Roberto Trevisan
Direttore USC Malattie Endocrine e Diabetologia, Azienda Ospedaliera Papa Giovanni XXIII di Bergamo
Il nuovo schema per la prescrizione in regime di rimborsabilità di farmaci basati sulle incretine (inibitori della DPP4 e agonisti recettoriali del GLP1) presenta varie criticità, che elenchiamo di seguito.
1. La soglia di 7,5% di emoglobina glicata (58 mmol/mol), nella definizione del “Fallimento terapeutico” quale Limitazio- ne generale alla rimborsabilità, è arbitraria e in contrasto con la maggior parte delle linee guida e raccomandazioni, che indicano come livello di intervento 7% (53 mmol/mol) nella maggior parte dei pazienti, proponendo addirittura obiettivi più ambiziosi (6,0% – 48 mmol/mol) nei giovani/adulti senza malattie concomitanti o complicanze macrovascolari.
2. La soglia di 8,5% oltre la quale non si avrebbe sufficiente efficacia è arbitraria. La riduzione media di HbA1c è infat- ti funzione della HbA1c iniziale e singoli pazienti possono ottenere riduzioni assai maggiori della media. È opportuno ricordare che nessuna terapia per il diabete riduce (mediamente nei trial) la HbA1c di oltre 1,0-1,5% – a parte forse uno schema intensivo con insulina; questo non significa che i pazienti con oltre 9% di HbA1c non possano essere trattati con successo, raggiungendo i target terapeutici.
3. Non è chiaro perché la soglia di 8,5% dovrebbe essere valida solo per i nuovi farmaci. Come già detto, nessuna terapia per il diabete riduce la HbA1c di oltre 1,0-1,5%. Non si capisce perché, con pari efficacia, dimostrata da decine di studi di non inferiorità, la limitazione dovrebbe essere valida solo per i farmaci incretinici.[protected]
4. Nella parte “Limitazioni generali alla rimborsabilità” dei Piani Terapeutici per la prescrizione di Exenatide e di Liragluti- de, analogamente a quelli per gli inibitori della DPP-4, è riportato il paragrafo: “[…] il livello di HbA1c può estendersi al 9% nel caso in cui sussistano uno o più elementi di fragilità quali l’età >75 anni, l’insufficienza renale cronica di grado severo (GFR <30 ml/min) e/o complicanze e/o patologie concomitanti che riducano l’aspettativa di vita”. Se ne evince che exenatide e liraglutide possano essere prescritti e rimborsati fino a una HbA1c del 9% se vi è un’insufficienza renale cronica di tale gravità. Questa rappresenta una rilevante (e potenzialmente pericolosa) contraddizione con quanto riportato nelle indicazioni delle Schede Tecniche Ministeriali di tali farmaci (RCP, Riassunto delle Caratteristiche del Prodotto), che non sono prescrivibili con clearance <30 ml/min.
5. Il valore di HbA1c non sempre corrisponde fedelmente alla media delle glicemie del paziente. In un soggetto con anemia cronica, trasfuso di recente o affetto da emoglobinopatie (quale una condizione talassemica, patologia a elevatissima prevalenza in alcune aree e regioni del Paese), una soglia di HbA1c 7,5% corrisponde a un grado di compenso glicemico nettamente peggiore rispetto a un soggetto non affetto da tali condizioni. Di contro, il valore di HbA1c può risultare falsamente au- mentato in presenza di insufficienza renale, alcoolismo, ipertrigliceridemia.
6. Quanto sopra contrasta con le linee guida e le racco- mandazioni delle principali società scientifiche a livello internazionale, che indicano che la terapia del diabete deve essere personalizzata, essendo la risposta dei sin- goli pazienti assai variabile in base alle loro caratteristi- che cliniche (Inzucchi et al., Diabetes Care 35: 1364, 2012; Standard Italiani di Cura del Diabete Mellito, 2010). L’imposizione – di fatto – di una o due classi di farmaci a scapito delle altre riduce la possibilità per molti pazienti di ottenere cure pienamente adeguate per le loro esigenze.
7. La prescrizione di farmaci capaci di indurre ipoglice- mie gravi comporta limitazioni per la guida di veicoli commerciali e per l’uso di altri macchinari. La mancata possibilità di utilizzare farmaci alternativi a sulfoniluree e insulina, per coloro che non possono permettersi di acquistarli personalmente, renderà impossibile ad alcuni pazienti con rischio professionale per possibili ipoglicemie (ad esempio, autotrasportatori, autisti, gruisti, lavoratori su impalcature) di proseguire la propria attività lavorativa, e limiterà il rinnovo della patente di guida a molti altri. Il rischio di ipoglicemie rappresenta quindi un criterio per togliere alla persona con diabete opportunità lavorative per limitarne la libertà di movimento e peggiorarne la qualità di vita, mentre non sempre rappresenta un motivo sufficiente per privilegiare tratta- menti non gravati da tale effetto collaterale.
8. Il punto 3 della parte “Precisazioni” (Rischio di ipoglicemie) è tendenzialmente in contrasto con il punto 1 (HbA1c > 7,5%). Se un paziente in terapia con sulfoniluree presen- ta degli episodi di ipoglicemia, con una HbA1c<7,5%, sembra che inibitori della DPP4 e agonisti del GLP1 non pos- sano essere prescritti in sostituzione della sulfonilurea, in quanto il punto 1 non è soddisfatto. L’unica possibilità allora è quella di sospendere la sulfonilurea e attendere che la HbA1c risalga oltre 7,5, sperando che non superi 8,5%. Questa modalità comporta una inutile esposizione del paziente ad una fase di iperglicemia, con rischio di scompenso.
9. Il documento fa riferimento a valutazioni di costo-efficacia. Non siamo a conoscenza di valutazioni sui costi diretti relativi alle terapie incretiniche e ai farmaci alter- nativi effettuate in Italia. In particolare, sarebbe interessante conoscere quale è l’effetto dell’uso delle sulfoniluree e dell’insulina, in alternativa alle incretine, sul costo per l’automonitoraggio della glicemia, sugli interventi sani- tari per ipoglicemia e sui ricoveri (per ipoglicemia o per altri motivi). Sarebbe paradossale se, per favorire l’uso di farmaci meno costosi, si determinasse, oltre ad un peg- gioramento della qualità della cura, anche un aumento della spesa sanitaria complessiva.
10. Secondo il nuovo schema di prescrizione, non è più rimborsabile l’associazione con insulina (per es., l’as- sociazione insulina + sitagliptin, autorizzata da EMA e AIFA, e rimborsabile fino a dicembre 2013). Secondo quan- to riportato nel paragrafo “Limitazioni alle indicazioni terapeutiche” a giustificazione della restrizione, l’analisi costo-efficacia a lungo termine di tale associazione non è ancora ben definita. Le Società Scientifiche scriventi fanno pre- sente come siano disponibili evidenze di efficacia, tollerabilità e addirittura di vantaggi economici (correlati alla riduzione del dosaggio dell’insulina e alla diminuzione del rischio di ipoglicemie) per tale associazione terapeuti- ca; è curioso a questo proposito rilevare come tali evidenze fossero state ritenute sufficienti fino all’autunno scorso mentre non lo siano più nei nuovi Pianti Terapeutici, non risultando pubblicati – a quanto a noi noto – nuovi studi con evidenze opposte rispetto a quelle succitate.
11. In relazione al punto precedente, si genera la surreale situazione di dover cambiare una prescrizione terapeutica (incretine con insulina) a individui in buon compensoglicemico per effetto della stessa, e quindi indipendentemente dai risultati ottenuti; tutto questo a meno che il paziente non sia disposto a pagare tale terapia di tasca propria, generando un’inedita disparità di accesso alle cure sulla base delle condizioni economiche individuali. 12. Più in generale, l’obbligo di prescrizione attraverso Piani Terapeutici on line sempre più complicati, con differenze di rilievo tra i diversi farmaci appartenenti alla classe delle incretine, crea un ovvio deterrente che limita enormemente la possibilità di prescrizione di questi far- maci, ostacolando di fatto la fruibilità delle cure da parte dei pazienti e limitando la tutela della salute dei cittadini in relazione al diritto di accesso universale alle terapie. Tra le conseguenze di tali limitazioni, vi è la concreta probabilità che si tollereranno valori glicemici più alti del normale o che aumenti la prescrizione di farmaci gravati da maggiori effetti collaterali e con costi complessivi analoghi (intensificazione dell’automonitoraggio glicemico, cadenza più elevata di visite di controllo, maggior rischio di ricovero per ipoglicemie ecc.).
In aggiunta a quanto sopra indicato, esistono alcuni punti in cui il testo non è chiaro o di difficile interpretazione. In particolare:
a. Al punto 1, si attesta che i farmaci in questione possono essere prescritti soltanto in caso di “Fallimento terapeutico (HbA1c 47,5%) alla dose massima tollerata della terapia ipoglicemizzante corrente e dopo adeguata e documentata modifica dello stile di vita (dieta e attività fisica)”. Al di là dell’arbitrarie- tà della soglia di HbA1c (vedi sopra), la dizione “terapia ipoglicemizzante corrente” è ambigua.
b. Allo stesso punto 1, non si capisce bene come si dovrebbe documentare la modifica dello stile di vita: se ciò che deve essere documentato è l’intervento terapeutico, i pazienti che non possono accedere a strutture che forni- scano adeguati programmi di educazione terapeutica, già svantaggiati rispetto agli altri, si vedrebbero preclu- dere anche la possibilità di accedere alle terapie innovative, aggravando la disparità di trattamento. Qualora si intenda che si deve documentare l’avvenuto mutamen- to dello stile di vita, ciò significa condizionare l’eroga- zione delle cure al comportamento del paziente; secon- do lo stesso principio, si dovrebbero, ad esempio, negare le cure per la cirrosi epatica a chi continua ad assumere alcool, o le cure antitumorali a chi continua a fumare.
Nel complesso, le disposizioni contenute nel documento sembrano essere dettate da una lettura selettiva ed in- completa delle evidenze disponibili, non confrontata con la pratica clinica. Se l’intento è quello (condivisibile) di contenere la spesa sanitaria, occorre che si tenga conto di tutti i costi, o almeno di tutti i costi diretti, e non soltanto di quelli direttamente dovuti all’acquisto di farmaci. È infatti possibile (ed in questo caso probabile) che la scelta del farmaco meno costoso generi altri costi, maggiori del risparmio ottenuto, tanto da provocare un danno all’era- rio. La spesa per farmaci per il diabete rappresenta meno del 10% dei costi diretti per la cura nei pazienti diabeti- ci: una percentuale rimasta sostanzialmente invariata negli ultimi anni, mentre è progressivamente aumenta- ta quella legata ai costi dei ricoveri (Osservatorio ARNO Diabete. Rapporto 2011 Volume XVII – Collana “Rapporti ARNO”). La decisione di promuovere l’uso di sulfoniluree ed insulina quali farmaci di seconda istanza, che deriva da questa disposizioni, comporta un aumento della spesa per automonitoraggio domiciliare della glicemia (attualmente circa uguale a quella per i farmaci per il diabete) ed un aumento del costo per interventi di urgenza, accessi al pronto soccorso e ricoveri per le ipoglicemie e le loro conseguenze (N Engl J Med 2011, 365.2002; Exp Clin Endocrinol Diabetes, 118: 215, 2010).
Inoltre, l’uso di sulfoniluree ed insulina si associa ad aumento di peso, che genera ulteriori costi sanitari (He- alth Technol Assess 14: 1, 2010). Occorre poi ricordare che esistono dubbi crescenti sulla sicurezza sul piano cardio- vascolare delle sulfoniluree. Una recente review della Cochrane Collaboration (Cochrane Database Syst Rev 4: CD009008, 2013) ha concluso che non ci sono dati di sicu- rezza sufficienti per raccomandare la prescrizione di sul- foniluree. È quindi presumibile che le forti limitazioni sulla prescrizione di incretine possano generare un incremento marcato di prescrizione di insulina, più che di sul- foniluree, con effetti sui costi opposti a quelli auspicati. Si ritiene inoltre molto grave il fatto che a tutt’oggi non sia disponibile il piano terapeutico on line. La lunga (e per molti aspetti di opinabile utilità) raccolta di dati obbliga- toria per la prescrizione è assolutamente inutile se non si è in grado di utilizzare in qualche modo i dati stessi. Certamente i dati in cartaceo non sono utilizzabili.
In conclusione, le limitazioni imposte alla prescrizione dei farmaci innovativi, così come configurate nel documento AIFA, comportano un peggioramento della qua- lità della cura per una parte dei pazienti con diabete ed espongono molte persone a eventi avversi gravi associati alle terapie alternative. L’impatto sulla spesa sanitaria si tali limitazioni è ignoto e potenzialmente negativo.
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