L’impatto del diabete sui meccanismi di rigenerazione vascolare

Gian Paolo Fadini

Dipartimento di Medicina, Università di Padova

Lettura in occasione del Premio Alcmeone tenutasi a Bologna al 50° Congresso della Società Italiana di Diabetologia, 30 maggio 2014

Il diabete mellito è una condizione caratterizzata da riduzione dell’aspettativa di vita, tanto che una persona affetta da diabete ha in media, all’età di 50 anni, un’aspettativa di vita ridotta di circa 6 anni rispetto ad un soggetto non diabetico di pari età. Circa il 60% di tale eccesso di mortalità è attribuibile a cause cardiovascolari, mentre il restante 40% a cause non cardiovascolari, incluse infezioni e neoplasie (1). L’eccesso di morbidità e mortalità cardiovascolare nel diabete è sempre stato attribuito ai meccanismi di danno vascolare derivanti dall’iperglicemia e dalle anomalie biochimiche ad essa associate, in aggiunta agli altri fattori di rischio cardiovascolari tradizionali che possono essere compresenti. Le vie biochimiche che traducono l’iperglicemia in danno cellulare sono ancora oggi ben schematizzate dalla cosiddetta teoria unificante enunciata da Brownlee (2).

FAD ECM “IL DIABETE”

Questa rassegna fa parte di un percorso di formazione a distanza accreditato a livello nazionale e disponibile gratuitamente nell’aula virtuale della SID (http://www.fad.siditalia.it).
Per partecipare al corso occorre:
1. Leggere la rassegna (disponibile anche on-line)
2. registrarsi all’aula e iscriversi al corso “il Diabete”
3. rispondere on-line al quiz di verifica e compilare il questionario di valutazione dell’evento FAD.
Una volta eseguito con successo il test di valutazione e compilato il questionario di valutazione dell’evento, sarà cura della Segreteria ECM della SID far pervenire l’attestato ECM del corso ai diretti inte- ressati nei tempi e nelle modalità stabiliti dalla regolamentazione vigente.
Per ulteriori informazioni: http://www.fad.siditalia.it

[protected]

> Scarica l’articolo in formato PDF

Secondo tale teoria, il sovraccarico della catena respiratoria mitocondriale derivante dall’eccesso di equivalenti riducenti di origine glicolitica determina iperproduzione di anione superossido, il quale a sua volta attiva l’enzima PARP, che inibisce GAPDH, causando così un accumulo a monte di intermedi gli colitici. Tali metaboliti vengono quindi divertiti verso altre vie metaboliche: le vie dei polioli, delle esosamine e della proteina chinasi C, e l’iperproduzione di AGE. In parallelo, sono stati documentati molti altri meccanismi che inducono stress ossidativo ed infiammazione nel diabete, contribuendo al danno vascolare (3).  Nell’ultimo decennio, è stato chiarito che la salute dell’apparato vascolare dipende da un bilancio tra danno e riparazione. La riparazione dell’endotelio danneggiato avviene ad opera delle cellule endoteliali residenti e grazie al contributo di cellule progenitrici endoteliali (CPE) circolanti di origine midollare. Il riconoscimento dell’importanza di questi processi ha permesso di ridefinire il rischio cardiovascolare nel diabete in relazione ad un difetto dei meccanismi di riparazione vascolare, e non solo ad un eccesso dei meccanismi di danno. Infatti, il diabete può, ad oggi, essere considerato una malattia caratterizzata da incapacità di far fronte al danno mediante l’attivazione dei processi compensatori di riparazione vascolare e tissutale (4-5). Esistono evidenze sperimentali pre-cliniche che il diabete riduca effettivamente la capacità di riparare un danno endoteliale indotto sperimentalmente per via meccanica o elettrica (6-7). Oltre ad un difetto del processo di re-endotelizzazione, il diabete determina anche alterazioni significative dell’angiogenesi post-ischemica compensatoria. Infatti, l’induzione di un danno da ischemia/riperfusione in ratti diabetici non è in grado di stimolare l’incremento della densità capillare, come invece osservato in animali non diabetici di controllo (8). Esistono anche alcune dimostrazioni cliniche del difetto di angiogenesi associato al diabete: per esempio, in uno studio angiografico caso-controllo, il letto collaterale coronarico era significativamente inferiore in pazienti diabetici rispetto ai non diabetici, a parità di grado di stenosi coronarica (9).

Tra i meccanismi che compromettono i processi di riparazione vascolare ed angiogenesi nel diabete, tre aspetti rivestono particolare importanza: i) l’alterazione dei sensori dell’ipossia; ii) le alterazioni delle cellule progenitrici di origine midollare; iii) l’infiammazione cronica (10) (Fig. 1).

Figura1_Rigenerazione

Il midollo osseo contiene, oltre alle filiere ematopoietiche, anche cellule progenitrici capaci di differenziare in fenotipi cellulari tipici dell’apparato cardiovascolare. È stato infatti dimostrato che cellule staminali umane CD34+ iniettate nel cuore di topi immunodeficienti, si differenziano in endotelio, muscolo liscio e cardiomiociti (11). Evidenze indirette dell’esistenza di un fenomeno simile nell’uomo derivano dall’analisi autoptica di tessuto cardiaco prelevato da donne che avevano ricevuto un trapianto di midollo da donatore maschile anni prima del decesso. Tale studio, che ha permesso di documentare il ripopolamento cardiomiocitario ad opera di cellule XY originate dal midollo osseo del donatore (12), rappresenta una prova di concetto che le cellule staminali midollari possono contribuire all’omeostasi dell’apparato cardiovascolare anche nell’uomo.

Le CPE rappresentano il fenotipo di cellule progenitrici vascolari di gran lunga più studiato e meglio caratterizzato. Si ritiene che le CPE svolgano fisiologicamente due funzioni fondamentali nell’apparato cardiovascolare: i) il mantenimento dell’integrità endoteliale e ii) l’angiogenesi. Infatti, la riparazione di un danno elettrico endoteliale può essere stimolata con l’infusione di CPE (13), mentre all’interno dei tessuti ischemici le CPE contribuiscono all’espansione del microcircolo durante i processi neoangiogenetici (14). Come correlato clinico di queste funzioni dimostrate sperimentalmente, è stato documentato che il livello di CPE circolanti, determinato mediante citofluorimetria, correla negativamente con lo spessore carotideo medio-intimale (IMT) e positivamente con la funzione endoteliale (FMD) e l’estensione del letto collaterale coronarico (15-17). In funzione di tali importanti attività vascolari, è stato anche documentato che il basso livello di cellule progenitrici circolanti rappresenta un biomarcatore di rischio cardiovascolare indipendente e che può aiutare nella stratificazione dei pazienti nelle corrette categorie di rischio (18).

Nel contesto del diabete, una riduzione del livello delle cellule progenitrici circolanti CD34+ è stata documentata già nelle fasi di pre-diabete (sia IGT che IFG), ed esiste una correlazione negativa tra livello di cellule CD34+ e glicemia post-carico (19). Nel contesto del diabete tipo 2 manifesto, si osserva una più marcata riduzione delle cellule CD34+ e della sottopopolazione di CPE (20). Anche nel diabete tipo 1 è stata documentata una riduzione significativa delle CPE, soprattutto nei pazienti con scarso controllo glicemico, come evidenziato dalla correlazione negativa tra CPE e HbA1c (21). Nella storia naturale del diabete tipo 2 le cellule progenitrici presentano una riduzione precoce, con un primo nadir nei diabetici di nuova diagnosi, seguito da un parziale recupero verosimilmente per effetto del ricompenso glicemico, cui fa seguito un successivo nadir dopo vent’anni di malattia (22). Nelle fasi avanzate della malattia, si osserva inoltre una correlazione negativa molto stretta tra livello di CPE e gravità delle complicanze macroangiopatiche (23). Anche nel diabete tipo 1 di lunga durata, il livello delle CPE sembra essere correlato al grado di complicanze, come mostrato nel recente studio sui medalists del Joslin Diabetes Center (24). I pazienti sopravvissuti a 50 anni di diabete tipo 1, soprattutto in assenza di complicanze, presentano infatti preservati livelli di CPE circolanti, suggerendo l’esistenza di fattore protettivi endogeni che consentono una lunga sopravvivenza con il diabete in assenza di complicanze. Oltre ad una riduzione quantitativa, il diabete determina anche disfunzione delle CPE. Ciò è stato dimostrato mediante studi in vitro di clonogenesi ed adesione all’endotelio maturo (23), e mediante studi sperimentali in vivo, che dimostrano la ridotta capacità delle CPE diabetiche di riparare il danno endoteliale (13). Questi dati documentano quindi come il difetto di riparazione vascolare associato al diabete possa essere mediato dalle alterazioni delle CPE.

Mediante protocolli di coltura cellulare, è stato dimostrato che le CPE hanno caratteristiche mieloidi simili alle cellule della linea monocito-macrofagica (25). Tali cellule sono infatti dotate di una particolare plasticità e possono presentarsi sotto forma di i) macrofagi classici pro-infiammatori (M1), che mediano il danno tissutale e sono pro-aterosclerotici, oppure ii) macrofagi alternativi anti-infiammatori (M2) che sopprimono la risposta immune, mediano la riparazione tissutale e sono anti-aterosclerotici (26). Si ritiene che le CPE in coltura appartengano normalmente al fenotipo M2 che, a differenza del M1, è dotato di attività pro-angiogenica (27). In pazienti diabetici di tipo 2, il bilancio M1/M2 è alterato in favore di uno stato pro-infiammatorio, a causa di una marcata riduzione dei monocito-macrofagi M2 (28). Tale alterazione conferma la visione del diabete come una condizione di difettosa riparazione tissutale e può verosimilmente contribuire al difetto di angiogenesi associato al diabete.

Studiando le CPE mieloidi in coltura è stato osservato che le cellule derivanti da pazienti diabetici coronaropatici formano occasionalmente dei noduli calcifici e subiscono una deriva differenziativa verso un fenotipo pro-calcifico, alle spese del fenotipo endoteliale. Tale fenomeno è probabilmente attribuibile ad uno stato pro-infiammatorio, in quanto esponendo le CPE ad un attivatore dell’immunità innata (LPS) si osserva un incremento nell’espressione di tipici marker osteogenici, quali osteocalcina (OC), fosfatasi alcalina ossea (BAP) e RANKL (29). In seguito a questa osservazione, è stata identificata una sottopolazione di monociti che esprime OC e BAP, in grado di calcificare in vitro ed in vivo e significativamente aumentata nei pazienti diabetici, soprattutto in presenza di malattia cardiovascolare. Tale popolazione cellulare risulta aumentata anche all’interno delle placche aterosclerotiche carotidee isolate da pazienti diabetici rispetto ai controlli (30). Tali cellule sono state chiamate cellule mieloidi calcificanti (MCC). Utilizzando un approccio di trasferimento cellulare, abbiamo dimostrato che l’infusione di MCCs nel topo pro-aterosclerotico (ApoE-/-) determina aumento della calcificazione a livello delle lesioni aterosclerotiche precoci e tardive (31). Tale studio conferma l’ipotesi secondo cui un eccesso di MCC nel diabete possa contribuire allo sviluppo di calcificazione vascolare, che è una condizione tipica della malattia diabetica. Durante lo studio genomico e proteomico delle MCC è emerso che tali cellule presentano iperespressione del pathway della trombospondina-1, una molecola anti-angiogenica. Per tale motivo sono stati eseguiti una serie di saggi funzionali per chiarire il ruolo delle MCC nel processo di angiogenesi post-ischemica ed è stato dimostrato come l’iniezione intramuscolare di MCC umane inibisca il recupero vascolare e microcircolatorio dopo ischemia nel topo immunodepresso (32). Pertanto l’eccesso di MCC nel diabete potrebbe rappresentare un altro meccanismo che contribuisce al difetto di angiogenesi, oltre all’eccesso di calcificazione.

Figura2_RigenerazioneLa comprensione dei meccanismi che riducono le CPE nei pazienti diabetici è di grande interesse per sviluppare nuovi approcci terapeutici volti a favorire il recupero dei processi di riparazione vascolare. Sulla base di una cinetica tricompartimentale (sorgente, circolo, organi bersaglio, vedi figura 2), tra i possibili meccanismi che teoricamente potrebbero ridurre le CPE circolanti, l’unico supportato da dati sperimentali è il difetto di mobilizzazione dal midollo osseo alla circolazione sistemica (33). Viceversa, l’esistenza di una ridotta sopravvivenza delle CPE in circolo, e l’eccesso di consumo delle CPE nei tessuti periferici sono ipotesi non confermate da dati sperimentali. 

La prima dimostrazione dell’esistenza di un difetto di mobilizzazione deriva da uno studio del 2006, in cui si dimostrava che la mobilizzazione delle CPE in risposta all’ischemia era marcatamente ridotta negli animali diabetici rispetto ai controlli. Tale difetto poteva essere attribuibile ad alterazioni della sensibilità tissutale all’ipossia e dei segnali umorali dal tessuto ischemico al midollo osseo. Tuttavia, gli animali diabetici risultavano iporesponsivi anche alla stimolazione midollare diretta mediante fattori di crescita (8). Quest’ultimo difetto poteva essere spiegabile solo ipotizzando una disfunzione midollare primaria nel diabete. È stato necessario attendere alcuni anni prima che venisse in effetti chiarito che il diabete determina, sia nell’animale che nell’uomo, una microangiopatia midollare ed un grave rimaneggiamento della nicchia midollare delle cellule staminali (34-35) (Fig. 3). Per chiarire se, anche nell’uomo, la patologia midollare associata al diabete determini realmente una disfunzione del midollo, abbiamo sviluppato, nel contesto di un trial clinico prospettico, un test di stimolazione midollare diretta con G-CSF a basse dosi in pazienti diabetici e non diabetici. È stato possibile documentare che i pazienti diabetici mostrano una completa assenza di risposta al G-CSF in termini di mobilizzazione delle CPE, che si traduce, dal punto di vista funzionale, in una incapacità del G-CSF di stimolare l’angiogenesi in vivo ad opera delle cellule circolanti dei pazienti diabetici (36). Esistono altri dati a supporto del difetto di mobilizzazione di cellule staminali nei pazienti diabetici. In una meta-analisi di trial clinici in cui G-CSF ad alte dosi è stato somministrato a pazienti diabetici e non diabetici per il trattamento delle malattie cardiovascolari, abbiamo osservato una stretta correlazione negativa tra la prevalenza di diabete in ciascun trial ed il grado di mobilizzazione di cellule staminali raggiunto (37). Questo studio supporta quindi, anche se in maniera indiretta, che la mobilizzazione delle cellule staminali in risposta al G-CSF sia deficitaria nei pazienti diabetici. Inoltre, casistiche retrospettive di pazienti sottoposti a mobilizzazione di cellule staminali (con G-CSF ad alte dosi associato a chemioterapia) a scopo di autotrapianto per malattia ematologica, hanno dimostrato che il diabete è caratterizzato da un fenotipo cosiddetto “povero mobilizzatore” e da un conseguente ritardo nell’attecchimento del trapianto midollare (38). Pertanto, un livello crescente di evidenze della letteratura supporta l’esistenza di un difetto midollare nel diabete umano così come dimostrato nei roditori, tanto che è stato coniato il neologismo “mobilopatia diabetica” (39). 

Figura3_RigenerazioneAllo scopo di chiarire quali siano i meccanismi molecolari che conducono al difetto di mobilizzazione delle cellule staminali nel diabete, abbiamo osservato che il diabete sperimentale induce neuropatia midollare, caratterizzata da distruzione delle fibre nervose simpatiche, che regolano il traffico delle cellule staminali. In pazienti diabetici con gravità crescenti di neuropatia autonomica si osserva infatti una marcata e progressiva riduzione delle cellule staminali circolanti. Nei modelli sperimentali, la neuropatia midollare determina incapacità di mobilizzare le CPE, mentre il potenziamento del segnale noradrenergico o l’utilizzo di stimoli mobilizzanti indipendenti dal sistema nervoso simpatico permettono di ripristinare, almeno in parte, la mobilizzazione anche nell’animale diabetico (40). In particolare, l’utilizzo del bloccante recettoriale diretto di CXCR4, recettore implicato primariamente nelle cinetiche di mobilizzazione e homing delle CPE, è possibile ottenere mobilizzazione di cellule staminali ematopoietiche e CPE anche negli animali diabetici indipendentemente dal sistema nervoso autonomo. L’efficacia di tale trattamento anche nel contesto del diabete umano è in corso di studio nel trial clinico NCT02056210.


Il modello fisiopatologico che risulta da questa serie di esperienze cliniche-sperimentali e traslazionali vede un ruolo centrale del midollo osseo, quale sorgente di cellule con attività rigenerativa nei confronti dell’apparato cardiovascolare (Fig. 4).

Le alterazioni midollari dimostrate nel diabete (microangiopatia, neuropatia, infiammazione) determinano difetto nella mobilizzazione delle CPE e nei processi di angiogenesi compensatoria. Come risultato, si ritiene che un basso livello di CPE circolanti contribuisca a determinare gli outcomes sfavorevoli nei pazienti diabetici rispetto ai non diabetici. Interventi farmacologici o non farmacologici rivolti ad interrompere questo processo patologico hanno la potenzialità di fornire nuove opportunità di prevenzione cardiovascolare nella popolazione diabetica.

Figura4_Rigenerazione

BIBLIOGRAFIA

1. Seshasai SR, Kaptoge S, Thompson A, Di Angelantonio E, Gao P, Sarwar N, Whincup PH, Mukamal KJ, Gillum RF, Holme I, Njolstad I, Fletcher A, Nilsson P, Lewington S, Collins R, Gudnason V, Thompson SG, Sattar N, Selvin E, Hu FB, Danesh J. Diabetes mellitus, fasting glucose, and risk of cause-specific death. N Engl J Med 364: 829-841, 2011.

2. Brownlee M. The pathobiology of diabetic complications: a unifying mechanism. Diabetes 54: 1615-1625, 2005.

3. Paneni F, Beckman JA, Creager MA, Cosentino F. Diabetes and vascular disease: pathophysiology, clinical consequences, and medical therapy: part I. Eur Heart J 34: 2436-2443, 2013.

4. Schaper NC, Havekes B. Diabetes: impaired damage control. Diabetologia 55: 18-20, 2012.

5. Avogaro A, Albiero M, Menegazzo L, de Kreutzenberg S, Fadini GP. Endothelial dysfunction in diabetes: the role of reparatory mechanisms. Diabetes Care 34 Suppl 2: S285-290, 2011.

6. Chang J, Li Y, Huang Y, Lam KS, Hoo RL, Wong WT, Cheng KK, Wang Y, Vanhoutte PM, Xu A. Adiponectin prevents diabetic premature senescence of endothelial progenitor cells and promotes endothelial repair by suppressing the p38 MAP kinase/p16INK4A signaling pathway. Diabetes 59: 2949-2959, 2010.

7. Ii M, Takenaka H, Asai J, Ibusuki K, Mizukami Y, Maruyama K, Yoon YS, Wecker A, Luedemann C, Eaton E, Silver M, Thorne T, Losordo DW. Endothelial progenitor thrombospondin-1 mediates diabetes-induced delay in reendothelialization following arterial injury. Circ Res 98: 697-704, 2006.

8. Fadini GP, Sartore S, Schiavon M, Albiero M, Baesso I, Cabrelle A, Agostini C, Avogaro A. Diabetes impairs progenitor cell mobilisation after hindlimb ischaemia-reperfusion injury in rats. Diabetologia 49: 3075-3084, 2006.

9. Abaci A, Oguzhan A, Kahraman S, Eryol NK, Unal S, Arinc H, Ergin A. Effect of diabetes mellitus on formation of coronary collateral vessels. Circulation 99: 2239-2242, 1999.

10. Howangyin KY, Silvestre JS. Diabetes mellitus and ischemic diseases: molecular mechanisms of vascular repair dysfunction. Arterioscler Thromb Vasc Biol 34: 1126-1135, 2014.

11. Yeh ET, Zhang S, Wu HD, Korbling M, Willerson JT, Estrov Z. Transdifferentiation of human peripheral blood CD34+-enriched cell population into cardiomyocytes, endothelial cells, and smooth muscle cells in vivo. Circulation 108: 2070-2073, 2003.

12. Deb A, Wang S, Skelding KA, Miller D, Simper D, Caplice NM. Bone marrow-derived cardiomyocytes are present in adult human heart: A study of gender-mismatched bone marrow transplantation patients. Circulation 107: 1247-1249, 2003.

13. Sorrentino SA, Bahlmann FH, Besler C, Muller M, Schulz S, Kirchhoff N, Doerries C, Horvath T, Limbourg A, Limbourg F, Fliser D, Haller H, Drexler H, Landmesser U. Oxidant stress impairs in vivo reendothelialization capacity of endothelial progenitor cells from patients with type 2 diabetes mellitus: restoration by the peroxisome proliferator-activated receptor-gamma agonist rosiglitazone. Circulation 116: 163-173, 2007.

14. Fadini GP, Albiero M, Boscaro E, Agostini C, Avogaro A. Endothelial progenitor cells as resident accessory cells for post-ischemic angiogenesis. Atherosclerosis 204: 20-22, 2009.

15. Fadini GP, Coracina A, Baesso I, Agostini C, Tiengo A, Avogaro A, de Kreutzenberg SV: Peripheral blood CD34+KDR+ endothelial progenitor cells are determinants of subclinical atherosclerosis in a middle-aged general population. Stroke 37: 2277-2282, 2006.

16. Hill JM, Zalos G, Halcox JP, Schenke WH, Waclawiw MA, Quyyumi AA, Finkel T: Circulating endothelial progenitor cells, vascular function, and cardiovascular risk. N Engl J Med 348: 593-600, 2003.

17. Tokgozoglu L, Yorgun H, Gurses KM, Canpolat U, Ates AH, Tulumen E, Kaya EB, Aytemir K, Kabakci G, Tuncer M, Oto A. The association between circulating endothelial progenitor cells and coronary collateral formation. Atherosclerosis 219: 851-854, 2011.

18. Fadini GP, Maruyama S, Ozaki T, Taguchi A, Meigs J, Dimmeler S, Zeiher AM, de Kreutzenberg S, Avogaro A, Nickenig G, Schmidt-Lucke C, Werner N. Circulating progenitor cell count for cardiovascular risk stratification: a pooled analysis. PLoS One 5: e11488, 2010.

19. Fadini GP, Pucci L, Vanacore R, Baesso I, Penno G, Balbarini A, Di Stefano R, Miccoli R, de Kreutzenberg S, Coracina A, Tiengo A, Agostini C, Del Prato S, Avogaro A. Glucose tolerance is negatively associated with circulating progenitor cell levels. Diabetologia 50: 2156-2163, 2007.

20. Fadini GP, Miorin M, Facco M, Bonamico S, Baesso I, Grego F, Menegolo M, de Kreutzenberg SV, Tiengo A, Agostini C, Avogaro A. Circulating endothelial progenitor cells are reduced in peripheral vascular complications of type 2 diabetes mellitus. J Am Coll Cardiol 45: 1449-1457, 2005.

21. Hortenhuber T, Rami-Mehar B, Satler M, Nagl K, Hobaus C, Hollerl F, Koppensteiner R, Schernthaner G, Schober E, Schernthaner GH. Endothelial progenitor cells are related to glycemic control in children with type 1 diabetes over time. Diabetes Care 36: 1647-1653, 2013.

22. Fadini GP, Boscaro E, de Kreutzenberg S, Agostini C, Seeger F, Dimmeler S, Zeiher A, Tiengo A, Avogaro A. Time course and mechanisms of circulating progenitor cell reduction in the natural history of type 2 diabetes. Diabetes Care 33: 1097-1102, 2010.

23. Fadini GP, Sartore S, Albiero M, Baesso I, Murphy E, Menegolo M, Grego F, Vigili de Kreutzenberg S, Tiengo A, Agostini C, Avogaro A. Number and function of endothelial progenitor cells as a marker of severity for diabetic vasculopathy. Arterioscler Thromb Vasc Biol 26: 2140-2146, 2006.

24. Hernandez SL, Gong JH, Chen L, Wu IH, Sun JK, Keenan HA, King GL. Characterization of Circulating and Endothelial Progenitor Cells in Patients With Extreme-Duration Type 1 Diabetes. Diabetes Care, 2014.

25. Urbich C, Heeschen C, Aicher A, Dernbach E, Zeiher AM, Dimmeler S. Relevance of monocytic features for neovascularization capacity of circulating endothelial progenitor cells. Circulation 108: 2511-2516, 2003.

26. Mantovani A, Garlanda C, Locati M. Macrophage diversity and polarization in atherosclerosis: a question of balance. Arterioscler Thromb Vasc Biol 29: 1419-1423, 2009.

27. Jetten N, Verbruggen S, Gijbels MJ, Post MJ, De Winther MP, Donners MM. Anti-inflammatory M2, but not pro-inflammatory M1 macrophages promote angiogenesis in vivo. Angiogenesis 17: 109-118, 2014.

28. Fadini GP, de Kreutzenberg SV, Boscaro E, Albiero M, Cappellari R, Krankel N, Landmesser U, Toniolo A, Bolego C, Cignarella A, Seeger F, Dimmeler S, Zeiher A, Agostini C, Avogaro A. An unbalanced monocyte polarisation in peripheral blood and bone marrow of patients with type 2 diabetes has an impact on microangiopathy. Diabetologia 56: 1856-1866, 2013.

29. Fadini GP, Albiero M, Menegazzo L, Boscaro E, Agostini C, de Kreutzenberg SV, Rattazzi M, Avogaro A. Procalcific phenotypic drift of circulating progenitor cells in type 2 diabetes with coronary artery disease. Exp Diabetes Res 2012: 921685, 2012.

30. Fadini GP, Albiero M, Menegazzo L, Boscaro E, Vigili de Kreutzenberg S, Agostini C, Cabrelle A, Binotto G, Rattazzi M, Bertacco E, Bertorelle R, Biasini L, Mion M, Plebani M, Ceolotto G, Angelini A, Castellani C, Menegolo M, Grego F, Dimmeler S, Seeger F, Zeiher A, Tiengo A, Avogaro A. Widespread increase in myeloid calcifying cells contributes to ectopic vascular calcification in type 2 diabetes. Circ Res 108: 1112-1121, 2011.

31. Albiero M, Rattazzi M, Menegazzo L, Boscaro E, Cappellari R, Pagnin E, Bertacco E, Poncina N, Dyar K, Ciciliot S, Iwabuchi K, Millioni R, Arrigoni G, Kraenkel N, Landmesser U, Agostini C, Avogaro A, Fadini GP: Myeloid calcifying cells promote atherosclerotic calcification via paracrine activity and allograft inflammatory factor-1 overexpression. Basic Res Cardiol 108: 368, 2013.

32. Menegazzo L, Albiero M, Millioni R, Tolin S, Arrigoni G, Poncina N, Tessari P, Avogaro A, Fadini GP. Circulating myeloid calcifying cells have antiangiogenic activity via thrombospondin-1 overexpression. FASEB J 27: 4355-4365, 2013.

33. Fadini GP, Albiero M, Seeger F, Poncina N, Menegazzo L, Angelini A, Castellani C, Thiene G, Agostini C, Cappellari R, Boscaro E, Zeiher A, Dimmeler S, Avogaro A. Stem cell compartmentalization in diabetes and high cardiovascular risk reveals the role of DPP-4 in diabetic stem cell mobilopathy. Basic Res Cardiol 108: 313, 2013.

34. Oikawa A, Siragusa M, Quaini F, Mangialardi G, Katare RG, Caporali A, van Buul JD, van Alphen FP, Graiani G, Spinetti G, Kraenkel N, Prezioso L, Emanueli C, Madeddu P. Diabetes mellitus induces bone marrow microangiopathy. Arterioscler Thromb Vasc Biol 30: 498-508, 2010.

35. Spinetti G, Cordella D, Fortunato O, Sangalli E, Losa S, Gotti A, Carnelli F, Rosa F, Riboldi S, Sessa F, Avolio E, Beltrami AP, Emanueli C, Madeddu P. Global remodeling of the vascular stem cell niche in bone marrow of diabetic patients: implication of the microRNA-155/FOXO3a signaling pathway. Circ Res 112: 510-522, 2013.

36. Fadini GP, Albiero M, Vigili de Kreutzenberg S, Boscaro E, Cappellari R, Marescotti M, Poncina N, Agostini C, Avogaro A. Diabetes impairs stem cell and proangiogenic cell mobilization in humans. Diabetes Care 36: 943-949, 2013.

37. Fadini GP, Avogaro A. Diabetes impairs mobilization of stem cells for the treatment of cardiovascular disease: a meta-regression analysis. Int J Cardiol 168: 892-897, 2013.

38. Ferraro F, Lymperi S, Mendez-Ferrer S, Saez B, Spencer JA, Yeap BY, Masselli E, Graiani G, Prezioso L, Rizzini EL, Mangoni M, Rizzoli V, Sykes SM, Lin CP, Frenette PS, Quaini F, Scadden DT. Diabetes impairs hematopoietic stem cell mobilization by altering niche function. Sci Transl Med 3: 104ra101, 2011.

39. Di Persio JF: Diabetic stem-cell “mobilopathy”. N Engl J Med 365: 2536-2538, 2011.

40. Albiero M, Poncina N, Tjwa M, Ciciliot S, Menegazzo L, Ceolotto G, Vigili de Kreutzenberg S, Moura R, Giorgio M, Pelicci P, Avogaro A, Fadini GP. Diabetes causes bone marrow autonomic neuropathy and impairs stem cell mobilization via dysregulated p66Shc and Sirt1. Diabetes 63: 1353-1365, 2014.

[/protected]