Un caso di errata diagnosi di diabete mellito posta sulla base del valore di HbA1c

Rubrica Caso Clinico a cura di Francesco Dotta1, Anna Solini2

1U.O.C. Diabetologia, Azienda Ospedaliera Universitaria Senese, Università degli Studi di Siena; 2Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università degli Studi di Pisa

Un caso di errata diagnosi di diabete mellito posta sulla base del valore di HbA1c 

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Rosalia Bellante, Angela Dardano

Sezione di Diabetologia, Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale Università degli Studi di Pisa

Una donna, di 39 anni, con diagnosi di diabete mellito tipo 2 (T2DM), in terapia con metformina e in scarso controllo glicometabolico (emoglobina glicata (HbA1c) 8,3%; 67 mmol/mol), giungeva alla nostra attenzione per una rivalutazione della malattia diabetica. La paziente, con familiarità positiva per T2DM, riferiva una pregressa diagnosi di diabete gestazionale (nel 2009) e dislipidemia. Nel 2011, eseguiva esami ematochimici di routine, che documentavano un valore di HbA1c >8% (64 mmol/mol), confermato in due diverse determinazioni. La glicemia a digiuno risultava inferiore a 126 mg/dl, in entrambe le occasioni. La paziente veniva indirizzata ad un Centro Diabetologico dove, in base al valore di HbA1c, veniva posta diagnosi di T2DM e veniva avviato trattamento con metformina.

1° QUESITO

Il dosaggio dell’HbA1c può essere utilizzato come criterio diagnostico di diabete mellito?

Fino al 2009, le Società Scientifiche Diabetologiche Internazionali e Nazionali non raccomandavano l’uso del valore di HbA1c come ulteriore criterio diagnostico di diabete mellito, principalmente per la mancanza di standardizzazione della metodica di dosaggio. Nel 2009, un Comitato di Esperti Internazionali, formato da membri della Società Americana di Diabetologia (ADA), dell’Associazione Europea per lo Studio del Diabete (EASD) e della Federazione Internazionale del Diabete (IDF), ha individuato, dall’analisi di un ampio numero di studi clinici, in un valore di HbA1c ≥ 6,5% (48 mmol/mol) il valore soglia diagnostico di diabete mellito. La resistenza a utilizzare l’HbA1c come parametro diagnostico è stata attualmente superata ed è stata pubblicata una Consensus Statement mondiale di Standardizzazione. Affinché la determinazione dell’HbA1c sia utilizzabile a scopo diagnostico, occorre che le misure siano standardizzate e, in quest’ottica, dal 1995, la Federazione Internazionale di Chimica Clinica (IFCC) ha promosso l’attività di un gruppo di lavoro (IFCC WG-HbA1c), che ha portato alla definizione di un metodo ufficiale e alla produzione di due materiali primari di riferimento. Il lavoro di una rete internazionale di laboratori di riferimento ha determinato la standardizzazione globale di tutti i metodi di routine e l’incorporazione del dosaggio dell’HbA1c nel Sistema Internazionale (SI). Per porre diagnosi di diabete mellito è necessario che il valore di HbA1c ≥6,5% (48 mmol/mol) sia sempre confermato in una seconda determinazione, con kit standardizzato e allineato all’IFCC. L’attuale uso dell’HbA1c come criterio diagnostico di diabete è il risultato delle indicazioni emerse dall’analisi di un ampio numero di studi clinici randomizzati, i più significativi dei quali sono il Diabetes Control and Complication Trial (DCCT) e l’UK Prospective Diabetes Study (UKPDS), che hanno documentato una stretta correlazione tra l’entità del controllo glicemico, valutato mediante l’HbA1c e il rischio di comparsa e progressione delle complicanze tipiche del diabete. Per il mancato raggiungimento degli obiettivi terapeutici, con persistenza di un valore di HbA1c >8% (64 mmol/mol), veniva associata, alla metformina già in atto, terapia con repaglinide, successivamente sospesa per la comparsa di ripetuti episodi, sintomatici, di ipoglicemia post-prandiale. Al momento della visita presso il nostro Centro, la paziente presentava un peso corporeo di 74 kg, con un indice di massa corporea pari a 26,5 kg/m2. Gli esami di laboratorio, eseguiti durante la visita, documentavano una condizione di alterata glicemia a digiuno, non diagnostica per diabete mellito. L’analisi del diario cartaceo evidenziava valori di glicemia capillare pressoché normali, sia a digiuno che in fase post-prandiale e non correlati al valore di HbA1c. Tali valori venivano confermati dal confronto con i dati registrati dal glucometro. Lo studio delle complicanze croniche di malattia risultava negativo. Il dosaggio del C-peptide documentava una normale riserva pancreatica (C-peptide basale: 3,42 ng/ml; dopo stimolo: 8,82 ng/ml) e la valutazione dell’autoimmunità permetteva di escludere una componente autoimmune nella patogenesi della malattia diabetica (anticorpi anti-IA2: 0,31 U/ml; anticorpi anti-GAD: 0.00 U/ml; entrambi nella norma). A completamento diagnostico, veniva applicato Holter Glicemico per 6 giorni e l’analisi dei dati ottenuti, confrontati con il diario clinico, confermava la presenza di valori di glicemia nel range di normalità, sia a digiuno che nelle fasi post-prandiali. La paziente riferiva di non aver mai eseguito a scopo diagnostico una curva da carico orale di glucosio (OGTT), se non dopo l’espletamento della seconda gravidanza. Veniva, quindi, programmata OGTT in wash-out farmacologico e questa risultava non diagnostica per diabete mellito. I dati ottenuti permettevano, pertanto, di escludere la diagnosi di diabete mellito. La paziente veniva sottoposta ad approfondimento diagnostico per escludere interferenze, in senso positivo e negativo, con il dosaggio di HbA1c.

2° QUESITO

Quali sono le condizioni cliniche che possono interferire con il dosaggio di HbA1c?

Tabella1_CasoNella tabella 1 sono riportate le principali condizioni che limitano o precludono l’uso di HbA1c a scopo diagnostico. Il dosaggio dell’HbA1c è influenzato da una serie di fattori, tra cui l’età, l’etnia, la presenza di varianti emoglobiniche geneticamente determinate, la diversa capacità di glicazione, la metodologia di analisi utilizzata, nonché una serie di condizioni patologiche. I valori di HbA1c possono variare con l’etnia/razza del soggetto: il tasso di glicazione sembra essere più elevato negli afro-americani, anche se il dato è controverso e tuttora oggetto di studio. Esistono, inoltre, soggetti che, a parità di glicemia media giornaliera, presentano costantemente valori più alti o più bassi di HbA1c rispetto alla media. L’esistenza di fenotipi ad “alta e bassa glicazione emoglobinica” è oggetto di attento studio. L’assunzione di vitamina C o E sembra causare una riduzione dei valori di HbA1c, probabilmente per un’inibizione del processo di glicazione. La vitamina C sembra, inoltre, interferire con alcune metodiche di dosaggio, principalmente per la formazione di emoglobina acetilata. L’ipertrigliceridemia, l’iperbilirubinemia, l’assunzione cronica di salicilato e la dipendenza da oppiacei possono essere causa di interferenze con diverse metodiche di laboratorio, determinando un aumento o una riduzione del valore di HbA1c. L’anemia è la condizione che più frequentemente influenza il dosaggio dell’HbA1c. Le anemie da carenza di ferro o di vitamine, essendo caratterizzate da una diminuzione dell’eritropoiesi e da un ridotto turnover degli eritrociti, possono essere associate a un aumento dei livelli di HbA1c. L’anemia ipocromica microcitica sideropenica, di frequente riscontro nella pratica clinica, può comportare una sovrastima dei valori di HbA1c, poiché la malondialdeide, aumentata nella condizione di carenza marziale, favorisce la glicazione dell’emoglobina. Al contrario, l’anemia emolitica, l’emorragia acuta e le emoglobinopatie, caratterizzate da aumento dell’eritropoiesi e da ridotta durata di vita degli eritrociti, sono associate ad una diminuzione dei livelli di HbA1c. L’anemia da insufficienza renale cronica può interferire con il dosaggio dell’HbA1c sia in senso positivo che negativo, determinando da una parte riduzione dell’eritropoiesi e aumento dell’emoglobina carbamilata e dall’altra riducendo la durata della vita media degli eritrociti. La possibile interferenza dell’anemia dovuta a malattie croniche, come nel caso dell’artrite reumatoide, non è del tutto chiara, ma è stato ipotizzato che si possano avere ridotti livelli di HbA1c a causa di una riduzione della vita media degli eritrociti. Le emoglobinopatie (ad esempio, HbS, HbC, HbF e HbE) determinano interferenze sia in fase analitica che biologica, in relazione all’implicita modifica della vita media eritrocitaria. Qualunque condizione in grado di alterare il turnover degli eritrociti interferirà sul risultato della determinazione dell’HbA1c. Le varianti emoglobiniche, osservate nella talassemia, possono creare un picco anomalo del profilo elettroforetico, interferendo con la lettura e determinando risultati spuri. Sebbene l’HbA1c aumenti con l’età del soggetto (circa 0,03% per anno), in modo indipendente dalla tolleranza glucidica, non si ritiene che tale aumento giustifichi un cambiamento dei target per differenti gruppi d’età. Altre due condizioni meritevoli di particolare attenzione sono rappresentate dal diabete mellito tipo 1 alla diagnosi, dove l’esordio acuto della malattia potrebbe non essere stato sufficiente, in senso temporale, a causare un innalzamento significativo dell’HbA1c e la gravidanza, dove, in relazione alla variazione del turnover delle emazie, la diagnosi di diabete deve essere affidata alla misurazione della glicemia. In questo caso, la valutazione dei valori di emoglobina, transferrina desialata, bilirubina totale ed indiretta, folati, vitamina B12, profilo tiroideo, permetteva di escludere le principali cause di interferenza nel dosaggio di HbA1c, risultando nei limiti della norma. Per escludere la presenza di emoglobinopatie o varianti emoglobiniche non note, veniva eseguita analisi genetica che concludeva per “soggetto portatore di α2-talassemia da delezione di 3,7 Kb alla stato eterozigote”. Tale alterazione emoglobinica è potenzialmente in grado di alterare il valore di HbA1c, indipendentemente dai livelli di glicemia.

3° QUESITO

Quali sono i vantaggi e gli svantaggi dell’uso dell’HbA1c per la diagnosi di diabete?

Tabella2_CasoLa tabella 2 riassume i principali vantaggi e svantaggi del dosaggio dell’HbA1c per la diagnosi di diabete mellito rispetto alla glicemia a digiuno su prelievo venoso e all’esecuzione di OGTT.

4° QUESITO

Il dosaggio dell’HbA1c è valido in termini di specificità e sensibilità?

I dati del National Health and Nutrition Examination Survey (NHANES) indicano che il valore soglia di HbA1c ≥6,5% identifica circa 1/3 di casi in meno di diabete mellito rispetto alla glicemia a digiuno ≥126 mg/dl (7,0 mmol/l). Anche se l’HbA1c può rappresentare un test interessante per lo screening e la diagnosi del DMT2, essa identifica, in realtà, una percentuale minore di soggetti pre-diabetici e diabetici di tipo 2, senza alcuna differenza in termini di insulino-resistenza, insulino-secrezione e profilo di rischio cardiovascolare, rispetto all’OGTT. L’OGTT, tuttavia, può essere più indaginoso, richiede maggior tempo e presenta una minore riproducibilità. L’ADA ha proposto l’adozione dei valori soglia di 5,7-6,4% e ≥6,5% per l’identificazione, rispettivamente, di soggetti con pre-diabete e diabete conclamato. Tuttavia, nella realtà, un gran numero di soggetti diabetici rimane inconsapevole di tale condizione. La minore sensibilità dell’HbA1c potrebbe essere compensata dalla sua maggiore praticità, con conseguente aumento del numero di diagnosi fatte. Come per la maggior parte dei test diagnostici, anche per la diagnosi di diabete, i test devono essere ripetuti almeno due volte, per escludere errori di laboratorio, a meno che la diagnosi non sia corroborata da un inconfondibile quadro clinico.

CONCLUSIONI

Nel caso clinico sopra riportato, la paziente risultava affetta da una forma di talassemia eterozigote dovuta alla delezione di un tratto lungo 7 Kb compreso fra la regione 3’ del gene α2 e quella 5’ del gene α1, producendo così un gene ibrido da delezione α2α1 denominato locus α-3.7. La presenza di questa emoglobina anomala in circolo, pur non essendo responsabile di una franca anemia, può comportarne un’alterata glicazione. Pertanto, il nostro caso dimostra come il dosaggio dell’HbA1c a scopo diagnostico possa risultare di difficile interpretazione, in particolare in presenza di emoglobinopatie. In tal caso, è importante che il sistema analitico impiegato sia in grado di evidenziare, nel corso del dosaggio dell’HbA1c, la presenza di varianti emoglobiniche, trattandosi spesso di forme clinicamente asintomatiche. Nel caso di varianti emoglobiniche, è opportuno, pertanto, prendere in considerazione l’impiego di un metodo di laboratorio alternativo a quello classico.

LETTURE CONSIGLIATE

1. Standards of medical care in diabetes – 2014. American Diabetes Association. Diabetes Care Jan; 37(Suppl 1): S14-80, 2014.

2. Standard italiani per la cura del diabete mellito 2014 – SID e AMD.

3. Abbreviated Report of WHO consensus. Use of Glycated Haemoglobin (HbA1c) in the Diagnosis of Diabetes Mellitus. http://www.who.int/diabetes/publications/report-hba1c_2011.pdf.

4. R. Hanas and G. John on behalf of the International HbA1c Consensus Committee.2010 Consensus Statement on the Worldwide Standardization of the Hemoglobin A1c Measurement.

5. Passamonti M., Medea G., Alecci U. Aggiornamento dei criteri diagnostici per il diabete: l’emoglobina glicata; Rivista della Società Italiana di Medicina Generale, Feb 2011.

6. Mosca A. La determinazione dell’emoglobina glicata nel sangue umano: attualità e prospettive; biochimica clinica, 2008, vol. 32, n. 1.

7. Lapolla A, Mosca A, Fedele D. The general use of glycated haemoglobin for the diagnosis of diabetes and other categories of glucose intolerance: still a long way to go. Nutr Metab Cardiovasc Dis Jul; 21(7): 467-475, 2011.

8. Weykamp C. HbA1c: a review of analytical and clinical aspects. Ann Lab Med Nov; 33(6): 393-400, 2013.

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