Un “aiuto” per il paziente obeso con gastroparesi diabetica: la chirurgia bariatrica?

Carla Maccora, Federico Selmi

U.O.C. Diabetologia e U.O.C. Endocrinologia, Università degli Studi di Siena

Giunge alla nostra osservazione nel mese di febbraio 2016 una donna di 46 anni, per effettuare una valutazione clinico-strumentale per obesità morbigena in previsione di possibile intervento di chirurgia bariatrica.

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Anamnesi familiare: padre deceduto a 61 anni per infarto acuto del miocardio (IMA), affetto da diabete mellito di tipo 2 trattato con antidiabetici orali (ADO). Anche la madre è affetta da diabete mellito di tipo 2, in trattamento con ADO. Quinta di cinque fratelli, di cui due fratelli maggiori in sovrappeso ed entrambi con un pregresso IMA.

Anamnesi patologica remota: sindrome ansioso-depressiva in trattamento farmacologico, ipertensione arteriosa in terapia dall’età di 40 anni, ipercolesterolemia ed iperuricemia in trattamento farmacologico dall’età di 40 anni, aterosclerosi carotidea in terapia dall’età di 43 anni.

Anamnesi diabetologica: diagnosi di diabete gestazionale durante la prima gravidanza, all’età di 29 anni, trattato con terapia insulinica secondo schema basal-bolus. Dopo la prima gravidanza la paziente non ha più effettuato controlli di patologia né assunto terapia. All’età di 32 anni, dopo un aborto, la paziente ha eseguito nuovi controlli diabetologici in seguito ai quali veniva posta diagnosi di diabete mellito di tipo 2 ed impostata terapia con metformina, assunta con scarsa compliance. All’età di 42 anni, dopo la comparsa di ulcera diabetica al piede sinistro, la paziente giungeva alla nostra attenzione per eseguire i controlli specifici di patologia, in seguito ai quali veniva aggiunta la terapia insulinica, in considerazione dello scarso compenso glicemico. 

La paziente presentava inoltre retinopatia diabetica dall’età di 41 anni, sottoposta a trattamento con laser ad entrambi gli occhi. All’ingresso in reparto, la paziente portava in visione i seguenti esami ematici eseguiti nel mese di novembre 2015: HbA1c 8,1 %, glucosio 176 mg/dl (70-110).

Anamnesi patologica prossima: la paziente riferiva di essere stata sempre sovrappeso. Durante l’adolescenza, in particolare, riferiva di aver raggiunto un peso di circa 80 kg [Body Mass Index (BMI) 31,6 Kg/m2]. La paziente ha effettuato vari tentativi di dieta, falliti dopo poco tempo; al momento della visita non svolgeva attività fisica. Il peso massimo raggiunto era di 110 kg (BMI 43,5 Kg/m2) durante lo scorso anno.

Anamnesi farmacologica: pregabalin 75 mg/die, furosemide 25 mg/die, gabapentin 600 mg 1 compressa x2/die, metformina 3 g/die (ai pasti principali), simvastatina 20 mg/die, ticlopidina 250 mg/die, lansoprazolo 30 mg/die, levocetirizina 5 mg/die, allopurinolo 150 mg/die, trazodone cloridrato 150 mg/die, insulina glulisina 8 UI a colazione, 32 UI a pranzo, 30 UI a cena, insulina glargine 40 UI dopo cena. 

All’esame obiettivo: facies: composita. Peso: 99 Kg. Altezza: 159 cm. BMI: 39,15 Kg/m2. Collo: tiroide mal valutabile per morfotipo, non dolorabilità alla palpazione. Torace: emitoraci normoespansibili, fremito vocale tattile normotrasmesso, murmure vescicolare fisiologico, non rumori patologici aggiunti. Cuore: rivoluzioni cardiache ritmiche, toni puri, pause apparentemente libere. Pressione arteriosa: 130/80 mmHg. Frequenza cardiaca: 86 bpm. Addome: globoso, dolorabilità alla palpazione profonda in ipocondrio sinistro; peristalsi presente, segni di Murphy/Blumberg negativi; strie distensae diffuse; fegato e milza non valutabili per adipe. Apparato urogenitale: manovra di Giordano negativo bilateralmente. Arti inferiori: non segni di trombosi venosa profonda in atto, assenza di edemi declivi, discromie cutanee diffuse. A livello interdigitale, tra il 4° e il 5° dito del piede sinistro, presenza di ipercheratosi per pregressa ulcera diabetica. 

Gli esami effettuati durante la degenza hanno permesso di escludere cause endocrine di obesità. La paziente presenta un quadro di obesità di II grado, al limite del III grado, complicato da diabete mellito tipo 2 (HbA1c: 8,5%), retinopatia diabetica pre-proliferante laser-trattata, polineuropatia cronica assonale, sensitivo-motoria, distale e simmetrica ai quattro arti a genesi dismetabolica, neuropatia autonomica con danno permanente del sistema parasimpatico [Fig. 1: deep breathing: 1,065 (patologico). Fig. 2: manovra di Valsalva: 1,267 (patologico). Lying to standing: non valutabile. Ipotensione ortostatica: assente] e sistema ortosimpatico nella norma, ipercolesterolemia ed iperuricemia in trattamento farmacologico, steatosi epatica diffusa di II-III grado, cardiopatia ipertensiva con disfunzione diastolica di I grado, aterosclerosi carotidea in terapia antiaggregante e sindrome delle apnee ostruttive nel sonno di grado lieve. 

28_2_Clinic_Fig 1

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A completamento diagnostico, era stata anche programmata l’esecuzione di una esofago-gastro-duodenoscopia (EGDS), utile in previsione di chirurgia bariatrica. L’esame ha mostrato la presenza di ingesti, nonostante la paziente fosse a digiuno da circa 14 ore. 

1° QUESITO

È possibile quindi parlare di gastroparesi diabetica? 

Eziopatogenesi e diagnosi

La gastroparesi è definita come una sindrome di svuotamento gastrico oggettivamente ritardato, in assenza di ostruzione meccanica, che si manifesta con sintomi cardinali, tra i quali si riscontrano sazietà precoce, pienezza postprandiale, nausea, vomito, gonfiore e dolore addominale superiore; la stessa costellazione di sintomi può essere comunque presente in altre patologie, tra cui la gastrite secondaria a Helicobacter pylori, l’ulcera peptica e la dispepsia funzionale.

Per quel che riguarda l’epidemiologia, anche se un’alta prevalenza di gastroparesi è stata segnalata in diabetici di tipo 1 (40%) e diabetici di tipo 2 (10-20%), spesso questi studi sono stati effettuati in centri dove quest’ultima è sicuramente più elevata rispetto alla popolazione generale; la prevalenza della comunità è stata stimata essere circa il 5% tra i diabetici di tipo 1, l’ 1% tra i diabetici di tipo 2, e lo 0,2% tra i controlli in uno studio effettuato nel Minnesota (Olmsted County).

La gastroparesi impatta in modo significativo sulla qualità della vita, aumentando i costi sanitari attraverso le ospedalizzazioni, gli accessi al pronto soccorso o visite mediche, ed è associata all’aumento di morbidità e di mortalità. I sintomi sono spesso gli stessi, anche in caso di diversa eziologia: nausea, vomito, sazietà precoce e senso di pienezza postprandiale. La combinazione di questi sintomi da ritardato svuotamento gastrico è necessaria per stabilire la diagnosi di gastroparesi, così come l’epidemiologia, la storia naturale, la fisiopatologia, e il trattamento si basano tipicamente su criteri combinati. Le eziologie più comuni sono quella diabetica (29%), post-chirurgica (13%) ed idiopatica (36%). Altre cause più rare di gastroparesi includono malattie che colpiscono il controllo neuronale estrinseco (come il parkinsonismo, l’amiloidosi e le malattie paraneoplastiche) o disturbi che provocano infiltrazione o degenerazione dello strato muscolare dello stomaco (ad esempio la sclerodermia). L’ischemia mesenterica dovrebbe essere considerata come una rara causa di gastroparesi, potenzialmente reversibile.

In presenza di una forma grave di patologia, l’esame radiografico dell’addome può documentare aumento del residuo a digiuno, dilatazione, ridotta peristalsi, ritenzione prolungata di bario, mentre l’uso di marker radio-opachi, peraltro poco diffuso, in fasi più precoci può segnalare una ridotta clearance gastrica con persistenza a sei ore.

All’EGDS, la presenza di cibo trattenuto dopo 8-12 ore di digiuno consente di porre diagnosi di gastroparesi. Sono disponibili diverse tecniche più sensibili per lo studio dello svuotamento gastrico e degli eventi motori gastrici. La scintigrafia con doppio pasto marcato è l’esame gold-standard, il più accurato e al momento la modalità d’elezione. La gastroparesi è definita come una velocità di svuotamento al di sotto di 2 deviazioni standard dal range di riferimento. Ci sono altre due metodiche in grado di dimostrare oggettivamente il ritardato svuotamento gastrico: l’utilizzo della “wireless motility capsule” (WMC) ed il test del respiro (“breath testing”). In particolare il test del respiro al carbonio è una modalità emergente per semplicità e non invasività, consente una misura indiretta dello svuotamento gastrico misurando il tempo di comparsa nel respiro di 13CO2 dopo pasto marcato con acido 13C-octanoico o 13C-acetato, richiede comunque normalità dell’assorbimento intestinale, della funzione epatica e polmonare ed è utile soprattutto per screening e studi clinici. Sia la WMC che il test del respiro richiedono comunque un’ulteriore convalida
prima che possano essere considerati alternativi alla scintigrafia per la diagnosi.

Pertanto l’iter diagnostico in un paziente diabetico con sintomi gastrici e sospetto di gastroparesi prevede innanzitutto un’accurata anamnesi e l’esame obiettivo, allo scopo di escludere cause reversibili di ritardo dello svuotamento gastrico, come l’uso di farmaci (anticolinergici, beta-agonisti, oppioidi, antidepressivi triciclici, dopaminergici, calcio antagonisti, ecc.), la presenza di squilibri elettrolitici, o l’ipotiroidismo. Un’EGDS è di solito necessaria ed in ogni caso serve ad escludere alterazioni della mucosa, mentre la presenza di reflusso gastroesofageo non esclude la coesistenza di gastroparesi. In assenza di evidenze significative, si può procedere ad un ciclo di terapia ex adiuvantibus con procinetici per 4 settimane e, se i sintomi persistono o recidivano, allo studio scintigrafico.

Un alterato svuotamento gastrico può essere responsabile di sintomi gastrici, modificazioni del controllo glicemico e dell’assorbimento di farmaci. Come si è detto, i sintomi del tratto gastrointestinale superiore hanno un rapporto debole e incostante con gli indici scintigrafici di svuotamento gastrico. Uno svuotamento gastrico imprevedibile può causare un’alterata coordinazione tra assorbimento intestinale di glucosio e azione dell’insulina esogena o degli antidiabetici orali, un disaccoppiamento glucosio-insulina responsabile potenzialmente di ipoglicemie postprandiali inattese con successive iperglicemie e quindi di oscillazioni glicemiche e scarso controllo glicemico. È inoltre possibile un’interferenza con l’assorbimento e la farmacocinetica degli antidiabetici orali, in quanto lo svuotamento gastrico influenza l’assorbimento dei farmaci assunti per via orale.

Un accelerato svuotamento gastrico può causare iperglicemie postprandiali: è noto infatti che lo svuotamento gastrico determina circa il 35% delle variazioni glicemiche dopo carico orale di glucosio. Nel diabete di tipo 2 questa condizione di solito si presenta nella fase iniziale della gastroparesi, con una prevalenza non definibile. Vista la recente attribuzione alla iperglicemia postprandiale di un ruolo come fattore di rischio cardiovascolare indipendente nel diabete di tipo 2, deve essere prestata molta attenzione a questo fenomeno, in modo da poter provvedere tempestivamente ad un’adeguata correzione farmacologica.

Terapia della gastroparesi diabetica

Le opzioni per il trattamento della gastroparesi sono diverse ed includono modifiche della dieta, uso di procinetici e/o antiemetici e diverse tecniche endoscopico-chirurgiche. Purtroppo, l’efficacia di questi trattamenti in molti casi è limitata: il tutto è anche complicato dal fatto che molto spesso manca una correlazione tra la sintomatologia gastrointestinale e il grado di svuotamento gastrico. In molti casi, pertanto, la strategia di gestione della gastroparesi nei pazienti diabetici è spesso basata su un ragionamento empirico (3).

Da non dimenticare è l’anamnesi farmacologica del paziente, in modo da evitare l’utilizzo di farmaci che potrebbero provocare un rallentamento dello svuotamento gastrico [analoghi del GLP-1 (Glucagon-like peptide 1), farmaci anticolinergici, oppiacei] o la possibile formazioni di bezoari.

Nei pazienti affetti da diabete mellito di tipo 2, è importante valutare la possibile terapia con farmaci che agiscono sul sistema incretinico: gli analoghi del GLP-1 riducono la glicemia post-prandiale, tramite effetti diretti sul metabolismo glicidico, come ad esempio la soppressione della secrezione di glucagone e la stimolazione della secrezione insulinica da parte delle cellule delle isole pancreatiche, oltre a rallentare lo svuotamento gastrico. Si consiglia quindi la sospensione di tale terapia che potrebbe essere sostituita, ad esempio, da un inibitore del DDP-4 (dipeptidil-peptidasi 4): tali farmaci aumentano i livelli di GLP-1 endogeno senza causare alterazioni nello svuotamento gastrico (3).

È possibile effettuare una classificazione della gastroparesi (Tab. 1) in base alla gravità della sintomatologia, a cui corrisponde un diverso approccio terapeutico.

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Il primo passo per il trattamento della gastroparesi diabetica non prevede la terapia farmacologica: punto fondamentale è garantire un buon controllo glicemico a lungo termine ed educare il paziente ad una dieta suddivisa in piccoli pasti, a basso contenuto di grassi e fibre. Nei casi di gastroparesi severa, è possibile riscontrare deficit di micronutrienti che richiedono un supporto esterno: nei casi più gravi, fino al 60% dei pazienti consuma meno di quello che dovrebbe essere l’intake calorico raccomandato e molti di questi hanno deficit di vitamina A, B6, C, K, ferro, potassio e zinco. Il consumo di pasti frazionati e distribuiti in più tempi inoltre migliora la sintomatologia gastrica con riduzione degli episodi di nausea, vomito e gonfiore. È importante valutare il livello di idratazione e lo stato nutrizionale del paziente, in base anche al grado di gravità della gastroparesi, in modo da poter valutare la possibile integrazione di liquidi (tenendo ben presente il fatto che lo svuotamento per i composti non solidi è preservato nella gastroparesi) e la possibilità di utilizzare la nutrizione enterale o parenterale intermittente o permanente.

È noto lo stretto rapporto che intercorre tra i livelli di glicemia e lo svuotamento gastrico, quindi garantire un buon controllo glicemico deve rientrare tra i target terapeutici della gastroparesi. Le modalità sono diverse: terapia multi-iniettiva, o meglio ancora la somministrazione sottocutanea continua di insulina tramite microinfusore (CSII), sono solo alcuni mezzi a disposizione, non dimenticando di personalizzare gli obiettivi in base allo status del paziente e al grado di gastroparesi (3).

Nella maggior parte dei casi, però, i cambiamenti di stile di vita non sono sufficienti a ridurre la sintomatologia e si rende quindi necessaria una terapia farmacologica con procinetici, soprattutto nel caso di persistenza di sintomi quali nausea, vomito, senso di ripienezza post-prandiale o persistenza di un alterato controllo glicemico, antiemetici e antidepressivi triciclici.

Ci sono molti farmaci procinetici che stimolano la motilità gastrica e hanno anche un effetto antiemetico: metoclopramide, domperidone ed eritromicina sono solo alcuni esempi. Il farmaco cisapride, anch’esso procinetico con meccanismo di agonista dei recettori della serotonina 5-HT4, era in passato un farmaco di elezione, grazie al suo meccanismo di azione che si basa sul rilascio dell’acetilcolina a livello del plesso mioenterico; a causa però dei suoi importanti effetti collaterali sul sistema cardiovascolare (comparsa di aritmie cardiache fatali) è stato ritirato dalla pratica clinica ed il suo utilizzo è stato riservato solamente a casi selezionati o refrattari ad altre terapie. Per quanto riguarda la metoclopramide, molecola con meccanismo antagonista sul recettore D2 della dopamina, sono ben noti i suoi effetti di miglioramento dello svuotamento gastrico, della sintomatologia associata e come antiemetico, anche se possono svilupparsi episodi di tachifilassi dopo sei mesi dall’inizio della terapia, per cui si ritengono necessarie delle sospensioni, come anche per l’eritromicina. Gli effetti avversi di tale terapia possono consistere nella comparsa di sintomi extrapiramidali, che si verificano fino al 20% dei casi: per questi noti effetti quindi, sia la US Food and Drug Administration (FDA) che l’European Medicines Agency (EMA) ne consigliano l’utilizzo per brevi periodi di tempo. In molti studi, è stata dimostrata l’efficacia del domperidone nel miglioramento dei sintomi, nella riduzione delle ospedalizzazioni e nel miglioramento dello svuotamento gastrico. Tale farmaco, non oltrepassando la barriera emato-encefalica, non comporta effetti collaterali di tipo extrapiramidale e, inoltre, sembra essere meno gravato da episodi di tachifilassi rispetto alla metoclopramide, con efficacia fino ad un anno dall’inizio del trattamento. Infine per quanto riguarda l’eritromicina, che agisce come agonista del recettore della motilina, la sua maggiore efficacia si raggiunge con la somministrazione parenterale soprattutto nei casi più gravi. Questa molecola ha un’azione importante sulla velocità dello svuotamento gastrico, aumentandola, e sulla riduzione della sintomatologia, ma essendo un antibiotico è importante considerare i problemi di resistenza batterica. Sia il domperidone che l’eritromicina possono indurre un allungamento del tratto QT all’elettrocardiogramma con rischio successivo di aritmie e anche influenzare il metabolismo di altri farmaci tramite inibizione del CYP2D6, da parte del primo, e del CYP3A4, da parte della seconda (2, 4).

Ci sono poche evidenze sull’utilizzo degli antiemetici senza attività procinetica, come ad esempio le fenotiazine, gli antagonisti selettivi del recettore 5-idrossitriptamina 3A e i cannabinoidi, che comunque hanno un minore impatto sulla sintomatologia. Visti anche gli effetti collaterali degli altri farmaci, si stanno sviluppando nuove terapie farmacologiche come gli agonisti del recettore 5-HT 4, agonisti della motilina senza effetto antibiotico, antagonisti del recettore della dopamina D2 e agonisti della grelina. Ci sono al momento trials di fase 2-3 per questi nuovi farmaci, come anche per un inibitore dell’acetilcolinesterasi e una molecola di combinazione tra questo ed un agonista del recettore D2 (4).

Per quanto riguarda invece le tecniche endoscopico-chirurgiche c’è da sottolineare che la loro efficacia ancora non è stata provata in studi controllati. Tra queste possiamo ricordare l’utilizzo della tossina botulinica, che comporta un miglioramento della sintomatologia così come del transito gastrico nelle diverse forme di gastroparesi, ma la sua efficacia è molte volte solo transitoria (5). Ci sono poi da considerare le tecniche di stimolazione elettrica, come la neurostimolazione ad alta frequenza e il pacing gastrico a bassa frequenza. La prima tecnica si basa sul principio di ristabilire il ritmo dell’onda elettrica di stimolo a livello gastrico, ma il suo sviluppo è stato limitato dalla necessità del device di alte energie: in pazienti che hanno impiantato tale device si è ottenuta una riduzione della sintomatologia gastrica fino all’80% a 10 anni dal momento del posizionamento. Anche in questo caso però gli studi condotti hanno coinvolto piccoli campioni di popolazione e sono quindi necessari approfondimenti maggiori. La stimolazione a bassa frequenza infine è in grado di normalizzare anche in questo caso la disaritmia elettrica e di accelerare lo svuotamento gastrico. Esistono poi un gran numero di tecniche chirurgiche nel caso di gastroparesi refrattaria agli altri trattamenti: è possibile ricordare tra queste la gastrostomia per decompressione, la dilatazione pneumatica endoscopica, la piloroplastica o pilorostomia, la gastrectomia totale o parziale con esofagodigiunostomia o la gastrodigiunostomia con ansa Y alla Roux (2, 6).

2° QUESITO

Cosa fare quindi con la chirurgia bariatrica? È una possibilità da escludere per la nostra paziente vista la gastroparesi? Vediamo cosa dice la letteratura…

Non sono molti gli studi sull’utilizzo delle tecniche di chirurgia bariatrica nei pazienti affetti da gastroparesi diabetica o nella forma idiopatica. Uno di questi, condotto in Conneticut, coinvolge sette pazienti obesi che si sono sottoposti ad intervento di by-pass gastrico per via laparoscopica con ansa a Y alla Roux (RYGB) tra dicembre 2010 e febbraio 2013 e affetti da gastroparesi (due erano affetti dalla patologia secondaria al diabete mentre gli altri cinque dalla forma idiopatica). In precedenza i pazienti avevano assunto antiemetici o procinetici, mentre due di questi avevano impiantato un device di stimolazione elettrica senza benefici, anzi uno di questi aveva avuto complicanze post-impianto che hanno richiesto tre interventi chirurgici. Inoltre, quattro pazienti avevano una sintomatologia cronica non risolvibile con la terapia farmacologica e due non avevano avuto miglioramento dopo l’impianto di device elettrici. A tutti i pazienti è stato calcolato uno score relativo alla sintomatologia, in particolare alla severità ed alla frequenza dei sintomi gastrointestinali, quali nausea, sazietà precoce, gonfiore e dolore epigastrico. Il questionario è stato sottoposto a ogni paziente prima della chirurgia e ad ogni incontro di follow-up, che è durato in media 315,2 giorni. Lo score di severità e di frequenza dei sintomi è risultato significativamente migliorato (P: 0,002 e P: 0,04) nel postoperatorio rispetto al pre-intervento. Inoltre, i pazienti che assumevano terapia farmacologica con agenti procinetici prima dell’intervento chirurgico non avevano più necessità di questa. Il cambiamento di BMI al termine del follow-up era di 9,1 unità e la percentuale media di perdita di peso in eccesso era di 71,6%. Dei due pazienti che erano diabetici prima dell’intervento, uno ha avuto una parziale remissione e l’altro ha avuto un notevole miglioramento del controllo della patologia, con riduzione della terapia antidiabetica. Cinque su sei dei pazienti con reflusso gastroesofageo e tre su quattro di quelli con ipertensione arteriosa sono andati incontro a remissione clinica (7). Quindi, nel caso di pazienti diabetici ed obesi, il RYGB potrebbe essere efficace per entrambe le problematiche. Il possibile meccanismo di azione del miglioramento della gastroparesi potrebbe essere insito nella tecnica stessa dell’intervento, che consiste nella separazione del tratto superiore dello stomaco dalla restante parte che non viene asportata. Il tratto superiore viene poi collegato alla prima parte dell’intestino tenue, il digiuno. In tal modo il tratto più esteso dello stomaco rimane quindi escluso dal transito del cibo, che passa direttamente nel bypass. Quindi la creazione di una piccola tasca gastrica e il bypass del piloro potrebbero essere i responsabili del miglioramento della sintomatologia gastroparetica. Ovviamente, tale lavoro è limitato dal piccolo campione di studio che non permette la generalizzazione di tali dati e bisogna considerare inoltre tutte le complicanze che si possono presentare con un intervento chirurgico effettuato su un soggetto affetto anche da patologia diabetica, molto spesso non ben compensata.

Sono stati effettuati altri studi simili in considerazione dell’aumentata velocità di svuotamento gastrico che si verifica nei pazienti che sono stati sottoposti a chirurgia bariatrica. Un altro intervento da considerare è la sleeve gastrectomy, che consiste nel rimuovere il corpo ed il fondo dello stomaco e nel creare una pinzatura lungo la piccola curvatura così da avere uno “stomaco tubulare”. In uno studio condotto a San Diego, California, veniva dimostrata la risoluzione dei sintomi correlati alla gastroparesi diabetica ed anche un miglioramento dello svuotamento gastrico, dimostrato con le tecniche diagnostico-strumentali, in nove pazienti obesi ed affetti da diabete che andavano incontro ad intervento di sleeve gastrectomy eseguita per via laparoscopica. L’avvento delle tecniche chirurgiche eseguite con tale tecnica meno invasiva ha permesso una riduzione della morbidità in una popolazione complessa e complicata come è quella diabetica, che è più predisposta anche a morbidità secondaria a malnutrizione cronica, tipica dei pazienti obesi (8).

Conclusioni

Durante la degenza, la paziente, in seguito all’esecuzione di EGDS, ha riferito sporadica sensazione di ripienezza gastrica e talvolta di nausea. Inoltre, ad un’approfondita anamnesi, la paziente ha riferito importanti episodi ipoglicemici avvenuti nei mesi precedenti ma anche durante il ricovero. I primi probabilmente sono da ricondurre ad una mancata aderenza sia alla terapia anti-diabetica che a quella dietetica ed anche al verificato accumulo di cibo a livello gastrico, documentato durante il ricovero. In considerazione degli episodi ipoglicemici, verificatisi anche a causa del cambiamento di dieta strettamente ipocalorica, e dello scarso compenso glicemico all’ammissione, è stata cambiata la terapia per la patologia diabetica: è stato modificato il dosaggio della metformina e sospesa la terapia insulinica ai pasti principali, mantenendo solo l’insulina ad azione tardiva, con introduzione del linagliptin (linagliptin in associazione a metformina 2,5/1000 mg 1 compressa a colazione e 1 compressa a cena, metformina 1000 mg 1 compressa a pranzo, insulina glargine 5 U.I alle ore 22:00). È stato consigliato inoltre di continuare a registrare le glicemie pre e post-prandiali, da riportare sull’apposito diario, e sono quindi stati effettuati controlli diabetologici a cadenza settimanale dalla dimissione. Inoltre, durante il ricovero, è stata riscontrata un’alterazione della funzione renale da possibile intensa perspiratio e disidratazione in seguito ad una crisi ipoglicemica, risoltasi con somministrazione di soluzione glucosata endovena: a completamento diagnostico è stato suggerito pertanto di eseguire una visita nefrologica ed una ecografia renale. In considerazione dell’iniziale sintomatologia a livello gastrico, è stata consegnata alla paziente una dieta da 1200 kcal, suddivisa in piccole porzioni, da consumare in diversi momenti della giornata, a moderato contenuto glucidico e lipidico.

Per lo screening delle complicanze della patologia diabetica è stato effettuato un ecocolordoppler dei tronchi sovra-aortici, che ha evidenziato a livello dell’asse carotideo sinistro ispessimenti miointimali diffusi con una stenosi di circa il 60-65%. Era stata programmata una angioTC dei vasi intra ed extracranici, che la paziente si è rifiutata di eseguire dal momento che era previsto l’utilizzo del mezzo di contrasto. I colleghi cardiologi, in considerazione della cardiopatia ipertensiva, consigliavano di introdurre terapia con enalapril/lercanidipina, di aumentare il dosaggio della ticlopidina e di sospendere la terapia con furosemide.

In conclusione, la paziente intraprenderà un percorso multidisciplinare per il follow-up sia dell’obesità che della patologia diabetica, tramite controlli periodici ogni quattro-sei mesi che, con lo stabilizzarsi del quadro clinico, verranno eseguiti a cadenza semestrale-annuale. Verrà posta quindi grande attenzione alle complicanze del diabete, in particolare alla gastroparesi diabetica per l’eventuale introduzione di terapia medica. In caso di fallimento di entrambe le strategie terapeutiche, la chirurgia bariatrica potrebbe anche essere una valida opzione da tenere in considerazione. Da questa discussione si evince quindi che la gastroparesi richiede un approccio multidisciplinare tra branche mediche e chirurgiche, con aspetti clinici e terapeutici ancora da approfondire.

Bibliografia

1. Camilleri M, Parkman HP, Shafi MA, Abell TL, Gerson L. Clinical Guideline: Management of Gastroparesis. Am J Gastroenterol. 2013 Jan; 108(1): 18-38.

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3. Phillips LK, Deane AM, Jones KL, Rayner CK, Horowitz M. Gastric emptying and glycaemia in health and diabetes mellitus. Nat Rev Endocrinol. 2015 Feb; 11(2): 112-128.

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