Paziente con diabete di tipo 2 e problematiche cardio-vascolari: quale terapia anti-aggregante e anti-coagulante?

a cura di Francesco Dotta1, Anna Solini2

1U.O.C. Diabetologia, Azienda Ospedaliera Universitaria Senese, Università degli Studi di Siena; 2Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università degli Studi di Pisa

Claudia Vaccheris, Isabella Russo,
Franco Cavalot

SCDU Medicina Interna 3 ad Indirizzo Metabolico, AOU San Luigi Gonzaga di Orbassano (Torino)

Una paziente diabetica di 74 anni viene ricoverata nel gennaio 2015 per scompenso cardiaco in cardiopatia ipertensivo-ischemica ad evoluzione ipocinetica.

Anamnesi: familiarità per diabete di tipo 2 (DT2) ed ipertensione arteriosa. Menarca a 12 anni, 2 gravidanze a termine, 2 figli viventi, menopausa a 53 anni. Storia negativa per fumo e consumo di alcolici. Sovrappeso (BMI=28 kg/m2); dislipidemia in terapia con atorvastatina; ipertensione arteriosa in terapia farmacologica; DT2 in terapia combinata con insulina basale e repaglinide ai pasti, complicato da nefropatia con proteinuria 1 grammo/die e lieve riduzione della funzione renale (filtrato glomerulare calcolato pari a 65 ml/min). Dal 2001 in terapia con acido acetilsalicilico (ASA).

Giugno 2013: ictus ischemico nel territorio dell’arteria cerebrale media dx, di verosimile origine trombo-embolica da placca ateromasica carotidea, seguito da buon recupero funzionale. Esegue tromboendoarteriectomia di stenosi carotide interna dx 90%. 

Settembre 2013: ricovero per infarto miocardico (STEMI). Sottoposta a coronarografia, angioplastica e posizionamento di uno stent medicato. Dimessa con doppia anti-aggregazione (ASA e clopidogrel), nel settembre 2014 sospende clopidogrel.

Gennaio 2015: accesso in DEA per dispnea da sforzo ingravescente, instabilità con ripetuti episodi di caduta nei giorni precedenti, senza trauma cranico. Ematochimici: BNP=2438 pg/ml; troponina negativa. ECG: fibrillazione atriale (FA) non databile, frequenza cardiaca 72/min, QRS 0.12”, scarsa progressione onda R nelle precordiali di sinistra. HbA1c 7.5%, colesterolo LDL 68 mg/dl. Ecocardiogramma: ventricolo sinistro ipertrofico, globalmente ipocinetico, in particolare la parete infero-laterale, FE 42%; insufficienza mitralica moderata (2+/4+), lievi insufficienza aortica, polmonare e tricuspidalica; atrio sinistro lievemente ingrandito, atrio destro normale. Consulenza cardiologica: dato l’elevato rischio trombotico (CHA2DS2-VASc: 8), viene consigliato avvio di terapia anticoagulante orale (TAO) e sospensione di ASA. La paziente viene dimessa in buon compenso emodinamico, vigile, discretamente collaborante. Terapia alla dimissione: Atorvastatina 10 mg 1 co, Repaglinide 1 mg x 3, Insulina Glargine 10 UI la sera, Irbesartan 300 mg 1 co, Furosemide 25 mg 2 co, Bisoprololo 2.5 mg 1 co, Venitrin T5 1 cerotto dalle 8 alle 20, Amlodipina 5 mg 1 co, Allopurinolo 150 mg/die, Warfarin sec. INR.

[protected]

> Scarica l’articolo in formato PDF

1° QUESITO

ASA: indispensabile in prevenzione secondaria, è stato corretto utilizzarla già in prevenzione primaria?

Le linee guida dell’American Diabetes Association 2014 e revisione 2015 pongono le seguenti indicazioni all’utilizzo dell’ASA in prevenzione primaria nel paziente diabetico: i) soggetti con rischio cardiovascolare (CV) aumentato (rischio a 10 anni >10%); questa classe include la maggior parte dei soggetti di sesso maschile di età >50 anni e quelli di sesso femminile di età >60 anni, che abbiano almeno un ulteriore fattore di rischio CV; ii) non indicazione per soggetti con rischio CV < 5%; iii) trattamento in base al giudizio clinico per i soggetti a rischio intermedio. Gli Standard Italiani per la Cura del Diabete Mellito del 2014 mettono in rilievo come l’utilità dell’ASA in prevenzione primaria nel diabete mellito non sia definitivamente documentata e pongono come livello di prova III e forza di raccomandazione C l’impiego di ASA in soggetti con rischio cardiovascolare elevato (‘con multipli fattori di rischio’), mentre non lo ritengono indicato in soggetti con rischio cardiovascolare basso o moderato.

In ogni caso, la nostra paziente già prima dell’ictus aveva un rischio CV molto elevato, >10% secondo le linee guida dell’European Society of Cardiology (ESC). Il rischio ESC di morte per evento CV corrisponde ad un rischio di qualsiasi evento CV di 2.5-3 volte. Era quindi corretta la terapia antiaggregante con ASA prima dell’ictus.

2° QUESITO

Doppia anti-aggregazione nell’IMA sottoposto a stent: quale farmaco?

La doppia anti-aggregazione con ASA ed un inibitore del recettore piastrinico P2Y12 è un caposaldo nella prevenzione delle complicanze trombotiche nelle sindromi coronariche acute e nelle procedure percutanee.

Per oltre un decennio l’associazione di ASA e clopidogrel è stata considerata la terapia standard.

Peraltro, un certo numero di eventi ischemici continua ad essere osservato con tale regime terapeutico. Uno dei principali fattori responsabili è la variabilità individuale di risposta al clopidogrel in termini di azione antiaggregante, con una percentuale di pazienti non rispondenti che può arrivare fino al 40%, a seconda delle casistiche.

Negli ultimi anni sono stati sviluppati nuovi inibitori del recettore P2Y12.

Prasugrel

È un inibitore irreversibile del recettore piastrinico P2Y12 con un più rapido inizio d’azione, una maggiore attività antiaggregante, ed una minore variabilità interindividuale di risposta rispetto al clopidogrel. Lo studio TRITON-TIMI 38 ha confrontato prasugrel e clopidogrel in 13.608 pazienti con sindrome coronarica acuta e indicazione a PCI. I risultati hanno dimostrato una riduzione del 19% dell’endpoint primario (morte cardiovascolare, infarto miocardico non fatale e stroke non fatale), pur a prezzo di un incremento del rischio emorragico. Una successiva analisi sul beneficio clinico nettoha mostrato un vantaggio complessivo nei pazienti trattati con prasugrel (p=0.004), in particolare nei sottogruppi di pazienti con STEMI e nei diabetici. 

Ticagrelor

Inibitore reversibile del recettore piastrinico P2Y12, come prasugrel è caratterizzato da una maggiore e più rapida inibizione piastrinica rispetto a clopidogrel. Nel trial PLATO i pazienti trattati con ticagrelor rispetto a clopidogrel avevano una riduzione del 16% dell’incidenza di morte cardiovascolare, infarto e stroke. Particolari benefici in termini di efficacia sono stati osservati nei pazienti con STEMI, nei diabetici e soprattutto nei pazienti con insufficienza renale.

L’European Society of Cardiology ha elaborato nel 2014 nuove linee guida per l’utilizzo dei farmaci antiaggreganti da associare all’ASA. Nei pazienti con STEMI l’ESC consiglia:

Prasugrel (carico 60 mg, mantenimento 10 mg/die, 5 mg/die nei pazienti con peso <60 Kg o età >75 anni. Controindicato nei pazienti con storia di TIA o ictus.

Ticagrelor (carico 180 mg, mantenimento 90 mg 2 volte/die). Presenta i medesimi livelli di evidenza di prasugrel.

Clopidogrel (carico 600 mg, mantenimento 75 mg/die). Solo se prasugrel/ticagrelor non sono disponibili o sono controindicati.

In caso di paziente fragile, in TAO o ad elevato rischio di sanguinamento, è raccomandata la terapia con clopidogrel.

La paziente che stiamo considerando aveva avuto uno STEMI ed è stata trattata con clopidogrel; in base alle linee guida, già del 2013 avrebbe potuto essere trattata con ticagrelor, in considerazione della storia di pregresso ictus. Peraltro, in considerazione delle frequenti cadute a terra riferite dai familiari e della documentata scarsa compliance nell’assunzione della terapia, appare opportuna la decisione di mantenere la terapia con clopidogrel.

3° QUESITO

Terapia anticoagulante orale: quali indicazioni?

La FA permanente aumenta il rischio di ictus di circa 5 volte. Nella FA la terapia anticoagulante riduce il rischio di ictus e di mortalità per tutte le cause. Sono stati sviluppati numerosi schemi per la stratificazione del rischio cerebrovascolare; fra questi il CHADS2 ed il CHA2DS2-VASc (Tab. 1); quest’ultimo è il più utilizzato in quanto identifica meglio i pazienti a “reale basso rischio”, che possono essere trattati con la sola terapia antiaggregante, e predice meglio il rischio tromboembolico nei pazienti ad alto rischio.

Un ampio studio di coorte del 2012 evidenzia come i pazienti con CHADS2=0 non siano tutti a basso rischio, ma possano essere ulteriormente stratificati mediante lo score CHA2DS2-VASc, con un rischio annuo di ictus rispettivamente di 0.84 (CHA2DS2-VASc=0), 1.75 (CHA2DS2-VASc=1), 2.69 (CHA2DS2-VASc=2) e 3.2 (CHA2DS2-VASc=3). Da questo emerge come debbano essere considerati a reale “basso rischio” solo i pazienti con score CHA2DS2-VASc=0, mentre tutti gli altri debbano essere considerati per la prevenzione antitrombotica.

Parallelamente al rischio trombotico occorre valutare il rischio di sanguinamento. Lo score noto con l’acronimo HAS-BLED (Tab. 2) è stato validato in numerose coorti di pazienti e meglio predice il rischio di sanguinamento. Ha valori da 0 a 9, un punteggio >3 indica un elevato rischio di sanguinamento.

Nel caso che stiamo considerando la paziente presenta un elevato rischio emorragico (HAS-BLED=4), a fronte di un ancora più elevato rischio trombotico (CHA2DS2-VASc=8). Appare pertanto indicata la terapia anticoagulante, con target INR 2.0-2.5, attento monitoraggio e valutazione della compliance terapeutica.

Tab1_Caso

4° QUESITO

Quale indicazione per i nuovi anticoagulanti orali (cosiddetti ‘NAO’)?

Ad oggi in Italia sono disponibili tre nuovi farmaci per la terapia anticoagulante orale, tutti indicati nel trattamento della FA non valvolare: l’inibitore diretto della trombina dabigatran e gli inibitori del fattore Xa rivaroxaban e apixaban. 

I principali vantaggi nell’utilizzo dei NAO rispetto al warfarin sono legati alla rapida insorgenza d’azione dopo la somministrazione (alcune ore), alla rapida cessazione dell’effetto dopo la sospensione (circa 24 ore), alla più ampia finestra terapeutica ed alle minori interazioni con cibo e farmaci. 

I principali svantaggi rispetto al warfarin sono la mancanza di un antidoto in caso di sovradosaggio (da pochi mesi è stato approvato dalla FDA un antidoto specifico per il dabigatran), mancato effetto terapeutico in caso di scarsa compliance, la difficoltà nel monitoraggio dell’effetto ed il costo. I NAO sono controindicati nell’insufficienza renale severa (rivaroxaban e apixaban se filtrato glomerulare <15 ml/min, dabigatran se filtrato glomerulare <30 ml/min). 

Nel caso che stiamo considerando la paziente presenta una documentata scarsa aderenza terapeutica ed una serie di condizioni cliniche che possono favorire lo sviluppo di insufficienza renale; appare quindi ragionevole la scelta di impostare la terapia anticoagulante con warfarin.

Tab2_Caso

5° QUESITO

Quale terapia alla dimissione?

In molti casi la terapia prescritta è frutto del bilancio fra la necessità di ridurre il rischio cardio-cerebrovascolare e quella di limitare il rischio di sanguinamento legato ai farmaci. La doppia e ancor più la triplice terapia antitrombotica aumentano grandemente il rischio emorragico; nasce quindi il problema di valutare l’utilità e, nel caso, la durata delle doppie o triplici terapie. Per orientarsi nella scelta, utili indicazioni sono contenute nelle linee guida ESC 2010, aggiornate nel 2012, in cui è prevista la possibilità di sospendere l’antiaggregante dopo 1 anno da un evento ischemico con rivascolarizzazione (Tab. 3). Queste indicazioni non comprendono i NAO. In considerazione del numero crescente di studi sull’efficacia dei NAO, potrebbe essere intuitivo equipararli al warfarin e prevedere il prosieguo della terapia, ad un anno dalla rivascolarizzazione, con i soli NAO. Va sottolineato tuttavia che, nell’ambito della triplice terapia antitrombotica, non esistono per i NAO indicazioni altrettanto chiare che per il warfarin, in quanto sono ancora relativamente scarse le evidenze disponibili.

Nel caso che stiamo considerando la paziente avrebbe indicazione ad entrambe le terapie antiaggregante/anticoagulante (CHA2DS2-VASc score=8), ma presenta contestualmente un elevato rischio di sanguinamento (HAS-BLED=4). Poiché vi è la possibilità di sospendere l’antiaggregante dopo 1 anno da un evento ischemico con rivascolarizzazione, anche se la paziente presenta alterazioni che potrebbero beneficiare della terapia antiaggregante (pregresso ictus e SCA), l’indicazione è di sospendere l’ASA alla diagnosi della FA e di proseguire con la sola TAO.

Tab3_Caso

LETTURE CONSIGLIATE

1. American Diabetes Association. Standards of Medical Care in Diabetes-2014. Diabetes Care 37: S14-S80, 2014.

2. Standard italiani per la cura del diabete mellito. Revisione 2014. Accesso del 3 Luglio 2015 al sito internet: http://www.standarditaliani.it/articolo.php?idArticolo=7939&parte=7.

3. Windecker S et al. Guidelines on myocardial revascularization: The Task Force on Myocardial Revascularization of the European Society of Cardiology (ESC) and the European Association for Cardio-Thoracic Surgery (EACTS). Eur Heart J 2014; doi:10.1093/eurheartj/ehu278.

4. Mega JL et al. Reduced-function CYP2C19 genotype and risk of adverse clinical outcomes among patients treated with clopidogrel predominantly for PCI: a meta-analysis. JAMA 304: 1821-1830, 2010.

5. Wiviott SD et al. Prasugrel versus clopidogrel in patients with acute coronary syndromes. N Engl J Med  357: 2001-2015, 2007.

6. Wallentin L et al. Ticagrelor versus clopidogrel in patients with acute coronary syndromes. N Engl J Med 361: 1045-1057, 2009.

7. Lane DA, Lip G. Use of the CHA2DS2-VASc and HAS-BLED scores to aid decision making for thromboprophylaxis in nonvalvular atrial fibrillation. Circulation 126: 860-865, 2012.

8. Dentali F et al. Efficacy and safety of the novel oral anticoagulants in atrial fibrillation: a systematic review and meta-analysis of the literature. Circulation 126: 2381-2391, 2012.

9. Smith SC et al. AHA/ACCF Secondary Prevention and Risk Reduction Therapy for Patients With Coronary and Other Atherosclerotic Vascular Disease: 2011 Update. JACC 58: 2432-2446, 2011.

10. Kolh P et al. ESC/EACTS myocardial revascularization guidelines 2014. Eur Heart J 35: 3235-3236, 2014.

11. Lip GY et al. Management of antithrombotic therapy in atrial fibrillation patients presenting with acute coronary syndrome and/or undergoing percutaneous coronary intervention/stenting. Thromb Haemost 103: 13-28, 2010.

12. Camm AJ et al. Guidelines for the management of atrial fibrillation: The Task Force for the Management of Atrial Fibrillation of the European Society of Cardiology (ESC). European Heart Journal 31: 2369-2429, 2010.

[/protected]