Proteomica e Diabete

 

Paolo Tessari1, Renato Millioni1, Giorgio Arrigoni2

Dipartimento di Medicina DIMED1; Dipartimento di Scienze Biomediche, Università degli Studi di Padova2

Proteomica e “omiche”

La “Proteomica” appartiene ad un gruppo di metodologie, le “-omiche”, che comprendono misurazioni estese di analiti (vedi genomica per i geni, trascrittomica per i trascritti dei geni, cioè gli mRNA, metabolomica, per le analisi di metaboliti, lipidomica, ecc.). Le “-omiche” hanno l’ambizione di misurare la totalità degli analiti di un certo gruppo presenti in un determinato campione. Tali misurazioni sono rese possibili da metodologie sviluppate e perfezionate negli anni più recenti, e presuppongono quindi procedure e piattaforme di analisi capaci, in teoria, di identificare (quali- e quantitativamente) tutti gli analiti presenti nel campione.

Le “omiche” (definite anche indagini “wide-search”, o “unbiased”) rappresentano quindi un approccio differente da quello della biochimica classica, in cui si parte da una definita ipotesi sperimentale, per provare la quale si disegnano esperimenti specifici e mirati. Nelle “omiche” invece, si ambisce a misurare la totalità degli analiti di un campione, spesso senza alcuna ipotesi sperimentale “a priori”, verificando eventuali differenze tra casi e controlli, o tra diverse condizioni sperimentali, in base alle quali vengono poi derivate ipotesi, costruiti meccanismi, predisposti ulteriori esperimenti per lo studio di relazioni causa-effetto, ecc.

Naturalmente, i due approcci possono (anzi, dovrebbero) essere complementari. Un’ipotesi sperimentale ben definita può infatti avvalersi di un’analisi di tipo “omico” per ottenere conferme, o esplorare prospettive più ampie su cui basare ulteriori ricerche. Al contrario, il rinvenire differenze tra campioni in corso di un’indagine “wide search” può stimolare la progettazione di esperimenti specifici per provare relazioni causa-effetto ecc.