Aggiornamento clinico e tecnologie a cura di Francesco Dotta1, Anna Solini2
1U.O.C. Diabetologia, Azienda Ospedaliera Universitaria Senese, Università degli Studi di Siena;
2Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università degli Studi di Pisa
Carla Maccora1,2, Caterina Formichi1
1UOC Diabetologia, Università degli Studi di Siena;
2Scuola di specializzazione in Endocrinologia e Malattie del Metabolismo, Università degli Studi di Siena
DOI: 10.30682/ildia1901h
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Giunge alla nostra osservazione nel mese di Marzo 2015 una donna di 42 anni (peso 56,5 Kg, altezza 169 cm, BMI 19,7 Kg/m2) per una valutazione clinico-strumentale per la comparsa da alcuni mesi di sintomatologia caratterizzata da astenia marcata, sudorazione profusa durante la notte e sindrome vertiginosa. Su consiglio del medico di medicina generale, la paziente aveva eseguito due mesi prima la seguente curva glico-insulinemica (OGTT):
Tempo |
Glucosio(mg/dl) |
Insulina (mU/l) |
0 |
94 |
4,6 |
30 |
159 |
23,7 |
60 |
164 |
22,5 |
120 |
206 |
38,1 |
180 |
165 |
25,1 |
240 |
86 |
5,6 |
300 |
69 |
4,6 |
Anamnesi familiare: familiarità positiva per diabete mellito di tipo 2.
A completamento diagnostico, venivano consigliati alla paziente i seguenti esami:
– test al glucagone:
Tempo |
Glucosio (mg/dl) |
C-peptide (ng/ml) |
0 |
77 |
0,93 |
6’ |
77 |
2,1 |
– esami ematochimici: lieve ipercolesterolemia, elettroliti e funzione epatica/renale nella norma; glucosio 93 mg/dl, emoglobina glicata 5,1%, albumina urinaria 6 mg/l;
– funzione tiroidea e pattern anticorpale risultato nella norma;
– asse ipofisi-surrene (cortisolo e ACTH alle ore 8 e cortisoluria sulle urine delle 24 ore) nei limiti della norma;
– anticorpi anti-cellule parietali gastriche: negativi; anticorpi anti- surrene: negativi; anticorpi anti IA2: negativi; anticorpi anti-GAD: negativi; anticorpi anti gliadina, anti endomisio e anti transglutaminasi negativi;
– test di sensibilità per la neuropatia periferica: negativi;
– valutazione cardiologica: buon compenso emodinamico. Pressione arteriosa ed ECG nei limiti. All’ecocardiogramma, funzione sistolica del ventricolo sinistro conservata (FE 55%); non valvulopatie di rilievo emodinamico; sezioni destre e PAPs nei limiti;
– ecografia addome: fegato, pancreas, reni, milza nella norma, senza alterazioni a livello vescicale e annessiale. Non linfoadenopatie retroperitoneali ecorilevabili né versamento ascitico;
– fundus oculi: negativo per retinopatia diabetica.
Veniva pertanto posta diagnosi di diabete mellito e consigliato schema dietetico da 1900 Kcal suddivise in 6 pasti e nuovo controllo diabetologico portando in visione monitoraggio glicemico a scacchiera a distanza di 8-10 mesi.
È giusto fermare qui l’iter diagnostico? Possiamo concludere per diabete mellito di tipo 2?
Secondo le indicazioni date dagli Standard Italiani per la cura del diabete (1), è di fondamentale importanza effettuare una diagnosi differenziale tra diabete mellito di tipo 2 ed altre forme di diabete quali ad esempio il diabete mellito di tipo 1 ad insorgenza tardiva (LADA) ed il MODY (Maturity-Onset Diabetes of the Young). La prima forma deve essere presa in considerazione nel caso siano presenti uno o più tra le seguenti caratteristiche: età <50 anni; BMI <25 kg/m2; anamnesi positiva per malattie autoimmuni, familiarità positiva per diabete tipo 1 o malattie autoimmuni; necessità di terapia insulinica entro 6-12 mesi dalla diagnosi. Nel sospetto di MODY invece dovrebbero essere presenti le seguenti caratteristiche cliniche:
- Diabete insorto in età <30 anni
- Diabete insorto in età <45 anni in assenza di obesità/insulino-resistenza/sindrome metabolica
- Diabete insorto in età <45 anni in presenza di storia familiare suggestiva per trasmissione autosomica dominante
- Assenza di chetoacidosi
- Assenza di anticorpi verso antigeni pancreatici
- Persistenza di secrezione insulinica residua
- Glicosuria in presenza di valori glicemici <180 mg/dl (HNF1A-MODY)
- Spiccata sensibilità alle sulfoniluree (HNF1A-MODY; HNF4A-MODY)
- Manifestazioni extra-pancreatiche: nefropatia non diabetica, malformazioni renali e genitali, alterazioni dell’enzimogramma epatico (HNF1B-MODY)
Tale forma di diabete è causata da un disordine monogenico relativamente raro (1-2% dei casi di diabete), caratterizzata da trasmissione autosomica dominante e al momento sono stati identificati difetti genetici diversi che, con meccanismi differenti (delezione, missenso, ecc.), conducono a un’alterazione funzionale della beta-cellula pancreatica. Il database OMIM (Online Mendelian Inheritance in Man) al momento conta 14 diversi sottotipi di MODY di cui 4 rappresentano l’80-90% dei casi (Tab. 1) (2): le mutazioni della GCK (glucochinasi) e del HNFIA/4A (fattore epatocitario nucleare 1 alfa-4 alfa) sono responsabili delle forme di MODY più comuni (3). I criteri diagnostici sopra elencati però riescono ad identificare solo il 48% dei casi di MODY e quindi non possono essere considerati sufficientemente sensibili per essere utilizzati da soli nella pratica clinica.
I dati sulla prevalenza delle forme monogeniche di diabete risultano tuttavia sottostimati: infatti, una percentuale ancora predominante e variabile tra l’80 e il 95% dei casi di MODY rimane ancora misconosciuta (5), dal momento che i quadri fenotipici, in grado di far nascere il sospetto diagnostico, possono presentare diverse forme sfumate e sovrapponibili ad altre forme di diabete (età di insorgenza, BMI, anamnesi familiare di diabete, livelli di HbA1c, trattamento farmacologico) (3, 6-7) o possono essere causati da geni ancora sconosciuti o che non vengono indagati routinariamente in quanto particolarmente rari per i quali il costo dell’indagine genetica non sembra giustificato. Il next-generation sequencing (NGS) ha permesso un netto miglioramento nell’analisi genetica dal momento che ha permesso di testare tutti i geni coinvolti nel diabete monogenico in un solo e unico pannello, più velocemente e in maniera più efficiente (3).
Una volta posto il sospetto clinico di MODY sarà di fondamentale importanza una valutazione genetica del paziente e anche l’eventuale screening dei familiari. La programmazione dei test genetici deve comunque essere preceduta da un’attenta valutazione clinica tramite anche l’utilizzo di calcolatori standardizzati di probabilità ed esami di più semplice effettuazione e meno costosi, ma che permettono di formulare il sospetto clinico (OGTT, anticorpi verso antigeni pancreatici, C-peptide) e dalla ricerca di manifestazioni peculiari extra-pancreatiche (Fig. 2).
…tornando alla nostra paziente
Veniva consigliata alla nostra paziente una valutazione genetica per sospetto MODY. In relazione al quadro clinico è stata avviata l’analisi di un pannello di geni correlati a tale patologia che ha evidenziato una variante del gene BLK [variante c.211 G>A (p.Arg71Thr)], in condizione di eterozigosi, numerose varianti di probabile significato clinico e cinque varianti con significato clinico in via di definizione nei geni CILP2, NOTCH2, PTPRD, PAM (tali varianti hanno una frequenza <1% nella popolazione generale). Per una migliore interpretazione dell’esito dell’analisi effettuata, è stata effettuata analisi di segregazione nei genitori della paziente: la variante a carico del gene BLK è risultata presente nel campione paterno, in cui sono state riscontrate anche le varianti a carico dei geni NOTCH2, PTPRD e PAM. Nel campione materno è stata riscontrata la presenza di entrambe le varianti a carico del gene CILP2 presenti anche nella figlia: è possibile ipotizzare che tali varianti non siano coinvolte nella eziologia del diabete dal momento che la madre non presentava tale patologia.
Come indicato nella tabella 1, le mutazioni a carico del gene della tirosino-chinasi dei linfociti B (BLK) possono provocare la forma MODY 11. Tale gene codifica per una tirosino-chinasi della famiglia SRC dei proto-oncogeni, che è presente in molti tessuti, quali ghiandole salivari, follicoli piliferi, cellule del Leydig e beta-cellule pancreatiche (8) e risulta essere quindi un modulatore della sintesi e secrezione di insulina attivandone fattori di trascrizione chiave (9-10). BLK gioca inoltre un ruolo significativo nella timo-poiesi nelle cellule T immature (4). Cinque mutazioni rare sul locus del gene BLK, compresa solo una variante missenso p.A71T, sono state identificate in tre famiglie con MODY: quattro mutazioni sono state localizzate in regioni non codificanti (alla fine della regione non codificante 3’ non tradotta o fuori dal gene) e solamente una mutazione missenso (p.A71T) è stata localizzata a livello del 4 esone di BLK. Tale variante ha una bassa frequenza in Europa ed è stato evidenziato che l’over-espressione di BLK in linee cellulari di beta-cellule MIN6 (linea cellulare tipo B altamente differenziata) comporta un aumento del contenuto insulinico e della secrezione insulinica in risposta al glucosio: tali azioni risultano essere ridotte in caso di mutazione BLK-p.A71T (9). In uno studio pubblicato su Diabetologia da Bonnefond et al. (9), nel campione analizzato non venivano riscontrate mutazioni missenso di BLK nei pazienti MODY. La mutazione BLK p.A71T era presente in 52 pazienti euglicemici e non MODY, ponendo il sospetto di una maggior rischio di sviluppare diabete mellito di tipo 2 in pazienti con questa mutazione e affetti da obesità (9). Non è noto il motivo per cui una percentuale di pazienti resta normoglicemica: la spiegazione potrebbe essere data da una mutazione con una penetranza ed espressione variabili, aspetti tipici delle patologie monogeniche come sono i MODY, o anche dagli aspetti “diabetogeni” ambientali quali il BMI e il sovrappeso, che si traducono in insulino-resistenza (8).
Sui MODY, quindi, è possibile concludere quanto sia importate la diagnosi di forme rare di diabete monogenico, in modo particolare nelle popolazioni pediatriche. A sottolineare questo aspetto possiamo ricordare lo studio pubblicato su Diabetes Care (10) nel 2016 da Shepherd et al. in cui veniva dimostrata l’importanza di affiancare agli aspetti clinici anche biomarkers quali il pattern anticorpale (GAD e IA2), il rapporto tra C-peptide urinario e creatinina e lo studio genetico per aiutare a distinguere pazienti affetti da diabete mellito di tipo 1 dalle altre forme monogeniche di questa patologia. Dallo studio emergeva che il 2,5% dei pazienti valutati aveva una forma monogenica di diabete, che nella maggior parte dei casi non avrebbe richiesto terapia insulinica, mentre circa il 50% dei pazienti pediatrici con questa forma di diabete ancora non ha ricevuto una diagnosi genetica, con un ritardo nella diagnosi anche di 9,3 anni.
L’approccio migliore in queste forme di diabete è quindi la combinazione sistematica di criteri clinici e laboratoristici con un miglior inquadramento diagnostico in oltre il 99% dei pazienti, dal momento che l’identificazione della giusta eziologia e patogenesi del diabete monogenico ha in molti casi migliorato la gestione dei pazienti. Infatti, in molti paesi sono stati introdotti programmi di screening per tutti i bambini con diagnosi di diabete mellito prima dei 6 mesi di età (2). Una maggiore attenzione alle forme di diabete monogenico ha permesso di avere maggiore chiarezza sull’eterogeneità dell’eziologia del diabete mellito di tipo 2, con un overlap sempre maggiore: ad esempio, se da un lato mutazioni severe dei geni responsabili della secrezione insulinica glucosio-dipendente o del signalling insulinico a livello del muscolo o del tessuto adiposo possono portare a quadri compatibili con forme MODY o di diabete neonatale o di lipodistrofie, dall’altro lato forme di diabete mellito di tipo 2 caratterizzate da minima riduzione della secrezione insulinica, con scarsa progressione verso le complicanze croniche e insulino-resistenza possono essere causate da mutazioni meno severe di tali geni. In quest’ottica quindi dovrebbe essere opportuno inquadrare il diabete di tipo 2 e le forme monogeniche come estremi di un panorama di differenti varianti fenotipiche piuttosto che come entità completamente separate, in cui riveste un ruolo centrale la medicina di precisione (2-3).
Bibliografia
- AMD-SID. Standard Italiani per la Cura del Diabete Mellito, 2018.
- Flannick J, Johansson S, Njølstad PR. Common and rare forms of diabetes mellitus: towards a continuum of diabetes subtypes. Nature Reviews, Endocrinology 12(7): 394-406, 2016.
- Hattersley AT, Patel KA. Precision diabetes: learning from monogenic diabetes. Diabetologia 60(5): 769-777, 2017.
- Firdous P, Nissar K, Ali S, Ganai BA, Shabir U, Hassan T, Masoodi SR, Genetic Testing of Maturity-Onset Diabetes of the Young Current Status and Future Perspectives. Frontiers in Endocrinology 17, May 2018.
- Kleinberger JW, Pollin T. Undiagnosed MODY: Time for Action. Curr Diab rep ec; 15(12): 110, 2015.
- Maltoni G, Zucchini S, Scipione M, Mantovani V, Salardi S, Cicognani A. Onset of type 1 diabetes mellitus (T1DM) in two patients with maturity Onset Diabetes of the Young (MODY). Pediatr Diabetes 13(2): 208-212, 2012.
- Maltoni G, Zucchini S, Martini AL, Marasco E, Mantovani V, Pession A. Clinical heterogeneity in the same generation of siblings with GCK/MODY 2. Diabetes Res Clin Pract. Epub 2014 Nov 13.
- Borowiec M, Liew CW, Thompson R, Boonyasrisawat W, Hu J, Mlynarski WM, El Khattabi I, Kim SH, Marselli L, Rich SS, Krolewski AS, Bonner-Weir S, Sharma A, Sale M, Mychaleckyj JC, Kulkarni RN, Doria A. Mutations at the BLK locus linked to maturity onset diabetes of the young and beta-cell dysfunction, Proc Natl Acad Sci U S A 2009 Aug 25; 106(34): 14460-5.
- Bonnefond A, Yengo L, Philippe J, Dechaume A, Ezzidi I, Vaillant E, Gjesing AP, Andersson EA, Czernichow S, Hercberg S, Hadjadj S, Charpentier G, Lantieri O, Balkau B, Marre M, Pedersen O, Hansen T, Froguel P, Vaxillaire M. Reassessment of the putative role of BLK-p.A71T loss-of-function mutation in MODY and type 2 diabetes. Diabetologia 56(3): 492-496, 2013.
- Shepherd M, Shields B, Hammersley S, Hudson M, McDonald TJ, Colclough K, Oram RA, Knight B, Hyde C, Cox J, Mallam K, Moudiotis C, Smith R, Fraser B, Robertson S, Greene S, Ellard S, Pearson ER, Hattersley AT, on behalf of the UNITED Team. Systematic Population Screening, Using Biomarkers and Genetic Testing, Identifies 2.5% of the U.K. Pediatric Diabetes Population With Monogenic Diabetes. Diabetes Care 39(11): 1879-1888, 2016.
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