomandazioni sono le stesse del PNPV 2017-2019 con l’aggiunta della vaccinazione contro l’epatite che – come già riportato – è un fattore di rischio per le continue misurazioni della glicemia da parte di persona con diabete. Secondo una recente revisione sistematica della letteratura l’infezione cronica determinata dal virus dell’epatite B risulterebbe giocare un ruolo nell’alterazione di alcuni meccanismi metabolici (16) con conseguente sviluppo di diabete (17), il quale a sua volta costituirebbe un fattore indipendente nella progressione della malattia epatica (18).
Barriere e determinanti di accettazione della vaccinazione in pazienti diabetici
Sebbene, come affermato precedentemente, gli strumenti di prevenzione siano efficaci tanto nella popolazione generale quanto nei pazienti con diabete, recentemente numerose pubblicazioni hanno focalizzato l’attenzione sull’importanza di individuare e descrivere i comportamenti e gli atteggiamenti che i pazienti diabetici hanno nei confronti della prevenzione. Per esempio, in uno studio in Spagna i pazienti con diabete sono risultati meno inclini a utilizzare metodi di prevenzione rispetto alla popolazione generale, per quanto riguarda l’adesione agli screening oncologici, l’esercizio dell’attività fisica e anche le vaccinazioni (22). In particolare, per quanto riguarda l’adesione alla vaccinazione, molti Autori concordano nell’individuare come barriera alla vaccinazione la mancata informazione sull’importanza della vaccinazione (20), sui rischi che il paziente diabetico potrebbe incorrere nel contrarre la malattia, o in generale nel basso livello socio-culturale del soggetto (19). Inoltre, un ruolo importante è giocato dalla paura dell’ago (20) o la paura dei potenziali effetti avversi alla vaccinazione (20) – sebbene questi siano in realtà molto rari –, così come della scarsa fiducia nell’efficacia della vaccinazione (20). Al contrario, fattori che influenzano positivamente l’accettazione della vaccinazione sono risultati essere una migliore gestione del diabete e una maggiore consapevolezza della propria malattia (21), la personale positiva percezione dell’importanza della vaccinazione (20), l’essere affetto da altre patologie croniche concomitanti come insufficienza cardiaca o malattia respiratoria (22), o avere anamnesi famigliare positiva per diabete (20). Infine, fondamentale risulta l’aver ricevuto il consiglio da parte del proprio medico di fiducia (20, 24-25); si è inoltre visto che fornire ai pazienti diabetici informazioni dettagliate sui vaccini necessari e rimuovere i dubbi e l’ansia, incrementano il tasso di adesione alla vaccinazione (23). Secondo il recente articolo, pubblicato da Verget et al nel 2018, e condotto in Francia su 19 pazienti diabetici (diabete tipo 1 e 2), la vaccinazione anti-influenzale è meglio accettata se il soggetto la considera un’abitudine, o meglio una pratica consolidata e già effettuata negli anni precedenti (24). Il richiamo effettuato attraverso il consiglio del medico e il voucher ricevuto dalla propria assicurazione, che garantisce un accesso gratuito alla vaccinazione, sembrano fungere da trigger positivo. Mentre, una ridotta percezione del rischio delle conseguenze dovute all’infezione riducono l’accettazione stessa della vaccinazione.
Anche in Italia gli studi giungono a conclusioni simili: secondo lo studio condotto da d’Annunzio G. et al, la frequenza della copertura vaccinale in pazienti diabetici di età compresa tra 1-18 anni è inferiore alle raccomandazioni, soprattutto per le vaccinazioni non obbligatorie (25); gli Autori hanno indagato le motivazioni dell’incompleta/mancata immunizzazione, e nella maggior parte dei casi i soggetti non erano a conoscenza dell’indicazione alla vaccinazione ed erano presenti disinformazione e timori.
Risulta perciò fondamentale costruire una cultura vaccinale tanto nei professionisti sanitari, quanto nei pazienti affinché diventino essi stessi consapevoli dell’importanza dell’immunizzazione e promotori della vaccinazione. Alla bassa adesione alla vaccinazione potrebbe aver contribuito anche l’incapacità, allo stato attuale, di quantificare in maniera puntuale la identificazione dei soggetti a rischio e la loro reale copertura vaccinale da parte delle istituzioni preposte alle campagne vaccinali. Il completamento del processo di informatizzazione dell’Anagrafe vaccinale nazionale, che prevede un rafforzamento delle anagrafi vaccinali regionali, permetterà anche una migliore programmazione e una maggiore garanzia della gratuità delle vaccinazioni (26).
Ruolo dello specialista
Come già affermato, il ruolo dello specialista risulta quindi fondamentale non solo per il trattamento ma anche per la prevenzione, al di là dello stile di vita. Il diabete è infatti una patologia cronica che richiede frequenti e regolari controlli, che possono essere occasioni anche per indagare lo stato vaccinale del proprio paziente e promuovere attivamente la vaccinazione, assicurandosi che abbia ricevuto almeno le vaccinazioni raccomandate nel PNPV. Lo specialistica dovrebbe contribuire a guidare il paziente all’interno del Servizio Sanitario Nazionale, intercettando lo stato di soggetto fragile e predisponendo un contatto con i servizi vaccinali territoriali e con il MMG del paziente. La corretta interazione tra specialista, MMG e servizio vaccinale ha lo scopo anche di discutere, tra professionisti sanitari, le eventuali ulteriori problematiche legate allo stato del paziente (co-morbilità) che potrebbero richiedere l’adesione a ulteriori vaccinazioni. Il dialogo costante tra specialisti permette una maggiore coerenza e condivisione dei messaggi da inviare al paziente. Si è osservato che il non aver avuto informazioni sulla vaccinazione da parte del medico o l’aver ricevuto informazioni contrastanti tra specialisti, rappresentano le principali cause di non adesione alla vaccinazione (27). Inoltre, le informazioni veicolate dovranno necessariamente essere chiare, senza esitazioni e basate su documenti nazionali, regionali e di società scientifiche (28).
Anche l’interazione con il medico ospedaliero durante un ricovero potrebbe rappresentare una opportunità per stimolare il paziente alla vaccinazione. Secondo uno studio retrospettivo italiano, condotto presso l’ospedale Policlinico Universitario “A. Gemelli”, nel periodo compreso tra gennaio 2011 e dicembre 2013, il 53% dei pazienti che ha avuto accesso in ospedale era di età pari o superiore a 50 anni e presentava almeno una condizione clinica tale per cui avrebbe avuto diritto alla vaccinazione anti-pneumococcica (29). Di questo 53%, poco meno del 10% era costituito da pazienti diabetici. Pertanto anche lo specialista ospedaliero potrebbe contribuire a identificare i pazienti idonei a ricevere la vaccinazione segnalando, ad esempio, le vaccinazioni opportune nella lettera di dimissione al medico di medicina generale. Questo potrebbe contribuire a incrementare il tasso di copertura vaccinale e garantire una migliore fruizione dei servizi sanitari da parte del cittadino.
In letteratura sono disponibili numerosi studi che confermano l’importante ruolo del medico nel ricordare e promuovere la vaccinazione, favorendo l’adesione alla stessa da parte dei pazienti. Per questo motivo, molti Autori riconoscono l’educazione sanitaria come strumento utile per veicolare informazioni sui benefici della vaccinazione, e per la quale anche gli stessi operatori sanitari dovrebbero essere maggiormente formati (24). Un importante supporto all’attività del sanitario, potrebbe essere inoltre fornito dai reminder (promemoria) elettronici. Questi infatti si sono dimostrati più efficaci sia nell’iniziare, sia nel completare il ciclo vaccinale, anche in pazienti diabetici (30). Secondo lo studio irlandese condotto da Clancy et al nel 2015, i soggetti con diabete che avevano effettuato la vaccinazione anti-influenzale, negli ultimi 12 mesi, erano coloro che avevano ricevuto la raccomandazione alla vaccinazione dal proprio medico. Stesso risultato è stato ottenuto anche per quanto riguarda la vaccinazione anti-pneumococcica, per la quale la raccomandazione da parte del medico era risultata decisiva (31). Per tale motivo i professionisti sanitari dovrebbero ricevere formazione a questo scopo, offrendo il proprio tempo e le proprie conoscenze, non solo alla cura, ma anche alla promozione di una cultura della vaccinazione.
La conoscenza delle linee guida e delle raccomandazioni da parte dei sanitari è fondamentale, affinché la vaccinazione possa essere proposta. Infatti, secondo una indagine condotta su 1340 operatori sanitari, solo il 58% circa si dichiarava favorevole a proporre e raccomandare la vaccinazione anti-influenzale ai propri pazienti diabetici. I fattori positivamente associati a questa disponibilità a raccomandare il vaccino erano principalmente la conoscenza delle linee guida nazionali sulla vaccinazione antinfluenzale, formazione su influenza e diabete, storia di vaccinazione antinfluenzale e fiducia nell’efficacia del vaccino. Le preoccupazioni da parte degli operatori sanitari sugli effetti collaterali del vaccino antinfluenzale sono state identificate come barriere alla raccomandazione (32). Gli stessi risultati sono stati ottenuti anche da un gruppo di ricerca spagnolo (33). Pertanto, una migliore conoscenza delle linee guida, un’appropriata formazione sul tema delle vaccinazioni nei soggetti a rischio, e consapevolezza dell’efficacia del vaccino aumentano la propensione degli operatori sanitari a promuovere e raccomandare la vaccinazione. A livello italiano i documenti di riferimento istituzionali sono il PNPV e la Guida alle controindicazioni alle vaccinazioni (34), come anche i piani regionali di prevenzione vaccinale che spesso includono la parte di implementazione e organizzazione dell’offerta vaccinale sul territorio.
Vaccinazioni raccomandate dalle organizzazioni internazionali
L’Italia non è la sola nazione a raccomandare la vaccinazione nella persona con diabete. Tra le diverse organizzazioni internazionali che hanno stilato delle proprie raccomandazioni circa le vaccinazioni indicate nei pazienti con diabete, citiamo in particolare il CDC di Atlanta (Center for Disease Control and Prevention) (35) e l’AADE (American Association of Diabetes Educators) (36) che raccomandano gli stessi vaccini del PNPV con l’aggiunta di quella contro l’epatite B. L’ADA (American Diabetes Association) (37) focalizza l’attenzione principalmente su vaccinazione anti-influenzale e anti pneumococcica, così come l’Australian Technical Advisory Group on Immunization (38), il Canadian National Advisory Comitee on Immunization (39) e il Dipartimento di Salute Inglese (The United Kigdom Department of Health) (40).
Il PNPV prevede un calendario vaccinale per la vita tra i più completi al mondo, con un’offerta attiva e gratuita delle vaccinazioni raccomandate in base alla fascia d’età. Per i soggetti a rischio, tra cui i pazienti con diabete, le vaccinazioni raccomandate per condizione di rischio sono invece offerte gratuitamente, sebbene la chiamata attiva sia ancora incompleta. Per questo motivo risulta ancora più importante mettere a conoscenza il paziente dell’opportunità di effettuare le vaccinazioni raccomandate a ogni accesso al SSN o alle prestazioni di uno specialista. L’accessibilità e la gratuità sono diritti ed è importante che il paziente possa percepirne il valore.
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