Rubrica Caso Clinico a cura di Francesco Dotta1, Anna Solini2
1U.O.C. Diabetologia, Azienda Ospedaliera Universitaria Senese, Università degli Studi di Siena; 2Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università degli Studi di Pisa
Un caso di diabete autoimmune associato ad altre manifestazioni cliniche: presenza di una complicanza cronica o di un’altra patologia autoimmune?
Laura Salvi, Giuseppe Pugliese
Dipartimento di Medicina Clinica e Molecolare, Università “La Sapienza”, Roma
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Nel dicembre del 2006 giunge per la prima volta alla nostra osservazione la Sig.ra Mirella P., di anni 38, per il recente riscontro di iperglicemia (330 mg/dl). Anamnesi familiare: padre affetto da diabete mellito tipo 2, ipertensione arteriosa e cardiopatia ischemica; madre affetta da tiroidite di Hashimoto; una sorella affetta da LES. Anamnesi fisiologica: menarca a 13 anni, cicli di ritorno irregolari con amenorrea da circa 4 mesi. Nega gravidanze. Fuma 15 sigarette al giorno dall’età di 19 anni. Riferisce di svolgere attività fisica regolare (corsa 40 minuti 6 volte a settimana e tennis 3 volte a settimana). Anamnesi patologica remota: tonsillectomia (1980). Anamnesi patologica prossima: comparsa da circa un mese di una sintomatologia caratterizzata da poliuria, polidpsia e dimagrimento (5 kg) non attribuibile a cambiamenti dello stile di vita. La paziente riferisce inoltre il riscontro, circa 8 settimane prima, di una vulvovaginite da Candida, al momento in terapia con preparato topico a base di Clotrimazolo. Esame obiettivo: altezza: 168 cm; peso: 57 kg; BMI: 20,2 kg/m2; circonferenza vita: 71 cm; HGT: 321 mg/dl; P.A.: 110/65 mmHg; F.C.: 76 bpm ritmica. Sottocute di spessore ridotto in tutti i distretti, muscolatura normotonica e normotrofica, cute ipoidratata. Nessuna alterazione degli altri organi e apparati. Esami di laboratorio: per la comparsa dei sintomi di cui sopra il medico curante le aveva prescritto diversi esami di laboratorio che la paziente porta in visione e che risultano nella norma tranne: Emoglobina glicata (HbA1c): 10,1%; Glicemia a digiuno 330 mg/dl; Esame delle urine: glicosuria ++, chetonuria tracce, miceti +. Alla luce di questi dati, poniamo la diagnosi di diabete mellito.
1° QUESITO
Quali ulteriori esami richiedere per classificare il diabete e come impostare la terapia?
Considerando l’età, le caratteristiche antropometriche della paziente e la modalità d’esordio della malattia, pur avendo familiarità di I grado per diabete mellito tipo 2, è verosimile sospettare una forma di diabete autoimmune ad insorgenza nell’adulto. Per questo motivo, come primo approccio terapeutico, decidiamo di istituire un trattamento insulinico con analogo rapido Lispro ai pasti principali (4 UI colazione; 6 UI pranzo e cena) ed analogo ritardo Glargine la sera (10 UI). Dopo aver educato la paziente alla corretta somministrazione dell’insulina, al riconoscimento e alla correzione di eventuali episodi di ipoglicemia, all’automonitoraggio della glicemia capillare, le raccomandiamo di mantenere una corretta idratazione ed una dieta normoglucidica-lipidica-proteica a ridotto contenuto di zuccheri semplici. Consigliamo alla paziente di tornare in visita dopo 3 settimane e, nel sospetto di una forma di diabete autoimmune, richiediamo il dosaggio di GADA, IA-2, IAA, glicemia e C-peptide.
Per il trattamento della vulvovaginite da candida prescriviamo Miconazolo in ovuli.
Controllo ambulatoriale dopo 3 settimane
Peso: 57,9 kg; P.A.: 120/70 mmHg; F.C.: 70 bpm ritmica; HGT: 137 mg/dl.
Profili glicemici domiciliari: valori a target sia a digiuno che nel post-prandiale.
Gli esami di laboratorio mostrano i seguenti risultati: Esame delle urine: nella norma; C-Peptide: 1,1 ng/ml (vn 0,5-2,0); GADA: 15,6 UI (v.n. < 5); ICA, IA-2: negativi.
2° QUESITO
Come classifichiamo questa forma di diabete mellito?
Considerando la positività dei GADA, confermiamo l’ipotesi diagnostica di una forma di diabete autoimmune dell’adulto. I marcatori sierologici di questo processo autoimmune, riscontrabili prima e al momento della diagnosi clinica di malattia, comprendono gli anticorpi anti-isola pancreatica (ICA), anti-GAD65 (GADA), anti-insulina, e anti-proteine simil-tirosin fosfatasi IA-2. Nel corso della storia naturale del diabete di tipo 1, gli eventi causali che conducono a morte cellulare possono agire in tempi e con intensità variabili, determinando un processo distruttivo rapido in alcuni soggetti, lento e graduale in altri. La forma a progressione rapida si osserva più comunemente nei bambini (diabete di tipo 1 dell’infanzia), ma può manifestarsi in qualsiasi età successiva (diabete di tipo 1 dell’adulto). Per la forma lentamente progressiva, più caratteristica anche se non esclusiva dei soggetti adulti, è stata proposta la denominazione di LADA (Latent Autoimmune Diabetes mellitus in Adults). Il termine LADA è stato introdotto per definire un sottogruppo di pazienti affetti da diabete mellito autoimmune che, a differenza del diabete tipo 1 dell’adulto, non necessita di trattamento insulinico, almeno nei primi sei mesi dalla diagnosi.
Programmiamo un nuovo appuntamento ambulatoriale a distanza di 4 mesi e chiediamo alla paziente di eseguire TSH, fT4, anti-TPO e anti-tireoglobulina per valutare la funzionalità tiroidea e l’autoimmunità tiroidea, EMA, tTG e IgA totali per lo screening della celiachia. Confermiamo la terapia in atto, ma dopo circa due settimane la paziente ci contatta telefonicamente per riferirci diversi episodi di ipoglicemia notturna avvenuti negli ultimi giorni. Le consigliamo pertanto di sospendere la somministrazione serale di Glargine.
3° QUESITO
Quali esami richiedere e quando richiederli per eseguire lo screening di altre patologie autoimmuni eventualmente associate al diabete?
Secondo gli Standard italiani di cura per il diabete mellito, lo screening della malattia autoimmune della tiroide e della malattia celiaca deve essere eseguito alla diagnosi attraverso la determinazione di TSH, fT4, anticorpi anti tireoglobulina e anti-tireoperossidasi (TPO), anti-transglutaminasi tissutale (tTG) (IgA e IgG) e anticorpi anti endomisio (EMA). Annualmente è necessario controllare TSH, anticorpi anti-tiroide, tTG o EMA. In caso di tTG o EMA positivi in 2 occasioni è opportuno eseguire la biopsia duodenale che rimane il gold standard per formulare la diagnosi di celiachia. Relativamente allo screening delle altre patologie autoimmuni eventualmente associate, gli Standard di cura consigliano, nei pazienti con patologia autoimmune multipla, la ricerca degli anticorpi anti-surrene (anti-21-OH) e anti-cellule parietali gastriche (PCA).
Controllo ambulatoriale maggio 2007
Il peso è 58,6 kg.
La paziente porta in visione gli esami richiesti: HbA1c: 7,2%; Emocromo nella norma; Esame urine nella norma; Anti-TPO e Anti-Tg: negativi; TSH 2,1 UI/ml; fT4 1,2 ng/ml; EMA, tTG: negativi; C-Peptide: 1,0 ng/ml.
Nonostante il ripristino di un buon controllo glicemico, il recupero ponderale e la funzionalità tiroidea nella norma, la paziente lamenta la persistenza di amenorrea. A questo punto richiediamo esami di I livello per la valutazione dell’amenorrea secondaria (FSH, LH, PRL ed 17-β Estradiolo).
Controllo ambulatoriale giugno 2007
Dopo circa 2 settimane la paziente porta in visione gli esami richiesti: FSH: 50 nUI/ml; LH: 34 mUI/ml; Estradiolo: 27,4 pg/ml; PRL: 14,8 ng/ml.
In base ai risultati degli esami poniamo diagnosi di insufficienza ovarica prematura. Nel sospetto di un’eziologia autoimmune dell’insufficienza ovarica, richiediamo come indagine di II livello il dosaggio degli anticorpi anti-ovaio che risultano positivi.
Controllo DH febbraio 2010
La paziente torna in regime di Day Hospital per eseguire uno screening delle complicanze croniche del diabete. Lamenta astenia, scarsa concentrazione, irritabilità e soprattutto parestesie a livello degli arti inferiori.
Peso: 59,2 kg; P.A.: 125/70 mmHg; F.C.: 72 bpm ritmica; HGT: 108 mg/dl.
Profili glicemici domiciliari: valori a target sia a digiuno che nel post-prandiale.
In tale occasione, richiediamo anche gli esami di screening per manifestazioni autoimmuni associate che, essendo la paziente affetta da due patologie autoimmuni, stavolta comprendono anche il dosaggio degli anti-21-OH e degli anti-PCA. I risultati mostrano: Glicemia 108 mg/dl; HbA1c: 6,9%; Emocromo: lieve anemia normocromica macrocitica (Hb 11,4 g/dl, Hct 34%, MCV 99; MCHC 29); Esame delle urine: nella norma; Anti-TPO e Anti-Tg: negativi; tTG ed EMA: negativi; TSH 1,6 UI/ml; fT4 1,1ng/ml; Ab anti-21-OH: negative; Ab anti-PCA: positivi; Microalbuminuria su campione di urine del mattino: 6 mg/l; Creatinuria su campione di urine del mattino: 158 mg/dl; UACR: 3,8 mg/g; Fondo oculare: non segni di retinopatia diabetica; ECG: nella norma.
All’esame obiettivo neurologico si rileva: VPT di 22 Hz all’alluce destro e di 20 Hz all’alluce sinistro; riflessi rotulei evocabili con rinforzo bilateralmente; presenza di riflessi achillei deboli bilateralmente; test del monofilamento alterato in 2 punti a destra e 3 punti a sinistra; sensibilità termica, tattile e nocicettiva nella norma bilateralmente; assenza di deformità del piede bilateralmente.
4° QUESITO
Qual è l’orientamento diagnostico? Possiamo concludere per una neuropatia diabetica o pensiamo ad una neuropatia in paziente diabetica?
Una forma di polineuropatia assonale cronica può insorgere come complicanza cronica del diabete. Tuttavia, diverse condizioni sistemiche, metaboliche e tossiche possono essere responsabili di una neuropatia periferica anche in un paziente diabetico. Le cause più comuni comprendono l’ipotiroidismo e i deficit nutrizionali, come ad esempio la carenza di vitamina B12, che sospettiamo per la presenza di lieve anemia macrocitica. In caso di neuropatia periferica, il percorso diagnostico prevede la localizzazione della patologia a livello dei nervi periferici e l’identificazione della causa eziologica sottostante, incluse le cause potenzialmente trattabili. Per distinguere tra neuropatie assonali, demielinizzanti e miste possono essere utili gli esami elettrodiagnostici, come gli studi di conduzione nervosa (elettroneurografia) e l’elettromiografia (EMG). L’elettroneurografia valuta la forma, l’ampiezza, la latenza e la velocità di conduzione dei segnali elettrici trasmessi lungo il nervo in esame. Una lesione assonale determina una minore ampiezza del segnale, mentre le forme demielinizzanti determinano un allungamento della latenza ed un rallentamento della velocità di conduzione. L’EMG può individuare un danno assonale attivo, evidenziabile dalla presenza di un’attività elettrica spontanea delle fibre muscolari derivante dall’assenza di una regolazione nervosa (denervazione). Una potenziale limitazione degli studi elettrodiagnostici riguarda il fatto che questi esami sono in grado di valutare solo le fibre mielinizzate di grosso diametro. Il riscontro di una perdita della sensibilità (vibratoria, come nel caso della nostra paziente) a livello delle estremità distali degli arti suggerisce una neuropatia periferica; lo stesso vale per il riscontro di una alterazione dei riflessi. Se dopo un’accurata anamnesi ed un approfondito esame obiettivo neurologico la diagnosi rimanesse ancora incerta, possono essere richiesti gli esami elettrodiagnostici.
A questo punto consigliamo di eseguire l’EMG con elettroneurografia che mostra alterazioni suggestive di polineuropatia assonale sensitivo-motoria degli arti inferiori.
Richiediamo inoltre i dosaggi di: Vitamina B12: <150 pg/ml; Omocisteina: 19 µmol/l; VES: 22 mm/h; PCR: 0,8 mg/l; Acido folico (4 ng/ml v.n. > 3,1).
In base a questi risultati, poniamo diagnosi di carenza di vitamina B12. Una delle cause di ipovitaminosi B12 è la presenza di gastrite atrofica, che nella forma autoimmune si presenta nel 2,6-4% degli adulti affetti da diabete tipo 1. Il 15-25% degli adulti affetti da diabete autoimmune presenta positività agli anticorpi anti-PCA. In presenza di una seconda positività per anticorpi anti-PCA, per confermare la presenza di gastrite atrofica autoimmune, il gold standard è rappresentato dall’esame istologico su un campione bioptoco prelevato tramite EGDS. Ripetiamo il dosaggio degli anti-PCA, che risultano nuovamente positivi, e consigliamo eseguire EGDS con biopsia, che conferma la presenza di gastrite cronica atrofica.
Sia l’anemia che la neuropatia possono pertanto essere ascritte alla carenza di vitamina B12. La paziente, infatti, dopo aver iniziato una terapia con supplementazione di Cianocobalamina (5.000 µg i.m. seguiti da 1.000 µg i.m. una volta a settimana) riferisce riduzione dell’astenia e miglioramento, fino alla scomparsa, delle parestesie.
Controllo ambulatoriale giugno 2014
Dopo anni di stabilità del quadro clinico e di laboratorio, la paziente chiede un controllo anticipato perché estremamente preoccupata. Da un paio di mesi riferisce malessere generale, astenia e diversi episodi di ipoglicemia che insorgono 1-2 ore dopo il pasto, seguiti da iperglicemia a circa 3-4 ore dal pasto.
Peso: 56,1 kg; PA: 110/70 mmHg; FC: 82 bpm ritmica; HGT: 106 mg/dl.
Porta in visione alcuni esami richiesti dal medico curante:
HbA1c 7,6%; Emocromo: lieve anemia ipocromica normocitica (Hb 10,1 g/dl, Hct 32%, MCV 83; MCHC 25; RDW 15%).
Terapia in atto: Insulina Glargine 8 UI die, Insulina Lispro 2 + 4 + 6. Cianocobalamina 1.000 µg i.m. una volta a settimana.
L’astenia e i frequenti episodi ipoglicemici potrebbero essere attribuiti alla presenza di insufficienza surrenalica ma una situazione di questo tipo si può presentare anche in caso di alterato transito gastrointestinale o di malassorbimento, condizioni che si associano ad aumentato rischio di ipoglicemia e in generale ad un più difficile controllo glicemico.
Decidiamo di organizzare diversi incontri educazionali con la paziente per rivedere il calcolo delle dosi di insulina da somministrare ai pasti in base al conteggio dei carboidrati e contemporaneamente programmiamo un nuovo screening delle complicanze croniche.
Dopo due settimane la paziente torna in ambulatorio portando in visione i profili glicemici, che mostrano ancora notevoli oscillazioni, nonostante abbia eseguito scrupolosamente il conteggio dei carboidrati.
5° QUESITO
Qual è l’orientamento diagnostico?
Ancora una volta ci troviamo di fronte a manifestazioni cliniche che possono essere causate da patologie autoimmuni associate al diabete mellito, come il morbo di Addison o il morbo celiaco, oppure da una complicanza cronica del diabete stesso, come la gastroparesi diabetica, che comporta un’alterazione del transito e, conseguentemente, dell’assorbimento dei nutrienti. Riguardo alla prima ipotesi, è nota l’associazione tra diabete autoimmune e celiachia e anche tra diabete autoimmune e morbo di Addison. Alla diagnosi di diabete tipo 1, il 4,5% dei soggetti è affetto da celiachia e nel 90% dei casi la positività anticorpale per la celiachia si manifesta entro un anno dalla diagnosi di diabete, ma in una minoranza dei casi si può verificare più tardivamente. Gli anticorpi anti-21-OH, indicativi della possibile presenza del morbo di Addison, sono invece presenti nel 0,7-3% dei pazienti affetti da diabete tipo 1. La gastroparesi diabetica difficilmente si presenta in assenza di altre complicanze croniche e, soprattutto, di manifestazioni di neuropatia somatica o autonomica, ma va ricercata mediante indagini specifiche, perché la sua presenza non può essere esclusa in caso di normalità dei test per la neuropatia autonomica cardiovascolare. Inoltre, queste indagini sono invasive per il paziente e comprendono uno studio completo del transito con EGDS, RX con pasto baritato e scintigrafia gastrica con 99mTc.
Controllo ambulatoriale luglio 2014
Alla luce di quanto esposto, decidiamo di eseguire i seguenti esami: Anti-TPO e Anti-Tg: negativi; tTGIgA: positivi (40 UI/ml); TSH 1,8 UI/ml; fT4 1,0 ng/ml; Ab anti 21-OH: negative; Microalbuminuria su campione di urine del mattino: 10 mg/l; Creatinuria su campione di urine del mattino: 174 mg/dl; UACR: 5,7 mg/g; Fondo oculare: non segni di retinopatia diabetica; ECG: nella norma; Test cardiovascolari autonomici (deep breathing, lying to standing, Valsalva, ipotensione ortostatica): nella norma.
All’esame obiettivo neurologico si rileva: VPT di 15 all’alluce destro e di 11 all’alluce sinistro; riflessi rotulei evocabili bilateralmente; presenza di riflessi achillei evocabili bilateralmente; test del monofilamento nella norma bilateralmente; sensibilità tattile, termica e nocicettiva nella norma bilateralmente; assenza di deformità del piede bilateralmente.
A questo punto ripetiamo il dosaggio dei tTG IgA che risultano nuovamente positivi (24 UI/ml rispettivamente – v.n. < 4). L’assenza di segni di neuropatia e la positività degli anticorpi specifici per il morbo celiaco, ci sconsigliano di eseguire indagini specifiche per la gastroparesi e ci inducono a richiedere una biopsia duodenale, che rappresenta il gold standard per la diagnosi di celiachia. Il risultato è il seguente: “…atrofia dei villi di grado moderato associata ad iperplasia delle cripte ghiandolari, enterociti di superficie di altezza ridotta con brush-border irregolare (grado III b di Marsh-Obehuber)”.
Alla luce dei risultati della biopsia, prescriviamo una dieta priva di glutine e un controllo di tTG ed EMA a 6 mesi. Il ripristino di una mucosa intestinale normale dovrebbe garantire un adeguato assorbimento dei nutrienti con minori oscillazioni glicemiche.
CONCLUSIONI
La paziente è affetta da sindrome polighiandolare autoimmune (APS) con diabete mellito autoimmune, insufficienza ovarica prematura autoimmune (che ha una prevalenza del 10-20% nell’ambito delle APS tipo 2 tipiche dell’età adulta), gastrite atrofica autoimmune con anemia perniciosa, e celiachia. Non esiste una sequenza specifica per la comparsa delle singole manifestazioni autoimmuni e la determinazione dei livelli di anticorpi circolanti diretti contro le ghiandole endocrine o i loro componenti è utile nella diagnostica delle malattie autoimmuni in un contesto di APS anche se tali anticorpi possono persistere per anni senza che il paziente sviluppi un’insufficienza endocrina o, viceversa, risultare inizialmente negativi per poi comparire nel corso degli anni.
Le complicanze del diabete, soprattutto quelle microvascolari, si possono presentare invece dopo almeno 5 anni dalla diagnosi nei pazienti con diabete di tipo 1, e sono più frequenti nei soggetti con C-peptide non dosabile o soppresso, come dimostrato da un’analisi post-hoc dello studio DCCT/EDIC (Lachin JM, McGee P, Palmer JP; DCCT/EDIC Research Group. Impact of C-peptide preservation on metabolic and clinical outcomes in the Diabetes Control and Complications Trial. Diabetes. 2014; 63: 739-748). Nel caso della paziente, la durata di malattia era di 8 anni, ma i livelli di C-peptide all’esordio erano ancora nella norma, e lo screening della retinopatia e della nefropatia è risultato sempre negativo, pur se erano presenti delle manifestazioni cliniche che hanno generato il sospetto di una neuropatia.
La presentazione clinica dei pazienti con APS è la somma dei quadri clinici dei singoli deficit endocrini e delle singole patologie autoimmuni non endocrine, e talvolta questi quadri presentano un corteo sintomatologico simile a quello delle complicanze croniche del diabete. Per questo motivo è importante indagare in entrambe le direzioni nel caso in cui, nella storia di un individuo affetto da diabete mellito autoimmune, si presentino determinate alterazioni che possono essere attribuite all’una o all’altra causa.
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