Congresso Interassociativo AMD-SID Regione Lombardia
18-19 ottobre 2019, Coccaglio (BS)
DOI: https://doi.org/10.30682/ildia1904h
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COMUNICAZIONI ORALI
I biomarcatori non invasivi di NAFLD si associano a complicanze renali e cardiovascolari del diabete di tipo 2
Ciardullo S1,2, Muraca E1, Perra S1, Bianconi E1, Castoldi G2, Oltolini A1, Cannistraci R1,2, Parmeggiani P1, Manzoni G1, Gastaldelli A3, Lattuada G1, Perseghin G1,2
1Policlinico di Monza, Dipartimento di Medicina e Riabilitazione; 2Università degli Studi di Milano Bicocca, Dipartimento di Medicina e Chirurgia; 3Istituto di fisiologia clinica, CNR
Introduzione. La NAFLD è frequente tra i pazienti con diabete di tipo 2 (DM2), ma la sua valutazione nella pratica clinica deve ancora essere validata. Scopo. Stimare la prevalenza di steatosi epatica e fibrosi avanzata in pazienti con DM2 utilizzando biomarcatori non invasivi ed esplorare la associazione di questi ultimi con complicanze renali e cardiovascolari. Materiali e Metodi. Studio cross-sectional relativo a pazienti adulti con DM2 seguiti presso la diabetologia del Policlinico di Monza nel periodo 2013-2018. La steatosi è stata rilevata utilizzando Fatty Liver Index (FLI), Hepatic Steatosis Index (HSI) e NAFLD Ridge Score (NRS) mentre la fibrosi è stata definita utilizzando NAFLD Fibrosis Score (NFS), Fibrosis-4 (FIB-4), AST to Platelet Ratio Index (APRI) e rapporto AST/ALT. Gli outcome di interesse sono stati la prevalenza di microalbuminuria (UACR>30 mg/g), malattia renale cronica (CKD) e malattia cardiovascolare (CVD). Risultati. 2770 pazienti con DM2 sono stati inclusi nell’analisi. La NAFLD era presente nel 65%, nell’86% e nell’88% dei pazienti in base a FLI, HSI e NRS, rispettivamente. La fibrosi epatica avanzata era presente nel 33%, 11%, 7% e <1% sulla base di NFS, AST / ALT, FIB-4 e APRI, rispettivamente. Mentre una maggiore prevalenza di microalbuminuria è stata rilevata tra i pazienti con valori intermedi e alti (OR: 3,49; IC: 95% 2,05-5,94, p<0,01) di biomarcatori di steatosi (utilizzando FLI), una maggiore prevalenza di CKD (OR: 6,39; IC: 95% 4,05-10,08, p<0,01) e CVD (OR: 2,62; IC: 95% 1,69-4,04, p<0,01) è stata riscontrate tra i pazienti con punteggi intermedi e alti di biomarcatori di fibrosi (usando FIB-4 e risultati simili usando AST/ALT e NFS). Conclusioni. In questa ampia coorte di pazienti con DM2, la prevalenza di steatosi epatica e fibrosi avanzata variava notevolmente in base allo specifico marcatore non invasivo utilizzato. Nonostante queste differenze, i biomarker di steatosi e fibrosi si associavano in maniera consistente ad un diverso pattern di complicanze del DM2.
La glicemia a 1 ora durante OGTT e la SIF (skin intrinsic fluorescence) predicono il rischio di prediabete nella popolazione generale: lo studio DIAPASON
La Sala L, Tagliabue E, Prattichizzo F, Ceriello A
IRCCS MultiMedica, Laboratorio malattie cardiovascolari e dismetaboliche, Milano
Introduzione. La principale sfida per la prevenzione del diabete nella popolazione generale è l’identificazione precoce degli individui a rischio, al fine di attuare misure preventive per ritardarne l’insorgenza. Scopo. Selezionare un set di predittori precoci di rischio testando l’utilità di una strategia di selezione che combina FPG, 2hPG e HbA1c. Materiali e Metodi. 1506 soggetti sono stati screenati sulla base del Findrisc; 531 soggetti con Findrisc score ≥9 hanno eseguito FPG, 2hPG, 1hPG e HbA1c, assetto lipidico, insulinemia, HOMA-IR, microalbuminuria, e SIF (skin intrinsic fluorescence). Abbiamo creato due gruppi di classificazione: 1) diagnosi basata su 2hPG; e 2) basata su tre metodi combinati (3-c). I modelli logistici e le analisi statistiche sono stati eseguiti mediante SAS. Risultati. I nostri risultati mostrano una diversa prevalenza di pre- e diabete a seconda del criterio diagnostico usato e una scarsa concordanza (K-Cohen). La matrice di correlazione mostra una forte significatività fra la SIF e tutti i parametri metabolici. L’insorgenza di differenze significative nel fenotipo prediabetico era più evidente nel metodo 3-c rispetto a quello singolo. Il modello 3-c ha permesso di identificare uno status intermedio fra normoglicemici e prediabetici con un profilo cardiometabolico migliore rispetto ai prediabetici, ma peggiore rispetto ai normoglicemici. Le regressioni stepwise e i modelli logistici, aggiustati per età, sesso e BMI, hanno identificato come migliori predittori di rischio prediabetico: 1)1hPG, per il modello basato su 2hPG [AUC=0.85; OR1.04 (1.03-1.05), p<0.0001], e 2) 1hPG+SIF per il modello a 3-c [AUC=0.97; OR1.07 (1.04-1.10), p<0.0001; OR11.57 (2-66.85), p=0.006 rispettivamente]. Conclusioni. Usando un solo criterio diagnostico non si identifica una percentuale di individui che verrebbero considerati come diabetici o prediabetici utilizzando un altro test. Utilizzando il nuovo approccio 3-c si identificano 1hPG+SIF come predittori del rischio di prediabete. Ringraziamenti. EFSD/Sanofi (a L.L.S.), Fondazione Invernizzi (Milano).
I pazienti diabetici di tipo 2 sono caratterizzati da ipercortisolismo in una popolazione candidata a chirurgia bariatrica
Muraca E1, Oltolini A1, Cannistraci R1, Ronchetti C1, Perra S1, Manzoni G1, Zerbini F1, Parmeggiani P1, Ciardullo S1, Villa M2, Lattuada G1, Perseghin G1,3
1Policlinico di Monza, Dipartimento di Medicina e Riabilitazione; 2Policlinico di Monza, Unità di Psicologia Clinica; 3Università degli Studi di Milano Bicocca, Dipartimento di Medicina e Chirurgia
Introduzione. Obesità, diabete mellito e ipercortisolismo costituiscono patologie con un fondamentale aspetto fisiopatologico comune, l’insulino resistenza, e aspetti clinici condivisi (ipertensione arteriosa, dislipidemia, dis-glicemia e obesità centrale). Obesità e diabete mellito compaiono spesso nel Cushing, mentre nell’obeso è spesso rilevabile uno stato di ipercortisolismo di origine funzionale (Pseudo Cushing). Per gli individui con diabete è stata suggerita da alcuni autori la necessità dello screening. Scopo. Stabilire la prevalenza di ipercortisolismo in una popolazione di individui obesi candidati a chirurgia bariatrica e stabilire se ci fosse differenza nei pazienti con dis-glicemia o diabete di tipo 2 rispetto a normale omeostasi glucidica. Materiali e Metodi. Analisi retrospettiva del nostro database di pazienti afferenti al centro di chirurgia bariatrica da 06/15 a 05/19. La popolazione, costituita da 504 individui con dosaggio del cortisolo libero urinario nelle 24 ore (CLU), glicemia a digiuno e/o Hb glicata, è stata analizzata in funzione di normalità/positività del CLU (secondo l’intervallo di ciascun laboratorio) e di presenza di diabete mellito o una condizione di dis-glicemia (definiti secondo Standard di Cura AMD/SID 2018). Risultati. Sono risultati affetti da diabete 95 pazienti (18.9%), con dis-glicemia 136 pazienti (27%) e con glicemia a digiuno e Hb glicata normali i restanti 273 pazienti (54.2%). Il CLU elevato è stato rilevato in 81 pazienti (16.1%) ed è risultato essere più frequente nei pazienti diabetici e con dis-glicemia (20.8% 48/231) rispetto ai pazienti con normale omeostasi glucidica (12.1% 33/273 p=0.008). L’associazione descritta tra CLU e alterata omeostasi glucidica è risultata indipendente dall’età, sesso e BMI. Conclusioni. L’analisi retrospettiva della nostra popolazione di pazienti con obesità candidati a chirurgia bariatrica sostiene l’ipotesi secondo la quale una condizione di ipercortisolismo è più frequente nei pazienti con dis-glicemie e con diabete di tipo 2 manifesto.
Studio retrospettivo, multicentrico, real world per definire efficacia e sicurezza del sistema impiantabile di monitoraggio in continuo della glicemia Eversense
Pintaudi B1, Laurenzi A2, Mariani G3, Mirani M4, Morpurgo PS5, Rossi A6, Bonomo M7
1ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda, Milano; 2IRCCS Ospedale San Raffaele, Milano; 3ASST Nord Milano; 4Istituto Clinico Humanitas, Milano; 5Ospedale Fatebenefratelli e Oftalmico, Milano; 6Ospedale San Giuseppe, Milano
Introduzione. Studi precedenti hanno riportato un eccellente livello di accuratezza del sistema impiantabile di monitoraggio in continuo della glicemia (CGM) Eversense, una riduzione del tempo trascorso in ipoglicemia ed una lieve riduzione dei livelli di HbA1c. Scopo. Valutare efficacia e sicurezza del sistema CGM Eversense in un contesto real world. Materiali e Metodi. Sono stati studiati 50 soggetti con DM1 (età media 42±13, 62.0% con microinfusore, 23.2% con precedenti esperienze di CGM ad ago) seguiti da 6 Centri di diabetologia a Milano. Outcome primario era la variazione dei livelli di HbA1c tra l’applicazione del CGM e la fine del sensore (3 mesi dopo). Outcomes secondari erano le percentuali di tempo trascorso in target glicemico (70-180 mg/dL), in ipoglicemia (<70 mg/dL), in iperglicemia (≥180 mg/dL) e alcuni indici di variabilità glicemica: SD, CV, MAGE, CONGA, MODD. Sono stati valutati eventi avversi legati al sistema e soddisfazione dei pazienti. Risultati. I livelli di HbA1c erano migliorati (7.8±1.0% vs 7.3±0.9%, p<0.0001) con riduzione media -0.4±0.5%. Tempo in target, in ipo- ed in iperglicemia erano 59.3%, 5.5%, 35.2%, rispettivamente. Gli indici di variabilità glicemica erano: SD 60.0±8.5, CV 37.6±5.5, MAGE 82.4±12.8, CONGA 43.9±6.2, MODD 61.6±9.6. In due casi si è verificata un’infezione locale nel sito di inserzione. In due casi la procedura di rimozione è durata più a lungo perché il sensore era inserito in sede profonda. La soddisfazione del paziente per il dispositivo era alta. Occasionalmente è stata riportata la disconnessione del trasmettitore dall’applicazione mobile. Conclusioni. Valutato in un contesto real world, il sistema CGM impiantabile Eversense si è dimostrato efficace, sicuro e ben accettato da soggetti con DM1 sia con precedente esperienza di CGM che CGM-naive.
IL PASSAGGIO DA UNA POMPA INSULINICA CON FUNZIONE PLGS AD UN SISTEMA IBRIDO AD ANSA CHIUSA MIGLIORA IL COMPENSO GLICEMICO MEDIO ED INCREMENTA IL TIME IN RANGE EUGLICEMICO
Scaranna C, Lepore G, Corsi A, Dodesini AR, Bellante R, Trevisan R
UOC Mal. Endocrine – Diabetologia, ASST Papa Giovanni XXIII Bergamo
Introduzione. Negli ultimi anni i sistemi integrati microinfusore insulinico-monitoraggio in continuo del glucosio sono stati dotati di funzioni automatiche per la sospensione dell’infusione insulinica in caso del raggiungimento di una soglia prefissata per ipoglicemia (LGS) o di previsione del raggiungimento di tale soglia (PLGS). Più recentemente, sono stati introdotti nella pratica clinica i sistemi ibridi ad ansa chiusa (HCL system), in grado di somministrare automaticamente microboli insulinici calcolati dall’algoritmo di controllo ogni 5 minuti. Scopo. Confrontare l’efficacia e la sicurezza di un sistema con funzioni LGS-PLGS (Medtronic Minimed 640G) vs un sistema ibrido ad ansa chiusa (Medtronic Minimed 670G). Materiale e Metodi. 30 persone con diabete tipo 1, già in trattamento da almeno 6 mesi con il sistema 640G, sono state randomizzate in due gruppi; il gruppo PLGS (n=15, età media 50,2±15,2 anni, HbA1c 58,2±10,4 mmol/mol) ha proseguito per altri sei mesi il trattamento con il sistema 640G, il gruppo HCL è stato trasferito al trattamento con il sistema 670G per sei mesi. Sono stati valutati: Hb glicata misurata all’inizio ed al termine dei sei mesi dello studio e glicemia media del sensore, tempo trascorso nei range <50 mg/dl, 50-69 mg/dl, 70-180 mg/dl, 181-250 mg/dl e >250 mg/dl registrati nel mese precedente l’inizio dello studio e nell’ultimo mese dello studio. Risultati. Nel gruppo HCL al termine dello studio si è verificata una significativa riduzione dell’Hb glicata (53,8±6,2 vs 58,6±11 mmol/mol, p<0,05), del tempo trascorso nel range 181-250 mg/dl (22,4±6,1 vs 26,4±9,1%, p<0,05), del tempo trascorso nel range >250 mg/dl (6,1±5 vs 11,2±9,7%, p<0,05) ed un incremento del tempo trascorso nel range 70-180 mg/dl (69,2±9,8 vs 59,8±16, p<0,01). Il tempo trascorso nei range ipoglicemici non si è modificato. Nel gruppo PLGS non si è verificata nessuna variazione significativa al termine dello studio rispetto al basale. Conclusioni. Il passaggio da un sistema con funzioni LGS-PLGS ad un sistema HCL ha permesso di migliorare significativamente il compenso glicemico, sia in termini di riduzione dell’Hb glicata e del tempo trascorso in iperglicemia sia in termini di incremento del tempo trascorso nel range euglicemico, senza incrementare il rischio di ipoglicemie.
La prescrizione off-label di SGLT-2 inibitori a pazienti con diabete di tipo 1: un sondaggio on-line di specialisti italiani
Scavini M1, Bertuzzi F2, Girelli A3, Celleno R4, Molinari C5, Tripodi FP6, Sira Zanon M7, Di Bartolo P8, La Penna G9, a nome dell’Associazione Medici Diabetologi (AMD)
1IRCCS Ospedale San Raffaele, Milano; 2ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda, Milano; 3UO Medicina indirizzo Metabolico e Diabetologico, ASST Spedali Civili di Brescia, Brescia; 4Diabetologia e Endocrinologia Distretto del Perugino, USL Umbria 1, Perugia; 5UO di Medicina Generale a indirizzo Diabetologico e Endocrino-Metabolico, San Raffaele Scientific Institute, Milano; 6UOC Medicina Interna, ASP 5 Messina e PO Lipari, Messina; 7UOSD di Diabetologia, AULSS 4 Veneto Orientale; 8AUSL Romagna, Ravenna Diabetes Clinic, Ravenna; 9UOC Endocrinologia e Malattie del Metabolismo ASL di Pescara, Ospedale Santo Spirito, Pescara
AMD ha elaborato un sondaggio anonimo on-line sulla prescrizione off-label degli SGLT-2 inibitori (SGLT-2i) a pazienti T1D che ha proposto ai propri soci dal 21/08/2018 al 03/04/2019. Il sondaggio consisteva di 16 domande di cui 3 a risposta multipla.
N=161 specialisti che seguono pazienti T1D hanno completato il sondaggio e 61 di loro (44,7%) avevano prescritto SGLT-2i a pazienti T1D. Prescrittori e non erano simili per anni di pratica specialistica e setting ambulatoriale. Gli specialisti del Nord Italia o con ≥50 pazienti T1D avevano più probabilità di prescrivere SGLT-2i a pazienti T1D. La maggior parte degli specialisti ha prescritto SGLT-2i a pazienti T1D in MDI. Le ragioni più frequenti per la prescrizione erano migliorare un controllo glicemico subottimale, facilitare la perdita di peso e ridurre il fabbisogno insulinico. Solo il 50% degli specialisti ha chiesto ai pazienti di firmare un consenso informato per l’uso off-label di SGLT-2i.
Il 25% degli specialisti non ha prescritto strisce per la misurazione di chetonuria/chetonemia e solo il 20,8% ne ha raccomandato l’uso per glicemie >200 mg/dl. Tutti gli specialisti hanno raccomandato di evitare disidratazione e digiuno prolungato se si usano SGLT-2i, ma solo il 27,8% ha rivisto con i pazienti i sintomi di chetosi e solo il 9,7% ha fornito le 6 raccomandazioni suggerite da esperti. Il 19,4% degli specialisti che ha prescritto SGLT-2i a donne T1D in età fertile non ha avvisato dei rischi per il concepimento, e solo il 12,5% ha fornito le 4 le raccomandazioni opportune alla prescrizione di farmaci non autorizzati in gravidanza.
Questi risultati documentano la necessità di migliorare la consapevolezza sui rischi e loro prevenzione di professionisti e pazienti in caso di prescrizione di SGLT-2i a pazienti T1D. Gli specialisti dovrebbero essere incoraggiati a chiedere ai pazienti di firmare un consenso informato per la prescrizione off-label di questi farmaci come previsto dalla legge.
POSTER
Caratteristiche demografiche e profilo di rischio di una popolazione di pazienti affetti da DMT2 in Lombardia
Berra CC1, Lepore G2, Manfrini R3, Belviso AL4, Casati G5, Desenzani P6, Ettori S7, Mantovani LE8, Pollastri R9, Querci F10, Severgnini SC11, Bucciarelli L12, Camera A13, Dagani R14, Gandolfi A15, Libera E16, Mauri C17, Rinaldi JM18, Bossi A19
1Direttore dipartimento endocrino-metabolico IRCCS MultiMedica; 2Responsabile UOS Endocrinologia ASST Papa Giovanni XXIII, Bergamo; 3UO diabetologia e malattie del metabolismo, ASST Santi Paolo e Carlo, Milano; 4Poliambulatorio Brembate di Sopra, ASST Bg Ovest; 5Policlinico San Pietro GSD Ponte S. Pietro (BG); 6UOS Diabetologia PO Montichiari ASST Spedali Civili; 7ASST Franciacorta Chiari (BS); 8AO Carlo Poma Mantova; 9Casa di cura San Camillo Cremina. Centro Cura e Prevenzione Diabete; 10UOS Diabetologia ASST Bergamo Est Seriate; 11Servizio di diabetologia-ASST Ospedale Maggiore Crema; 12Dipartimento endocrino-metabolico IRCCS MultiMedica; 13Ambulatorio diabetologia, casa di cura Igea Milano; 14ASST Rhodense-PO Rho; 15ASST Fatebenefratelli-Sacco Milano; 16UOSD endocrinologia e malattie metaboliche, Ospedale Civile di Sondrio; 17ASST Lariana; 18ASST Melegnano e della Martesana; 19Direttore-UOC Malattie endocrine e Centro regionale per il diabete mellito ASST Bergamo Ovest-Treviglio (BG)
Introduzione. L’epidemia mondiale di diabete mellito tipo 2 (DMT2) e delle sue complicanze cardiovascolari (CV) coinvolge anche l’Italia, con variazioni di prevalenza nel territorio nazionale.
Scopo. Per gestire più efficacemente questo problema di sanità pubblica è opportuno svolgere studi a livello regionale. Materiali e Metodi. 18 specialisti delle provincie di Milano, Bergamo, Brescia, Como, Cremona, Mantova, Pavia, Sondrio hanno condotto la profilazione di 538 pazienti affetti da DMT2 raccogliendo in modo aggregato e retrospettivo (nel rispetto delle normative in materia di protezione dei dati personale) i seguenti parametri: genere, età, durata di malattia, HbA1c, pregresso evento CV, numero di fattori di rischio (FR) per pazienti senza pregresso evento CV, presenza di nefropatia, BMI (kg/m2 ≤30 e ≤25), circonferenza vita, pressione arteriosa, colesterolo-LDL. È stata inoltre registrata la terapia antidiabetica e la terapia CV al baseline e dopo intensificazione terapeutica. Risultati. I dati di ciascuna area sono stati analizzati e confrontati con i risultati complessivi evidenziando: a) le popolazioni di ogni area sono omogenee alla popolazione totale; b) 374/538 (60,51%) pazienti non riportavano pregressi episodi CV, ma 211/538 (39,22%) avevano >2 FR; c) la popolazione presentava un BMI non eccessivo: 423/538 (78,62%) aveva un BMI ≤30 e 114/538 (21,19%) BMI <25; c) la terapia antidiabetica veniva significativamente modificata dopo un’attenta valutazione del profilo del paziente, mentre la terapia CV rimaneva sostanzialmente invariata. Conclusioni. La significativa percentuale di pazienti con FR ma senza precedente evento CV riflette quanto presente a livello nazionale, mentre il BMI è più basso rispetto alla popolazione diabetica italiana. La valutazione complessiva dello stato clinico ha svolto un importante ruolo nella scelta della terapia antidiabetica, sottolineando l’importanza di un’attenta valutazione dei pazienti nella realtà operativa quotidiana.
Differenze di genere nei comportamenti di self-care negli adulti con diabete mellito di tipo 2
Caruso R1, Rebora P2, Luciani M3, Di Mauro S3, Ausili D3
1Health Professions Research and Development Unit, IRCCS Policlinico San Donato, San Donato Milanese; 2Bioinformatics, Biostatistics and Bioimaging Centre, Dipartimento di Medicina e Chirurgia, Università degli Studi di Milano Bicocca, Monza; 3Dipartimento di Medicina e Chirurgia, Università degli Studi di Milano Bicocca, Monza
Introduzione. Differenze di genere nelle persone affette da diabete mellito di tipo 2 (DMT2) sono state trovate negli outcome clinici, nella risposta metabolica ai trattamenti, nei patient reported outcome come la qualità di vita e nelle variabili psicosociali. Le differenze di genere nel self-care e la loro relazione con i determinanti del self-care sono state poco studiate nelle malattie croniche ed in particolare nelle persone con DMT2. Obiettivi. Descrivere le differenze di genere nel self-care, identificare i determinanti del self-care in relazione al genere e investigare come il genere interagisce con gli effetti delle variabili cliniche e socio-demografiche del self-care negli adulti con DMT2. Metodi. Lo studio ha un disegno trasversale multicentrico. Sono stati reclutati con campionamento consecutivo 540 adulti con DMT2 in 6 centri diabetologici. Le variabili cliniche e socio-demografiche sono state raccolte dalle cartelle cliniche. Self-care maintenance, monitoring, management e confidence sono state misurate con la scala Self-care of Diabetes Inventory. Risultati. Le femmine hanno riportato maggiori disease prevention behaviours (p<0.001), health promoting behaviours (p<0.001), body listening (p<0.001) e symptom recognition (p=0.010), ma minori health promoting exercise behaviours (p<0.001). I determinanti del self-care erano diversi tra maschi e femmine, il ruolo della task-specific self-care confidence ha predetto il self-care monitoring (RR=0.98; p<0.001) e il management (RR=0.99; p<0.001) tra i maschi, mentre la persistence self-care confidence ha predetto la self-care maintenance (RR=0.97; p=0.016) e il management (RR=0.99; p=0.009) tra le femmine. Conclusioni. I maschi e le femmine compiono il self-care in maniera differente. La self-care confidence gioca un ruolo diverso nel predire il self-care nei maschi e nelle femmine. Ricerche future dovranno descrivere il self-care e i determinanti nei maschi e nelle femmine con DMT2 in maniera longitudinale. Interventi per migliorare la self-care confidenze legati alle differenze di genere dovranno essere sviluppati per migliorare il self-care nei pazienti maschi e femmine con DMT2.
“PRECISION DIABETOLOGY” CON LA NUOVA CLASSIFICAZIONE DEL DIABETE MELLITO TIPO 2: ESPERIENZA PERSONALE
Desenzani P, Mascadri C, Tusi MC, Barozzino I, Danesi M, Filippini A, Manenti S, Pastori A
UOS Diabetologia PO Montichiari ASST SPEDALI CIVILI
Nell’epoca della medicina di precisione i TEAM di Diabetologia si trovano ogni giorno a dover porre una diagnosi il più possibile specifica e precisa delle molte varianti di diabete mellito tipo 2 con cui si presentano i pazienti. Gli strumenti a disposizione per tale diagnosi, nella maggior parte dei “setting” clinici di lavoro, restano comunque l’anamnesi (indispensabile per sospettare le forme di MODY, maturity onset diabetes of the adult, e FDA, diabete familiare dell’adulto, definito dalla presenza di 3 generazioni consecutive affette da diabete mellito ed assenza di genetica per il MODY), l’esame obiettivo, gli esami ematochimici di routine (in particolare l’emocromo con formula, funzione renale ed epatica, esame urine, eab venoso), il dosaggio del C peptide (sia basale che dopo stimolo), gli autoanticorpi anti ß cellula (in particolare quelli anti GAD65), l’autocontrollo glicemico domiciliare piuttosto che i profili glicemici desunti dall’AGP (Ambulatory Glucose Profile) e gli esami strumentali per la diagnosi e/o FU delle complicanze micro e macroangiopatiche, con particolare rilevanza dell’imaging per lo studio del pancreas e degli altri organi parenchimatosi addominali. Solo in alcuni centri è disponibile un laboratorio di analisi per eseguire la ricerca di forme monogeniche di diabete tipo MODY. Utilizzando tali strumenti diagnostici (in particolare l’analisi genetica in alcuni casi con elevata familiarità), definendo come A+|- la presenza o assenza di autoimmunità (positività degli Anti GAD65), e ß+|- la conservata o persa secrezione insulinica (C peptide superiore a 1 ng/ml), sulla base della nuova proposta di classificazione dei sottogruppi del diabete mellito presentata in letteratura, presso nostra UOS, abbiamo provato a riclassificare circa 300 pazienti diabetici prima etichettati semplicemente come diabetici tipo 2 giunti alla nostra osservazione come prima visita negli ultimi 18 mesi. Il 10% presentava un forma di LADA A+|ß- (SAID, Severe Automimune Diabetes) con alto titolo di anticorpi anti GAD65 (superiore a 32), 1% LADA A+|ß+ con basso titolo di ab antiGAD65 in pazienti sovrappeso (DOUBLE DIABETES), 1% diabete definito KPDM A-/ß+, ketosis prone diabetes diabetes mellitus, e 1% con KPDM A-/ß-. Tutti questi casi di KPDM sono esorditi con DKA, chetoacidosi diabetica iperglicemica, in pazienti di origine africana sub sahariana. Dei restanti pazienti riclassificati l’8% presentava in realtà un DIABETE TIPO 3C, A-/ß- (secondario a pancreatiti, tumori pancreatici, esiti di pancreasectomia), 2% diabete tipo MODY A-/ß+, 7% diabete tipo FDA A-/ß+, 1% Diabete tipo NODAT A-/ß+ (New Onset Diabetes After Transplantation), 20% di pazienti con diabete tipo 2 A-/ß- (SIDD, Severe Insulin Deficient Diabetes) con necessità di eseguire terapia insulinica basal bolus, 3% diabete secondario ad endocrinopatie A-/ß+. Il restante 56% dei pazienti, in accordo con quanto presente in letteratura, presentava nel 20% un quadro di MARD (mild-age related diabetes), nel 20% MOD (Mild Obesity Related Diabetes) e nel 16% SIRD (Severe Insulin Resistant Diabetes) con HOMA INDEX >3. Nella nostra casistica i pazienti con positività per anticorpi anti GAD 65 presentavano nel 50% dei casi associazione con altre endocrinopatie e/o patologie autoimmuni all’interno di verosimile sindrome polighiandolare autoimmune tipo 3 a (in particolare associazione con tireopatia autoimmune, anemia perniciosa, vitiligo). I pazienti riclassificati con deficit della secrezione imsulinica (sia su base autoimmune che non) tranne quelli con diabete tipo 3 c presentavano, in accordo con i dati in letteratura, come principale complicanza microangioapatica la retinopatia diabetica: la nefropatia incipiente veniva riscontrata invece nella maggior parte dei pazienti con SIRD. In conclusione la nostra esperienza evidenzia sia la necessità di una revisione dell’attuale classificazione del diabete mellito tipo 2 sia la possibilità di poter realizzare, anche in un setting clinico diagnostico di 2 livello, una diabetologia il più possibile di precisione volta a poter implementare la migliore terapia a disposizione cercando di prevenire e/o rallentare le complicanze associate con le varie forme di diabete.
RUOLO DELLA TERAPIA MEDICA NUTRIZIONALE (TMN) NELLA SARCOPENIA CORRELATA AL DIABETE MELLITO TIPO 2 (DMT2) DELL’ANZIANO
Gaglio A1, Resi V1, Palmieri E1, Grancini V1, Giarratana L1, Orsi E1
1 UO Endocrinologia. Fondazione IRCCS Ca’ Granda-Ospedale Maggiore Policlinico, Milano
Introduzione. La sarcopenia è la perdita di massa muscolare progressiva e generalizzata (1). Essa viene accelerata quando sono presenti il diabete e l’invecchiamento (2). Scopo. Valutare il ruolo della TMN e dell’esercizio fisico nel migliorare lo stile di vita del paziente con DMT2 anziano e sarcopenico. Metodi. Sono stati valutati 22 soggetti (11M/11F) con DMT2 con età >65 aa in terapia con DPPIV inibitori. Al basale, sono stati valutati gli indici antropometrici e glicometabolici, rivalutati a 6 mesi (T1). La diagnosi di sarcopenia (S) è stata fatta utilizzando i criteri EWGSOP ed è stato somministrato il questionario IPAQ per l’attività fisica. Al T0, i pazienti sono stati avviati ad un percorso educativo. Risultati. 11 soggetti (6M/5F) sono risultati sarcopenici e presentavano una minor percentuale di massa magra (58.27±7.19 vs 69.91±5.87%, p<0.05). Tutti i soggetti mostravano un sovrappeso corporeo e, dai diari alimentari, si evidenziava uno scarso intake proteico (S: 0.86±0.30 e NS: 0.92±0.19 g/kg p.c.) e di fibra alimentare (S: 16.16±5.32 e NS: 18.39±5.17 g/die). L’intake calorico del gr. S al T1 aumentava da 1322.82±403.27 a 1571.78±339.01 Kcal (p=0.28), con aumento del consumo proteico medio (0.86±0.30 vs 1.02±0.21 g/kg) e dell’intake di fibra, da 12.62±3.06 a 17.13±3.25 g/1000 Kcal (p<0.05), oltre ad un aumento di assunzione di acqua. 3 soggetti del gr. S al T1 hanno mostrato un miglioramento nella composizione corporea, non incontrando più i criteri diagnostici di sarcopenia.
Dai dati del questionario IPAQ, durante il percorso, i soggetti con sarcopenia aumentano l’attività fisica giornaliera. Conclusioni. Ad oggi, l’adeguatezza della dieta in termini qualitativi e quantitativi, associata all’esercizio fisico regolare, sembra essere l’unico strumento utile per il trattamento della sarcopenia. Un percorso strutturato condotto da un nutrizionista dedicato può essere la chiave per soddisfare i fabbisogni calorico-proteici di questi pazienti fragili. Bibliografia. 1. Cruz-Jentoft. Sarcopenia: European consensus on definition and diagnosis: Report of the European Working Group on Sarcopenia in Older People. Age Ageing. 2010. 2. Sinclair AJ et al. Frailty and sarcopenia – newly emerging and high impact complications of diabetes. Journal of Diabetes and Its Complications. 2017.
DUE CASI DI OSTEOMIELITE DELLA PRIMA TESTA METATARSALE TRATTATA CON BIOVETRO E FILI DI K
De Giglio R1, Masserini B1, Di Vieste G1, Lodigiani S1, Formenti I1, Balduzzi G1, Signorelli F2
1Medicina interna-Unità Piede diabetico – ASST Ovest milanese, Ospedale C. Cantù, Abbiategrasso (MI); 2Chirurgia generale – ASST Ovest Milanese, Ospedale C. Cantù, Abbiategrasso (MI)
Introduzione. Nell’ambito delle lesioni del piede l’osteomielite coinvolgente la prima articolazione metatarso-falangea spesso richiede l’amputazione del I raggio metatarsale (I MTT). Il Biovetro (BAG-S53P4- BonAlive®) è un materiale approvato per il trattamento dell’osteomielite, con proprietà antibatteriche ascrivibili alle variazioni di pH e pressione osmotica che si instaurano in sede di impianto, utilizzabile come riempitivo osseo contestualmente alla bonifica chirurgica del focolaio osteomielitico. Ad oggi vi sono pochi dati in merito al suo impiego nel Paziente diabetico.
Scopo. Dimostrare l’efficacia del biovetro (BAG-S53P4) associato a posizionamento di filo di K nel trattamento dell’infezione dell’articolazione metatarso-falangea del I MTT. Materiali e Metodi. Tra novembre 2017 e marzo 2018 due Pazienti (di 69 e 75 aa, diabetiche da >15 aa), sono state valutate per osteomielite I MTT (istologicamente confermata) nel contesto di un’ulcera cronica (Caso 1) e di un flemmone (Caso 2). In entrambi i casi si è proceduto a bonifica del focolaio osteomielitico I MTT con cucchiaio tagliente, riempimento della cavità ossea con Biovetro e stabilizzazione dell’articolazione con filo di K in un unico tempo Nel Caso 2 la procedura ha fatto seguito al drenaggio urgente di flemmone e a rivascolarizzazione periferica. Entrambe le Pazienti sono state trattate con terapia antibiotica mirata su colturale di frammento osseo. Risultati. In entrambi i casi si è ottenuta la riparazione completa della lesione (rispettivamente dopo 6 e dopo 17 settimane dall’intervento) senza recidive né segni radiologici di infezione entro un anno dalla procedura. Conclusioni. La procedura di bonifica del focolaio osteomielitico, posizionamento di Biovetro e stabilizzazione articolare con filo di K nel trattamento di osteomielite del I MTT si è dimostrata efficace in due Pazienti affette da diabete mellito; in entrambi i casi il raggio metatarsale è stato preservato.
PERS&O 2.0 (PERsistent Sitagliptin treatment & long-term Outcomes): evoluzione del rischio cardiovascolare in pazienti con diabete tipo 2 in terapia con sitagliptin
De Mori V1, Gaiti M1, Balini A1, Berzi D1, Forloni F1, Meregalli G1, Galeone C2, Turati F2, Bossi AC1
1UOC Malattie Endocrine – Centro Regionale per il Diabete Mellito, ASST Bergamo Ovest, Treviglio (BG); 2Università degli Studi di Milano, Dipartimento di Scienze Cliniche e di Comunità
Introduzione. L’UKPDS Risk Engine (RE) è considerato un algoritmo preciso e affidabile nel calcolare il rischio cardiovascolare (CV) nel diabete mellito tipo 2 (DMT2). In questo studio retrospettivo osservazionale monocentrico “real-world” RE è stato calcolato in pazienti posti in trattamento con sitagliptin (S). Scopo. Aggiornare, con osservazione di lunga durata, quanto riscontrato nello studio PERS&O a medio termine, mediante una flow-chart costruita secondo i dettami STROBE (STrengthening the Reporting of OBservational studies in Epidemiology). Materiali e Metodi. Dal 2008, S è stato prescritto a 462 pazienti con DMT2 e HbA1c >7.5%. Sono state preparate curve di Kaplan-Meier per valutare la persistenza della terapia. È stato registrato l’effetto di S sull’evoluzione dello score UKPDS RE con modelli di regressione lineare aggiustati per età. Risultati. Sono disponibili i dati preliminari di 99 pazienti (68 M; 31 F; età [media ± deviazione standard] 61.7±9.5 anni; durata del DMT2 11.8±6.6 anni). Il follow-up mediano è 5.6 anni (Interquartile range- IQR: 4.3-7.0). Più del 75% dei pazienti hanno sospeso S, la maggior parte (56.1%) per mancanza di efficacia. Solo 6 soggetti hanno presentato eventi avversi. Nove pazienti sono persi al follow-up; 2 sono defunti. La terapia con S prosegue in 13 pazienti, con durata mediana di 73.1 (IQR: 60.6-82.4) mesi. Una riduzione significativa dell’HbA1c (8.6%; 70mmol/mol al baseline) è evidente solo nei pazienti in trattamento persistente con S dopo 48 (p=0.071) e 60 mesi (p=0.001). Similmente, a distanza di 24, 36, 48, e 60 mesi, S è stato in grado di ridurre l’UKPDS RE score rispetto ai controlli (rispettivamente p<0.001, p=0.019, p=0.008, p=0.003). Conclusioni. Questi risultati preliminari “real-world” raccolti da pazienti con DMT2 trattati con S per medio-lungo termine, applicando lo score UKPDS RE, confermano che l’inibitore DPP4 riesce ad ottenere un miglioramento del controllo metabolico e una riduzione del rischio CV.
VALUTAZIONE DELLA TOLLERABILITÀ E DELL’EFFICACIA DI UN INIBITORE NON COMPETITIVO E REVERSIBILE DEGLI ENZIMI Α-AMILASI E Α-GLUCOSIDASI A COMPOSIZIONE POLIFENOLICA SPECIFICA E STANDARDIZZATA SULLA MODULAZIONE DEI PICCHI GLICEMICI POST-PRANDIALI IN PAZIENTI SOVRAPPESO AFFETTI DA ALTERATA GLICEMIA A DIGIUNO
Maioli C1, Cioni F2
1Department of Health Sciences-University of Milan Unit of Nuclear Medicine-ASST Santi Paolo e Carlo, Milano; 2Ambulatorio di nutrizione clinica, Val Parma Hospital Langhirano (PR)
Introduzione. La prevalenza di ridotta tolleranza agli zuccheri (IFG) nella popolazione generale rappresenta una sfida clinicamente importante visto l’elevato rateo di evoluzione verso il diabete conclamato. Scopo. Su di un campione di 25 pazienti sovrappeso affetti da IFG, inseriti in un percorso standardizzato di intervento sullo stile di vita, abbiamo analizzato l’efficacia sulla modulazione dei picchi glicemici postprandiali e la tollerabilità gastrointestinale, di un integratore a composizione polifenolica specifica e standardizzata (estratta da Ascophyllum nodosum e Fucus vesiculosus: GDUE Aesculapius Farmaceutici). Materiali e Metodi. A 25 pazienti sono state misurate le glicemie prima e dopo l’assunzione di un pasto standard e di un pasto ordinario con e senza integratore. Risultati. L’andamento dei valori di glicemia capillare misurati nei pazienti arruolati nello studio conferma la capacità del prodotto utilizzato di controllare meglio le fluttuazioni glicemiche sia dopo pasti ordinari consumati in condizioni di real life che dopo un pasto standard ad apporto controllato di carboidrati, rispetto a quanto si osserva dopo l’assunzione degli stessi pasti in assenza di integrazione. Abbiamo osservato anche l’assenza di effetti ipoglicemizzanti tardivi. Conclusioni. I polifenoli estratti da Ascophyllum nodosum e Fucus vesiculosus dimostrano quindi un interessante rapporto rischio/beneficio e possono essere proposti come strumento efficace e ben tollerato di modulazione dei picchi glicemici postprandiali in pazienti sovrappeso affetti da IFG, già sottoposti ad un intervento integrato sullo stile di vita.
OSARE? ORA SI DEVE!
Malighetti ME
Casa di Cura Ambrosiana, Cesano Boscone, Milano
Introduzione. IDegLira è un’associazione precostituita di insulina degludec e liraglutide. Esistono studi che dimostrano che questa combinazione sia non inferiore alla terapia multi-iniettiva in termini di riduzione della emoglobina glicata (HbA1c), con minor rischio di ipoglicemia e di aumento di peso. Pertanto, IdegLira rappresenta un’alternativa allo schema basal bolus. Scopo. Valutazione dell’efficacia di IDegLira nella pratica clinica come alternativa alla terapia basal bolus.
Materiali e Metodi. Nel giugno 2015, si presentava in ambulatorio la sig.a SA, di 78 anni (BMI 38,67 kg/mq), affetta da DMT2 da 15 anni, ipertensione arteria, dislipidemia e decadimento cognitivo. Il compenso glicemico non risultava accettabile (HbA1c 71 mmol/mol) con eGFR 50 ml/min. Assumeva 2550 mg di metformina, 30U di lispro e 40U di glargine. Veniva ridotta la dose di metformina, fino alla sospensione a febbraio 2017, e aumentate le unità di insulina. La paziente ha mantenuto valori di HbA1c tra 50 e 54 mmol/mol fino a febbraio 2019 quando, a causa del peggioramento dello stato cognitivo e del progressivo incremento da parte del care giver delle dosi di insulina giornaliera (lispro 48U e glargine 50U) condizionanti ripetuti episodi ipoglicemici, si decideva di sospendere lispro, introdurre, titolando, liraglutide e metformina (eGFR 48 ml/min). Dopo tre settimane si sostituiva glargine e liraglutide con IdegLira 38 dosi/step. Risultati. Dopo tre mesi circa dall’avvio di terapia con IdegLira, l’HbA1c risultava 49 mmol/mol, l’eGFR 55 ml/min, la paziente aveva perso 6,5 kg, la dose giornaliera di insulina ridotta di 60 U con miglioramento globale nello svolgimento delle attività quotidiane. Conclusioni. La terapia con IdegLira ha permesso di ottenere in tempi brevi un miglioramento del compenso glicemico, un significativo calo ponderale, con una riduzione importante di unità totali di insulina giornaliera e conseguente annullamento degli episodi ipoglicemici.
Effetto protettivo della restrizione calorica nella sindrome metabolica: miglioramento del profilo lipidomico e dell’attività anti-infiammatoria citochinica ed enzimatica (CETP)
Montefusco L1, D’Addio F2,3, Seelam AJ2,3, Assi E2,3, Maestroni A2,3, Loretelli C2,3, Ben Nasr M2,3, Usuelli V2,3, Garziano M3, Loreggian L2,3, Abdelsalam A2,3, Cazzola R3, Fiorina P1,2
1U.O. Endocrinologia, ASST Fatebenefratelli-Sacco, Milano; 2International Center for T1D – Pediatric Clinical Research Center Romeo ed Enrica Invernizzi, Milano; 3Dipartimento di Scienze Biomediche e Cliniche “L. Sacco”, Università di Milano
Introduzione e Razionale. È noto che il calo ponderale in corso di sindrome metabolica diminuisce il rischio cardiovascolare (CVD) e di diabete di tipo 2 (T2D) ma gli effetti sull’infiammazione e sul lipidoma sierico sono ancora poco chiari. Scopo di questo studio è determinare gli effetti di un calo ponderale fisiologico ottenuto con una dieta ipocalorica bilanciata sui parametri cardio-metabolici, sulla composizione chimica delle lipoproteine e sul secretoma infiammatorio in pazienti affetti da sovrappeso/obesità lieve e sindrome metabolica. Metodi e Risultati. Sono stati inclusi nello studio 18 maschi adulti con sindrome metabolica (definita secondo IDF 2009) e BMI compreso tra 25 e 35 Kg/m2 sottoposti a dieta mediterranea ipocalorica bilanciata per 6 mesi, che avessero raggiunto un calo ponderale di almeno 5% del loro peso iniziale al termine dello studio. Dopo calo ponderale si osserva un significativo miglioramento dei parametri cardio e glicometabolici (BMI, insulina e glicemia a digiuno, HOMA-I) e una riduzione importante della trigliceridemia e delle LDL con incremento delle HDL. L’analisi delle lipoproteine estratte da siero per gradiente ha evidenziato una modifica della loro composizione con un massiccio trasferimento di triacilgliceroli dalle HDL verso le LDL (p<0.01). A questo si associa una riduzione significativa nel secretoma sierico di citochine pro-infiammatorie quali TNF-α, IL-8 e MIP-1β (Luminex). La riduzione delle citochine periferiche e la modifica di composizione delle lipoproteine ottenute con il calo ponderale si associano inoltre in maniera significativa alla riduzione dei livelli periferici di CETP, l’enzima di trasferimento degli esteri del colesterolo, la cui funzione pro-aterogena in corso di dislipidemia è già nota in letteratura.
Conclusione. La perdita di peso in corso di sindrome metabolica e moderato sovrappeso tramite restrizione calorica si associa ad un profilo lipidico protettivo anti-aterogeno e ad una riduzione dello stato infiammatorio periferico che svolgono un ruolo di primo piano nel miglioramento del rischio cardiovascolare.
La vaccinazione antinfluenzale in pazienti diabetici afferenti a un ambulatorio di diabetologia lombardo
Allora A1, Distefano A2, Putignano P2, Cocciolo G3, Salvati S3, Molinari C4, Dozio N2, Burini A5, Odone A6, Scavini M5
1Scuola di Specializzazione in Endocrinologia e Malattie del Metabolismo, Università Vita-Salute San Raffaele, Milano; 2Università Vita-Salute San Raffaele, Milano; 3Scuola di Specializzazione in Igiene a Medicina Preventiva, Università Vita-Salute San Raffaele, Milano; 4UO di Medicina Generale a indirizzo Diabetologico e Endocrino-Metabolico, IRCCS Ospedale San Raffaele, Milano; 5Diabetes Research Institute, IRCCS Ospedale San Raffaele, Milano; 6Direttore Scuola di Specializzazione in Igiene e Medicina Preventiva, Università Vita-Salute San Raffaele, Milano
Il Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale 2017-2019 prevede raccomandazioni vaccinali per i pazienti con diabete, recepite dagli Standard di Cura AMD-SID 2018. Il nostro studio ha valutato con la somministrazione di un questionario la percentuale di pazienti adulti con diabete di tipo 1 (DMT1) o di tipo 2 (DMT2) vaccinati contro l’influenza, conoscenza e fonti di informazioni su questa vaccinazione, e esitazione alla vaccinazione.
Tra il 16/05 e il 21/06/2019 n=136 pazienti con diabete seguiti dall’Ambulatorio di Diabetologia dell’IRCSS San Raffaele di Milano hanno partecipato allo studio.
Copertura vaccinale e conoscenze sulla vaccinazione antinfluenzale nei nostri pazienti diabetici sono limitate. Sono necessari interventi capillari di formazione del personale sanitario e educazione dei pazienti con diabete sulle vaccinazioni loro raccomandate.
DMT1 (n=110) |
DMT2 (n=26) |
|
Età (anni) |
31.5 (21-49) |
68 (56-76) |
Sesso (%donne) |
57 (51.8%) |
16 (61.5%) |
Durata diabete (anni) |
15 (10-25) |
8.5 (5-12.5) |
Scolarità (≥media superiore) |
92 (83.6%) |
10 (38.5%) |
HbA1c (%) |
7.2 (6.6-7.9) |
6.7 (6.2-7.8) |
Vaccinato nell’ultimo anno |
41 (37.3%) |
7 (26.9%) |
Atteggiamento dei non vaccinati nell’ultimo anno: Rifiuto (%) Esitazione (%) Intenzione (%) Mancata conoscenza (%) |
18 (16.4%) 23 (20.9%) 13 (11.8%) 13 (11.8%) |
4 (15.4%) 5 (19.2%) 1 (3.8%) 9 (34.6%) |
Vaccinato almeno una volta negli ultimi 3 anni |
49 (44.5%) |
9 (34.6%) |
Vaccinato annualmente negli ultimi 3 anni |
26 (23.6%) |
5 (19.2%) |
Ha consigliato di vaccinarsi: MMG (%) Diabetologo/Endocrinologo (%) Media/Parenti/Amici (%) |
23 (46.9%) 13 (26.5%) 9 (18.4%) |
6 (66.7%) 1 (11.1%) 1 (11.1%) |
Dove si sono vaccinati: MMG (ambulatorio/domicilio) (%) Centro vaccinale (%) Altro ambulatorio (%) |
23 (46.9%) 17 (34.7%) 8 (16.3%) |
8 (88.9%) 1 (11.1%) 0 |
Principali ragioni per non vaccinarsi: Il vaccino non mi serve (%) Nessuno mi ha consigliato (%) Ragioni varie (%) Il vaccino non è sicuro (%) |
28 (46.7%) 14 (23.3%) 8 (13.3%) 4 (6.7%) |
9 (52.9%) 5 (29.4%) 0 2 (11.8%) |
Variabili continue: mediana (IQR); variabili categoriche: frequenza (%)
Neuropatia e vasculopatia diabetica: studio prospettico osservazionale
Bianconi E1, Muraca E1, Ciardullo S1, Cannistraci R1, Lattuada G2, Perra S1, Zerbini F1, Manzoni G1, Giancaterini A3, Spreafico E3, Perseghin G4
1Dipartimento di Medicina e Riabilitazione Policlinico di Monza; 2Unità Dipartimentale di Dipartimento di Medicina e Riabilitazione Policlinico di Monza; 3ASST di Monza, Poliambulatorio di Muggiò, SSD Endocrinologia e Diabetologia; 4Dipartimento di Medicina e Riabilitazione – Policlinico di Monza, Dipartimento di Medicina e Chirurgia-Università degli Studi di Milano Bicocca
Il piede diabetico è una complicanza cronica e invalidante, che comporta grande sofferenza per i pazienti ed importanti costi sociali. I fattori di rischio per lo sviluppo di ulcere sono: la neuropatia sensitiva periferica, le deformità e l’arteriopatia obliterante periferica.
Lo scopo dello studio è stato quello di valutare la possibile associazione tra neuropatia, vasculopatia ed alcuni parametri anamnestici, biochimici e clinici. La presenza di neuropatia è stata definita mediante l’utilizzo del Diabetic Neuropathy Index (DNI). La valutazione della vasculopatia è stata effettuata considerando l’aspetto strumentale (positività all’ecocolordoppler arterioso) e clinico (classificazione di Rutherford). Sono state poi confrontate le differenti classi di rischio di ulcerazione. Sono stati arruolati consecutivamente 198 pazienti (F 32%; età media 62±25) afferenti all’ambulatorio dedicato alla vasculopatia e neuropatia diabetica con storia nota o fattori di rischio per vasculopatia, neuropatia diabetica o deformità agli arti inferiori. La valutazione dei dati ha evidenziato una correlazione diretta tra neuropatia e retinopatia diabetica (p=0.024); non è stata rilevata invece alcuna correlazione con l’emoglobina glicata, gli anni di malattia, l’insufficienza renale ed eventi cardiovascolari. La vasculopatia strumentale è risultata correlare con la riduzione del filtrato renale (p=0.006), mentre l’indice di Rutherford con gli anni di malattia (p=0.011). Entrambi i parametri vascolari sono risultati correlare con l’età, il fumo attivo o pregresso, la presenza di coronaropatia ed ateromasia tronchi sovraortici. Non è stata rilevata alcuna associazione con le classi di rischio di ulcerazione. La valutazione della neuropatia e della vasculopatia risulta quindi fondamentale nella pratica clinica per un inquadramento completo della patologia diabetica, soprattutto in quei pazienti che presentano età avanzata, lunga durata di malattia, anamnesi positiva per complicanze micro o macrovascolari.
Variazioni di alcuni fattori di rischio cardiovascolare in pazienti con diabete tipo 2 trattati con dulaglutide. Dati dello studio ANDREW (Active Notes on Dulaglutide in the REal World)
De Mori V1, Gaiti M1, Agosti B2, Bellante R3, Belviso A1, Franzetti I4, Ghilardi G5, Querci F5, Scaranna C3, Severgnini SC6, Zenoni L5, Veronesi G7, Bossi AC1, Lepore G3
1ASST Bergamo Ovest, Treviglio; 2ASST Brescia; 3ASST PG23, Bergamo; 4ASST Valle Olona, Gallarate (VA); 5ASST Bergamo Est, Seriate (BG); 6ASST Crema (CR); 7Università degli Studi dell’Insubria, Dipartimento di Medicina e Chirurgia, Centro di ricerca in Epidemiologia e Medicina Preventiva (EPIMED), Varese
Introduzione. Dulaglutide (D) è un agonista recettoriale del GLP-1(Glucagon Like Peptide–1) utilizzato nei pazienti affetti da diabete di tipo 2 (DMT2), con potenziale effetto favorevole su alcuni fattori di rischio cardiovascolare (CV). Scopo. Lo studio, multicentrico, prospettico e osservazionale, vuole valutare l’effetto di D sul controllo glicemico, e su alcuni fattori di rischio CV. Pazienti e Metodi. Sono stati arruolati 1381 soggetti con DMT2 (618 F, 763 M) in trattamento con D. Età media 61,6±14,0 (± DS) anni, durata DMT2 10,0±6,9 anni. Sono stati raccolti i parametri antropometrici, clinici e ematochimici semestralmente. Risultati. 606 pazienti hanno già effettuato la visita a 12 mesi, 116 hanno sospeso il trattamento. Non sono state osservate differenze sui fattori di rischio CV tra i drop out e i pazienti in studio (p>0,05). A 12 mesi, in coloro trattati con D, peso corporeo (-3,4 kg, IC 95% da -3,7 a -3,1), colesterolo totale (-10,8 mg / dl, IC 95%: da -13,1 a -8,4), HDL (-1,4 mg / dl; IC 95% da -2,1 a -0,8) e trigliceridi (-6,5 mg / dl; IC 95% -12,5 -0,5) sono significativamente diminuiti rispetto al basale. La pressione sistolica non è cambiata (-0,4 mmHg, valore p=0,6). Conclusioni. Il trattamento persistente con D può aiutare ad ottenere una riduzione di alcuni fattori di rischio CV. Questi effetti dovrebbero essere considerati parte della cosiddetta attività “extra glicemica” dei GLP1-RA, ma potrebbero anche essere il risultato della complessa interattività tra il trattamento farmacologico suggerito e il miglioramento dello stile di vita stimolata dal programma educativo continuo eseguito dal “team diabetologico”.
Utilizzo di microtrapianti autologhi nel piede diabetico: una serie di casi
Lodigiani S1, Formenti I1, Masserini B1, Di Vieste G1, Balduzzi G1, Signorelli F2, De Giglio R1
1Medicina interna, Unità Piede diabetico, ASST Ovest milanese, Ospedale C. Cantù, Abbiategrasso; 2Chirurgia generale, ASST Ovest Milanese, Ospedale C. Cantù, Abbiategrasso (MI)
Introduzione. L’ulcera del piede (DFU, diabetic foot ulcer) è una temibile complicanza del diabete mellito ed espone il paziente a rischio di amputazione d’arto, specie in caso di coinvolgimento del retropiede. L’impiego di microtrapianti autologhi (MA) è stato dimostrato stimolare il processo riparativo nelle ulcere cutanee croniche. Scopo. Descrivere l’effetto dell’utilizzo di MA nel trattamento delle DFU dopo debridement chirurgico ed eventuale rivascolarizzazione periferica (PTA percutaneous transluminal angioplasty) in una serie di Pazienti affetti da diabete mellito tipo 2 (DM2). Materiali e Metodi. Tra il settembre 2017 e maggio 2018 sette Pazienti con DM2 (età media 72 aa, 57 % maschi, durata media di malattia 20.3 aa) giunti alla nostra attenzione per ulcera del piede (in 5 casi del retropiede) sono stati trattati con MA. I microtrapianti sono stati ottenuti per disaggregazione meccanica di tessuto dermico autologo, mediante uno strumento certificato CE (Rigeneracons®) in grado di ottenere una soluzione ad alto potenziale rigenerativo. Dopo debridement chirurgico ed eventuale PTA i MA sono stati inoculati lungo i bordi delle lesioni ulcerative e nel letto delle stesse; è infine stato posizionato un supporto inerte a copertura della sede trattata. Il postoperatorio è stato gestito con ortesi di fase acuta e adeguato scarico in sede di lesione. Risultati. Cinque dei sette Pazienti (71%) trattati hanno raggiunto la restitutio ad integrum (in un periodo compreso tra 3 e 6 mesi in 4 casi). La riduzione dell’area di lesione è stata del 97% in 6 mesi nel Pz 5, affetto da IRC severa, e del 55% in 9 mesi nel Pz 1, affetto da cardiomiopatia dilatativa. Conclusioni. L’applicazione di MA ha dimostrato un ottimo stimolo riparativo anche nelle lesioni del Piede Diabetico, salvaguardando l’arto.
L’UMOR VITREO DI PAZIENTI AFFETTI DA RETINOPATIA DIABETICA PROLIFERANTE (RDP): IMPLICAZIONI TRASLAZIONALI
Rezzola S1, Nawaz M I1, Cancarini A2, Semeraro F2, Presta M1
1Università degli Studi di Brescia, Dipartimento di Medicina Molecolare e Traslazionale; 2Università degli Studi di Brescia, Clinica Oculista
Introduzione. La Retinopatia Diabetica Proliferante (RDP) è una complicanza microvascolare del diabete mellito e rappresenta la principale causa di cecità nel mondo occidentale. Essa deriva dallo squilibrio di fattori pro- e anti-angiogenici, tra i quali il ruolo più rilevante è svolto dal fattore di crescita dell’endotelio vascolare (VEGF). Tuttavia i farmaci antagonisti del VEGF comunemente utilizzati in clinica mostrano scarsa efficacia. Ciò, unitamente all’evidenza che la produzione locale di altri fattori di crescita sia in grado di influenzare la risposta al trattamento farmacologico, comporta la necessità di identificare nuove terapie. Scopo. Utilizzare i campioni di vitreo ottenuti da pazienti RDP per una migliore comprensione della patogenesi della malattia e per la valutazione preclinica di nuovi candidati farmacologici. Materiali e Metodi. L’attività biologica dei campioni di umor vitreo raccolti da pazienti RDP sottoposti a vitrectomia è stata caratterizzata mediante saggi in vitro e in vivo volti a testarne l’effetto pro-angiogenico/pro-infiammatorio. I medesimi saggi sono stati utilizzati per valutare l’efficacia di potenziali nuovi farmaci sfruttando il vitreo RDP come stimolo. Risultati. I nostri dati dimostrano che il vitreo RDP è in grado di indurre risposte pro-angiogeniche/pro-infiammatorie nelle cellule endoteliali. Il vitreo diabetico stimola inoltre la neoformazione di vasi in vivo. In questi modelli sperimentali la risposta angiogenica indotta dal vitreo è accompagnata da un infiltrato infiammatorio caratterizzato dalla presenza di cellule CD45+. È interessante notare come i campioni di vitreo RDP ottenuti dai singoli pazienti e analizzati mediante un test di angiogenesi in vitro medino una risposta biologica caratterizzata da un’elevata eterogeneità. Tale risposta è correlata, almeno in parte, ad alcune caratteristiche cliniche preoperatorie dei pazienti arruolati. Infine, molecole con meccanismi di azione distinti contrastano in misura diversa l’attività esercitata dai singoli campioni di vitreo RDP. Conclusioni. I nostri dati supportano l’ipotesi che il vitreo RDP possa rappresentare un “serbatoio” il cui contenuto riflette, quantomeno in parte, gli eventi verificatisi durante lo sviluppo e progressione della patologia. Inoltre, l’attività biologica esercitata dal vitreo RDP su cellule bersaglio può essere utilizzata al fine di ottenere dati preclinici utili per l’identificazione di nuovi agenti farmacologici da usare in terapia.
LA RACCOLTA DATI PER GLI ANNALI AMD: UNO STRUMENTO DI AUTOVALUTAZIONE PER LA CRESCITA DELLA QUALITÀ. L’ESPERIENZA DI 15 ANNI DI RACCOLTA INFORMATIZZATA NELLA DIABETOLOGIA DI CINISELLO BALSAMO
Rocca A1, Ghelfi D1, Meneghini E1, Galli P2, De Blasi A3, Castellan M1, Iagulli M1, Casano T1
1Ospedale Bassini – S.S. Diabetologia Cinisello Balsamo – ASST Nord Milano; 2Ospedale A. Manzoni UOC Medicina – ASST Lecco; 3Ospedale Bassini – Servizio Dietetico Aziendale-Cinisello Balsamo – ASST Nord Milano
Introduzione. La scelta effettuata 15 anni fa di adottare come strumento di lavoro routinario la cartella clinica diabetologica informatizzata ha cambiato radicalmente il nostro approccio assistenziale. Scopo. Verificare se la misurazione sistematica di indicatori di processo e di esito, valutati periodicamente con audit interno all’équipe, migliora nel tempo i risultati clinici. Materiali e Metodi. Abbiamo estratto annualmente il report indicatori AMD, effettuando un’autovalutazione condivisa dei risultati raggiunti (punti di forza e di debolezza), per avviare iniziative di miglioramento e superare le criticità. Risultati. Dal 2005, abbiamo seguito attivamente 5604 diabetici tipo 2 (DM2) e 263 tipo 1 (DM1), con prevalenza per sesso M (57.7% e 55.5%). Numerosi i primi accessi, pari a 342/anno (4933 DM2 e 197 DM1). L’età media è avanzata per DM2 (74.6, di cui 51.9% >75 anni); nei DM1, il 56.6% è >45 anni. Nei DM1, per i quali è attivo dal 2000 un ambulatorio Microinfusori/Tecnologie, il 53.6% risiede fuori dal nostro ambito Territoriale (“attrattività” della Struttura: il 45% dei DM1 sono in CSII). Per DM2 è forte la radicazione sul Territorio (74.8% residenti in ASST Nord Milano, ambito di circa 250.000 abitanti); di questi pazienti, circa 1/3 (32.9%) sono in terapia con insulina. I pz monitorati per il piede (dal 2000 c’è ambulatorio dedicato) sono circa l’85% (parametro critico nella raccolta Annali). HbA1c media per DM1 sul periodo è 8.0+/-1.3 (migliorata negli anni: 2018=7.6% e 58.9% al di sotto di 8%) e per DM2=7.3+/-1.5, stabile dal 2012, con 51.8% dei valori entro 7.0. Nei DM2 vi è attenzione ai FRCV: LDL<100 nel 57.8%; PAS<140 nel 76%, PAD<90 nel 96.3%; >52% in t. antiaggregante. Permane, come dato costante anche nella raccolta Annali, il problema dell’obesità (BMI>30=41.7%), sul quale è più difficile incidere efficacemente. Mediamente seguiamo una popolazione complessa: retinopatia DM1=38.2%, DM2=27.4%; nefropatia DM1=22.1%, DM2=32.4% (dialisi=1.2%); ulcera acuta del piede DM1=2.3%, DM2=5.7% (amputati=1.37%); pregresso IMA DM2=11.3%, ictus=4%. Lo Score Q, indice sintetico di qualità di cura complessiva, correlato alla possibilità di sviluppare eventi cardiovascolari e mortalità, è elevato (attuale=30/40): un valore >25 riduce il rischio CV rispettivamente dell’84 e del 17% rispetto a punteggi <15 o tra 20-25. Conclusioni. La valutazione critica annuale d’équipe dei risultati ottenuti, confrontati con quelli periodici degli Annali AMD, ci ha stimolato a migliorare nel tempo il ciclo interno di qualità e gli esiti di cura.
NEURODEGENERAZIONE RETINICA NEL DIABETE E NEL GLAUCOMA
Viganò I1, Maestroni S1, Gabellini D1, Pierro L2, Zerbini G1
1IRCCS Ospedale San Raffaele Diabetes Research Institute; 2IRCCS Ospedale San Raffaele Clinica Oculistica
Introduzione. La fase preclinica della retinopatia diabetica (RD), il periodo che va dalla diagnosi di diabete fino alla comparsa dei microaneurismi, resta sconosciuta. Studi recenti suggeriscono che vi siano anomalie neuronali quali la degenerazione e morte delle cellule ganglionari retiniche (CGR). Un’altra patologia oculare che colpisce selettivamente le CGR è il glaucoma (patologia solitamente dovuta ad ipertensione intraoculare). Scopo. Chiarire se il processo che porta a morte le CGR in caso di RD o di glaucoma sia lo stesso. Materiali e Metodi. Per chiarire questo punto abbiamo studiato un modello animale di glaucoma (DBA/2J, modello genetico, n=12) e uno di diabete+glaucoma (allossano+DBA/2J, n=11). Glicemia e pressione intraoculare sono state misurate regolarmente durante lo studio iniziato all’età di 34 settimane (momento in cui i topi DBA/2J sviluppano glaucoma e durato 18 settimane). Al termine gli animali sono stati sacrificati e la retina è stata estratta (whole mount). L’area ricoperta dalle fibre nervose è stata calcolata dopo immunofluorescenza per Neurofilament Medium (NFM), il numero di CGR è stato contato dopo immunofluorescenza per BRN3A (antigene nucleare). Risultati. La quantificazione dell’area ricoperta da fibre nervose e la conta del numero delle CGR non ha evidenziato differenze significative tra glaucoma isolato e diabete + glaucoma in nessuno dei quadranti considerati. L’unica eccezione è stata rappresentata dal quadrante superiore in cui il numero delle CGR era aumentato (p=0.008) negli animali affetti da glaucoma + diabete. Conclusioni. In conclusione il nostro studio dimostra che, rispetto al glaucoma isolato, la sovrapposizione del diabete non riduce né il numero di fibre nervose retiniche né quello delle CGR. Il processo che porta alla perdita delle CGR potrebbe quindi essere simile nelle due patologie e potrebbe trarre vantaggio da approcci terapeutici simili.
Efficacia e sicurezza dell’utilizzo di Hybrid Closed Loop in corso di Dialisi Peritoneale: Case Report
Rossi A1, Montefusco L1, Chebat E1, Muratori M1, Laneri M1, Fiorina P1,2,3
1U.O. Endocrinologia, ASST Fatebenefratelli-Sacco, Milano; 2International Center for T1D – Pediatric Clinical Research Center Romeo ed Enrica Invernizzi, Milano; 3 Dipartimento di Scienze Biomediche e Cliniche “L. Sacco”, Università di Milano
Introduzione. Medtronic MiniMed 670G (M670G) è il primo sistema tipo hybrid closed-loop pump approvato da FDA per il trattamento del diabete tipo 1. I primi dati da trial RCT e studi osservazionali hanno dimostrato che l’Auto Mode system (AM) è in grado di migliorare persistentemente il compenso metabolico. Resta da chiarire quali pazienti possano trarne maggior beneficio. Caso Clinico. Paziente maschio di anni 77 affetto da diabete tipo 1 da 65 anni, complicato da cardiopatia ischemica, vasculopatia cerebrale, retinopatia proliferante, polineuropatia ed insufficienze renale terminale. Da 4 anni è in trattamento con Medtronic MiniMed 640G in modalità PLGS. Tale terapia ha permesso di ottenere un adeguato controllo glicemico in rapporto agli obiettivi: Glucose Management Indicator (GMI) 7.5%, Time in range (TIR) 68%, Time Below Range (TBR) 0%, Coefficiente variabilità (CV) 30%. In previsione dell’avvio di Dialisi Peritoneale (PD), che prevede la somministrazione intraperitoneale di glucosio con alta variabilità di assorbimento, paziente e care giver sono stati educati all’utilizzo di M670G. Risultati. TIR, TBR, GMI e CV nelle prime 4 settimane di utilizzo di M670G in modalità manuale (MM) sono stati rispettivamente 63%, 0%, 7.4%, 27%.
Nelle successive 4 settimane TIR, TBR, GMI e CV in AM erano rispettivamente 64%, 0%, 7.7%, 23%; tali risultati sono stati ottenuti mantenendo un target modificato a 150 mg/dl nelle ore notturne per minimizzare il rischio ipoglicemico. L’utilizzo di AM era del 98%.
In seguito il paziente ha iniziato la PD; lo schema prevede somministrazione intraperitoneale di non meno di 70 gr di glucosio in 4 cicli notturni della durata complessiva di 8 ore.
È stata quindi mantenuta AM con target predefinito a 120 mg/dl nelle 24 ore.
TIR, TBR, GMI e CV delle ultime 4 settimane di utilizzo di M670G, in corso di PD erano rispettivamente 82%, 0%, 6.9%, 22% con utilizzo di AM nel 97% del tempo.
Il numero medio di boli correttivi richiesti dal sistema durante le infusioni di soluzioni glucosate è stato 3.5 a settimana. Conclusione. L’utilizzo AM di Medtronic MiniMed 670G in un paziente sottoposto a PD si è dimostrato sicuro ed ha determinato un miglioramento degli outcome glicemici (rispetto a MM aumento TIR del 30% e riduzione CV del 15%).
I pazienti con diabete di tipo 1 di età ≥65 anni: una popolazione emergente nei nostri ambulatori
Laurenzi A1, Burini A1, Caretto A1, Molinari C1, Bolla AM1, Dozio N2, Scavini M1, Bosi E1
1IRCCS Ospedale San Raffaele, UO Medicina Generale a indirizzo Endocrino Metabolico e Diabetes Research Institute; 2Università Vita Salute, San Raffaele, Milano
Introduzione. I pazienti con DMT1 di età ≥65 anni hanno bisogni assistenziali specifici rispetto a quelli di pazienti più giovani, relativamente a target glicemici, rischio di complicanze acute/croniche e impatto delle funzioni cognitive sulla gestione del diabete. Scopo. Scopo del nostro studio è quello di descrivere le caratteristiche dei pazienti con DMT1 di età ≥65 anni che afferiscono all’Ambulatorio di Diabetologia dell’IRCCS Ospedale San Raffaele di Milano. Materiali e Metodi. Nell’anno 2017 sono stati seguiti presso l’Ambulatorio di Diabetologia dell’IRCCS Ospedale San Raffaele n=1,136 pazienti con una diagnosi di DMT1, di cui n=91 (8%) avevano un’età ≥65 anni. Risultati. Le loro caratteristiche principali sono riportate in tabella:
Variabile |
DMT1 ≥65 anni |
N |
Età mediana (anni) |
71 (IQR 68-75) |
91 |
Sesso (% donne) |
47 (51.6%) |
91 |
Età all’esordio del DMT1: anni ≥30 anni di età |
37 (IQR 27-51) 64 (68.2%) |
85 |
Durata del DMT1: anni ≥50 anni di T1D |
35 (IQR 22-45) 15 (18.1%) |
83 |
BMI: <18.5 18.5-24.9 25-29.9 ≥30 |
4 (5.3%) 36 (47.4%) 27 (35.5%) 9 (11.8%) |
76 |
Modalità di terapia insulinica: MDI CSII |
73 (89.0%) 9 (11.0%) |
82 |
Ultima HbA1c: <7.0% 7.0-7.9% ≥8.0% |
22 (22.6%) 36 (41.9%) 28 (32.5%) |
86 |
Retinopatia |
28 (48.3%) |
58 |
eGFR <70 ml/min (formula EPI-CKD) |
26 (34.2%) |
76 |
Malattia cardiovascolare |
38 (69.1%) |
55 |
I nostri pazienti con DMT1 di età ≥65 anni hanno un esordio di malattia ≥30 anni di età (almeno 2 casi su 3), un fenotipo prevalentemente magro (52.7% normopeso/sottopeso), sono poco trattati con microinfusore (12%, inferiore al 35% nei pazienti più giovani in Lombardia), hanno un compenso glicemico discreto (64.5% con HbA1c<8.0%), alta prevalenza di retinopatia e malattia cardiovascolare. Conclusioni. Il miglioramento nella gestione del diabete di tipo 1 e l’aumentata aspettativa di vita dei pazienti con DMT1 a esordio pediatrico e la significativa popolazione di pazienti con DMT1 ad esordio in età adulta, aumenterà il numero di pazienti con DMT1 di età ≥65 anni che accedono ai nostri ambulatori. Caratterizzare questi pazienti è importante per definire al meglio i loro specifici bisogni assistenziali.
LA TECNOLOGIA CORRETTAMENTE UTILIZZATA PERMETTE IL MIGLIORAMENTO DEL COMPENSO GLICEMICO
Malagola C1, Duratorre E1, Abenante A2, Dedionigi C2, Zuretti F2, Dentali F3
1ASST Settelaghi Varese, SC Medicina Generale Ospedale di Luino – Ambulatorio Diabetologia; ∑Università dell’Insubria, Scuola di Specializzazione in Medicina Interna; 3Professore Associato di Medicina Interna – Università dell’Insubria; Direttore SC Medicina Generale Ospedale di Luino, ASST Settelaghi Varese
Scopo. Valutare la variazione del compenso glicemico in un paziente DM1 che inizialmente ha utilizzato un sistema CGM, poi ha applicato il microinfusore, quindi è passato al sistema automatico “pancreas artificiale”. Materiali e metodi. Paziente R.C. di anni 57, DM1, in terapia basal/bolus, controlla più volte nell’arco della giornata la glicemia capillare e più volte pratica boli di insulina per correggere le iperglicemie. Ha un corretto stile di vita, mangia ai tre pasti in maniera controllata, pratica, sia pure limitatamente, attività sportiva, conduce una vita attiva. Ha un compenso glicemico medio, con valori di Hb glicata compresi tra 7 e 7,7%. Applica un monitoraggio CGM con miglioramento della qualità di vita (riduce il numero di glicemie al dito a sole 2-3 al giorno). Il monitoraggio continuo gli permette di intervenire con maggior tempestività su eventuali iperglicemie e la glicemia media si abbassa a 158 mg/dl (Hb glicata 7,3%), ma contestualmente si verificano episodi di ipoglicemia. A febbraio 2019 applica un Microinfusore. La maggior regolarità nella basalizzazione, unita con la funzione del calcolo del bolo, permette una gestione migliore della glicemia: si riducono notevolmente gli eventi ipoglicemici (1%), aumenta il tempo in range (69%), il 30% del tempo è con valori glicemici over range. Media delle glicemie 176 mg/dl, stima Hb glicata 7,2%. A giugno 2019 utilizza il microinfusore con sistema di “pancreas artificiale”: il sensore dialoga con il microinfusore, variando in automatico l’erogazione di insulina basale in modo da mantenere la glicemia all’interno del range prefissato. Il periodo di glicemia in range sale ad 84%, resta invariato 1% il tempo in ipoglicemia, si dimezza il tempo over range 15%, la media delle glicemie si riduce a 147 mg/dl, stima Hb glicata 6,6%. Questo risultato viene confermato anche ad agosto 2019, quando si registra un ulteriore miglioramento: tempo in range 88%; stima Hb glicata 6,5%. Risultati. Il passaggio da monitoraggio glicemia capillare a CGM, al quale è stato abbinato un microinfusore, regolato infine su funzionalità automatica, ha comportato un miglioramento dei valori di Hb glicata, ma soprattutto ha comportato la quasi totale scomparsa degli eventi ipoglicemici e l’aumento considerevole del tempo in range. Sappiamo, infatti, che la valutazione della sola Hb glicata non è un dato affidabile per la valutazione del compenso glicemico, in quanto rappresenta una media e come tale non ci dice nulla sull’ampiezza della variabilità glicemica. L’utilizzo di tecnologie adeguate, in un paziente formato e scrupoloso, unito con un controllo stretto da parte del diabetologo, garantisce l’ottenimento di risultati migliori, intesi come miglioramento del compenso glicemico (Hb glicata), ma soprattutto inteso come riduzione di ampiezza della variabilità glicemica. Conclusioni. La gestione della terapia insulinica non è agevole e richiede impegno e costanza da parte del paziente, che deve essere adeguatamente formato e deve essere compliante e scrupoloso. L’impiego di moderne tecnologie è in grado di garantire risultati migliori, migliorando anche la qualità di vita. La tecnologia, tuttavia, presuppone il rapporto costante tra paziente e diabetologo, o meglio ancora team diabetologico, perchè da questo rapporto scaturisce il rinforzo della motivazione e la possibilità di ottenere risultati migliori, in quanto si può intervenire in tempo reale a correggere eventuali distorsioni. Il rapporto costante con il paziente, inoltre, garantisce la continua formazione del medico che può armonizzare il sapere scientifico derivante dall’aggiornamento continuo con l’esperienza maturata dai pazienti, esperienza che costituisce un formidabile feed back culturale. Bibliografia. Continuous Glucose Monitoring: Review of an Innovation in Diabetes Management. Mian Z, Hermayer KL, Jenkins A. Am J Med Sci. 2019 Jul 17. pii: S0002-9629(19)30267-8. doi: 10.1016/j.amjms.2019.07.003. PMID: 31402042. Satisfaction with the use of different technologies for insulin delivery and glucose monitoring among adults with long-standing type 1 diabetes and problematic hypoglycaemia: 2-year follow-up in the HypoCOMPaSS Randomised Clinical Trial. Speight J, Holmes-Truscott E, Little S, Leelarathna L, Walkinshaw E, Tan HK, Bowes A, Kerr D, Flanagan D, Heller S, Evans M, Shaw JA. Diabetes Technol Ther. 2019 Jul 23. doi: 10.1089/dia.2019.0152. PMID: 313352.
A Real-Time Continuous Glucose Monitoring Based Algorithm to Trigger Hypotreatments to Prevent/Mitigate Hypoglycemic Events. Camerlingo N, Vettoretti M, Del Favero S, Cappon G, Sparacino G, Facchinetti A. Diabetes Technol Ther. 2019 Jul 25. doi: 10.1089/dia.2019.0139. PMID: 31335191.
Il conteggio dei carboidrati nell’era del monitoraggio in continuo della glicemia: proposta operativa
Piccini E, Cimino A, Rocca L, Vacchi S, Valentini U
UO Medicina ad indirizzo metabolico e diabetologico-ASST Spedali Civili di Brescia
Introduzione. Il Conteggio dei Carboidrati è uno strumento utilizzato da diversi anni che permette di adeguare la dose di insulina rapida da somministrare al pasto rapportandola al contenuto di carboidrati. La gestione del pasto e la decisione del paziente sui pasti complessi rappresenta ad oggi una grande sfida, anche alla luce delle innovazioni tecnologiche. Scopo. I pazienti in Terapia Insulinica Intensiva affetti da Diabete Mellito tipo 1 che utilizzano monitoraggi della glicemia o sistemi integrati devono conoscere la migliore gestione del pasto attraverso un percorso individuale con la dietista e con esercitazioni pratiche di gruppo sui cibi più complessi, saper interpretare i trend. Materiali e Metodi. I pazienti seguiranno corsi individuali con la dietista utilizzando il diario alimentare e corsi pratici collettivi per sperimentare e apprendere come sfruttare misure alternative alla bilancia, stimare la quota di CHO di alimenti veri/finti senza l’uso della bilancia, gestione di pranzi complessi e interpretazione dei dati del sensore. Risultati. Il percorso per pazienti in terapia insulinica intensiva permetterà con l’aiuto delle tecnologie e delle App dedicate di aiutare i pazienti ad elaborare e gestire al meglio il contenuto di CHO dei pasti e i pasti complessi. In previsione dell’utilizzo di sistemi ibridi, tutti i pazienti diabetici devono essere avviati al conteggio dei CHO. Il risultato atteso sarà quello di un maggiore engagement dei pazienti e una maggiore consapevolezza delle loro abitudini alimentari. Questo permetterà una maggiore efficacia su HbA1c, variabilità glicemica e TIR. Conclusioni. Il ruolo del conteggio dei Carboidrati diventa sempre più centrale nei pazienti che utilizzano sistemi tecnologici. La riduzione della variabilità glicemia passa attraverso una migliore gestione del timing del bolo e del corretto rapporto insulina/CHO.
In donne con diabete pre-gestazionale, l’avere avuto una gravidanza migliora la preparazione di una gravidanza successiva?
Caretto A1,2, Castiglioni MT3, Rosa S3, Bolla AM1,2, Barrasso M1, Zanardini A1, Cellai C1, Molinari C1,2, Laurenzi A1,2, Scavini M2, Dozio N4
1UO di Medicina Interna a indirizzo Endocrino-Metabolico, IRCCS Ospedale San Raffaele, Milano; 2Diabetes Research Institute, IRCCS Ospedale San Raffaele, Milano; 3Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, IRCCS Ospedale San Raffaele, Milano; 4Università Vita-Salute San Raffaele, Milano
Introduzione. Le donne con diabete pregestazionale (DPG) in gravidanza raggiungono un controllo glicemico che spesso è il migliore della loro vita. L’impatto di questo periodo di rigorosa supervisione specialistica e intensa interazione medico-paziente è poco studiato. Pianificare la gravidanza per concepire con livelli di HbA1c <6.5% è fondamentale per minimizzarne gli esiti sfavorevoli, ma la maggior parte delle donne con DPG non pianifica la gravidanza. Scopo. Scopo di questo studio è di valutare in donne con DPG il controllo glicemico nel I trimestre di gravidanza e paragonarlo a quello della gravidanza successiva. Materiali e Metodi. Nel periodo 2005-2018, 41 donne con DPG sono state seguite dall’ambulatorio Diabete e Gravidanza dell’Ospedale San Raffaele per almeno due successive gravidanze, raccolta retrospettiva dei dati clinici. Risultati. Nella gravidanza indice l’età mediana delle pazienti era 31 anni (IQR 29-34), il 10% aveva DT2, l’88% era primipara, il 24% aveva programmato la gravidanza. L’HbA1c mediana nel I trimestre era 6,9% (6,2-7,4), il 31,7% e 51,2% delle pazienti aveva HbA1c rispettivamente <6,5% o <7,0%. Alla successiva gravidanza 3 (2-4) anni dopo, il 26% delle donne aveva programmato la gravidanza. L’HbA1c mediana al I trimestre era 7,0% (6,3-7,6) (p=0,693 vs gravidanza indice), con il 31,7% e il 48,7% delle pazienti con HbA1c rispettivamente <6,5 o <7,0% (NS vs gravidanza indice). Nella figura sono presentati i livelli di HbA1c nel I trimestre della gravidanza indice (ascisse) e della successiva (ordinate). Conclusioni. Meno di 1 paziente su 10 con HbA1c non a target nel I trimestre della gravidanza indice iniziava la successiva gravidanza con HbA1c<6,5 o <7,0%. Questa osservazione supporta la necessità di sensibilizzare maggiormente, e forse con diverso approccio, le donne con DPG, al termine di gravidanza o nei mesi successivi al parto, sull’importanza di un buon compenso glicemico in fase peri-concezionale e di pianificare sempre la gravidanza per minimizzarne gli esiti sfavorevoli.
ESPERIENZA DI TERAPIA MEDICO NUTRIZIONALE (TMN) IN DONNE CON DIABETE GESTAZIONALE (GDM)
De Mori V1, Risi I1, Menegola E2, Meregalli G1, Bossi AC1
1ASST Bergamo Ovest, UOC Malattie Endocrine, Centro Regionale per il Diabete Mellito, Treviglio (BG); 2Università degli Studi di Milano, Dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali
Il GDM è definito come un’intolleranza ai carboidrati che compare dopo il primo trimestre di gravidanza e rappresenta, per le donne, un fattore di rischio di successivo sviluppo di DMT2. La TMN rappresenta lo strumento principe per migliorare il compenso glicemico e il peso corporeo in gravidanza. Scopo. Valutare l’efficacia della TMN durante la gravidanza in donne con GDM rispetto a dieta libera in donne con gravidanza fisiologica (GF). Metodi. È uno studio osservazionale, monocentrico in cui sono state arruolate donne italiane, seguite negli ambulatori dell’ASST Bergamo Ovest. Ogni paziente con GDM, previa firma del consenso informato, ha partecipato a un incontro individuale di educazione alimentare in cui è stato rilasciato un piano alimentare personalizzato. Il fabbisogno energetico consigliato è stato calcolato secondo Linee Guida. Sono stati raccolti i dati antropometrici durante la gravidanza e confrontati con quelli di donne con GF in dieta libera. Risultati. 78 donne con GDM e 61 con GF hanno aderito allo studio: età media delle donne con GDM 34,3±4 vs 32,5±5 anni (media ±DS), BMI pre gravidico 25±5 vs 22,5±4 Kg/m2. Le donne con GF hanno avuto un incremento ponderale maggiore rispetto alle pazienti con GDM 12,27±4,4 vs 9.02±4,4 Kg (p=0,002). La differenza è stata più evidente nel sottogruppo di donne in sovrappeso pre-gravidico (8,3±2,4 vs 16,7±3,8 kg). Nel gruppo di donne sottopeso, normopeso ed obese gli incrementi sono stati rispettivamente Kg 9,3±2,9 vs 11±1,8; 9,6±4,1 vs 12,2±4,8; 9±0,5 vs 6±2,8. Durante la gestazione è stato osservato un andamento della crescita fetale nei limiti fisiologici per entrambi i gruppi. Conclusioni. La TMN risulta un ottimo strumento terapeutico per controllare l’andamento glicometabolico e antropometrico in donne con GDM. Anche le donne con GF, ma con sovrappeso/obesità pregravidica dovrebbero essere inviate ad un percorso nutrizionale. Risultati. Nella gravidanza indice l’età mediana delle pazienti era 31 anni (IQR 29-34), il 10% aveva DT2, l’88% era primipara, il 24% aveva programmato la gravidanza. L’HbA1c mediana nel I trimestre era 6,9% (6,2-7,4), il 31,7% e 51,2% delle pazienti aveva HbA1c rispettivamente <6,5% o <7,0%. Alla successiva gravidanza 3 (2-4) anni dopo, il 26% delle donne aveva programmato la gravidanza. L’HbA1c mediana al I trimestre era 7,0% (6,3-7,6) (p=0,693 vs gravidanza indice), con il 31,7% e il 48,7% delle pazienti con HbA1c rispettivamente <6,5 o <7,0% (NS vs gravidanza indice). Nella figura sono presentati i livelli di HbA1c nel I trimestre della gravidanza indice (ascisse) e della successiva (ordinate). Conclusioni. Meno di 1 paziente su 10 con HbA1c non a target nel I trimestre della gravidanza indice iniziava la successiva gravidanza con HbA1c <6,5 o <7,0%. Questa osservazione supporta la necessità di sensibilizzare maggiormente, e forse con diverso approccio, le donne con DPG, al termine di gravidanza o nei mesi successivi al parto, sull’importanza di un buon compenso glicemico in fase peri-concezionale e di pianificare sempre la gravidanza per minimizzarne gli esiti sfavorevoli.
ACCESSO A INTERNET DELLE PAZIENTI CON DIABETE GESTAZIONALE: UN’OPPORTUNITÀ NON ANCORA SFRUTTATA PER UNA GESTIONE CAPACE DI CONTENERE I COSTI
Pinto S1, Caretto A1,2, Castiglioni MT3, Rosa S3, Bolla AM1,2, Barrasso M1, Garito TS4, Pagnano A4, Dozio N4, Scavini M2
1UO di Medicina Interna a indirizzo Endocrino-Metabolico, IRCCS Ospedale San Raffaele, Milano; 2Diabetes Research Institute, IRCCS Ospedale San Raffaele, Milano; 3Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, IRCCS Ospedale San Raffaele, Milano; 4Università Vita-Salute San Raffaele, Milano
Introduzione. Il diabete gestazionale (DG) interessa in Italia il 7-14% delle gravidanze, con significativi costi sanitari che potrebbero essere contenuti da modelli assistenziali che sfruttano tecnologia e trasmissione dati al team diabetologico. Premessa all’utilizzo di questi modelli è la possibilità delle pazienti ad accedere a internet. Scopo. Questo studio aveva come obiettivo quello di indagare l’accesso a internet e l’utilizzo di mail e smartphone delle pazienti con DG seguite nell’Ambulatorio Diabete e Gravidanza dell’IRCCS Ospedale San Raffaele. Materiali e Metodi. Dal 1/8/2013 al 31/7/2014 (Periodo 1) e dal 1/3 al 31/12/2018 (Periodo 2) le partecipanti sono state invitate a compilare un questionario autosomministrato con 16 domande a risposta chiusa.
Risultati. I risultati del questionario sono sintetizzati nella seguente tabella:
Periodo 1 |
Periodo 2 |
|
N |
100 |
99 |
Età (anni) |
34 (31 – 38) |
36 (32 – 39) |
Immigrate di prima generazione |
27 (27.0%) |
36 (36.4%) |
Lavora fuori casa |
80 (80.0%) |
81 (81.8%) |
Dispone di computer domestico*: desktop laptop tablet |
96 (96.0%) 26 (26.0%) 76 (76.0%) 29 (29.0%) |
86 (86.9%) 17 (19.8%) 77 (89.5%) 35 (40.7%) |
Dispone di computer domestico connesso a internet |
92/96 (95.8%) |
84/86 (97.7%) |
Può accedere a internet dal lavoro |
54/80 (73.0%) |
62/86 (76.5%) |
Ha un indirizzo email |
95 (95.0%) |
92 (92.9%) |
Legge la mail almeno una volta al giorno* |
90/95 (94.7%) |
78/92 (84.8%) |
Possiede uno smartphone** |
83 (83.0%) |
97 (98.0%) |
Legge la mail dallo smartphone** |
73 (73.0%) |
91/91 (100%) |
*p<0.03, **p<0.001, Periodo 1 vs Periodo 2
Conclusioni. Il nostro studio documenta che attualmente il 98% delle pazienti con DG seguite nel nostro ambulatorio ha accesso a internet almeno attraverso uno smartphone e potrebbe utilizzare un modello assistenziale per il DG che utilizza nuove tecnologie e trasmissione dati da remoto al team diabetologico. La attuale mancanza di regolamentazione e riconoscimento delle prestazioni professionali da remoto, e non l’accesso a internet delle pazienti, limita ad oggi l’implementazione di questi nuovi modelli per l’assistenza alle pazienti con DG.
L’USO DI INSULINA DEGLUDEC IN GRAVIDANZA: DUE CASI CLINICI
Sprio E1, Lucotti P1, Bellingeri C2, Beneventi F2, Lovati E1
1SC Medicina Generale-Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo Pavia; 2U.O.Ostetricia, Ginecologia e Riproduzione Umana-Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo Pavia
Insulina Degludec, ad oggi, non ha l’indicazione all’uso in gravidanza. Presso il centro diabetologico dell’IRCCS Fondazione Policlinico San Matteo di Pavia, due donne affette da DM1 e in trattamento con Degludec hanno intrapreso una gravidanza non programmata. Giunte alla nostra osservazione nel corso del 1° trimestre, è stato considerato più rischioso modificare la terapia insulinica in corso, rischiando un temporaneo peggioramento del compenso glicemico, piuttosto che mantenere la terapia in atto con Degludec. Dopo colloquio informativo, si è quindi ottenuto il consenso informato delle pazienti al proseguimento della terapia. Durante la gravidanza il fabbisogno insulinico è gradualmente incrementato per entrambe le donne ed è stato ottenuto un miglioramento dei valori di emoglobina glicata (HbA1c) da 7,2% (9w) a 6.5% (36w) nella paziente n°1 (P1) e valori di HbA1c da 6.2% (8w) a 5.2% (36w) nella paziente n°2 (P2). P1 ha partorito a 37w con un taglio cesareo per fallita induzione. La bambina, macrosoma di 3398g ha sviluppato ipoglicemia neonatale e distress respiratorio (Apgar 6-6). Alla 6° giornata di vita è stata sottoposta a colectomia per enterocolite necrotizzante e, in seguito, ha ricevuto diagnosi di fibrosi cistica atipica.
Tali complicanze sono state correlate allo scompenso glicemico durante la gravidanza e alla prematurità del neonato, non all’uso di Degludec. P2 ha partorito una bambina in ottima salute a 37w, con taglio cesareo per distocia cefalica (peso 2745g, Apgar 7-9, circonferenza cefalica 32cm). Non vi sono state complicanze neonatali e gli esami ematochimici, tossicologici ed ecografici erano nella norma. La nostra esperienza sull’uso di Degludec in gravidanza è in linea con gli altri casi clinici riportati in letteratura, in cui non sono state osservate complicanze gravidiche né malformazioni congenite. Attualmente è in corso il primo studio clinico randomizzato multicentrico (EXPECT study) che nel 2021 fornirà i risultati su efficacia e sicurezza di Degludec nelle gestanti con DM1 in comparazione con l’insulina Determir.
L’UTILIZZO DELLA FASTER ASPART IN UN CAMPIONE DI PAZIENTI DIABETICI
Cimino E, Girelli A, Zarra E, Tanghetti V, Valentini U
UO Medicina ad indirizzo metabolico e diabetologico-ASST Spedali Civili di Brescia
Introduzione. L’insulina Faster Aspart è l’ultima innovazione tra le insuline rapide e garantisce una risposta insulinica più veloce ai pasti con maggiore flessibilità nella somministrazione – da 2 minuti prima fino a 20 minuti dopo l’inizio del pasto – migliorando la qualità della vita del paziente diabetico. Scopo. Valutare andamento HbA1c dopo un anno di terapia con Faster Aspart in 143 pazienti affetti da diabete mellito tipo 1 e tipo 2. Materiali e Metodi. Sono stati analizzati i parametri di 143 pazienti: 26 affetti da diabete mellito tipo 2 e 117 affetti da diabete mellito tipo 1. I pazienti sono stati suddivisi in 6 sottopopolazioni a seconda dell’utilizzo e del tipo di tecnologia in uso (DM2 basal bolus e basal bolus + sensore; DM 1 basal bolus, basal bolus + sensore, microinfusore + sensore, sistema integrato). Risultati. Da una analisi preliminare, la riduzione di HbA1c dopo un anno è statisticamente significativo tra pazienti affetti da diabete mellito tipo 1 e diabete mellito tipo 2 (p<0,01). Nel confronto delle diverse popolazioni non ci sono differenze statisticamente significative. Nel confronto tra i diversi sottogruppi di pazienti affetti da DM1 l’utilizzo del sistema integrato con l’utilizzo di una insulina ultra rapida non ha portato a miglioramento rispetto agli altri gruppi. Conclusioni. La casistica a nostra disposizione non permette di valutare dati come la variabilità glicemica. Ulteriori studi su popolazioni selezionate verranno effettuati per approfondire i vantaggi sul picco glicemico post prandiale.
UNA CRESCENTE CONSAPEVOLEZZA MEDICA DEL RUOLO DELLO PSICOLOGO NEL TEAM DI CURA DIABETOLOGICO
Turra V, Bonfadini S, Agosti B, Pastore I F, Valentini U
UO Medicina ad indirizzo metabolico e diabetologico-ASST Spedali Civili di Brescia
Introduzione. L’intervento psicologico dovrebbe essere parte integrante del modello multidisciplinare di risposta ai bisogni di salute delle persone con diabete. La presenza nel team di un psicologo garantisce alla persona con diabete una corretta valutazione psicologica, la facilitazione del percorso di empowerment e, se necessario, un intervento clinico-psicologico mirato. Inoltre essa costituisce una risorsa per l’intero team di cura. Scopo. Descrivere l’attività psicologica svolta presso una struttura diabetologica nella quale lo psicologo è parte integrante del team di cura e come questa si è modificata nel tempo. Materiali e Metodi. È stata valutata l’attività psicologica effettuata dal 2014 al 2018 analizzando il numero e la tipologia di interventi (per il paziente: colloquio/percorso individuale, corso collettivo; per il team: supervisione dell’intervento educativo) eseguiti dallo psicologo, il numero di pazienti in carico, i drop-out e le modalità di invio del paziente alla valutazione/intervento psicologico (richiesta del medico/paziente o psicologa stessa). Risultati. Negli anni si è assistito ad un progressivo aumento del numero di interventi individuali per il paziente (da 179 a 319) invariati sono risultati quelli psico-educativi di gruppo (3+1). Nell’ultimi due anni 70 sono state le supervisione al team diabetologico. Il numero di pazienti in carico/anno si è duplicato senza variazione significativa nel numero dei drop-out (20%). Per le modalità di invio all’intervento psicologico si è passati dalla richiesta del paziente/contatto diretto della psicologa alla richiesta d’invio da parte del medico diabetologo (p<0.01). Conclusioni. L’intervento psicologico rappresenta una componente importante nella gestione della cura della persona con diabete e una risorsa per l’intero team. Negli anni si è assistito ad una crescente attività psico-educativa individuale e di gruppo, un maggior numero di pazienti in carico ed a una maggior consapevolezza e sensibilità medica verso la componente psico-emotiva della persona con diabete. L’attività di supervisione del team ha permesso di evidenziare aree di miglioramento e punti di forza dell’attività educativa a favore della persona con diabete.
EVOLUZIONI DEI PARAMENTRI METABOLICI IN PAZIENTI AFFETTI DA DIABETE MELLITO TIPO 2 IN TRATTAMENTO PERSISTENTE CON DULAGLUTIDE: RISULTATI PRELIMINARI DELLO STUDIO ANDREW (ACTIVE NOTES ON DULAGLUTIDE IN THE REAL WORLD)
De Mori V1, Gaiti M1, Agosti B2, Bellante R3, Berzi D1, Belviso A1, Franzetti I4, Ghilardi G5, Querci F5, Scaranna C3, Severgnini SC6, Zenoni L5, Veronesi G7, Bossi AC1, Lepore G3
1ASST Bergamo Ovest, Treviglio; 2ASST Brescia; 3ASST PG23, Bergamo; 4ASST Valle Olona, Gallarate (VA); 5ASST Bergamo Est, Seriate (BG); 6ASST Crema (CR); 7Università degli Studi dell’Insubria, Dipartimento di Medicina e Chirurgia, Centro di ricerca in Epidemiologia e Medicina Preventiva (EPIMED), Varese
Introduzione. Dulaglutide (D) è un agonista recettoriale del GLP-1 (Glucagon Like Peptide-1) utilizzato nel trattamento del diabete mellito tipo 2 (DMT2) con somministrazione s.c. monosettimanale in pazienti in scarso controllo glicemico con le terapie tradizionali. Scopo. ANDREW è uno studio osservazionale, multicentrico lombardo volto a valutare l’efficacia di D sui parametri glicometabolici e clinici. Pazienti e Metodi. Sono stati arruolati 1381 pazienti (618 F; 763 M), età 61.6±14.0 anni (media DS), con durata media di malattia di 10.0±6.9 anni. È stato effettuato un follow-up semestrale. Risultati. 606 pazienti hanno attualmente effettuato la visita di FU a 12 mesi, 116 pazienti hanno interrotto il trattamento. Non sono state osservate differenze nei parametri metabolici al basale tra i due gruppi (p>0,05). A 12 mesi, è stata osservata una riduzione significativa di HbA1c di 9,7 mmol/mol (95% IC: -10,4 a -9,0) rispetto al basale. Allo stesso modo, la glicemia basale ha subito una riduzione significativa di 25,5 mg / dl (IC 95%: da -28,2 a -22,8) partendo da un valore medio di 135,9 mg/dl. Conclusioni. D è un farmaco efficace, erogabile mediante un semplice autoiniettore che richiede una singola somministrazione settimanale, in grado di favorirere la compliance dei pazienti. Il trattamento persistente con D aiuta ad ottenere un miglioramento di alcuni parametri glicometabolici nei pazienti con DMT2. Tuttavia, questo effetto farmacologico dovrebbe essere ulteriormente incrementato dall’attività educazionale svolta dai professionisti dell’equipe diabetologica.
TESI. DOTTORATO DI RICERCA IN MEDICINA CLINICA E SPERIMENTALE
RUOLO CENTRALE DELLA β CELLULA NELLA REGRESSIONE DEL DM DOPO TRAPIANTO DI FEGATO IN PAZIENTI CON CIRROSI
Valeria Grancini
Università degli Studi di Milano
Introduzione. Il DM secondario a epatopatia è caratterizzato da livelli di glicemia a digiuno (FPG) e HbA1c nella norma e spesso regredisce dopo trapianto di fegato (OLT). Scopo. Valutazione del ruolo dei 3 determinanti diretti della regolazione del glucosio (funzione β cellulare, clearance e sensibilità insulinica) nel promuovere la regressione di DM dopo OLT. Metodi. 80 pz cirrotici con FPG e HbA1c nella norma, sottoposti ad OGTT prima e 3, 6, 12 e 24 mesi dopo OLT con applicazione di un modello matematico per stimare il controllo derivativo (DC) e il controllo proporzionale (PC) della funzione β-cellulare e la clearance insulinica. La sensibilità insulinica è stata stimata tramite OGIS-2h. Risultati. Alla valutazione pre-OLT, 36 pz erano diabetici (45%) e 44 no (55%). Nel follow-up a 2 anni, 23 pz con DM (REG, 63,9%) sono andati incontro a guarigione, 13 sono rimasti diabetici (NON-REG, 36,1%); 4 soggetti non diabetici hanno sviluppato DM (PROG, 9,1%), 40 son rimasti non diabetici (NON-PROG, 90,9%). Sia DC che PC sono aumentati nei REG (dal mese 3 a 24), sono diminuiti nei PROG e sono rimasti stabili nei NON-PROG. Il PC è diminuito nei NON-REG. La clearance insulinica è aumentata in tutti i gruppi, eccetto i PROG. OGIS-2h è migliorato al mese 3 in tutti i gruppi, continuando a migliorare nel tempo solo nei REG. Conclusioni. La maggior biodisponibilità insulinica, promossa dalla migliorata funzione β-cellulare, gioca un ruolo centrale nel favorire la regressione di DM dopo OLT. Questo è il primo studio che valuta il contributo dei 3 determinanti della regolazione del glucosio utilizzando un sofisticato modello matematico. I risultati mostrano che la funzione delle cellule β è il processo chiave che regola i cambiamenti favorevoli o dannosi nella regolazione del glucosio, indicando la necessità di sviluppare terapie per sostenere la loro funzione in tali pazienti.
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