M. Loredana Marcovecchio
Department of Paediatrics, University of Cambridge, Cambridge, UK
INTRODUZIONE
L’incidenza del diabete di tipo 1 (T1D) è progressivamente aumentata nel corso delle scorse decadi (1). Circa il 50-60% dei casi di T1D sono diagnosticati in soggetti di età inferiore ai 15 anni e il T1D rappresenta il 90% dei casi di diabete in tale fascia di età. Recenti dati della International Diabetes Federation indicano che la prevalenza mondiale del T1D è di circa 542000 casi, con una incidenza di circa 86000 nuovi casi l’anno tra i bambini e adolescenti di età inferiore a 14 anni (2).
Nonostante i costanti miglioramenti nel management del T1D, tale condizione ancora incide negativamente sulla prognosi a lungo termine dei giovani pazienti. Recenti dati indicano che per un soggetto di 20 anni con T1D l’aspettativa di vita è ridotta di 10-13 anni rispetto ai coetanei non affetti da tale patologia (3-4).
Il T1D si associa a numerose complicanze microvascolari (nefropatia, retinopatia, neuropatia) e macrovascolari, che sono responsabili di gran parte della morbilità e mortalità nei pazienti affetti da tale patologia (5-6). Nei paesi industrializzati il diabete è classificato tra le principali cause di insufficienza renale, cecità e amputazione degli arti inferiori, e come una delle principali cause di decessi per malattie cardiovascolari (2).
Sebbene stadi avanzati delle complicanze vascolari siano rari nei bambini ed adolescenti con T1D, c’è chiara evidenza che segni precoci di tali complicanze si manifestano a breve distanza di tempo dalla diagnosi, e inoltre il loro sviluppo e progressione si accentua durante la pubertà (7).
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NEFROPATIA DIABETICA
La nefropatia diabetica è una delle complicanze microvascolari più comuni del T1D, che colpisce circa il 15-40% dei pazienti, con un picco di incidenza dopo 15-20 anni di durata della malattia (8). Questa complicanza rappresenta la principale causa di insufficienza renale cronica (ESRD) nei paesi industrializzati ed è anche una importante causa di morbilità e mortalità cardiovascolare (8). Diversi studi epidemiologici hanno documentato che, in assenza di nefropatia, la mortalità in pazienti con T1D è simile a quella della popolazione generale, mentre aumenta significativamente nei soggetti con aumentata escrezione urinaria di albumina (AER). Nell’ampia coorte di adulti con T1D seguita nello studio prospettico finlandese FinnDiane, la presenza di microalbuminuria, macroalbuminuria e ESRD è stata associata con tassi di mortalità standardizzata (SMR) aumentati del 2.8, 9.2 e 18.3 volte, rispettivamente, mentre nei soggetti con normoalbuminuria la SMR è risultata paragonabile a quella della popolazione generale (9). In maniera simile, i dati del Pittsburgh Epidemiology Study, uno studio longitudinale in giovani soggetti con esordio del T1D durante l’infanzia e l’adolescenza, ha mostrato un progressivo aumento della SMR, dal 2.0 in presenza di normoalbuminuria, al 6.4, 12.5 and 29.8 in presenza rispettivamente di microalbuminuria, macroalbuminuria e ESRD (10).
La nefropatia diabetica deriva da cambiamenti funzionali e strutturali che si verificano a livello dei glomeruli, tubuli e interstizio renali, e che portano allo sviluppo di manifestazioni cliniche quali albuminuria, progressivo declino della filtrazione glomerulare renale (GFR) e aumento della pressione arteriosa (11). I cambiamenti che si verificano a livello renale nei pazienti con T1D sono classicamente classificati in cinque stadi, che riflettono alterazioni progressive nella morfologia e funzione renale (11). La prima fase (stadio 1) è caratterizzata da ipertrofia renale, iperfiltrazione e iperperfusione. Questa è seguita da una fase di cambiamenti morfologici subclinici e aumenti dell’AER all’interno del range di normalità (stadio 2). Ulteriori aumenti dell’AER, con valori tra 30-300 mg/24h o 20-200 mcg/min, indicano lo sviluppo di microalbuminuria (stadio 3), che può ulteriormente progredire verso lo sviluppo di proteinuria franca (macroalbuminuria) (AER >200 mcg/min o >300 mg/24h) (stadio 4) e, senza alcun trattamento, verso lo stadio di ESRD (stadio 5) (11). Questa è la classificazione che Mogensen propose nel 1983 e che è stata accettata per anni. È importante però sottolineare che nel corso degli ultimi anni, alcuni aspetti di tale classificazione sono stati rivisti, alla luce dei dati di nuovi studi. In particolare, è emerso il concetto della possibile “regressione della microalbuminuria”, per cui non necessariamente essa progredisce verso la proteinuria, ma vi è la possibilità di normalizzazione dell’AER (12). Inoltre, sta emergendo il concetto che aumenti dell’AER anche nel range di normalità, rappresentano un fattore di rischio per la progressione verso la nefropatia manifesta, cosi come per altre complicanze vascolari, come retinopatia e malattia cardiovascolare (13). Infine, soprattutto studi nell’adulto hanno evidenziato il concetto di un “declino precoce della funzione renale”, che si manifesta prima ancora dello sviluppo di microalbuminuria (12). Tali recenti concetti possono riflettere cambiamenti nella storia naturale della nefropatia, quale conseguenza di interventi volti a migliorare il controllo glicemico e altri fattori di rischio, come la pressione arteriosa, con effetto sul decorso dell’AER. Tuttavia, questi nuovi concetti possono anche riflettere una variabilità di fenotipi nell’ambito della nefropatia associata al T1D.
MICROALBUMINURIA COME MANIFESTAZIONE PRECOCE DI NEFROPATIA
Sebbene la proteinuria o l’ESRD siano rare nei bambini e negli adolescenti con T1D, alterazioni strutturali e funzionali precoci a livello renale iniziano a manifestarsi subito dopo la diagnosi del diabete, e spesso tendono a progredire durante l’adolescenza/pubertà (7, 14). Queste manifestazioni includono: aumento delle dimensioni renali, iperfiltrazione glomerulare, iperperfusione, e progressivi aumenti dell’AER fino allo stadio della microalbuminuria. Inoltre, studi basati su biopsie renali hanno dimostrato che alterazioni morfologiche, quali ispessimento della membrane basale glomerulare, espansione mesangiale, possono riscontrarsi in giovani pazienti con normoalbuminuria e tali alterazioni predicono aumenti successivi nell’AER (15).
La microalbuminuria è stata a lungo considerata come la prima manifestazione clinica di nefropatia diabetica, e la sua persistenza come un fattore predittivo per la progressione verso la proteinuria e lo sviluppo di complicanze cardiovascolari (5, 11).
In coorti di adulti con T1D, l’incidenza cumulativa di microalbuminuria è circa del 30% dopo 20 anni di durata del T1D (16). Nei giovani con esordio del T1D durante l’infanzia e l’adolescenza, la microalbuminuria è spesso diagnosticata per la prima volta durante la pubertà. Studi cross-sectional in bambini e adolescenti con T1D riportano una prevalenza di microalbuminuria variabile tra il 4 e 20% (7). Questa variabilità è verosimilmente dovuta a differenze nelle popolazioni reclutate nei vari studi, in termini di controllo glicemico, durata del T1D e ai diversi criteri adotatti per definire la microalbuminuria. Sulla base di studi longitudinali, la prevalenza cumulativa di microalbuminuria risulta essere del 10-26% durante i primi 5-15 anni di diabete (14, 17-21) (Tab. 1).
I dati più recenti dell’Oxford Regional Prospective Study (ORPS), uno dei principali studi di coorte condotto in bambini e adolescenti affetti da T1D, con un periodo di follow-up fino a 20 anni, documentano una prevalenza cumulativa di microalbuminuria del 25.7% dopo 10 anni e del 50.7% dopo 19 anni dall’esordio del T1D (14). Tale prevalenza è significativamente superiore a quella riportata in coorti di adulti con T1D, come ad esempio la coorte dello Steno Diabetes Study, in cui la prevalenza di microalbuminuria era del 34% dopo una durata simile di diabete ed esposizione a livelli sovrapponibili di controllo glicemico (16). Al contrario, il tasso di progressione della microalbuminuria verso la macroalbuminuria è emersa essere simile tra coorti con un esordio del T1D durante l’età pediatrica e quelle con un esordio durante l’età adulta (14, 16). Nell’ ORPS, la prevalenza della macroalbuminuria è risultata del 13.9% simile alla prevalenza del 14.6% riportata nella coorte di adulti dello Steno Study, tuttavia nell’ORPS l’età media alla comparsa di macroalbuminuria è risultata inferiore rispetto alla coorte di adulti: 18.5 anni vs 41 anni. Nell’insieme, questi dati sottolineano che i fattori di rischio per lo sviluppo di microalbuminuria e macroalbuminuria possono essere diversi per pazienti con diagnosi di T1D durante l’infanzia/adolescenza rispetto a quelli con diagnosi durante l’età adulta.
Recenti studi hanno introdotto il concetto di “regressione verso la normoalbuminuria” (22), e questo fenomeno è stato riportato anche tra giovani pazienti con T1D, con percentuali del 40-50%, e si manifesta soprattutto dopo la pubertà (14). Questi tassi di regressione sono simili a quelli riportati in adulti con T1D (22). Tuttavia, anche se la microalbuminuria regredisce, le alterazioni morfologiche a livello renale possono persistere e aumentare il rischio di ricorrenza di microalbuminuria e la possibilità di progressione verso la macroalbuminuria nel tempo (15). Inoltre, nella coorte dell’ORPS la microalbuminuria intermittente, cosi come quella persistente, è emersa essere un fattore di rischio per lo sviluppo di macroalbuminuria, oltre al ruolo determinante dell’HbA1c nell’influenzare tale progressione (14). Inoltre, recenti dati derivanti dalla coorte del DCCT indicano che nonostante in alcuni casi la microalbuminuria regredisce, essa comunque resta associata ad un aumentato rischio cardiovascolare (23). Nell’insieme questi dati sottolineano l’importanza di prevenire la comparsa della microalbuminuria.
FATTORI DI RISCHIO PER LA MICROALBUMINURIA DURANTE L’ADOLESCENZA
L’adolescenza rappresenta un periodo critico per lo sviluppo delle complicanze vascolari del T1D, le cui prime manifestazioni, spesso subcliniche, si evidenziano durante questa fase (7). Durante la pubertà, cambiamenti ormonali e metabolici, fattori ambientali e genetici contribuiscono al rischio di complicanze vascolari (Fig. 1).
La microalbumnuria si verifica raramente prima della pubertà e per lungo tempo si è pensato che la durata prepuberale del T1D non contribuisse al rischio di sviluppare tale complicanza. Tuttavia, è ormai chiaro che la durata prepuberale del T1D e il controllo glicemico durante tale fase hanno un effetto importante sul rischio di microalbuminuria, anche se questa complicanza diventa evidente solo durante la pubertà (14). I bambini con un esordio precoce del T1D presenterebbero un periodo di “silenzio” seguito da un’accelerazione dell’AER durante la pubertà, mentre il tasso di sviluppo di microalbuminuria nei giovani diagnosticati durante la pubertà è relativamente costante (14). Dopo 15 anni di durata del T1D il rischio di sviluppare microalbuminuria è simile tra i soggetti diagnosticati prima di 5 anni di età rispetto a quelli diagnosticati tra 5-11 anni o dopo la pubertà, il che suggerisce che l’età al momento della comparsa del T1D non influenza il rischio complessivo di microalbuminuria, mentre influenza l’età in cui questa si manifesta per la prima volta (14).
I valori di HbA1c durante la pubertà sono in genere al di sopra di quelli raccomandati dalle linee guida internazionali e rappresentano un fattore di rischio per lo sviluppo di complicanze vascolari (14, 24). Nella coorte dell’ORPS ogni aumento dell’1% della HbA1c è emerso associato ad un aumento del 39% del rischio di microalbuminuria e del 42% di macroalbuminuria (14).
La pubertà si associa in genere con una fisiologica riduzione della sensibilità insulinica tissutale, dovuta ai cambiamenti ormonali tipici di tale fase di sviluppo (25). Tale stato di insulino-resistenza contribuisce ad uno scarso controllo glicemico. Inoltre, una scarsa compliance è molto frequente tra gli adolescenti con T1D e rappresenta un altro importante determinante di scarso controllo glicemico (25). Tuttavia, l’associazione tra pubertà e complicanze vascolari è solo in parte mediato dallo scarso controllo glicemico e c’è evidenza che la pubertà è un fattore di rischio indipendente per la microalbuminuria. L’effetto della pubertà sarebbe mediato dalla aumentata secrezione di ormone della crescita e dai suoi effetti sulle dimensioni renali e sulla iperfiltrazione (26). Inoltre, soggetti con T1D presentano ridotti livelli circolanti di insulin-like growth factor-I libero, che sono stati associati al rischio di sviluppare microalbuminuria (27). I livelli di androgeni sono anche aumentati, soprattutto nelle adolescenti con T1D, e si associano con il rischio di microalbuminuria (27); quest’ultimo dato spiegherebbe almeno in parte l’aumentato rischio di microalbuminuria nelle ragazze rispetto ai ragazzi durante il periodo puberale (14).
L’iperfiltrazione glomerulare è un’alterazione spesso riscontrata in giovani con T1D, che spesso precede la comparsa di microalbuminuria (28).
Diversi studi su coorti di adolescenti con T1D hanno dimostrato una diretta associazione tra microalbuminuria e fattori di rischio cardiovascolari, quali dislipidemia (29), aumento della pressione arteriosa (30), marker infiammatori, come aumenti della proteina C-reattiva (31). Inoltre, l’obesità e l’insulino-resistenza sono stati anche associati al rischio di sviluppare microalbuminuria in adolescenti con T1D (7). Fattori ambientali possono anche contribuire al rischio di microalbuminuria durante la pubertà. Il fumo è frequente tra gli adolescenti con T1D, con prevalenze fino al 48%. In un ampio studio prospettico su giovani con T1D il fumo è stato associato con un rischio 2.7 aumentato di microalbuminuria, e la cessazione di tale abitudine è stata associata a una riduzione dei livelli di AER (32).
C’è anche ampia evidenza che lo sviluppo di microalbuminuria è influenzato da fattori genetici (33). Diversi studi di genome-wide association, alcuni includenti anche giovani soggetti con T1D, hanno evidenziato alcuni SNPs associati con la AER o altre manifestazioni di nefropatia. Tuttavia, i risultati dei vari studi genetici sono stati diversi e ulteriori dati sono necessari.
Studi condotti su famiglie di soggetti con T1D hanno confermato una predisposizione genetica per la nefropatia diabetica, dato che il rischio di tale complicanza è maggiore in presenza di familiari affetti da nefropatia o anche in presenza di una storia familiare di fattori di rischio cardiovascolari, come dislipidemia, diabete di tipo 2, ipertensione, o un insieme di tali fattori (34). Nella coorte di adolescenti del Nephropathy Family Study, la pressione arteriosa nei genitori è risulta influenzare in maniera indipendente l’AER nei figli con T1D, con un effetto predominante della pressione arteriosa materna. Tali dati suggeriscono un effetto di fattori genetici, oppure l’influenza di fattori ambientali in comune tra genitori e figli, tra cui un ruolo importante potrebbero avere fattori che agiscono durante la vita intrauterina, dato il ruolo principale dell’influenza materna (35).
AUMENTI PRECOCI DELL’AER PRECEDENTI LO SVILUPPO DI MICROALBUMINURIA
Studi condotti in coorti di adulti con e senza diabete hanno dimostrato che l’AER è un fattore di rischio renale e cardiovascolare continuo e, di conseguenza, anche lievi incrementi all’interno del range di normalità possono predire eventi cardiovascolari (13).
Negli adolescenti con T1D, anomalie precoci nell’AER, che possono essere rilevate già dopo pochi anni dall’esordio del diabete, sono fortemente associate con il rischio futuro di microalbuminuria (36). Nella coorte dell’ORPS, un rapporto albumina-creatinina urinaria nel terzile superiore del range di normalità, all’età di 11-15 anni, è emerso in grado di predire l’85% dei soggetti che hanno sviluppato microalbuminuria e tutti i soggetti che hanno sviluppato proteinuria durante il follow-up, dopo l’età di 16 anni (36). Ciò suggerisce l’importanza di porre attenzione già ad aumenti nell’AER nel range di normalità e non solo a specifici cut-off indicativi di microalbuminuria/proteinuria.
Recenti dati relativi a circa 700 adolescenti con T1D, di età tra 10 e 16 anni, valutati nel Regno Unito, Canada e Australia, durante la fase di screening dell’Adolescent Type 1 Diabetes cardio-renal Intervention Trial (AdDIT), hanno permesso di ottenere ulteriori importanti informazioni sul ruolo di aumenti precoci dell’AER. In particolare, è emerso che adolescenti con un’AER nel terzile più alto del range di normalità presentavano segni di disfunzione renale, quale iperfiltrazione glomerulare, e anomalie cardiovascolari come dislipidemia e aumento della stiffness vascolare (37). Nell’insieme questi dati suggeriscono che già negli adolescenti con T1D, l’AER sembra essere un fattore di rischio continuo non solo renale ma anche cardiovascolare.
L’IMPORTANZA DI UNA DIAGNOSI PRECOCE DI MICROALBUMINURIA
La storia naturale della nefropatia diabetica è caratterizzata da molti anni di silenzio clinico, durante i quali rilevanti alterazioni strutturali e funzionali renali si sviluppano (11). Pertanto, lo screening nelle fasi precoci del diabete è di fondamentale importanza al fine di attuare interventi tempestivi, che possono essere più efficaci di quelli iniziati durante le fasi successive della malattia, quando vi è minore probabilità che i cambiamenti strutturali possono essere reversibili.
Linee guida internazionali per il management del T1D nel bambino e adolescente raccomandano lo screening per la microalbuminuria a partire dall’età di 10 anni o alla pubertà se questa si verifica prima, con una durata di malattia di 2-5 anni (6). Lo screening può essere eseguito su: 1) raccolta delle urine delle 24 ore; 2) raccolta delle urine durante la notte; 3) rapporto albumina-creatinina o la concentrazione di albumina in un campione di urine del primo mattino. Raccolte delle urine delle 24 ore non sono sempre attendibili e di facile esecuzione nei bambini e negli adolescenti, per cui la valutazione dell’AER in campioni del primo mattino rappresenta il metodo preferito. La microalbuminuria viene definita persistente se l’AER è alterato in 2 su 3 campioni nell’arco di 6 mesi.
TRATTAMENTO E PREVENZIONE DELLA MICROALBUMINURIA
Il trattamento della nefropatia cosi come delle altre complicanze microvascolari del T1D si basa innanzitutto sul miglioramento del controllo glicemico (6). Il Diabetes Control and Complications Trial (DCCT) e l’Epidemiology of Diabetes Interventions and Complications (EDIC) hanno stabilito in maniera indiscutibile l’efficacia di un miglioramento del controllo metabolico nel ridurre il rischio di sviluppo e progressione di tutte e tre le complicanze microvascolari del T1D (38-39). Nel DCCT la terapia insulinica intensiva è stata associata ad una riduzione del rischio di microalbuminuria del 39% e di albuminuria del 54% rispetto al trattamento convenzionale. Inoltre, lo studio osservazionale di follow-up del DCCT, l’EDIC, ha evidenziato l’importante fenomeno della “memoria metabolica”, che consiste nella persistenza degli effetti benefici di un controllo glicemico precoce a distanza di diversi anni (39). Infatti, nonostante già dopo soli due anni dalla fine del DCCT, i livelli di HbA1c sono risultati simili tra i gruppi precedentemente trattati con terapia intensiva e con terapia convenzionale, il tasso di progressione delle complicanze nel gruppo trattato con terapia intensiva insulinica era significativamente più basso. In altre parole, i pazienti che avevano beneficiato in passato di un miglior controllo metabolico, continuavano ad avere un vantaggio in termini di sviluppo di complicanze diversi anni dopo. Pertanto, i dati del DCCT/EDIC hanno sottolineato la necessità di implementare il trattamento intensivo appena il T1D viene diagnosticato.
Tuttavia il DCCT ha anche evidenziato le difficoltà nel management del T1D negli adolescenti. Infatti, l’HbA1c nella coorte di adolescenti nel gruppo sottoposto a trattamento intensivo era di circa l’1% maggiore rispetto alla coorte di adulti (38). Inoltre il peggior controllo glicemico nella coorte di adolescenti si associava anche ad un rischio maggiore di ipoglicemia e aumento ponderale, rispetto alla coorte di adulti (38).
Numerosi altri studi hanno confermato le difficoltà nell’ottenere un controllo glicemico ottimale durante l’adolescenza, nonostante il miglioramento del management del diabete grazie all’introduzione di nuove formulazioni insuliniche, nuove modalità di somministrazione insulinica, come il microinfusore, nuove modalità di monitoraggio della glicemia (24). Queste osservazioni sottolineano la necessità di ulteriori opzioni di trattamento per ridurre il burden associato con la nefropatia e altre complicanze vascolari del diabete.
L’uso degli inibitori del sistema renina-angiotensina-aldosterone, quali ACE-inibitori, è una importante modalità di trattamento in adulti con diabete e microalbuminuria, anche se normotesi. Il loro uso è stato considerato, e da alcuni raccomandato, anche in bambini e adolescenti normotesi con microalbuminuria persistente, anche se mancano dati definitivi (6). Si attendono a tal riguardo i risultati di un importante trial clinico, l’Adolescent Diabetes cardio-renal Intervention trial (AdDIT), condotto in Canada, Australia e UK, che ha valutato l’effetto di un intervento precoce con ACE inibitori e/o statine per un periodo di 2-4 anni sul rischio di complicanze renali e cardiovascolari in adolescenti con T1D e aumenti precoci dell’AER (37).
CONCLUSIONI
Anomalie precoci dell’AER e la microalbuminuria sono spesso rilevate durante l’adolescenza e sono alterazioni predittive per lo sviluppo di nefropatia conclamata e di rischio cardiovascolare. Uno scarso controllo glicemico, la durata del diabete, la pressione arteriosa, la dislipidemia, il sesso femminile, anomalie dell’asse GH/IGF-I e l’aumento di androgeni, insieme alla predisposizione genetica/familiare sono emersi come fattori di rischio per lo sviluppo della microalbuminuria durante la pubertà. Anche se la microalbuminuria può essere transitoria o intermittente durante l’adolescenza, ci sono evidenze che i cambiamenti strutturali renali sottostanti persistono e possono influenzare il rischio di recidiva e anche la progressione verso stadi più avanzati di nefropatia durante il follow-up.
Pertanto, interventi precoci potrebbero ridurre il rischio a lungo termine per nefropatia e malattia cardiovascolare e migliorare la prognosi dei giovani con T1D. Attualmente, gli interventi si basano principalmente su migliorare il controllo glicemico, mentre non ci sono indicazioni chiare per l’uso di altri farmaci, come ad esempio ACE-inibitori, statine, che sono sempre più utilizzati negli adulti con T1D e microalbuminuria persistente.
Gli studi in corso e futuri volti a identificare nuovi marcatori genetici e biochimici di danno renale precoce potrebbe consentire modi più precoci e accurati di predire il rischio di complicanze renali in modo da implementare strategie preventive e terapeutiche precoci.
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