Tessuto adiposo, obesità e diabete

Angelo Cignarelli, Valentina Annamaria Genchi, Sebastio Perrini, Annalisa Natalicchio, Luigi Laviola, Francesco Giorgino

Dipartimento dell’Emergenza e dei Trapianti di Organo, Sezione di Medicina Interna, Endocrinologia, Andrologia e Malattie Metaboliche, Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”

INTRODUZIONE

La ricerca biomedica degli ultimi dieci anni ha consentito di incrementare le nostre conoscenze sul ruolo del tessuto adiposo (TA) in condizioni fisiologiche e patologiche. Il TA è riconosciuto come un organo a tutti gli effetti con funzioni metaboliche ed endocrine altamente attive, giocando un ruolo centrale nella regolazione dell’omeostasi energetica attraverso le sue funzioni a livello locale e sistemico. Da un lato, il TA accumula e libera energia sotto forma di lipidi in base alle differenti richieste metaboliche (Fig. 1),

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dall’altro agisce come organo endocrino producendo numerosi fattori bioattivi, noti come adipochine, in grado di comunicare con altri organi e modulare un’ampia gamma di segnali che regolano importanti funzioni, tra cui quella immunitaria, endocrina, rigenerativa e meccanica (Tab. 1).

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Inoltre, il TA, in determinate condizioni e sotto opportuni stimoli, è anche in grado di ossidare i lipidi e/o di dissipare energia sotto forma di calore al fine di mantenere l’eutermia.

Gli studi che hanno indagato i meccanismi di regolazione dell’espansione del TA hanno chiarito, sebbene non del tutto, le modalità attraverso cui si realizza l’incremento ponderale e, soprattutto, lo sviluppo dei suoi disordini metabolici correlati come insulino-resistenza, patologie cardiovascolari e diabete mellito di tipo 2; numerose evidenze, infatti, indicano come la disfunzione del TA sia uno dei primi meccanismi alla base dello sviluppo e/o progressione dell’insulino-resistenza e del diabete. Soggetti affetti da obesità spesso presentano adipociti aumentati di volume con una ridotta capacità di ulteriore espansione e di accumulo di energia sotto forma di lipidi, esponendo altri tessuti ad un eccessivo flusso di lipidi. Inoltre, l’eccessiva ipertrofia adipocitaria si accompagna ad una riduzione del flusso ematico per un insufficiente apporto vascolare, con conseguente ipossia cellulare, alterazione della secrezione delle adipochine, apoptosi, infiltrazione macrofagica ed infiammazione a livello del TA. Tutti questi elementi concorrono nel determinare una conversione del TA da organo sano ad organo infiammato in grado di indurre insulino-resistenza e, conseguentemente, diabete mellito di tipo 2.

In questa rassegna saranno presi in considerazione alcuni elementi di fisiologia e fisiopatologia del TA con particolare riferimento all’associazione tra TA disfunzionale, insulino-resistenza e sviluppo dell’iperglicemia.

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CARATTERISTICHE FENOTIPICHE DEL TESSUTO ADIPOSO

Il TA svolge un ruolo fondamentale nel controllo del flusso degli acidi grassi circolanti nel periodo post-prandiale, al pari, come importanza, del controllo del flusso di glucosio post-prandiale da parte del fegato e del muscolo. Il TA svolge questa funzione tampone attraverso la captazione degli acidi grassi liberati dai trigliceridi plasmatici dalla lipoprotein-lipasi e la soppressione del rilascio di acidi grassi in circolo aumentando la clearance dei trigliceridi. Il TA è uno dei tessuti maggiormente insulino-sensibili: l’insulina stimola l’accumulo di trigliceridi nel TA attraverso numerosi meccanismi, tra cui l’induzione del differenziamento dei preadipociti in adipociti, l’aumento della captazione del glucosio e degli acidi grassi derivanti dalle lipoproteine circolanti e della lipogenesi in adipociti maturi e l’inibizione della lipolisi. Tuttavia, il TA non è più da considerarsi come una semplice banca di energia, ma come un organo endocrino complesso la cui funzione principale è quella di regolare l’equilibrio tra apporto calorico e spesa energetica mediante la secrezione di una rete di ormoni meglio conosciuti come “adipochine” (Tab. 1). In condizioni non patologiche questo circuito ormonale, oltre a garantire il mantenimento del peso corporeo, partecipa attivamente al controllo del metabolismo energetico sulla base di una fine regolazione del segnale insulinico e dei livelli di glucosio circolanti.

 Specificità di sede

Tutto il TA è generalmente suddiviso in due principali componenti: il TA sottocutaneo, che si interpone tra il derma, l’aponeurosi e le fasce muscolari e che comunemente comprende anche il TA mammario (1), e il TA degli organi interni, o viscerale. Il TA viscerale (principalmente il TA mesenterico e omentale) ha la peculiarità di essere drenato dalla vena porta e quindi di essere in stretta connessione con il fegato, una caratteristica anatomica che lo pone al centro di molte ipotesi che associano l’accumulo di TA viscerale e l’insorgenza di patologie metaboliche (2). Oltre le notevoli differenze morfologiche osservate tra questi compartimenti tissutali, è ben noto come i differenti depositi di TA mostrino ulteriori differenze biologiche, tra cui la risposta al segnale insulinico (3), la secrezione di adipochine (4), e la captazione di glucosio (5). Queste differenze significative spiegano il motivo per cui, benché relativamente inferiore in termini di contributo percentuale alla quantità totale di massa grassa corporea, il TA viscerale sia un tessuto più efficiente dal punto di vista metabolico in condizioni fisiologiche, essendo in grado di accumulare i grassi introdotti con la dieta più di quanto non faccia il TA sottocutaneo (6). Le basi molecolari e cellulari che sottintendono queste differenze rappresentano un ambito di ricerca ancora da chiarire.

 Composizione cellulare

Il TA è composto da adipociti maturi e da una frazione stroma-vascolare (SVF) (7). Sebbene gli adipociti bianchi rappresentino la maggior parte del TA, il numero degli adipociti maturi nell’uomo si aggira attorno ai 1-2 milioni per grammo di tessuto, mentre le cellule della porzione SVF si aggirano attorno a 4-6 milioni per grammo di tessuto (8). La porzione SVF è costituita da preadipociti, cellule di origine mesenchimale, cellule del sistema immunitario, fibroblasti e cellule endoteliali. I preadipociti derivano da cellule progenitrici mesenchimali multipotenti, generalmente associati con i vasi sanguigni, possono essere associati con la formazione di nuove cellule endoteliali e periciti, e sono anche potenzialmente orientati a formare tessuto adiposo bruno, miociti, osteociti, condrociti o nella direzione della linea macrofagica (9).

La produzione di nuovi adipociti è una condizione richiesta per conservare e rinnovare il TA e deriva dalla proliferazione e differenziazione di preadipociti (10). Le differenze osservate tra i tessuti adiposi dei vari distretti sembrerebbero risiedere nelle specifiche proprietà innate dei preadipociti residenti, da cui derivano nuovi adipociti (11). Date le notevoli differenze riscontrate nelle funzioni metaboliche e nell’espressione genica delle cellule residenti nel TA dei vari distretti (es. sottocutaneo, viscerale, ecc.), appare sempre più evidente come i preadipociti dei vari distretti rappresentino effettivamente popolazioni cellulari distinte. Questi meccanismi innati, insieme a fattori locali quali la diversa composizione cellulare del distretto adiposo, la vascolarizzazione e la innervazione, potrebbero rendere ragione delle differenze regionali in termini di funzione e dimensione del TA. Si potrebbe pertanto affermare che i TA di differenti distretti possano rappresentare mini-organi distinti.

 Specificità funzionale

In accordo alla funzione biologica svolta, il TA può essere ulteriormente classificato in due principali tipi: bianco e bruno. Il TA bianco è composto da adipociti bianchi che sono classicamente cellule grandi, tondeggianti con un diametro variabile tra 25 e 200 µm, contenente una singola gocciola lipidica circondata da un sottile strato citoplasmatico con pochi mitocondri ed un nucleo appiattito localizzato in periferia (12). La principale funzione degli adipociti bianchi è di accumulare e liberare energia e di secernere adipochine. Gli adipociti bianchi fanno parte del TA sottocutaneo o viscerale e retroperitoneale (13). Gli adipociti bruni sono cellule di forma poligonale, provvisti di un normale citoplasma con gocciole lipidiche multiloculari e contenenti un nucleo centrale rotondeggiante insieme ad una grande quantità di mitocondri particolarmente ricchi di creste (14). La principale funzione degli adipociti bruni è la termogenesi (15). La capacità termogenica degli adipociti bruni deriva dalla presenza della proteina disaccoppiante UCP-1, una proteina mitocondriale in grado di produrre calore a seguito del disaccoppiamento tra flusso di elettroni e sintesi di ATP lungo la catena respiratoria. Nei neonati, il TA bruno è particolarmente abbondante nel collo e nella regione interscapolare al fine di prevenire l’ipotermia (16). Sebbene in passato si sia ritenuto che nell’adulto fossero presenti solo tracce vestigiali di questo tessuto, studi di tomografia abbinata alla PET hanno rivelato come anche gli adulti possano mostrare TA bruno in sede cervicale, sopraclaveare, mediastinica, paravertebrale e perirenale (17). Sia gli adipociti bianchi che gli adipociti bruni derivano dalle stesse cellule mesenchimali staminali (18). Tuttavia, durante la fase della gastrula, le cellule mesenchimali staminali del mesoderma parassiale esprimono il fattore miogenico Myf5, mentre le cellule del mesoderma laterale non esprimono questo fattore trascrizionale. Le cellule esprimenti Myf5 si differenzieranno in adipociti bruni o miociti, mentre le cellule che non esprimono Myf5 diventeranno adipociti bianchi o periciti associati ai vasi sanguigni. Recenti studi hanno rivelato la presenza di cellule con aspetto simile agli adipociti bruni, denominati “beige” (19). Gli adipociti beige sono cellule Myf5-negative che sembrano originare dalle cellule endoteliali e perivascolari con uno specifico profilo genico (20), differente da quello degli adipociti bianchi o bruni (21). In condizioni basali, gli adipociti beige esprimono bassi livelli di UCP-1, ma in seguito a stimolo adrenergico indotto dal freddo e/o dall’esercizio fisico, producono una grande quantità di UCP-1 mostrando quindi proprietà termogeniche (19). A conferma della plasticità del TA, va sicuramente considerato un ulteriore dato suggestivo, ottenuto in modelli murini, che dimostra come gli adipociti bianchi, presenti nelle ghiandole mammarie, possano trans-differenziarsi in cellule epiteliali in grado di sintetizzare latte durante il periodo dell’allattamento e denominati adipociti “pink” (22).

 ESPANSIONE DEL TESSUTO ADIPOSO-OBESITA’ 

L’eccessiva espansione del TA caratterizza la condizione clinica dell’obesità definita da un indice di massa corporea (BMI) uguale o superiore a 30 kg/m2 (OMS, 2013). Secondo i dati forniti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), nel 2008 1,4 miliardi di adulti (età maggiore di 20 anni) era in sovrappeso. Inoltre, a partire dal 1980 il numero di persone obese nel mondo è raddoppiato contando, ad oggi, 200 milioni di uomini e circa 300 milioni di donne. Anche in Italia, secondo il rapporto Osservasalute 2013, che fa riferimento ai risultati dell’Indagine Multiscopo dell’ISTAT, è emerso come nel 2012 più di un terzo della popolazione adulta (35,6%) sia in sovrappeso, mentre una persona su dieci risulti obesa (10,4%); inoltre, differenze sul territorio confermano un gradiente Nord-Sud secondo il quale le Regioni meridionali presentano la prevalenza più alta di persone obese (Puglia 12,9% e Molise 13,5%) e in sovrappeso (Basilicata 39,9% e Campania 41,1%) rispetto a quelle settentrionali (obese: Liguria 6,9% e PA di Bolzano 7,5%; sovrappeso: Liguria 32,3% e PA di Bolzano 32,5%). Questo incremento dell’adiposità è divenuto tra i principali motivi di preoccupazione della salute pubblica, dato che l’obesità è un fattore di rischio per molte patologie, come il diabete di tipo 2, la malattia cardiovascolare e alcune forme di cancro (OMS, 2013). Inoltre, da una recente meta-analisi che ha analizzato i dati ottenuti da una popolazione di più di 10 milioni di soggetti, è emerso un incremento di mortalità per tutte le cause già a partire da un BMI superiore a 25 kg/m2 e con un aumento del rischio di ~40% per ogni incremento di 5 punti di BMI (23).

Molte ipotesi sono state suggerite per spiegare la drammatica espansione della prevalenza dell’obesità, tra cui quella della selezione di un genotipo “risparmiatore”, l’aumento della sedentarietà e la riduzione dei lavori ad alto dispendio energetico, l’aumento del consumo di zuccheri e grassi saturi. Tuttavia, occorre partire dal concetto per cui l’aumento della massa grassa corporea e quindi l’obesità si sviluppano durante una fase dinamica nella quale il bilancio calorico rimane positivo per un prolungato periodo di tempo. L’accumulo di TA può derivare dal grasso esogeno o, in misura più limitata, da precursori di substrati non grassi trasformati in TA corporeo, principalmente da carboidrati, un processo conosciuto come lipogenesi de novo. Lo sviluppo dell’obesità, pertanto, è in gran parte attribuibile ad un eccessivo consumo di cibo e ad un decremento dell’attività fisica, così che un bilancio energetico positivo cronico si rende responsabile dell’espansione del TA per effetto dell’accumulo di un eccesso di energia sotto forma di adipociti e trigliceridi in essi contenuti (24). Mentre stimoli ambientali obesogeni e fattori genetici possono influenzare il contributo relativo di questi meccanismi di accumulo del TA, i meccanismi intrinseci coinvolti nella regolazione delle dimensioni e del numero di adipociti in vivo sono ancora oggetto di studi.

Esiste una notevole eterogeneità individuale nell’incremento ponderale quando i soggetti sono esposti a paragonabili regimi di eccesso calorico e questo riflette l’attivazione variabile di meccanismi compensatori adattativi. Inoltre, a parità di incremento ponderale, alcuni soggetti appaiono maggiormente protetti o predisposti a sviluppare complicanze metaboliche e patologie cardiovascolari. Tali considerazioni sottolineano l’eterogeneità della risposta individuale all’ipernutrizione e rendono necessario e utile lo studio di fenotipi metabolici estremi, quali ad esempio il fenotipo normopeso metabolicamente non sano (soggetti che pur avendo un BMI nella norma possiedono le tipiche alterazioni metaboliche associate all’obesità viscerale) e il fenotipo obeso metabolicamente sano (soggetti che pur avendo un BMI francamente aumentato non possiedono alterazioni metaboliche) (Tab 2).

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Adipogenesi e lipogenesi

I recenti progressi ottenuti attraverso l’identificazione e l’isolamento di precursori adipocitari ex vivo ha consentito di realizzare studi sui meccanismi che regolano il numero degli adipociti sia in condizioni fisiologiche che a seguito di incremento ponderale. L’espansione del TA avviene sia attraverso un’aumentata lipogenesi, ovvero attraverso l’incremento del contenuto lipidico di adipociti maturi pre-esistenti con conseguente aumento delle dimensioni dell’adipocita (ipertrofia), sia attraverso un’aumentata adipogenesi, ovvero l’incremento del differenziamento di precursori adipocitari in adipociti (iperplasia) (25-26). Il numero di progenitori adipocitari è determinato in epoca prenatale; tale numero aumenta dopo la nascita e durante l’adolescenza, periodi della vita critici per lo sviluppo dell’obesità, per poi variare molto poco durante l’età adulta, epoca in cui il TA è regolato principalmente attraverso meccanismi ipertrofici (7, 27). Sebbene il numero di adipociti tende ad essere stabile durante la vita adulta, il TA può espandersi attraverso meccanismi iperplastici e/o ipertrofici durante l’incremento ponderale (28). Meccanismi di espansione attraverso l’iperplasia potrebbero essere associati ad effetti metabolici positivi mentre l’espansione di tipo ipertrofico sembrerebbe maggiormente associata allo sviluppo di alterazioni metaboliche e ad aumentato rischio cardiovascolare nei soggetti obesi (9, 27, 29). La capacità adipogenetica dei preadipociti umani mostra differenze in relazione alla sede di provenienza e al genere (30-31). L’obesità ed il diabete di tipo 2 associato all’obesità sono solitamente associati ad ipertrofia ed ipoplasia dovuti a ridotto potenziale adipogenetico dei preadipociti (32-34). Tuttavia, alcuni soggetti possono rispondere all’eccessivo introito calorico con iperplasia esitando in un fenotipo obeso metabolicamente più sano (29). Inoltre, l’iperplasia degli adipociti è anche marcatamente correlata all’obesità severa, e diviene evidente in soggetti affetti da obesità morbigena. L’iperplasia a carico del TA sia sottocutaneo che viscerale appare essere maggiormente protettiva nei confronti del controllo dei lipidi nel sangue e delle alterazioni del metabolismo glucidico.

 

Lipogenesi e ipertrofia

È noto come l’accumulo di trigliceridi in circostanze di bilancio energetico positivo, come ad esempio durante un eccessivo introito calorico e per la presenza di uno stile di vita sedentario, sia associato ad un aumento del volume adipocitario (35).

L’insulina rappresenta il principale ormone responsabile dell’ipertrofia adipocitaria. Molti meccanismi contribuiscono all’accumulo di trigliceridi indotto dall’insulina, tra cui l’aumento della captazione del glucosio attraverso la traslocazione del gluco-trasportatore GLUT4 dal citoplasma alla membrana plasmatica, l’attivazione della lipoprotein-lipasi con rilascio di acidi grassi liberi e glicerolo dai trigliceridi (triacilglicerolo) contenuti nelle VLDL e nei chilomicroni, e la stimolazione della captazione del glicerolo attraverso la up-regolazione di AQP3, AQP7 e AQP9 a livello dell’adipocita. Ciascuna di queste tappe converge verso l’esterificazione degli acidi grassi sulla catena del glicerolo 3-fosfato per accumulare lipidi intra-adipocitari sotto forma di trigliceridi (Fig. 1).

 

Adipogenesi e iperplasia

L’espansione del TA può avvenire anche attraverso il reclutamento di nuovi adipociti a partire da precursori stromali, soprattutto in condizioni di obesità severa. I preadipociti si differenziano in adipociti in risposta a IGF-I, lipidi, glucocorticoidi e altre molecole (36-37). Questi fattori stimolano una cascata di segnale intracellulare che comprende C/EBP, PPARγ, SREBP1 e altri fattori di trascrizione che regolano l’espressione di geni specifici adipocitari durante il processo di differenziamento cellulare. L’IGF-I e gli altri segnali intracellulari inducono un incremento rapido di AMP ciclico e l’attivazione di CREB mediata dalla fosforilazione di PKA che insieme all’attivazione di GSK3β contribuisce all’attivazione del fattore trascrizionale C/EBPβ. La forma attivata di C/EBPβ forma omodimeri o eterodimeri con C/EBPδ e induce l’espressione e l’attivazione di PPARγ. A seguito del legame di ligandi lipidici, PPARγ transattiva C/EBPα, l’altro fondamentale fattore trascrizionale adipogenico. PPARγ e C/EBPα cooperano per mantenere la loro espressione, attivare SREBP1c e, insieme a SREBP1c, trans-attivare a loro volta circa 2500 geni responsabili del differenziamento in senso adipocitario. Questa cascata di eventi conduce all’acquisizione di funzioni legate all’adipogenesi, quali la capacità di accumulare lipidi, di rispondere all’insulina, di indurre lipolisi e di secernere alcune adipochine (es. la leptina) riducendo la secrezione di altre sostanze (es. il PAI-1), nonché di modifiche nella produzione di componenti della matrice extracellulare, micro-RNA, istoni e strutture cromatiniche.

INSULINO-RESISTENZA E DIABETE

Come descritto in precedenza, il TA può accumularsi in differenti distretti, condizionando lo sviluppo delle alterazioni metaboliche legate all’obesità. È noto come l’accumulo di TA a livello gluteo-femorale, condizione che si realizza tipicamente nel genere femminile, si associa maggiormente con l’insulino-sensibilità e la riduzione del rischio di diabete e di malattie cardiovascolari (38), mentre l’accumulo di TA a livello viscerale correla con l’incremento del rischio di diabete, malattie cardiovascolari e mortalità per queste cause. Infatti, in un ampio studio internazionale che ha coinvolto 168.000 soggetti, Balkau et al. (39) hanno chiaramente dimostrato come per ciascuna categoria di BMI esista un progressivo incremento della prevalenza di diabete in accordo ai quintili di circonferenza vita. Inoltre, in uno studio prospettico condotto su giapponesi americani (40) seguiti per un periodo di 6-10 anni, è emerso come l’adiposità in sede viscerale precede lo sviluppo del diabete di tipo 2 indipendentemente dai livelli di insulinemia basale, secrezione insulinica, glicemia, massa grassa totale e storia familiare di diabete. Nonostante la chiara associazione tra l’accumulo di TA a livello viscerale e le patologie metaboliche, non ne sono ancora completamente chiari i meccanismi alla base; tuttavia, numerosi studi hanno consentito di stabilire alcune ipotesi che convergono sui concetti di ridotta espandibilità del TA e di aumento dello stato di infiammazione.

 Deposizione ectopica

Diversi modelli sperimentali hanno proposto di spiegare la relazione tra adiposità viscerale e le complicanze metaboliche. Il primo è stato quello degli acidi grassi portali suggerendo come il TA viscerale possa indurre insulino-resistenza a seguito del rilascio di alti livelli di FFA a livello epatico (41). Tuttavia, in soggetti con obesità viscerale, è stato dimostrato come ~80% degli FFA nel circolo portale derivano dal circolo sistemico e principalmente dal TA sottocutaneo (42).

L’obesità ed il bilancio energetico positivo possono condurre ad un accumulo di lipidi a livello cardiaco, epatico e viscerale, così come del muscolo scheletrico e del pancreas, sottolineando come in questa condizione il TA sottocutaneo, normalmente attivo come serbatoio metabolico, non sia più in grado di sequestrare ulteriormente lipidi che pertanto si vanno a depositare in questi organi (43). Il TA ectopico è definito come la deposizione di trigliceridi all’interno di cellule e di tessuti che normalmente conterrebbero quantità limitate di lipidi. Il grasso che si accumula in sede epatica rappresenta un ben noto esempio di deposito ectopico di lipidi ed evidenzia la raggiunta incapacità del TA sottocutaneo di accumulare ulteriormente lipidi. Il grasso ectopico determina inoltre effetti paracrini ed endocrini che promuovono il profilo avverso della sindrome metabolica. Infine, è stato dimostrato come il grasso ectopico che si deposita all’interno ed intorno al cuore e ai vasi principali sia attivo nel rilasciare varie adipochine e entri pertanto in comunicazione con altri tessuti viciniori, amplificando numerosi processi che alimentano il rischio di sviluppare aterosclerosi e patologie cardiovascolari.

È interessante sottolineare come il livello di adipogenesi del TA sottocutaneo e l’accumulo di grasso ectopico siano caratteristiche regolate geneticamente; gli individui asiatici, ad esempio, sono maggiormente predisposti ad accumulare grasso a livello viscerale, mentre gli afro-americani sono maggiormente predisposti a sviluppare adiposità sottocutanea (43).

Studi condotti su familiari di primo grado di soggetti obesi mostrano come, anche quando non obesi, questi soggetti mostrano una predisposizione a sviluppare l’ipertrofia di cellule adipose nel TA sottocutaneo. In accordo con questo concetto, i familiari di primo grado di soggetti obesi sono caratterizzati da aumentata insulino-resistenza e dislipidemia quando paragonati a soggetti con livelli di BMI e grasso corporeo simile ma senza familiarità e predisposizione genetica per l’obesità (44).

I meccanismi molecolari alla base della ridotta adipogenesi non sono ancora del tutto chiari sebbene recenti scoperte hanno mostrato come l’obesità ipertrofica sia caratterizzata da un’aumentata espressione e secrezione dell’antagonista di BMP-4, la gremlina-1, a livello del TA sottocutaneo (45).

Ipossia

Molti studi hanno riportato come un TA ipertrofico possa andare incontro alla concomitante riduzione della densità capillare e del flusso sanguigno (46). Dato che il sistema vascolare non sembra essere in grado di espandersi parallelamente all’ipertrofia adipocitaria, ne derivano ipossia cellulare, disfunzione mitocondriale e stress ossidativo (47); questi, a loro volta, sono in grado di produrre la secrezione di adipochine pro-infiammatorie (tra cui TNFα, IL-1, IL-6, MCP-1, PAI-1, iNOS), l’infiltrazione dei macrofagi (48) e la generazione di specie reattive dell’ossigeno (ROS) (49) (Fig. 2).

29_1_Rassegna_3_Fig.2

La secrezione di ROS in circolo da parte del TA è coinvolta nello sviluppo dell’insulino-resistenza a livello del muscolo scheletrico e nella riduzione della secrezione insulinica (49). Tuttavia, è stato ipotizzato come un transitorio aumento dei ROS (ormesi) possa rappresentare anche un importante fenomeno biologico per la corretta trasmissione del segnale insulinico, potenzialmente in grado di contrastare l’ulteriore deposito di lipidi attraverso l’inibizione di geni lipogenici (49). In accordo con questi risultati, topi esposti all’ipossia cronica per 21 giorni (8% O2) hanno mostrato una riduzione della dimensione degli adipociti, il miglioramento della funzione mitocondriale e la riduzione dell’infiltrazione macrofagica (50). Inoltre, soggetti obesi esposti per 10 notti ad ipossia hanno mostrato un miglioramento della sensibilità insulinica (51); tuttavia, va sottolineato come soggetti affetti da sindrome delle apnee ostruttive notturne (OSAS), condizione clinica caratterizzata da episodi ciclici di ipossia severa, sono caratterizzati da insulino-resistenza (52). Pertanto, ulteriori studi sono richiesti per chiarire come la quantità, la durata ed il pattern di esposizione all’ipossia possano determinare effetti metabolici e cardiovascolari differenti.

Infiammazione

L’infiammazione è una risposta biologica contro stimoli nocivi come invasione di patogeni e danno cellulare (48). Diverse evidenze suggeriscono che l’infiammazione cronica nel TA svolga un ruolo critico nello sviluppo della disfunzione metabolica correlata all’obesità (53). Una stretta relazione tra risposta infiammatoria ed insulino-resistenza è stata proposta sulla base della soppressione della captazione del glucosio in pazienti affetti da sepsi (54). Inoltre, è noto come farmaci anti-infiammatori come i salicilati siano in grado di ridurre l’insulino-resistenza in soggetti diabetici (55-56).

È noto come l’espressione della citochina pro-infiammatoria TNFα sia aumentata nel TA di soggetti obesi, laddove il blocco del segnale del recettore del TNFα è in grado di determinare l’aumento della captazione del glucosio insulino-dipendente (57). Altre citochine pro-infiammatorie, come ad esempio IL-1, IL-6, and MCP-1, sono anch’esse sovra-regolate nel TA dei soggetti obesi (58).

Le cellule del sistema immunitario residenti nel TA secernono numerose citochine con effetto pro- ed anti-infiammatorio (59-60) con effetti opposti sulla sensibilità insulinica. Inoltre, le citochine pro-infiammatorie sono in grado di stimolare la lipolisi in adipociti, determinando a loro volta lipotossicità in altri tessuti (61). In topi C57BL/6, una risposta infiammatoria è stata indotta nel TA ma non in altri tessuti rilevanti dal punto di vista metabolico già dopo una breve esposizione (1 settimana) ad una dieta con elevato contenuto in grassi; al contrario, a seguito di una lunga esposizione ad una dieta ricca in grassi, si sono osservate risposte pro-infiammatorie anche in altri tessuti metabolicamente attivi, tra cui il fegato ed il muscolo scheletrico (62). Questi risultati suggeriscono come la risposta infiammatoria innescata da un eccessivo introito calorico si sviluppi, da principio, a livello del TA, interessando solo successivamente e in maniera negativa gli altri tessuti, quali il fegato, il muscolo e il pancreas.

Tuttavia, a seguito di un calo ponderale ottenuto tramite restrizione calorica, le risposte immunitarie si riequilibrano e l’insulino-sensibilità viene ripristinata attraverso la riduzione dei macrofagi M1 e l’induzione dei macrofagi M2. Inoltre, è stato riportato come il calo di peso in soggetti obesi e diabetici a seguito della chirurgia bariatrica si associ a una ridotta espressione dei geni e delle cellule pro-infiammatorie (63). Si realizza così un riequilibrio di cellule immunitarie pro- e anti-infiammatorie verosimilmente mediato da stimoli esterni come ormoni e citochine.

L’attivazione dei macrofagi M2 attraverso le citochine delle cellule T helper di tipo 2, come ad esempio l’IL-4, attenua la risposta pro-infiammatoria in tessuti adiposi infiammati e migliora le alterazioni metaboliche, inclusa l’insulino-resistenza (64-65). Questi risultati suggeriscono come le risposte immunitarie nel TA siano reversibili e regolate dinamicamente da fattori associati a modificazioni dell’adiposità con conseguenze significative sulla sensibilità insulinica.

Fibrosi

La prima fase di accumulo dei macrofagi durante le fasi iniziali dell’obesità è essenziale per l’espansione del TA ed il suo rimodellamento (66); tuttavia, se i macrofagi acquisiscono un profilo pro-infiammatorio (M1) (Fig. 2), si determina un’alterazione dell’omeostasi della matrice extra-cellulare fino alla fibrosi, particolarmente evidente quando l’insulto infiammatorio diviene persistente.

È stato recentemente evidenziato come l’iperpressione di componenti della matrice extra-cellulare che si osserva nel TA di soggetti obesi e di topi resi obesi mediante manipolazione genetica o dietetica si associ a disfunzioni metaboliche che causano insulino-resistenza e danno epatico (67). Inoltre, la fibrosi ha effetti negativi diretti sull’espansione del TA nell’obesità attraverso l’inibizione dell’adipogenesi; infatti, molti studi hanno dimostrato come molti fattori pro-fibrotici siano in grado di inibire la differenziazione dei preadipociti umani. La fibrosi, peraltro, rivestì un ruolo centrale nei meccanismi che regolano l’espansione del TA anche attraverso un ostacolo meccanico all’ipertrofia (67). In topi obesi, la fibrosi del TA bianco precede lo sviluppo di complicazioni metaboliche come ad esempio il danno epatico (68). In maniera analoga, nel TA sottocutaneo di soggetti obesi si è osservato un aumentato deposito di collagene di tipo IV, che è risultato correlato con il grado di insulino-resistenza (69). Inoltre, l’ablazione genetica del collagene o di enzimi in grado di modulare il rimodellamento della matrice extra-cellulare è in grado di condizionare la dimensione degli adipociti e di produrre modificazioni metaboliche. Infatti, in un modello di topi obesi resi geneticamente deficitari del collagene IV, l’ipertrofia adipocitaria ha luogo in assenza di depositi fibrotici e di infiammazione e, nonostante la presenza di obesità severa, questi topi risultano protetti da complicanze metaboliche (70). Questo suggerisce che in aggiunta alla limitazione dell’ipertrofia adipocitaria, la fibrosi potrebbe anche influenzare negativamente la funzione adipocitaria (67).

CONCLUSIONI

Il TA gioca un ruolo fondamentale nella regolazione dell’omeostasi metabolica attraverso i suoi effetti endocrini mediati dalle adipochine, la capacità di sintetizzare e idrolizzare trigliceridi in risposta alle richieste energetiche, così come nella regolazione termica corporea attraverso gli adipociti bruni e beige. Il TA sta emergendo quindi come un organo estremamente dinamico con un grande potenziale di adattamento a condizioni fisiologiche e fisiopatologiche e di risposta a specifiche richieste metaboliche. Questo appare coinvolgere nuove proprietà recentemente identificate a carico di questo tessuto che includono la capacità delle cellule residenti di trans-differenziarsi o di modificare i fenotipi funzionali, e di secernere numerose molecole, con grande capacità di influenzare, localmente o in maniera sistemica, altre cellule e tessuti. L’espansione del TA, soprattutto in sede viscerale, è associata a disturbi metabolici, come la resistenza insulinica e il diabete mellito di tipo 2. L’espansione del TA si associa ad infiltrazione macrofagica e sbilanciamento dei fattori pro-infiammatori ed anti-infiammatori normalmente secreti dal TA, che inducono infiammazione, alterazione della sensibilità insulinica e disregolazione del metabolismo lipidico. L’eccesso di acidi grassi liberi contribuisce inoltre all’avvio e alla progressione delle complicanze metaboliche. Il TA pertanto può influenzare la salute di molti organi, incluso il fegato, il muscolo scheletrico, il cuore ed il pancreas attraverso la produzione e secrezione di molti fattori pro- e anti-infiammatori, rivestendo un ruolo critico nello sviluppo dell’insulino-resistenza e del diabete (Fig. 3).

29_1_Rassegna_3_Fig.3

Ulteriori studi saranno necessari per comprendere le funzioni ed i meccanismi che regolano il TA delle diverse sedi corporee, la trans-differenziazione in un tessuto con un profilo metabolicamente più favorevole, l’attività e le modalità di rilascio delle adipochine, le cause dello switch immunitario verso uno stato pro-infiammatorio. Le nuove acquisizioni aiuteranno a sviluppare nuovi approcci terapeutici per il trattamento dell’obesità e delle sue complicanze metaboliche e cardiovascolari.

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