Giorgio Sesti
Dipartimento di Medicina Interna dell’Università degli Studi “Magna Graecia” di Catanzaro
INTRODUZIONE
Il difetto di secrezione insulinica, assoluto o relativo, del diabete tipo 1 e 2 può essere corretto dalla terapia sostitutiva con insulina, che è in grado di ripristinare il controllo metabolico senza limiti teorici nella sua efficacia. Idealmente, il trattamento con insulina dovrebbe imitare il profilo di secrezione del pancreas normale, con un picco di rilascio d’insulina a pasti in concomitanza con le escursioni glicemiche insieme a un rilascio basale per tutto il resto della giornata. Allo scopo di mimare la secrezione basale d’insulina e di ridurre la frequenza d’iniezioni, nel corso degli ultimi 60 anni, si è cercato di prolungare la durata d’azione dell’ormone e di sviluppare, appunto, insuline ad azione lenta. Infatti, il trattamento con insulina ad azione protratta costituisce una parte integrante del trattamento sostitutivo nei soggetti con diabete tipo 1 e una opzione terapeutica nel diabete tipo 2 dopo inadeguato controllo con il trattamento in mono- o poli-terapia con ipoglicemizzanti orali.
La prima insulina ad azione prolungata è stata l’insulina NPH che è il risultato dell’aggiunta di zinco-protamina all’insulina. Tale modifica consente una lenta dissociazione e una durata d’azione “intermedia” (12-16 ore) (1). Presentando un profilo di assorbimento molto variabile con un picco d’azione dopo 6 ore, l’insulina NPH è associata ad un maggior rischio di ipoglicemia, prevalentemente notturna. I limiti dell’insulina NPH hanno portato allo sviluppo degli analoghi d’insulina basale glargine e detemir, rispettivamente nel 2000 e nel 2004. Gli analoghi dell’insulina umana sono caratterizzati da azione biologica identica a quella dell’ormone nativo in termini d’interazione con il recettore e trasduzione del segnale intracellulare ma da differenti proprietà farmacocinetiche e farmacodinamiche al fine di emulare la fisiologica secrezione insulinica (2).
In questa rassegna prenderemo in considerazione le due più recenti novità in tema di analoghi basali dell’insulina ovvero l’insulina degludec e l’insulina glargine 300 (300 unità/mL). Altre novità che sono rimandate a futuri approfondimenti sono costituiti dall’insulina glargine biosimilare che ha un’identica sequenza aminoacidica rispetto all’insulina glargine di riferimento e simile profilo farmacocinetico, farmacodinamico e immunologico e dall’insulina Lispro-PEGylata (LY2605541), un nuovo analogo basale in fase di sviluppo clinico.
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I PRIMI ANALOGHI BASALI DELL’INSULINA
L’insulina glargine (3) è un analogo dell’ormone nativo in cui sono stati aggiunti due residui d’arginina in posizione B30 insieme alla sostituzione dell’acido aspartico in posizione A21 con la glicina. Questi cambiamenti modificano il punto isoelettrico della molecola rendendola solubile in ambiente acido: una volta iniettata nel sottocute, la preparazione forma microparticelle che vengono assorbite lentamente. Grazie a questo processo, l’insulina glargine ha una prolungata durata d’azione, circa 18-24 ore, senza un evidente picco di azione, nonostante alcuni studi abbiano dimostrano una variabilità farmacocinetica inter- ed intra-individuale e, in alcuni casi, picchi d’azione, soprattutto alle dosi più elevate (4). Studi clinici di confronto (5-8) e meta-analisi di studi clinici (9-11) hanno dimostrato che l’insulina NPH e l’insulina glargine sono equamente efficaci nel raggiungere un buon controllo metabolico ma con il vantaggio che il trattamento con glargine è associato a un rischio d’ipoglicemia notevolmente inferiore (5-11).
L’insulina detemir è un altro analogo insulinico in cui una catena laterale di acidi grassi è stata aggiunta in posizione B29 (12). L’acetilazione dell’insulina con l’acido grasso conferisce alla molecola la capacità di legarsi all’albumina nel tessuto sottocutaneo e nel compartimento intravascolare, rendendo la sua attività biologica meno variabile e più prolungata (circa 16-18 ore). Studi di confronto hanno dimostrato che l’insulina detemir possiede un’efficacia terapeutica sovrapponibile all’insulina glargine; tuttavia, la sua durata d’azione non sempre riesce a coprire l’arco delle 24 ore e, pertanto, un consistente numero di soggetti necessita di una duplice somministrazione giornaliera per mantenere un adeguato controllo metabolico (13).
Anche l’insulina detemir ha dimostrato nel confronto con la NPH una riduzione del rischio d’ipoglicemia e una minore variabilità di azione (10-11, 14-15). Studi clinici di confronto (16-20) e meta-analisi di studi clinici (21) in soggetti con diabete tipo 2 suggeriscono che l’insulina glargine e l’insulina detemir sono parimenti efficaci nel raggiungere un buon controllo metabolico ma con il vantaggio che il trattamento con detemir è associato a un minore incremento ponderale (16-21).
Tuttavia, nonostante i progressi effettuati, i profili farmacocinetici degli analoghi basali dell’insulina attualmente disponibili non permettono di garantire un ottimale rilascio basale per tutto il giorno (2). Infatti, in linea teorica, un ideale analogo basale dell’insulina dovrebbe: 1) mantenere una concentrazione plasmatica costante e stabile per più di 24 ore; 2) non presentare picchi d’azione; 3) garantire una riproducibilità di assorbimento e di farmacodinamica; 4) causare il minor numero possibile d’ipoglicemie; 5) permettere uno schema di somministrazione flessibile e quindi garantire un ottimale rilascio basale anche se somministrata in diversi momenti della giornata. L’assenza di picchi e una bassa variabilità d’azione sono caratteristiche fondamentali per analogo basale dell’insulina, necessarie per ridurre il rischio di episodi ipoglicemici. L’ipoglicemia è il più comune effetto collaterale della terapia insulinica e, oltre ad aumentare il rischio di eventi cardiovascolari (22-23), rappresenta un ostacolo al raggiungimento di un controllo metabolico ottimale, limitando da una parte l’aderenza del paziente allo schema terapeutico e dall’altra il potenziamento della terapia da parte del medico per raggiungere il target terapeutico (24-27). Gli analoghi dell’insulina glargine e detemir pur avendo un profilo d’azione più prolungato con un picco meno marcato rispetto all’insulina NPH hanno un effetto ipoglicemizzante variabile nell’arco delle 24 ore dopo una unica dose giornaliera. Inoltre, l’effetto ipoglicemizzante tende a ridursi durante il giorno a distanza di ore dalla somministrazione serale tanto da rendere necessaria in alcuni casi la somministrazione di due dosi giornaliere. Pertanto, nonostante i successi finora conseguiti, gli analoghi dell’insulina ad azione prolungata quali glargine e detemir non soddisfano pienamente i requisiti che consentono di raggiungere una ottimale “basalizzazione” capace di rispondere alle esigenze del medico e della persona con diabete.
INSULINA DEGLUDEC
L’insulina degludec è un nuovo analogo insulinico con sequenza amminoacidica identica a quella dell’ormone nativo eccetto la delezione del residuo Thr30 della catena B e l’aggiunta di una catena di acido grasso a 16 atomi di carbonio a livello di LysB29. Nella sua formulazione farmaceutica contenente fenolo e zinco come stabilizzanti, l’insulina degludec forma di-esameri solubili e stabili. Dopo l’iniezione nel tessuto sottocutaneo e la diffusione del fenolo, i di-esameri si aggregano rapidamente per formare dei lunghi filamenti grazie al legame che si stabilisce tra la catena dell’acido grasso di un esamero e il core contenente zinco dell’esamero adiacente. Da questi complessi multi-esamerici, lo zinco diffonde gradualmente determinando la lenta e progressiva dissociazione di monomeri, forme biologicamente attive dell’ormone, che raggiungono il compartimento intravascolare dove instaurano un legame reversibile con l’albumina (28-29).
Studi di farmacocinetica hanno dimostrato che l’insulina degludec presenta un’emivita superiore alle 24 ore e permane dosabile in circolo per più di 96 ore dalla somministrazione. Studi di farmacodinamica hanno dimostrato che la durata d’azione dell’insulina degludec supera le 24 ore; l’effetto ipoglicemizzante infatti, è mantenuto per oltre 42 ore dall’iniezione (29). Inoltre, l’insulina degludec presenta una bassa variabilità d’azione e un profilo farmacodinamico piatto (30-31). La variabilità dell’effetto ipoglicemizzante dell’insulina degludec è stata valutata e comparata all’insulina glargine in uno studio in doppio cieco che ha randomizzato 54 pazienti con diabete tipo 1 a ricevere 0.4 U/kg di insulina degludec o glargine una volta al giorno per 12 giorni. La variazione della velocità d’infusione totale di glucosio (GIR) era quattro volte inferiore con l’insulina degludec rispetto a glargine. (30). È stata osservata una più bassa variabilità da un giorno all’altro nella fluttuazione attorno al valore medio di GIR durante il periodo di 24 ore del clamp con degludec rispetto a glargine, con valori dei coefficienti di variazione di 31 vs 73%, rispettivamente; P <0.0001 (30).
La farmacocinetica dell’insulina degludec non è influenzata dalla funzionalità renale o epatica come dimostrato in due studi condotti in soggetti, affetti da diabete tipo 1 o tipo 2 con funzionalità renale normale, insufficienza renale lieve, moderata, severa o con insufficienza renale terminale o in soggetti con disfunzione epatica lieve (Child–Pugh grado A), moderata (Child–Pugh grado B) e severa (Child–Pugh grado C) (32-33).
EFFICACIA E SICUREZZA DELL’INSULINA DEGLUDEC
L’efficacia e la sicurezza dell’insulina degludec sono state valutate negli studi clinici “BEGIN®” che rappresentano un vasto programma di fase 3, con più di 5500 pazienti reclutati. Gli studi BEGIN, sono stati condotti sia in soggetti affetti da diabete tipo 1 che nei in soggetti con diabete tipo 2 e hanno valutato gli effetti dell’insulina degludec sia quando usata nello schema di terapia basal + bolus che nel trattamento combinato con ipoglicemizzanti orali. Nella maggior parte di questi studi, l’insulina glargine è stata utilizzata come comparatore attivo usando un protocollo treat-to-target avendo come bersaglio per la titolazione i livelli di glicemia a digiuno. Quest’approccio è destinato a tradursi nel raggiungimento di un simile controllo glicemico, e, pertanto, la valutazione statistica primaria di efficacia è stata la non inferiorità di degludec, sulla base di una differenza fissata a priori di 0.4% del valore di HbA1c. Negli studi di fase 2, l’insulina degludec ha mostrato una bassa incidenza di ipoglicemia, per cui nei successivi studi di fase 3 è stato adottato un più ambizioso target di glicemia a digiuno (4.0-4.9 mmol/L) rispetto a quelli precedentemente utilizzati in altri trial con disegno treat-to-target.
Studi clinici in soggetti con diabete tipo 1
In uno studio di fase 2 condotto su 178 soggetti affetti da diabete tipo 1, i partecipanti sono stati randomizzati a ricevere per 16 settimane degludec 600 μmol/L (1 unit=6 nmol; IDeg600), degludec 900 μmol/L (1 unit=9 nmol; IDeg900) o glargine in mono-somministrazione giornaliera, in combinazione con insulina aspart ai pasti (34) (Tab. 1). L’endpoint primario era la riduzione di HbA1c dopo 16 settimane di trattamento. I livelli di HbA1c si sono ridotti di -0.57±0.76% nel gruppo trattato con IDeg600, di -0.5±0.78% nel gruppo randomizzato a IDeg900 e di -0.62±0.68% nel gruppo in trattamento con glargine (differenze non significative). Non vi erano differenze tra i tre gruppi sui livelli glicemici valutati con automonitoraggio. Il tasso d’ipoglicemie è risultato più basso nel gruppo trattato con IDeg 600 o IDeg900 rispettivamente del 28% (rate ratio [RR] 0.72 [95% CI 0.52-1.00]) e del 10% (RR 0.90 [95% CI 0,65-1,24]) rispetto ai pazienti trattati con glargine. Il rischio d’ipoglicemie notturne era ridotto del 58% nel gruppo IDeg600 (RR 0.42 [95% CI 0.25-0.69]) e del 29% nel gruppo IDeg900 (RR di 0.71 [95% CI 0.44-1.16]) (40). La dose media di insulina basale al termine delle 16 settimane era 30±13 unità per IDeg600, 23±13 unità per IDeg900 e 26±13 unità per glargine.
In un altro studio (BEGIN® Basal-Bolus Type 1) della durata di 1 anno, 629 soggetti con diabete tipo 1 sono stati randomizzati a ricevere insulina degludec o glargine in combinazione con insulina aspart ai pasti (Tab. 1) (35). L’endpoint primario era la non inferiorità di degludec dopo 52 settimane di trattamento. La somministrazione di degludec si è dimostrata capace di garantire un controllo glicemico paragonabile a quello con glargine. I livelli di HbA1c si sono ridotti di -0.40% e -0.39% rispettivamente nel gruppo trattato con degludec o con glargine (differenze non significative) e non vi erano differenze statisticamente significative nel numero di pazienti che raggiungevano un valore di HbA1c inferiore a 7% tra i due gruppi di trattamento (40% nel gruppo degludec vs 43% del gruppo glargine) così come nei livelli di glicemia a digiuno raggiunti al termine del trial. L’incremento ponderale era simile nei due gruppi (+1.8 Kg con degludec e +1.6 con glargine; P=0.62). Nonostante l’incidenza d’ipoglicemie confermate (glicemia capillare inferiore a 55 mg/dl e/o episodi ipoglicemici severi che richiedevano assistenza) fosse simile tra i due gruppi, gli episodi di ipoglicemia notturna erano meno frequenti con degludec (4.41 vs 5.86 episodi per paziente per anno di esposizione per degludec e glargine, rispettivamente) risultando così in una riduzione del 25% del rischio di ipoglicemie notturne rispetto all’insulina glargine (RR=0.75, 95% IC 0.59-0.96; P=0.021) (35). Nell’estensione dello studio BEGIN® Basal-Bolus Type 1 della durata di un anno, è stata confermata la riduzione pari al 25% dell’incidenza d’ipoglicemie notturne nei soggetti trattati con degludec rispetto a quelli trattati con glargine (P=0.02) (Tab. 1) (36).
In un altro studio condotto su 512 soggetti affetti da diabete tipo 1, l’efficacia e la tollerabilità di degludec sono state comparate con quelle dell’insulina detemir, entrambe in associazione con l’insulina aspart ai pasti. L’endpoint primario era rappresentato dalla non inferiorità di degludec rispetto a detemir nel ridurre i livelli di HbA1c. Dopo 26 settimane di trattamento i livelli di HbA1c diminuivano di -0.73% e -0.65% rispettivamente con degludec e detemir, con una differenza tra i due trattamenti di -0.09% (95% CI -0.23-0.05) confermando la non inferiorità di efficacia (Tab. 1). L’incidenza di episodi ipoglicemici confermati era simile tra i due gruppi (degludec: 45.83 vs. detemir: 45.69 episodi per paziente per anno di esposizione; P = 0.86) mentre le ipoglicemie notturne erano meno frequenti con degludec rispetto a detemir (4.14 vs. 5.93 episodi per paziente per anno di esposizione, P = 0.005) (37).
Studi clinici in pazienti con diabete tipo 2
In pazienti affetti da diabete tipo 2, l’insulina degludec ha dimostrato una efficacia terapeutica non inferiore a glargine e un minor rischio d’ipoglicemia quando usata come insulina basale nello schema basal-bolus (38). Nello studio BEGIN Basal-Bolus Type 2 della durata di 1 anno, 992 soggetti con diabete tipo 2 sono stati randomizzati a ricevere insulina degludec (n=744) o glargine (n=248) in combinazione con insulina aspart ai pasti +/- metformina o pioglitazone (Tab. 1). L’endpoint primario era la non inferiorità di efficacia di degludec rispetto a glargine valutata come variazione dei livelli di HbA1c dal basale dopo 52 settimane di trattamento, con un limite di non inferiorità di 0.4% per le differenze tra i trattamenti (38). Il compenso glicemico ottenuto con degludec era sovrapponibile a quello ottenuto nei pazienti randomizzati a glargine. Infatti, i livelli di HbA1c si sono ridotti di -1.10% con degludec e di -1.18 % con glargine (differenze non significative) e la percentuale di pazienti che raggiungevano un valore di HbA1c inferiore a 7% era sovrapponibile tra i due gruppi di trattamento (49% nel gruppo degludec vs 50% del gruppo glargine). Non vi erano differenze tra i due gruppi nei livelli di glicemia a digiuno, nel profilo glicemico misurato con l’automonitoraggio e nelle variazioni di peso (+3.6 Kg con degludec e +4.0 Kg con glargine). Pur garantendo un controllo glicemico paragonabile a quello con glargine, degludec si associava a un minor numero di episodi d’ipoglicemia confermata (11.09 vs 13.63 episodi per paziente per anno di esposizione, rispettivamente) risultando così in una riduzione del 18% del rischio di ipoglicemie confermate rispetto all’insulina glargine (RR=0.82, 95% IC 0.69-0.99; P=0.0359). Anche gli episodi d’ipoglicemia notturna erano meno frequenti nel gruppo in trattamento con l’insulina degludec rispetto a quello trattato con glargine (1.39 vs 1.84 episodi per paziente per anno di esposizione, rispettivamente) con una riduzione del 25% del rischio d’ipoglicemie confermate rispetto all’insulina glargine (RR=0.75, 95% IC 0.58-0.99; P=0.0399) (38).
L’efficacia e la sicurezza dell’insulina degludec, somministrata in aggiunta alla terapia ipoglicemizzante orale in soggetti con diabete tipo 2 naive per il trattamento insulinico, sono state confrontate con quelle della glargine nel trial clinico BEGIN Once Long (Tab. 1). In questo studio, 1030 soggetti con inadeguato controllo metabolico con la terapia ipoglicemizzante orale sono stati randomizzati a ricevere insulina degludec o glargine in combinazione con metformina. L’endpoint primario era la non inferiorità di efficacia dell’insulina degludec rispetto a glargine valutata come variazione dei livelli di HbA1c dal basale dopo 52 settimane di trattamento, con un limite di non inferiorità di 0.4% per le differenze tra i trattamenti (39). I livelli di HbA1c si sono ridotti di -1.06% e di -1.19% nei pazienti trattati con degludec o con glargine rispettivamente (differenze non significative). Gli episodi d’ipoglicemia confermata erano comparabili nei due gruppi (1.52 episodi per paziente per anno di esposizione con degludec vs 1.85 episodi per paziente per anno di esposizione con glargine; P=0.106) mentre gli episodi d’ipoglicemia notturna erano meno frequenti con l’insulina degludec rispetto a glargine (0.25 vs 0.39 episodi per paziente per anno di esposizione, rispettivamente) risultando così in una riduzione del 36% del rischio di ipoglicemie confermate rispetto all’insulina glargine (RR=0.64, 95% IC 0.42-0.98; P=0.038) (39). L’estensione per un ulteriore anno di questo studio ha la non inferiorità di efficacia di degludec rispetto a glargine e la minore frequenza di episodi d’ipoglicemia notturna e di ipoglicemia severa (Tab. 2) (40).
In uno studio condotto su 458 soggetti affetti da diabete tipo 2 naive per il trattamento insulinico, inadeguatamente controllati dalla terapia antidiabetica orale, l’efficacia e la sicurezza dell’insulina degludec è stata confrontata con quella dell’inibitore della DDP-4 sitagliptin (Tab. 1) (41). I partecipanti sono stati randomizzati a degludec o sitagliptin in aggiunta a 1 o 2 ipoglicemizzanti orali (metformina, sulfonilurea, glinidi o pioglitazone). L’endpoint primario era la variazione dei livelli di HbA1c dal basale dopo 26 settimane di trattamento. Il trattamento con degludec, rispetto a quello con sitagliptin, si associava a una maggiore riduzione dei livelli di HbA1c (-1.52% vs -1.09% con una differenza tra i due trattamenti di -0.43% [95% IC da -0.61 a -0.24], P<0.0001) e una maggiore percentuale di pazienti che raggiungevano un valore di HbA1c <7% (41% vs 28%; P=0.034). L’incremento ponderale era significativamente maggiore dopo trattamento con degludec (+2.28 Kg) rispetto a sitagliptin (-0.35 Kg). Gli episodi d’ipoglicemia confermata erano più frequenti con degludec che con sitagliptin (3.07 vs 1.26 episodi per paziente per anno di esposizione; RR 3.81 [95% IC 2.40-6.05]). Nonostante il trattamento con degludec fosse associato, come atteso, a un’aumentata incidenza d’ipoglicemie confermate, il numero di episodi ipoglicemici notturni non è risultato significativamente maggiore nel gruppo in trattamento con degludec rispetto a quello trattato con sitagliptin (0.52 vs. 0.30 episodi per paziente per anno di esposizione, rispettivamente; RR 1.93 [95% IC 0.90 -4.10, P=0.09]) (41).
In una meta-analisi degli studi BEGIN che ha confrontato l’efficacia e la sicurezza di degludec rispetto a glargine nei soggetti affetti da diabete tipo 2, è stato valutato il rischio di ipoglicemia nei soggetti che necessitavano di alte dosi di insulina >60 U/die (42). Sono stati analizzati un totale di 3372 soggetti trattati con degludec (2262) o glargine (1110). Più di un terzo dei soggetti trattati con degludec (35%) o glargine (34%) necessitavano di alte dosi di insulina al termine degli studi clinici inclusi nella meta-analisi. La riduzione dei valori di HbA1c era paragonabile in entrambi i gruppi di trattamento, con una differenza tra i due gruppi pari a 0.05% (95% CI: -0.08; 0.17, P=0.44). Il trattamento con degludec si associava a una significativa riduzione del rischio di ipoglicemie confermate del 21% (RR IDeg/IGlar: 0.79, 95% CI: 0.65-0.97, P=0.02) e del rischio di ipoglicemie notturne pari al 52% (RR IDeg/IGlar: 0.48, 95% CI: 0.35-0.66, P<0.01) rispetto al trattamento con glargine (42).
In una meta-analisi è stato valutato il rischio d’ipoglicemia nei soggetti affetti da diabete tipo 1 e 2 con età superiore a 65 anni. Il rischio di episodi ipoglicemici confermati risultava ridotto del 18% nei soggetti anziani trattati con degludec rispetto a glargine (RR 0.82, 95%CI 0.66-1, P=NS) mentre il rischio di ipoglicemia notturna era ridotto del 35% con l’insulina degludec rispetto a glargine (RR 0.65, 95% CI 0.46-0.93) (43). L’esperienza d’ipoglicemie e il timore di nuovi episodi ipoglicemici influenzano negativamente la qualità della vita della persona con diabete mentre la riduzione del numero di eventi ipoglicemici osservata durante trattamento con insulina degludec si traduce in un miglioramento dello stato di salute dei soggetti affetti da diabete tipo 1 e 2 (44).
Flessibilità di somministrazione dell’insulina degludec
Come dimostrato da studi di farmacocinetica, la lunga emivita dell’insulina degludec permette di raggiungere dopo circa 2-3 giorni di trattamento una condizione di steady-state dei livelli plasmatici d’insulina che rimangono stabili, risentendo in minor misura dalla tempistica della somministrazione (30-31). Tali proprietà farmacocinetiche consentono all’insulina degludec di essere efficace anche se somministrata secondo uno schema flessibile. In uno studio di 26 settimane, condotto su 687 soggetti con diabete tipo 2, i partecipanti sono stati randomizzati a ricevere glargine somministrata una volta al giorno, degludec in mono-somministrazione serale (degludec OD) o degludec secondo uno schema flessibile (degludec Flex), in cui l’assunzione al mattino si alternava con quella serale creando intervalli di 8 e 40 ore tra una somministrazione e la successiva (Tab. 2) (45). I livelli di HbA1c si sono ridotti di -1.28% nel gruppo trattato con degludec Flex, di -1.07% nel gruppo trattato con degludec OD e di -1.26% nel gruppo trattato con glargine (differenze non significative). Il tasso d’ipoglicemie confermate è risultato paragonabile tra i gruppi degludec Flex, degludec OD e glargine (3.6 vs 3.6 vs 3.5 episodi per paziente per anno di esposizione) così come il tasso d’ipoglicemie notturne (0.6 vs 0.6 vs 0.8 episodi per paziente per anno di esposizione) con un trend verso una minore incidenza di ipoglicemie notturne (riduzione non significativa del 23% del rischio di ipoglicemie notturne) nel gruppo in trattamento con degludec Flex rispetto a quello trattato con glargine (45). Simili risultati sono stati ottenuti in uno studio condotto su 493 soggetti con diabete tipo 1 (Tab. 2) della durata di 26 settimane (46). La riduzione di HbA1c con degludec Flex (-0.40%) è risultata non significativamente differente da quella ottenuta con degludec OD (-0.41%) o glargine (-0.58%). Non vi erano differenze tra i tre gruppi nel profilo glicemico misurato con l’automonitoraggio ad eccezione della glicemia che precedeva il pranzo che risultava significativamente inferiore nel gruppo in trattamento con glargine rispetto a quello trattato con degludec Flex. Il trattamento con degludec Flex si associava a un minor numero di episodi ipoglicemici notturni (6.2 episodi per paziente per anno di esposizione) rispetto al trattamento con degludec OD (9.6 episodi per paziente per anno di esposizione) o glargine (10.0 episodi per paziente per anno di esposizione), risultando così in una riduzione del 37% (RR=0.63, 95% IC 0.46-0.86; P=0.003) e 40% (RR=0.60, 95% IC 0.44-0.82; P=0.001), rispettivamente, del rischio di ipoglicemie notturne rispetto al trattamento con degludec OD e glargine (46). Diversamente, la somministrazione a giorni alterni di degludec non ha dimostrato avere un’efficacia pari a glargine in un’analisi di due studi di fase 3 della durata di 26 settimane (Tab. 2) (47).
L’INSULINA GLARGINE U300
L’insulina glargine è chimicamente stabile e completamente solubile in soluzione acida, ma precipita a pH fisiologico dopo iniezione sottocute, con successiva lenta ridissoluzione che consente un prolungato rilascio in circolo. Modificando la concentrazione d’insulina glargine nella soluzione iniettata è possibile variare la cinetica di assorbimento. È stato ipotizzato che la superficie del deposito sottocutaneo possa influenzare il tasso ridissoluzione. A conferma di questa ipotesi, studi di farmacocinetica condotti in soggetti con diabete tipo 1 hanno dimostrato che l’insulina glargine U300 (300 U/ml) presenta un’emivita più lunga rispetto all’insulina glargine U100 (100 U/ml) attualmente in uso (32 ore dopo somministrazione di 0.4 unità/kg/die vs 28 ore per glargine U300 e U100, rispettivamente) (48). L’insulina glargine U300 allo steady-state conferiva un più costante e prolungato profilo farmacocinetico rispetto a glargine U100 con minori fluttuazioni dell’esposizione all’insulina. Studi di farmacodinamica hanno dimostrato che la durata d’azione dell’insulina U300 copriva le 24 ore e l’effetto ipoglicemizzante era mantenuto in modo più persistente rispetto all’insulina glargine U100 (48). Anche il profilo farmacocinetico del principale metabolita dell’insulina glargine (21A-Gly-human insulin-M1), responsabile degli effetti metabolici dell’analogo, risulta più piatto e prolungato dopo somministrazione di glargine U300 rispetto a glargine U100 (49). Inoltre, studi condotti in soggetti con diabete tipo 1 hanno dimostrato che l’insulina fornisce una copertura terapeutica prevedibile e uniforme durante 24 ore associata a una bassa fluttuazione e un alta riproducibilità in esposizione all’insulina (48).
EFFICACIA E SICUREZZA DELL’INSULINA GLARGINE U300
L’efficacia e la sicurezza dell’insulina glargine U300 sono state valutate negli studi clinici “EDITION” che rappresentano un vasto programma di fase 3 condotto sia in soggetti con diabete tipo sia in pazienti con diabete tipo 2.
In soggetti affetti da diabete tipo 2, l’insulina glargine U300 ha dimostrato una efficacia terapeutica non inferiore a glargine U100 e un minor rischio d’ipoglicemia quando usata come insulina basale nello schema basal-bolus (50). Nello studio EDITION 1 della durata di 6 mesi, 807 soggetti con diabete tipo 2 in trattamento basal-bolus, che includeva un dosaggio minimo di insulina basale >42 unità/die, sono stati randomizzati a ricevere insulina glargine U300 (n=404) o glargine U100 (n=403) in combinazione con insulina lispro, aspart, or glulisine ai pasti +/- metformina (Tab. 3). L’endpoint primario era la variazione dei livelli di HbA1c dal basale dopo 6 mesi di trattamento con glargine U300 rispetto a glargine U100 (50). La valutazione statistica primaria di efficacia è stata la non inferiorità di glargine U300, sulla base di una differenza fissata a priori di 0.4% del valore di HbA1c. Il compenso glicemico ottenuto con glargine U300 era sovrapponibile a quello ottenuto nei pazienti randomizzati a glargine U100. Infatti, i livelli di HbA1c si sono ridotti di -0.83% con entrambi i trattamenti (differenze non significative) e la percentuale di pazienti che raggiungevano un valore di HbA1c inferiore a 7% era sovrapponibile tra i due gruppi di trattamento (39.6% nel gruppo glargine U300 vs 40.9% del gruppo glargine U100). Non vi erano differenze tra i due gruppi nei livelli di glicemia a digiuno, nel profilo glicemico misurato con l’automonitoraggio e nelle variazioni di peso (+0.9 Kg con entrambi i trattamenti). Pur garantendo un controllo glicemico paragonabile a quello con glargine U100, il trattamento con glargine U300 si associava a un minor numero di episodi d’ipoglicemia confermata (definita come valori di glicemia <70 mg/dl) o severa e d’ipoglicemia notturna. Il rischio d’ipoglicemie confermate o severe osservato nel gruppo in trattamento con glargine U300 era ridotto del 7% rispetto all’insulina glargine U100 (RR=0.93, 95% IC 0.88-0.99) mentre quello per ipoglicemie notturne confermate o severe era ridotto del 22% rispetto all’insulina glargine U100 (RR=0.78, 95% IC 0.68-0.89) (50).
Nello studio EDITION 2 della durata di 6 mesi, 811 soggetti con diabete tipo 2 in trattamento con insulina basale >42 unità/die in aggiunta a ipoglicemizzanti orali, sono stati randomizzati a ricevere insulina glargine U300 (n=404) o glargine U100 (n=407) in combinazione con una dose stabile d’ipoglicemizzanti orali precedentemente assunti, ad eccezione delle sulfoniluree che sono state sospese (Tab. 3) (51). L’endpoint primario era la variazione dei livelli di HbA1c dal basale dopo 6 mesi di trattamento con glargine U300 rispetto a glargine U100 Il compenso metabolico ottenuto con glargine U300 era sovrapponibile a quello ottenuto nei soggetti randomizzati a glargine U100. Infatti, i livelli di HbA1c si sono ridotti di -0.57% nel gruppo in trattamento con glargine U300 e -0.56% in quello in trattamento con glargine U100 (differenze non significative) (Tab. 3). La percentuale di pazienti che raggiungevano un valore di HbA1c inferiore a 7% era sovrapponibile tra i due gruppi di trattamento (30.6% nel gruppo glargine U300 vs 30.4% del gruppo glargine U100). Non vi erano differenze significative tra i due gruppi nei livelli di glicemia a digiuno e nel profilo glicemico misurato con l’automonitoraggio. Il trattamento con glargine U300 era associato a un minore incremento ponderale (+0.08 Kg) rispetto al trattamento con glargine U100 (+0.66 Kg; P=0.015). La dose d’insulina basale al termine dei 6 mesi era significativamente maggiore nel gruppo in trattamento con glargine U300 (91 unità/die) rispetto al gruppo trattato con glargine U100 (82 unità/die). Pur garantendo un controllo glicemico paragonabile a quello con glargine U100, il trattamento con glargine U300 si associava a un minor numero di episodi d’ipoglicemia confermata o severa e d’ipoglicemia notturna. Il rischio d’ipoglicemie confermate o severe osservato nel gruppo in trattamento con glargine U300 era ridotto del 10% rispetto all’insulina glargine U100 (RR=0.90, 95% IC 0.83-0.98) mentre quello per ipoglicemie notturne confermate o severe era ridotto del 29% rispetto all’insulina glargine U100 (RR=0.71, 95% IC 0.58-0.86) (51).
Nello studio EDITION 3 della durata di 6 mesi, 878 soggetti affetti da diabete tipo 2 naive per il trattamento insulinico, inadeguatamente controllati dalla terapia antidiabetica orale, sono stati randomizzati a ricevere insulina glargine U300 (n=439) o glargine U100 (n=439) in combinazione con una dose stabile d’ipoglicemizzanti orali precedentemente assunti, ad eccezione delle sulfoniluree e delle glinidi che sono state sospese (Tab. 3) (52). L’endpoint primario era la variazione dei livelli di HbA1c dal basale dopo 6 mesi di trattamento con glargine U300 rispetto a glargine U100. Il compenso metabolico ottenuto con glargine U300 era sovrapponibile a quello ottenuto nei soggetti randomizzati a glargine U100. Infatti, i livelli di HbA1c si sono ridotti di -1.42% nel gruppo in trattamento con glargine U300 e -1.46% in quello in trattamento con glargine U100 (differenze non significative) (Tab. 4). La percentuale di pazienti che raggiungevano un valore di HbA1c inferiore a 7% era sovrapponibile tra i due gruppi di trattamento (43.1% nel gruppo glargine U300 vs 42.1% del gruppo glargine U100). La riduzione della glicemia digiuno era maggior enel gruppo in trattamento con glargine U100 (-68.4 mg/dl) rispetto a quello trattato con glargine U300 (-61.4 mg/dl). Non vi erano differenze significative tra i due gruppi nel profilo glicemico misurato con l’automonitoraggio. Il trattamento con glargine U300 era associato a un minore incremento ponderale (+0.49 Kg) rispetto al trattamento con glargine U100 (+0.71 Kg; P=non significativo). La dose d’insulina basale al termine dei 6 mesi era significativamente maggiore nel gruppo in trattamento con glargine U300 (59.4 unità/die) rispetto al gruppo trattato con glargine U100 (52.0 unità/die). Pur garantendo un controllo glicemico paragonabile a quello con glargine U100, il trattamento con glargine U300 si associava a un minor numero di episodi d’ipoglicemia confermata o severa e d’ipoglicemia notturna. Il rischio d’ipoglicemie confermate o severe osservato nel gruppo in trattamento con glargine U300 era ridotto del 12% rispetto all’insulina glargine U100 (RR=0.88, 95% IC 0.77-1.01) mentre quello per ipoglicemie notturne confermate o severe era ridotto del 24% rispetto all’insulina glargine U100 (RR=0.76, 95% IC 0.59-0.99) (52).
Conclusioni
A più di 90 anni dai pioneristici studi di Banting e Best, l’insulina rappresenta tuttora l’opzione terapeutica più efficace nel trattamento del diabete mellito; tuttavia gli effetti collaterali, in particolare le ipoglicemie, l’incremento ponderale e la necessità di somministrazioni sottocutanee secondo degli schemi rigidi possono limitare il suo utilizzo e ridurre l’aderenza delle persone con diabete alla terapia. Diversi fattori contribuiscono a rendere complessa la gestione terapeutica del soggetto affetto da diabete: la necessità di correggere non solo l’iperglicemia ma anche evitare gli episodi ipoglicemici, l’esigenza da parte del paziente di un approccio terapeutico sicuro, semplice, e facilmente adattabile alle proprie esigenze, la necessità di garantire un ottimale controllo metabolico e di prevenire/rallentare le complicanze vascolari del diabete.
Nonostante la loro efficacia terapeutica, le formulazioni insuliniche ad azione prolungata attualmente disponibili hanno diversi limiti che ostacolano il raggiungimento di una ottimale titolazione. La necessità di un’insulina ad azione prolungata capace di garantire i livelli plasmatici d’insulina stabili, senza picchi, che durino più di 24 ore ha portato allo sviluppo dell’insulina degludec e della formulazione U300 di glargine. Il loro profilo farmacocinetico stabile, privo di picchi, a lunga emivita e la più contenuta variabilità d’azione consentono di minimizzare il rischio d’ipoglicemie, il più comune effetto collaterale della terapia insulinica avente un grave impatto clinico, psicologico, sociale ed economico (22-27, 53).
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