Un evento avverso frequente nel paziente diabetico: il danno renale da mezzo di contrasto. Le nuove evidenze: basta una adeguata idratazione

Un evento avverso frequente nel paziente diabetico: il danno renale da mezzo di contrasto. Le nuove evidenze: basta una adeguata idratazione

Roberto Trevisan

UOC Malattie Endocrine – Diabetologia, ASST – Papa Giovanni XXIII, Bergamo

DOI: 10.30682/ildia1801d

[protected]

>Scarica l’articolo in formato PDF

Il diabete è una malattia che comporta un elevato rischio di malattia renale cronica sia di malattia cardiovascolare. La causa più frequente di mortalità nel diabete è la malattia cardiovascolare tanto che il diabete, soprattutto il tipo 2, è considerato una malattia cardiovascolare (1).

L’elevata prevalenza e incidenza di complicanze cardiovascolari espone spesso il paziente con diabete alla necessità di sottoporsi a esami radiologici angiografici che comportano l’uso di mezzo di contrasto iodato (MDC).

È noto da anni che la somministrazione di MDC endovena può portare a un netto aumento del rischio di rapido peggioramento della funzione renale con danno renale acuto (2). Di conseguenza nel paziente diabetico, in cui spesso è già presente una malattia renale cronica, tale rischio è aumentato e può contribuire non solo al peggioramento della funzione renale, ma anche a un aumentato rischio di mortalità e complicanze acute.

Ci proponiamo in questo articolo di rivedere non solo i meccanismi di danno legati al MDC, ma anche di discutere le strategie terapeutiche per ridurre i potenziali rischi alla luce del recente lavoro, pubblicato sul New England Journal of Medicine (3) che ha dato un contributo fondamentale ai dubbi esistenti al riguardo. I risultati di questo studio sono stati considerati talmente rilevanti da essere anche commentati in un interessante editoriale nello stesso numero della rivista (4).

PATOFISIOLOGIA DEL DANNO DA MEZZO DI CONTRASTO

La nefropatia da MDC (“contrast nephropathy”) è un danno renale acuto conseguente alla somministrazione endovenosa (e.v.) di MDC. Anche se il danno renale acuto è in genere reversibile, la sua comparsa si associa spesso ad altre conseguenze, in particolare a un aumentato rischio di mortalità e complicanze cardiovascolari (5).

Studi eseguiti su modelli animali hanno in parte chiarito la patogenesi della nefrotossicità legata al MDC (Fig. 1). La somministrazione endovenosa di questi composti determina una riduzione del flusso renale e una riduzione della pressione parziale di ossigeno nella parte esterna della midollare del rene, un’area particolarmente vulnerabile a una riduzione dell’apporto di ossigeno (6-7). Questo effetto emodinamico è stato anche osservato nell’uomo. Nel modello animale è stato anche osservato come i mezzi di contrasto aumentino la generazione dei radicali liberi, un effetto strettamente associato alla riduzione della filtrazione glomerulare (6). Infine, studi in vitro hanno dimostrato un’alterazione dell’attività mitocondriale con conseguente apoptosi delle cellule epiteliali del tubulo renale (8-9).

Inoltre, non si può escludere che fattori pre-renali o ostruzioni intra-tubulari possano contribuire al danno dal momento che la escrezione frazionale del sodio può essere molto ridotta nei pazienti con nefropatia da MDC, una caratteristica tipica per una patogenesi pre-renale (10).

Nel determinare il danno renale, i dati della letteratura dimostrano che esiste una associazione tra quantità e la osmolarità di MDC infuso e il rischio di danno renale acuto (11-12). Da quando sono a disposizione MDC con osmolarità inferiore a 600-850 mOsm/kg il rischio renale si è ridotto (13).

CARATTERISTICHE CLINICHE

La principale manifestazione clinica del danno renale da MDC è l’aumento della creatinina serica e, meno frequentemente, l’oliguria (14).

L’aumento della creatininemia si osserva comunemente nelle prime 24-48 ore dopo esposizione al MDC e, fortunatamente, nella maggior parte dei casi, comincia a ridursi tra il 3° e il 7° giorno dall’esposizione. Nel raro caso si manifesti oliguria, questa compare immediatamente dopo la procedura (15).

Altre anormalità, tipiche del danno renale acuto, che si possono osservare sono iperpotassiemia, iperfosforemia e acidosi metabolica. Il sedimento urinario può mostrare i segni tipici della necrosi tubulare acuta, quali i cilindri epiteliali e granulari pigmentati (16). Non c’è usualmente proteinuria, a meno che non vi sia una malattia renale proteinurica pre-esistente.

La escrezione frazionale del sodio può spesso essere inferiore all’1% nei pazienti con nefropatia da MDC (10). Questa bassa frazione di escrezione del sodio permette di distinguere questo tipo di danno renale acuto da quello provocato dal danno ischemico e tossico (dove invece l’escrezione frazionale del sodio è superiore all’1%).

DIAGNOSI

Il caratteristico aumento della creatinina serica nelle prime 24-48 ore dalla esposizione al MDC consente di porre diagnosi di nefropatia da MDC, dopo aver escluso altre cause di danno renale acuto (17). L’esclusione di altre cause richiede l’analisi delle urine, del sedimento urinario e l’esecuzione eventuale di un’ecografia renale o,molto raramente, di una biopsia renale.

Come diagnosi differenziale deve essere considerata l’ischemia renale acuta, una nefrite interstiziale acuta o cause iatrogene legate all’uso d’inibitori del sistema renina-angiotensina (che riducono la pressione di filtrazione glomerulare e quindi la velocità di filtrazione) subito prima o dopo dell’esecuzione dell’indagine con MDC.

PROGNOSI

Nella maggior parte dei casi l’aumento della creatinina e la conseguente riduzione del filtrato glomerulare è modesta e la funzione renale ritorna o quasi ai valori precedenti l’esecuzione dell’esame con MDC. In uno studio condotto su 21 pazienti che avevano sviluppato nefropatia da MDC, in 12 pazienti (57%) la funzione renale è ritornata ai valori normali nel giro di una settimana, in 4 pazienti (19%) recupero è stato parziale e solo in 5 la riduzione significativa della funzione renale è risultata permanente (15).

La necessità di ricorrere alla dialisi è rara: in uno studio su 1800 pazienti sottoposti a interventi di angioplastica coronarica, meno dell’1% ha richiesto la dialisi (18). Il rischio di dialisi è ovviamente più elevato nei pazienti con preesistente malattia renale cronica. In questi pazienti è più elevato anche il rischio di un peggioramento permanente della funzione renale (18-19).

Una osservazione importante è che, anche quando la creatinina ritorna ai valori normali, lo sviluppo di un danno renale da MDC si associa ad un aumentato rischio di complicanze a breve e a lungo termine (2, 5). Il rischio di mortalità a 30 giorni, a un anno e a 5 anni è risultato più elevato nei pazienti che avevano sviluppato un danno renale acuto da MDC (20-22, 5). In uno studio su 9.512 pazienti è stato osservato un rischio di mortalità a 30 giorni 5 volte più elevato nei pazienti che avevano sviluppato un danno renale acuto da MDC rispetto ai pazienti senza peggioramento della funzione renale (21). Tale aumento del rischio è presente anche nei pazienti che hanno dimostrato un danno renale lieve (5).

Inoltre, dopo danno da MDC risulta aumentato anche il rischio di eventi cardiovascolari, di scompenso cardiaco e d’insufficienza renale terminale (23-24).

Nella tabella 1 sono elencati i fattori di rischio, identificati come fattori di rischio indipendenti per lo sviluppo di danno acuto da MDC (24).

 

Nella tabella 2 è mostrata l’incidenza del danno acuto da MDC anche in relazione alla presenza di alcuni fattori di rischio rilevante. L’incidenza mostra un’ampia variabilità negli studi finora pubblicati (24): diverse erano le popolazioni studiate e la definizione della patologia non era omogenea nelle diverse casistiche.

In ogni caso il diabete, indipendentemente dalla presenza di complicanza renale, è un fattore di rischio per lo sviluppo di nefropatia da mezzo di contrasto. L’incidenza di questa complicanza, valutata in diversi studi, è compresa tra il 3.7% e il 20% dei soggetti diabetici sottoposti a indagine con MDC (20, 25-26). In uno di questi studi (26) i pazienti diabetici sottoposti ad angiografia coronarica che avevano sviluppano un danno renale ebbero un rischio di mortalità a 6 mesi 4 volte maggiore rispetto ai diabetici che non avevano dimostrato un aumento della creatinina dopo angiografia.

Alla luce di tutto ciò appare evidente come questa entità clinica debba essere presa in considerazione alla luce dell’uso crescente di procedure diagnostico-terapeutiche con MDC in pazienti sempre più anziani, spesso con frequenti comorbilità e con riduzione della funzione renale.

PREVENZIONE

Da anni sono stai proposti numerosi provvedimenti e linee guida (27-30) per ridurre l’incidenza di questa complicanza.

Vi sono alcune regole fondamentali da seguire per prevenire la nefropatia da MDC, soprattutto nei pazienti ad alto rischio.

1. Monitoraggio della funzione renale

In tutti i pazienti sottoposti a indagini radiologiche con MDC, la funzione renale deve essere monitorata con il dosaggio della creatinina e il calcolo dell’eGFR. Questo è particolarmente importante nei pazienti ad alto rischio nei quali la creatinina e l’eGFR vanno controllati prima e ogni giorno per 5 giorni dopo l’indagine radiologica.

2. Sospensione dei farmaci nefrotossici

I farmaci potenzialmente nefrotossici devono essere sospesi prima dell’utilizzo del MDC. In particolare andrebbero sospesi gli aminoglicosidi, la vancomicina, l’anfotericina B, la metformina e i farmaci anti-infiammatori nonsteroidei.

Un discorso particolare merita la metformina, l’antidiabetico orale che aumenta la produzione di acido lattico. Se il MDC causa una nefropatia da MDC con una diminuzione marcata della filtrazione glomerulare, siccome la metformina viene eliminata quasi esclusivamente dai reni, si ha una ritenzione del farmaco che causa una grave acidosi lattica che può risultare fatale. Pertanto la metformina deve essere sospesa 12 ore prima della somministrazione del MDC e può essere assunta di nuovo non prima di 36 ore dopo l’esame radiologico o anche più tardi se la creatinina non è ritornata ai valori basali.

3. Scelta del MDC meno nefrotossico e utilizzo del dosaggio più basso possibile

4. La principale procedura da attivare per prevenire la nefropatia da MDC è un’adeguata idratazione del paziente

L’idratazione, se possibile, può essere fatta anche per os: per esempio 500 ml di acqua da assumere prima e circa 2500 ml dopo la somministrazione del MDC, in modo da garantire una diuresi di almeno 1 ml/min. Nei pazienti ad alto rischio si dovrebbe somministrare e.v. un’infusione di soluzione salina 0,9% con una velocità di infusione di almeno 1 ml/Kg peso corporeo/ora, iniziando 6-12 ore prima di somministrare il MDC e continuandola fino a 12-24 ore dopo (ovviamente se è presente una diuresi e se le condizioni cardiovascolari lo consentono).

La motivazione per provvedere a un’adeguata idratazione del paziente è di espandere il volume intravascolare con conseguente soppressione del sistema renina-angiotensina e riduzione della vasocostrizione e dell’ipoperfusione renale.

Inoltre, l’incremento della diuresi riduce il tempo di contatto del MDC con l’epitelio tubulare renale e quindi la sua tossicità diretta sull’epitelio stesso (31-33).

Sono stati proposti negli anni vari altri trattamenti preventivi nel tentativo di ridurre il rischio di danno renale. In particolare, sulla base dell’ipotesi che l’alcalinizzazione delle urine e la riduzione dello stress ossidativo potessero ridurre il danno tubulare derivato dal MDC, sono stati condotti molti studi che hanno utilizzato l’infusione di sodio bicarbonato (34-36) o di acetilcisteina (37-41) per ridurre l’incidenza di nefropatia da MDC. I risultati sono stati contradditori (42) e non conclusivi e fino al momento attuale non ci sono chiare evidenze che un trattamento sia preferibile e nella pratica clinica non ci sono protocolli omogenei per la prevenzione del danno da MDC.

Molte sono le ragioni alla base di questi risultati discordanti: la definizione utilizzata per la diagnosi di danno renale non era omogenea, la lunghezza del follow-up dei pazienti era diversa, il numero dei pazienti arruolati era modesto e l’obiettivo primario degli studi era diverso.

Di fronte a queste discrepanze, i dati recentemente apparsi sul New England Journal of Medicine (3) hanno fornito un chiarimento su quale sia il miglior trattamento in grado di prevenire questa importante complicanza iatrogena.

LO STUDIO “PRESERVE”

Lo studio Prevention of Serious Adverse Events Following Angiography (PRESERVE) (3) è stato disegnato con l’obiettivo di paragonare gli effetti di tre diversi trattamenti, quali l’infusione e.v. di sodio bicarbonato, l’infusione e.v. di soluzione fisiologica di cloruro di sodio (salina) e la somministrazione di acetilcisteina per os, sulla prevenzione del danno renale acuto e di altri effetti avversi in un’ampia coorte di pazienti ad alto rischio sottoposti ad angiografia.

Lo studio era multicentrico, in doppio cieco, randomizzato e controllato, con un disegno fattoriale 2×2 e finanziato da the Veterans Affairs Office of Research and Development and the National Health and Medical Research Council of Australia.

Sono stati reclutati soggetti non diabetici che dovevano essere sottoposti a procedura angiografica che dovevano presentare una velocità di filtrazione glomerulare stimata (eGFR) compresa tra 15 e 44.9 ml/min/1.73m2 e soggetti diabetici con eGFR compresa tra 45 e 59.9 ml/min/1.73m2. Sono stati perciò reclutati in questo studio solo pazienti ad alto rischio di sviluppare complicanze dopo l’angiografia con lo scopo evidente di evidenziare più facilmente le eventuali differenze tra i trattamenti proposti. In particolare, 2511 soggetti sono stati sottoposti a infusione di sodio bicarbonato al 1.26% (154mmol/l) e paragonati a 2482 sottoposti a infusione di salina (sodio cloruro allo 0.9%, 154 mmol/l), mentre 2495 soggetti trattati con acetilcisteina per os (1200 mg 1 ora prima e dopo 1 ora dell’angiografia, seguiti dall’assunzione di 1200 mg due volte al giorno nei 4 giorni dopo l’esecuzione dell’angiografia) sono stati paragonati a 2498 pazienti con placebo. Dato il disegno dello studio, tutti i pazienti hanno ricevuto una idratazione con sodio bicarbonato o salina a cui è stato aggiunto in cieco e con casuale randomizzazione acetilcisteina per os o placebo.

I volumi di infusione di salina e di sodio bicarbonato erano i seguenti:

da 1 a 3 ml/kg/ora per un totale di liquidi compreso tra 3 e 12 ml/kg di peso prima della procedura angiografica,

da 1 a 1.5 ml/kg/ora durante la procedura angiografica,

da 1 a 3 ml/kg/ora per un totale di liquidi compreso tra 6 e 12 ml/kg di peso dopo la procedura angiografica.

 

L’obiettivo primario dello studio era composito e rappresentato dalla combinazione di morte, necessità di trattamento dialitico o aumento persistente di almeno il 50% della creatinina basale tra il 90° e il 104° giorno dopo l’angiografia (confermato da un successivo controllo della creatinina 14 giorni dopo).

Obiettivo secondario dello studio è stato quello di valutare l’incidenza di danno renale acuto da MDC, definito nel modo seguente:

  • aumento della creatinina plasmatica di almeno il 25% o almeno di 0.5 mg/dl tra il 3° e il 5° giorno dopo l’angiografia,
  • morte entro 90 giorni dopo l’angiografia,
  • necessità di trattamento dialitico entro 90 giorni dopo l’angiografia,
  • persistenza di riduzione della funzione renale a 90 giorni dopo l’angiografia,
  • ospedalizzazione per sindrome coronarica acuta, scompenso cardiaco o ictus o per qualsiasi causa entro 90 giorni dopo l’angiografia.

Lo studio è stato chiuso prematuramente (reclutati solo 5177 soggetti invece dei 7680 pianificati) dopo una interim analisi che aveva dimostrato la totale assenza di differenze significative tra i diversi gruppi di trattamento per quanto riguardava l’obiettivo primario.

Le principali caratteristiche dei pazienti arruolati sono illustrate nella tabella 3.

La funzione renale era ridotta e la maggior parte presentava una malattia renale cronica allo stadio III. Circa un quarto dei pazienti aveva macroalbuminuria. Da rilevare come l’80% dei pazienti fossero affetti da diabete mellito. È questo dato che non solo conferma l’applicabilità dei risultati alla popolazione diabetica, ma anche quanto i diabetici siano la categoria che più frequentemente deve ricorrere a procedure angiografiche per la valutazione o il trattamento delle complicanze cardiovascolari con alto rischio di danno da MDC.

Il 90.5% dei pazienti dello studio sono stati sottoposti a coronarografia con una quantità di mezzo di contrasto di 85 ml (mediana).

La quantità di salina o sodio bicarbonato infusi sono stati 344 ml (mediana) prima dell’angiografia, 114 ml durante la procedura e 570 ml dopo l’angiografia.

Non sono state osservate differenze significative tra i vari trattamenti per quanto riguardava l’obiettivo primario dello studio (Fig. 2). In tutti i gruppi, circa il 4.5% dei pazienti ha raggiunto l’obiettivo primario, rappresentato da una combinazione di complicanze renali e di eventi avversi gravi. Non è stata osservata alcuna interazione significativa tra acetilcisteina e sodio bicarbonato, motivo per cui i dati del confronto tra acetilcisteina e placebo sono stati riportati separatamente.

La nefropatia da MDC si è sviluppata similmente in circa il 9% di tutti i gruppi (Fig. 3). In particolare non è stata rilevata alcuna differenza per quanto riguarda tutti gli obiettivi dello studio tra infusione di salina e infusione di sodio bicarbonato, né tra assunzione di acetilcisteina e placebo per os.

Anche per quanto gli eventi avversi a 90 giorni dall’angiografia non ci sono state differenze tra i gruppi trattati (Tab. 4).

Da notare come una percentuale di pazienti elevata (>20%) in ciascun gruppo ha presentato serie complicanze vascolari a conferma dell’alto rischio cardiovascolare nei pazienti arruolati.

La rilevanza di questo lavoro è molteplice:

  • è lo studio più ampio, controllato e randomizzato, finora pubblicato sull’argomento,
  • ha coinvolto, rispetto a studi precedenti, pazienti con ridotta funzione renale e con diabete e pertanto con maggiore possibilità di sviluppare il danno renale da MDC,
  • non si è limitato a valutare l’incremento della creatinina a breve termine dopo MDC, ma ha soprattutto valutato end-points clinicamente rilevanti, come la mortalità e l’ospedalizzazione.

Qualche limite di questo studio può essere nella lunghezza del follow-up a soli 90 giorni. Non si può del tutto escludere (anche se è improbabile) che un follow-up più prolungato avrebbe potuto evidenziare qualche differenza tra i trattamenti confrontati. Inoltre, circa il 90% dei soggetti arruolati erano uomini: poiché, come abbiamo visto il genere femminile è un fattore di rischio per lo sviluppo di nefropatia da MDC, è possibile che nel sesso femminile l’effetto dei trattamenti possa essere divergente.

Inoltre, in questo studio sono stati esclusi i pazienti con grave insufficienza renale; in particolare sono stati esclusi i pazienti diabetici con eGFR <45 ml/min/1.73 m2, che presentano un maggior rischio di sviluppare complicanze cardiovascolari, con la conseguente necessità di eseguire spesso procedure angiografiche anche d’urgenza e non elettive.

Infine, il volume di liquidi infusi, sia come salina sia come bicarbonato, era modesto e non si può escludere che una maggiore espansione di volume (con salina) avrebbe potuto ridurre maggiormente gli eventi avversi, sia renali che cardiovascolari.

Il messaggio chiave di questo studio è chiaro: l’infusione di sodio bicarbonato o l’acetilsteina non offrono alcun vantaggio rispetto alla semplice idratazione con salina e.v. né in termini di funzione renale né nel rischio di mortalità e ospedalizzazione a breve termine. Sicuramente questo bel trial determinerà un’attenta revisione delle linee guida attuali e dei consensi di esperti che suggerivano diversi trattamenti per la prevenzione del danno da MDC.

Questo lavoro evidenzia ancora una volta la necessità di eseguire studi controllati su numeri sufficientemente ampi di soggetti con obiettivi primari di rilevanza clinica, perché solo così si possono raggiungere le necessarie conoscenze per trattare al meglio i nostri pazienti.

Per quanto riguarda noi diabetologi questo lavoro ci deve ricordare quanto sia importante valutare bene la funzione renale dei pazienti diabetici sia prima che dopo procedure con MDC. La persistenza di un peggioramento della funzione renale ci deve segnalare la presenza di un maggior rischio non solo di evoluzione verso l’insufficienza renale terminale, ma anche (e soprattutto) di maggior rischio di morbilità e mortalità cardiovascolare. In questi pazienti deve essere perciò massimizzata la terapia per la riduzione del rischio globale.

Infine, ma non meno importante, quando ai nostri pazienti è consigliata o prescritta una procedura diagnostica con MDC, è importante istruirli alla sospensione della metformina e a una adeguata idratazione per os sia prima che dopo l’indagine. Questi suggerimenti sono rilevanti anche per procedure diagnostiche più frequenti delle angiografie, quali le TAC in cui sono somministrate dosi, seppure minori, di MDC che comunque possono causare danno da MDC.

 

BIBLIOGRAFIA

1. Schramm TK, Gislason GH, Køber L, Rasmussen S, Rasmussen JN, Abildstrøm SZ, Hansen ML, Folke F, Buch P, Madsen M, Vaag A, Torp-Pedersen C. Diabetes patients requiring glucose-lowering therapy and nondiabetics with a prior myocardial infarction carry the same cardiovascular risk: a population study of 3.3 million people. Circulation. 2008 Apr 15; 117(15): 1945-54.

2. Rudnick M, Feldman H. Contrast-induced nephropathy: what are the true clinical consequences? Clin J Am Soc Nephrol 3: 263-72, 2008.

3. Weisbord SD, Gallagher M, Jneid H, et al. Outcomes after angiography with sodium bicarbonate and acetylcysteine. N Engl J Med 378: 603-14, 2018.

4. Rosner MH. Prevention of Contrast-Associated Acute Kidney Injury. N Engl J Med. 2018 Feb 15; 378(7): 671-672.

5. Weisbord SD, Chen H, Stone RA, et al. Associations of increases in serum creatinine with mortality and length of hospital stay after coronary angiography. J Am Soc Nephrol 17: 2871-7, 2006.

6. Bakris GL, Lass N, Gaber AO, Jones JD, Burnett JC Jr. Radiocontrast medium-induced declines in renal function: a role for oxygen free radicals. Am J Physiol 258: F115-F120, 1990.

7. Liss P, Nygren A, Revsbech NP, Ulfendahl HR. Measurements of oxygen tension in the rat kidney after contrast media using an oxygen microelectrode with a guard cathode. Adv Exp Med Biol 411: 569-576, 1997.

8. Zager RA, Johnson AC, Hanson SY. Radiographic contrast mediainduced tubular injury: evaluation of oxidant stress and plasma membrane integrity. Kidney Int 64: 128-139, 2003.

9. Hardiek K, Katholi RE, Ramkumar V, Deitrick C. Proximal tubule cell response to radiographic contrast media. Am J Physiol Renal Physiol 280: F61-F70, 2001.

10. Fang LS, Sirota RA, Ebert TH, Lichtenstein NS. Low fractional excretion of sodium with contrast media-induced acute renal failure. Arch Intern Med. 1980 Apr; 140(4): 531-3.

11. Laskey WK, Jenkins C, Selzer F, Marroquin OC, Wilensky RL, Glaser R, Cohen HA, Holmes DR Jr. Volume-to-creatinine clearance ratio: a pharmacokinetically based risk factor for prediction of early creatinine increase after percutaneous coronary intervention. J Am Coll Cardiol 50: 584-590, 2007.

12. Barrett BJ, Carlisle EJ. Metaanalysis of the relative nephrotoxicity of high- and low-osmolality iodinated contrast media. Radiology 188: 171-178, 1993.

13. Aspelin P, Aubry P, Fransson SG, Strasser R, Willenbrock R, Berg KJ. Nephrotoxic effects in high-risk patients undergoing angiography. N Engl J Med 348: 491-499, 2003.

14. Schwab SJ, Hlatky MA, Pieper KS, Davidson CJ, Morris KG, Skelton TN, Bashore TM. Contrast nephrotoxicity: a randomized controlled trial of a nonionic and an ionic radiographic contrast agent. N Engl J Med. 1989 Jan 19; 320(3): 149-53.

15. Rich MW, Crecelius CA. Incidence, risk factors, and clinical course of acute renal insufficiency after cardiac catheterization in patients 70 years of age or older. A prospective study. Arch Intern Med. 1990 Jun; 150(6): 1237-42.

16. Kanbay M, Kasapoglu B, Perazella MA. Acute tubular necrosis and pre-renal acute kidney injury: utility of urine microscopy in their evaluation- a systematic review. Int Urol Nephrol. 2010 Jun; 42(2): 425-33.

17. Barrett BJ. Contrast nephrotoxicity. J Am Soc Nephrol. 1994 Aug; 5(2): 125-37. Review.

18. Rudnick MR, Goldfarb S, Wexler L, Ludbrook PA, Murphy MJ, Halpern EF, Hill JA, Winniford M, Cohen MB, VanFossen DB. Nephrotoxicity of ionic and nonionic contrast media in 1196 patients: a randomized trial. The Iohexol Cooperative Study. Kidney Int. 1995 Jan; 47(1): 254-61. 

19. Solomon RJ, Mehran R, Natarajan MK, Doucet S, Katholi RE, Staniloae CS, Sharma SK, Labinaz M, Gelormini JL, Barrett BJ. Contrast-induced nephropathy and long-term adverse events: cause and effect? Clin J Am Soc Nephrol. 2009 Jul; 4(7): 1162-9.

20. Rihal CS, Textor SC, Grill DE, Berger PB, Ting HH, Best PJ, Singh M, Bell MR, Barsness GW, Mathew V, Garratt KN, Holmes DR Jr. Incidence and prognostic importance of acute renal failure after percutaneous coronary intervention. Circulation. 2002 May 14; 105(19): 2259-64.

21. Giacoppo D, Madhavan MV, Baber U, Warren J, Bansilal S, Witzenbichler B, Dangas GD, Kirtane AJ, Xu K, Kornowski R, Brener SJ, Généreux P, Stone GW, Mehran R. Impact of Contrast-Induced Acute Kidney Injury After Percutaneous Coronary Intervention on Short- and Long-Term Outcomes: Pooled Analysis From the HORIZONS-AMI and ACUITY Trials. Circ Cardiovasc Interv. 2015 Aug; 8(8): e002475.

22. From AM, Bartholmai BJ, Williams AW, Cha SS, McDonald FS. Mortality associated with nephropathy after radiographic contrast exposure. Mayo Clin Proc. 2008 Oct; 83(10): 1095-100.

23. Sato A, Aonuma K, Watanabe M, Hirayama A, Tamaki N, Tsutsui H, Toyoaki M, Ogawa H, Akasaka T, Yoshimura M, Takayama T, Sakakibara M, Suzuki S, Ishigami K, Onoue K, Saito Y; CINC-J study investigators. Association of contrast-induced nephropathy with risk of adverse clinical outcomes in patients with cardiac catheterization: From the CINC-J study. Int J Cardiol. 2017 Jan 15; 227: 424-429.

24. Chalikias G, Drosos I, Tziakas DN. Contrast-Induced Acute Kidney Injury: An Update. Cardiovasc Drugs Ther. 2016 Apr; 30(2): 215-28.

25. Tziakas D, Chalikias G, Stakos D, Altun A, Sivri N, Yetkin E, et al. Validation of a new risk score to predict contrast-induced nephropathy after percutaneous coronary intervention. Am J Cardiol. 2014; 113(9): 1487-93.

26. Roy P, Raya V, Okabe T, Pinto Slottow TL, Steinberg DH, Smith K, et al. Incidence, predictors, and outcomes of post-percutaneous coronary intervention nephropathy in patients with diabetes mellitus and normal baseline serum creatinine levels. Am J Cardiol. 2008; 101(11): 1544-9.

27. SUR Guidelines on Contrast Media, version 8.1. European Society of Urogenital Radiology. http://www.esur.org/guidelines/. Accessed September 2015.

28. Kellum JA, Lameire N; KDIGO AKI Guideline Work Group. Diagnosis, evaluation, and management of acute kidney injury: a KDIGO summary (Part 1). Crit Care. 2013 Feb 4; 17(1): 204.

29. Fliser D, Laville M, Covic A, Fouque D, Vanholder R, Juillard L et al. A European Renal Best Practice (ERBP) position statement on the Kidney Disease Improving Global Outcomes (KDIGO) clinical practice guidelines on acute kidney injury: part 1: definitions, conservative management and contrast-induced nephropathy. Nephrol Dial Transplant. 27(12): 4263-72, 2012. 

30. Jorres A, John S, Lewington A, ter Wee PM, Vanholder R, Van Biesen W et al. A European Renal Best Practice (ERBP) position statement on the Kidney Disease Improving Global Outcomes (KDIGO) Clinical Practice Guidelines on Acute Kidney Injury: part 2: renal replacement therapy. Nephrol Dial Transplant 28(12): 2940-5, 2013. 

31. Briguori C, Condorelli G Hydration in contrast-induced acute kidney injury. Lancet 2014 May 24; 383(9931): 1786-8.

32. Thomsen HS Guidelines for contrast media from the European Society of Urogenital Radiology. AJR. American journal of roentgenology 2003 Dec; 181(6): 1463-71.

33. Andreucci M, Faga T, Sabbatini M, Pisani A, Russo D, Michae A: How to prevent Contrast-Induced Nephropathy in clinical practice. J Clin Nephrol Res 1(1): 1002, 2014.

34. Tamura A, Goto Y, Miyamoto K et al. Efficacy of single-bolus administration of sodium bicarbonate to prevent contrast-induced nephropathy in patients with mild renal insufficiency undergoing an elective coronary procedure. The American journal of cardiology 2009 Oct 1; 104(7): 921-5.

35. Navaneethan SD, Singh S, Appasamy S et al. Sodium bicarbonate therapy for prevention of contrast-induced nephropathy: a systematic review and meta-analysis. American journal of kidney diseases: the official journal of the National Kidney Foundation 2009 Apr; 53(4): 617-27.

36. Hoste EA, De Waele JJ, Gevaert SA et al. Sodium bicarbonate for prevention of contrast-induced acute kidney injury: a systematic review and meta-analysis. Nephrology, dialysis, transplantation: official publication of the European Dialysis and Transplant Association – European Renal Association 2010 Mar; 25(3): 747-58.

37. Subramaniam RM, Suarez-Cuervo C, Wilson RF, et al. Effectiveness of prevention strategies for contrast-induced nephropathy: a systematic review and metaanalysis. Ann Intern Med 164: 406-16, 2016.

38. Xu R, Tao A, Bai Y, Deng Y, Chen G. Effectiveness of N-acetylcysteine for the prevention of contrast-induced nephropathy: a systematic review and meta-analysis of randomized controlled trials. J Am Heart Assoc 5(9): e003968, 2016.

39. Kang X, Hu DY, Li CB, Ai ZS, Peng A. N-acetylcysteine for the prevention of contrast-induced nephropathy in patients with pre-existing renal insufficiency or diabetes: a systematic review and metaanalysis. Ren Fail 37: 297-303, 2015.

40. Loomba RS, Shah PH, Aggarwal S, Arora RR. Role of N-acetylcysteine to prevent contrast-induced nephropathy: a meta-analysis. Am J Ther  23: e172- e183, 2016.

41. Zhao SJ, Zhong ZS, Qi GX, Tian W. The efficacy of N-acetylcysteine plus sodium in the prevention of contrast-induced nephropathy after cardiac catheterization and percutaneous coronary intervention: a meta-analysis of randomized controlled trials. Int J Cardiol 221: 251-9, 2016.

42. Weisbord SD, Gallagher M, Kaufman J, et al. Prevention of contrast-induced AKI: a review of published trials and the design of the Prevention of Serious Adverse Events following Angiography (PRESERVE) trial. Clin J Am Soc Nephrol 8: 1618-31, 2013.

[/protected]