a cura di Francesco Purrello
Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università degli Studi di Catania
Stefano Ciciliot1, Gian Paolo Fadini2
1Dipartimento di Medicina, Università di Padova;
2Istituto Veneto di Medicina Molecolare, Padova
INTRODUZIONE
La proteina p66Shc è codificata nel locus genico Shc1, insieme a due isoforme più corte, note come p52Shc e p46Shc (1-2). Queste ultime sono generate a partire dallo stesso mRNA, da diversi siti di inizio della traduzione (2), mentre p66Shc è prodotta a partire da un diverso arrangiamento di esoni al 5’ dell’mRNA. Queste tre proteine hanno in comune un dominio di legame alle fosfo-tirosine (PTB, o phosphotyrosine binding domain), una regione ricca di proline e di omologia al collagene-1 (CH1, o collagen homology 1), e un dominio di omologia Src2 (SH2, o Sarcoma homologous type 2 domain). Dal punto di vista filogenetico, proteine della famiglia Shc sono presenti nei mammiferi, nei pesci, in drosofila ed anche nel verme C. elegans (3). La caratteristica che le contraddistingue è possedere i domini PTB e SH2 sempre in quest’ordine dall’N- al C-terminale. A differenza di p52Shc e p46Shc, p66Shc possiede una regione di omologia al collagene 2 (CH2), e proprio la peculiare presenza di tale regione CH2, identifica p66Shc come variante del locus Shc1 tipica dei vertebrati (3). Data questa caratteristica, la maggior parte degli studi in vivo su p66Shc sono stati condotti su topo, dove due modelli knockout specifici sono disponibili (4-5). Un terzo knockout dell’intero locus Shc1 è stato descritto (6), tuttavia la delezione risulta letale a livello embrionale, a causa di difetti nello sviluppo a carico del sistema cardiovascolare. Sono stati inoltre prodotti altri knockout condizionali o mutanti che hanno permesso di individuare un coinvolgimento del locus Shc1 nel cuore e nel muscolo scheletrico (7-8), nel cervello (9), nel sistema immunitario (10-11). Non vi è notizia dell’esistenza di modelli murini transgenici condizionali o inducibili per p66Shc.
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RUOLO DI P66SHC NELLA TRASDUZIONE DEL SEGNALE
p52Shc e p46Shc sono in grado di trasdurre il segnale da recettori con attività tirosin-chinasi verso Ras e MAPK (12-13). L’attivazione di queste vie avviene attraverso il loro legame a recettori ad attività tirosin-chinasica (RTKs) attivati, ovvero fosforilati a loro volta in residui tirosina specifici (Fig. 1A).
Successivamente, la fosforilazione di tre residui tirosina nel dominio CH1 recluta il complesso Grb2/Sos1 (Growth factor Receptor-Bound protein 2 e Son Of Sevenless 1) tramite dominio SH2 ed infine l’attivazione di Ras (14), essendo Sos1 una GEF (Guanine nucleotide Exchange Factor). Potenzialmente, p66Shc dovrebbe essere in grado di formare gli stessi complessi ed attivare Ras. Tuttavia diversi studi indicano che la via Ras-MAPK non solo non è attivata, ma può essere anche attivamente inibita da p66Shc, nonostante p66Shc sia in grado di legare Grb2 (2, 12, 15-17) . Una possibile spiegazione è che p66Shc competa con p52Shc e p46Shc per il legame con Grb2, causando la rottura del complesso Grb2/Sos1. Perché ciò avvenga, sembra essere necessario che p66Shc sia fosforilata a livello di Ser36 (vedere più avanti), come per esempio dalla MAPK-chinasi MEK (15). Quindi, un aumento nell’attivazione di p66Shc sarebbe sufficiente a causare un’inibizione della via Ras-MAPK (2, 15, 18-19). Una vasta letteratura ha mostrato che p66Shc non è solamente coinvolta nel contrastare l’attivazione della via Ras-MAPK, ma è soprattutto coinvolta nella risposta agli stimoli di stress ambientale e ossidativo (4, 14, 20-24). Chinasi come JNK (c-Jun N-terminal Kinase) o PKCβ (Protein Kinase C β) (25-26), attivate in risposta a stress, sono in grado di fosforilare p66Shc in un particolare residuo di serina (Ser36), all’interno del dominio CH2, a cui segue un’isomerizzazione cis-trans ad opera di Pin1 (Peptidyl-prolyl cis-trans Isomerase 1), che porta alla traslocazione di p66Shc nello spazio inter-membrana mitocondriale (Fig. 1B). A questo livello, ed in assenza di stimoli pro-apoptotici (come acqua ossigenata o raggi UV), p66Shc è legata in complessi ad alto peso molecolare (27) e Hsp70 (Heat Shock Protein 70 (28)) o ad altre proteine coinvolte nel trasporto tra le membrane mitocondriali (29). A seguito di stimolazione, p66Shc può interagire con il citocromo c, grazie ad un apposito dominio di interazione, generando ROS (Reactive Oxygen Species), sequestrando elettroni dalla catena di trasporto degli elettroni (ETC, Electron Transport Chain) mitocondriale (14, 22-23, 30) . A tal proposito, alcuni autori hanno espresso alcuni dubbi sulla capacità di p66Shc di fungere da accettore di elettroni dalla ETC (31-32), tuttavia è da notare come tali affermazioni, per quanto plausibili, non siano attualmente supportate da dati sperimentali. Qualunque sia l’esatto meccanismo molecolare, è noto che l’eccessiva produzione di ROS interferisce con numerosi processi cellulari e può indurre apoptosi. Il coinvolgimento di p66Shc in questo fenomeno, è confermato dal fatto che l’eliminazione o la sovra espressione di p66Shc hanno effetti opposti, rendendo le cellule più resistenti nel primo caso, e più sensibili nel secondo caso agli stimoli apoptotici (4, 20, 33). L’ipotesi che l’attivazione di p66Shc favorisca la formazione di ROS stimolando l’apoptosi potrebbe essere una visione troppo semplicistica: è noto un comportamento sia anti-ossidante (34) che anti-apoptotico (35) di p66Shc. Tuttavia, è da notare come questo si verifichi solo in determinati tipi cellulari ed in condizioni particolari.
p66Shc sembra partecipare ai processi apoptotici anche comportandosi da effettore a valle di p53 (33). L’attivazione di p53 in risposta a perossido di idrogeno induce una stabilizzazione della proteina p66Shc, e probabilmente anche un aumento del trascritto, dato che nel promotore di p66Shc è presente una regione sito di legame per p53 (36). Tuttavia in assenza di p66Shc, p53 si attiva ma le cellule sono resistenti all’apoptosi.
P66SHC IN MODELLI SPERIMENTALI ANIMALI: STORIA DI UNA RICERCA LUNGA 15 ANNI
Il dato probabilmente più sorprendente sul ruolo di p66Shc è il suo coinvolgimento nella determinazione della longevità (4). I dati inizialmente riportati dall’analisi del primo topo knockout per la sola isoforma p66Shc indicavano una sopravvivenza incrementata del 30% rispetto ai controlli, dovuta probabilmente ad una diminuita suscettibilità all’apoptosi in seguito a stress ossidativo. L’unico altro modello murino che mostrasse un aumento della vita media e della lunghezza massima della vita era quello della restrizione calorica (37-38), ma i p66Shc-/- non sembravano più magri e non mangiavano meno dei controlli. Tali risultati supportavano la cosiddetta teoria dell’invecchiamento basata sui radicali liberi, secondo cui l’accumulo di danni molecolari e al DNA dovuti all’eccesso di ROS favorirebbe il processo di invecchiamento. È da notare inoltre che, nonostante l’inibizione dell’apoptosi, i topi p66Shc-/- non risultavano maggiormente suscettibili allo sviluppo di neoplasie.
Successivamente, grazie all’utilizzo di fibroblasti isolati da topi p66Shc-/- e p53-/- è stato possibile identificare il ruolo di p66Shc come effettore a valle di p53 nel mediare l’apoptosi, favorendo il rilascio di citocromo c e l’aumento dei ROS (33). Questo lavoro suggeriva inoltre come p66Shc non mediasse né interferisse con altre funzioni di p53, infatti i topi p53-/-
hanno un’accresciuta mortalità a causa della formazione di tumori spontanei, che non si osserva nei topi p66Shc-/-.
Grazie alla protezione dallo stress ossidativo, i dati della letteratura sono piuttosto concordi nell’attribuire ai topi p66Shc-/- una resistenza nei confronti di alcune malattie comunemente attribuite allo stress ossidativo, incluse le complicanze croniche del diabete. Infatti, diverse ricerche hanno documentato come le delezione di p66Shc risulti protettiva nei confronti della disfunzione endoteliale associata al diabete (39-40), della nefropatia diabetica (41), della cardiomiopatia diabetica (42), e della guarigione delle ulcere (43).
Uno studio condotto su topi con una ridotta o assente espressione del recettore di IGF1 (IGF-1R+/- e IGF-1R-/-) suggerì un collegamento tra la via IGF1 e p66Shc, dato che nei topi IGF-1R+/- vi era una minore fosforilazione in tirosina di p66Shc (44). Questo collegamento fu confermato successivamente da altri studi, condotti su mioblasti L6 di ratto (45-46). Inoltre, la riduzione dell’espressione di p66Shc in mioblasti L6 di ratto causava un aumento nell’assorbimento basale del glucosio, dovuto in parte ad un incremento di espressione di Glut1 e Glut3, e soprattutto al rimodellamento del citoscheletro di actina, dipendente da Erk.
Parallelamente, altri studi identificarono il modo in cui una parte di p66Shc fosse mantenuto inattivo nello spazio inter-membrana del mitocondrio complessato con proteine hsp70 (28), e di come p66Shc potesse agire da ossido-reduttasi interagendo con il citocromo c per produrre H2O2 a seguito di stimoli pro-apoptotici (27, 30). Si è inoltre dimostrato come la fosforilazione di Ser36 ad opera di PKCβ e l’isomerizzazione in prolina ad opera di Pin1 siano coinvolte nella traslocazione di p66Shc nel mitocondrio (26), anche se il meccanismo esatto rimane ignoto. Più recentemente, l’ipotesi che la funzione di p66Shc sia interamente dipendente dalla fosforilazione su Ser36 ad opera di PKCβ è stata messa in dubbio. Infatti, secondo un lavoro in vitro, i siti bersaglio di PKCβ su p66Shc sarebbero altri residui di Serina o Treonina (47).
La produzione di ROS può avere un ruolo fisiologico nel regolare il metabolismo cellulare, senza necessariamente indurre apoptosi. L’insulina è in grado di attivare la produzione di H2O2 in pre-adipociti di grasso bruno, ma non in assenza di p66Shc (48), e questo evento è necessario per modulare l’attività della via Akt-Foxo1. Una corretta risposta alla stimolazione insulinica permette ai pre-adipociti sia bruni che bianchi l’accumulo di trigliceridi, favorendo l’importazione dei trigliceridi negli adipociti e l’inibizione della beta-ossidazione degli acidi grassi. Nel medesimo studio è stato dimostrato come nel tessuto adiposo bruno dei topi p66Shc-/- vi sia un maggiore contenuto della proteina UCP1, che contribuisce a dissipare il potenziale di membrana mitocondriale. Inoltre il metabolismo di questi topi è leggermente più alto rispetto ai WT. Questo fatto spiega probabilmente perché la temperatura basale dei topi p66Shc-/- fosse mediamente più alta rispetto ai topi WT (a 22°C). A differenza dello studio iniziale sui topi p66Shc-/- (4), rispetto ai controlli questi topi crescevano meno dal punto di vista ponderale, nonostante introducessero la stessa quantità di calorie e avessero la stessa attività locomotoria. La differenza di peso era dovuta principalmente ad una diminuzione della massa grassa, soprattutto a livello addominale. Inoltre, la crescita dei topi p66Shc-/- a seguito di dieta ad alto contenuto di grassi risultava notevolmente inferiore rispetto ai topi di controllo nutriti con la medesima dieta. Un’ultima interessante osservazione riguardava l’adattamento al freddo dei topi p66Shc-/-: dopo 3 ore a 5° C la temperatura corporea di questi topi cala di 6 gradi, mentre cala della metà, ma dopo 4 ore, nei topi WT di controllo.
Questo fenomeno probabilmente rende conto di un minore isolamento termico nei topi knockout, dovuto a una minore massa grassa. Uno studio successivo ha confermato questa ipotesi, dimostrando selezione negativa dei topi p66Shc-/- mantenuti non nelle condizioni controllate della stabulazione sperimentale, ma nell’ambiente aperto esterno (49). Tale studio in particolare rivela perché p66Shc sia stato filogeneticamente conservato nonostante il suo ruolo nell’induzione di danno da stress ossidativo: p66Shc potrebbe essere importante per garantire la sopravvivenza in condizioni di pressione ambientale, mentre il suo ruolo metabolico potrebbe diventare competitivamente sfavorevole in relazione a condizioni di vita “moderne”, favorendo lo sviluppo di obesità e sindrome metabolica.
È stato successivamente dimostrato come topi p66Shc-/- resi geneticamente obesi (per incrocio con topi LepOb/Ob) ingrassino meno rispetto ai p66Shc+/+ LepOb/Ob, e abbiano una migliore tolleranza al glucosio e sensibilità all’insulina (50). Tale risultato, ribattuto anche da numerose agenzie di stampa italiane, identificava quindi p66Shc come un possibile target di terapie contro lo sviluppo di obesità e diabete. Un nostro studio più recente (51) ha tuttavia prodotto risultati contrastanti riguardo a quest’ultima parte, pur usando un modello simile, benché con un ceppo murino più omogeneo dal punto di vista genetico. Infatti topi p66Shc-/- LepOb/Ob risultavano essere sì più magri dei controlli p66Shc+/+, ma non risultavano protetti dalle alterazioni metaboliche associate all’iperalimentazione ed all’obesità. Tale considerazione è stata confermata anche per quanto riguarda i topi p66Shc-/- in dieta ad alto contenuto di grassi. Inoltre, i dati ottenuti negli animali erano supportati da uno studio su campioni umani, in cui si osservava che una ridotta espressione genica di p66Shc nel tessuto adiposo viscerale era associata ad un più basso BMI, ma in assenza di un miglioramento di diabete, dislipidemia ed ipertensione. I risultati di questi lavori sperimentali e clinici sono ulteriormente in contrasto con un altro studio (5), in cui è stato prodotto un nuovo modello p66Shc-/-, denominato ShcL. A differenza dell’originario ShcP, è opinione degli autori del lavoro che questo nuovo modello non presenti perturbazioni nell’espressione di p52Shc e p46Shc, per questo motivo risulti suscettibile e non protetto all’ingrassamento dovuto a dieta ad alto contenuto di grassi. Gli autori imputano questa differenza ad una sovra-espressione di p46Shc nel tessuto adiposo dei topi ShcP. Tuttavia, questa ipotesi rimane al momento speculativa e non è corroborata da dati sperimentali.
Infine, un recente lavoro ha smentito il sorprendente effetto del knockout di p66Shc-/- sulla longevità (52), usando un maggior numero di topi rispetto allo studio originale (4). Gli autori notano come la longevità media e massima dei topi WT usati nello studio originale fosse insolitamente bassa, forse a causa di uno stress ambientale. Tuttavia, il sospetto che p66Shc non fosse implicato nella longevità era già stato insinuato da uno studio su uomini centenari, in cui l’espressione di p66Shc risultava elevata e non ridotta (53). Il ruolo di p66Shc nella determinazione della longevità è stato ulteriormente indagato in un altro studio in cui è stato generato un modello di topo doppio KO per p66Shc e TERC (telomerase RNA component). I topi TERC-/- presentano un accorciamento della durata media della vita ed è stato osservato che la contemporanea delezione di p66Shc non è in grado di ripristinare la lifespan, ma riesce a migliorare alcuni degli aspetti progerici dei topi TERC-/-, come la sterilità, la perdita di peso e l’atrofia multiorgano. Purtroppo, l’esatto fenotipo metabolico di questi animali non è stato ancora determinato in dettaglio (54).
CONCLUSIONI
L’utilizzo di modelli animali è stato indubbiamente di fondamentale importanza per lo studio della funzione di p66Shc. Mentre il meccanismo molecolare di azione di p66Shc è abbastanza ben chiarito, molti dubbi rimangono per quanto riguarda il suo ruolo metabolico, vista la presenza di dati contrastanti in letteratura (Tab. 1). A tal proposito, la generazione di altri modelli murini knockout inducibili e condizionali potrebbe permettere uno studio più dettagliato, consentendo di isolare l’effetto dell’eliminazione di p66Shc solo in alcuni tessuti. Il fatto di poter poi indurre il knockout in tessuti adulti, potrebbe evitare problemi di possibile compensazione o sbilanciamento dell’espressione di altri membri del locus ShcA. Lo studio del ruolo fisiologico e fisiopatologico di p66Shc ha contribuito a chiarire alcuni dei complessi rapporti tra longevità e metabolismo (55).
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