Teresa Vanessa Fiorentino
Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche, Università degli Studi Magna Graecia di Catanzaro
DOI: 10.30682/ildia1901a
MESSAGGI CHIAVE
- Soggetti con normale tolleranza glucidica ma con glicemia alla prima durante OGTT ≥155 mg/dl hanno un aumentato rischio di sviluppare diabete tipo 2.
- Elevati valori di glicemia alla prima ora post-carico sono associati ad un aumentato grado di insulino-resistenza e una diminuita funzionalità beta cellulare.
- Un valore di glicemia alla prima ora post-carico ≥155 mg/dl permette di identificare tra i soggetti con normale tolleranza glucidica un sottogruppo con aumentato rischio di avere danno d’organo cardiovascolare.
- Elevati livelli di glicemia alla prima ora durante OGTT sono associati ad un’aumentata mortalità totale e cardiovascolare.
- Un valore di glicemia alla prima ora post-carico ≥155 mg/dl permette di identificare un sottogruppo di soggetti all’interno delle categorie di tolleranza glucidica, definite sulla base dei livelli di HbA1c, a rischio più elevato di diabete e malattie cardiovascolari.
- L’iperglicemia alla prima ora post-carico permette di identificare un sottogruppo di soggetti all’interno delle categorie di HbA1c con aumentato rischio di steatosi epatica.
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L’incidenza mondiale del diabete mellito tipo 2 è in continuo aumento. La prevenzione primaria rappresenta la migliore strategia per limitare la morbilità e la mortalità associate al diabete e le conseguenti ripercussioni economiche sul sistema sanitario. Le attuali evidenze scientifiche dimostrano come modifiche dello stile di vita e/o approcci farmacologici possano prevenire o quanto meno ritardare lo sviluppo della malattia diabetica nei soggetti a rischio. È pertanto di fondamentale importanza una precoce identificazione dei soggetti a rischio di sviluppare il diabete che potrebbero maggiormente beneficiare di misure preventive finalizzate a contrastare la progressione della malattia (1). I criteri per definire le condizioni di alterata regolazione glicemica associate ad un aumentato rischio di progressione verso il diabete tipo 2 (denominate anche col termine pre-diabete) hanno subito dei cambiamenti negli ultimi anni e tuttora non esiste un consensus internazionale sulla definizione delle categorie di prediabete (Tab. 1) (2). Le due categorie di tolleranza glucidica notoriamente associate ad un aumentato rischio di diabete tipo 2 sono l’alterata glicemia a digiuno (impaired fasting glucose, IFG) e l’alterata tolleranza glucidica (impaired glucose tolerance, IGT). La condizione di IFG viene definita da valori di glicemia a digiuno compresi tra 110-125 mg/dl secondo i criteri proposti dalla World Health Organization (WHO), e da valori di glicemia a digiuno compresi tra 100-125 mg/dl secondo le raccomandazioni dell’American Diabetes Association (ADA) (1-2). Livelli di glicemia dopo 2 ore (2h-PG) dal carico orale di glucosio (OGTT) compresi tra 140 e 199 definiscono la condizione di IGT (1-2). La determinazione dei livelli di emoglobina glicata (HbA1c) per identificare soggetti con diabete o ad elevato rischio di diabete è stata proposta nel 2009 da un International Expert Commitee (IEC) e successivamente, nel 2010, l’ADA ha raccomandato la misurazione dei livelli di HbA1c come test di screening e per la diagnosi del diabete (1-2). Secondo i criteri dell’ADA un valore di HbA1c ≥6.5% è diagnostico di diabete mellito mentre livelli di HbA1c compresi tra 5.7 e 6.4% identificano soggetti con un aumentato rischio di sviluppare diabete (1) (Tab. 1). Le attuali raccomandazioni della Società Italiana di Diabetologia (SID) e dell’Associazione Medici Diabetologi (AMD) riprendono i criteri dell’ADA basati sulla misurazione di HbA1c, glicemia a digiuno e 2h-PG per la definizione delle categorie ad elevato rischio di diabete (3).
È stato osservato che circa il 30-40% dei soggetti che sviluppano diabete ha normali livelli di glicemia a digiuno e 2h-PG al basale (4). Tali dati suggeriscono che tra i soggetti con normale tolleranza glucidica (NGT), condizione classicamente ritenuta a basso rischio di diabete, esiste un sottogruppo che ha una maggiore predisposizione a sviluppare diabete. Da queste considerazioni ne deriva che l’esclusiva misurazione di glicemia a digiuno e 2h-PG non è sufficiente a riconoscere tutti i soggetti ad aumentato rischio di diabete.
Negli ultimi anni è emerso che la glicemia alla prima ora durante OGTT (1h-PG) può rappresentare un parametro utile per identificare soggetti ad elevato rischio di diabete (5-15). Diversi valori cut-off di 1h-PG sono stati proposti come marker di elevato rischio di futuro diabete, tuttavia numerosi studi hanno dimostrato in maniera concordante che un valore di 1h-PG ≥155 mg/dl predice lo sviluppo di diabete tra i soggetti con NGT. Inoltre, è stato osservato che i soggetti con NGT e iperglicemia ad un’ora durante OGTT presentano non solo un aumentato rischio di sviluppare diabete ma anche un peggior profilo cardio-metabolico con un aumentato rischio di danno d’organo e mortalità totale e cardiovascolare (5, 16-26).
In questa rassegna saranno presi in esame gli studi che designano elevati valori di 1hPG come un marker di aumentato rischio di sviluppare diabete. Saranno inoltre riportate le evidenze scientifiche che dimostrano l’associazione tra iperglicemia ad un’ora durante OGTT e fattori di rischio cardio-vascolare, danno d’organo subclinico e aumentato rischio di eventi avversi.
Epidemiologia dell’iperglicemia alla prima ora durante OGTT
Numerosi studi condotti su diversi gruppi etnici hanno analizzato la prevalenza di livelli di 1h-PG ≥155 mg/dl tra le varie categorie di tolleranza glucidica. Nella popolazione messicano-americana di 1.611 soggetti del San Antonio Heart Study l’iperglicemia ad un’ora durante OGTT è stata riscontrata nel 16.7% dei soggetti con NGT, e nel 57.7% e 73.4% dei soggetti con rispettivamente IFG e IGT (27). Nel Botnia Study condotto su 2.442 soggetti di razza caucasica, la prevalenza di un valore di 1h-PG ≥155 mg/dl era pari al 15.8% tra i soggetti con NGT, a 34.3% tra quelli con IFG, e saliva a 81.3% nel gruppo con IGT (5). Un simile andamento è stato riscontrato nella popolazione reclutata nel CATAnzaro MEtabolic RIsk factors (CATAMERI) study comprendente 3.020 adulti di razza caucasica con almeno un fattore di rischio cardiovascolare. La frequenza di soggetti con un valore di 1h-PG ≥155 mg/dl era del 25.4% tra i soggetti con NGT, del 56.6% nel gruppo con IFG e raggiungeva il 77.6%, 93.8% e 98.8% rispettivamente nei gruppi con IGT isolato, con IGT+IFG e con diabete tipo 2 di nuova insorgenza (28). In altro studio italiano, il Genetics, PHYsiopathology, and Evolution of Type 2 diabetes (GENFIEV) study, in cui la prevalenza dell’iperglicemia ad un’ora durante OGTT è stata valutata in 926 soggetti ad elevato rischio di diabete mellito tipo 2, il valore di 1h-PG ≥155 mg/dl è stato riscontrato nel 39% dei soggetti con NGT, nel 76% in quelli con IFG, nel 90% in coloro che avevano IGT, nel 99% e 98% dei soggetti con IFG+ IGT e diabete di nuova diagnosi (29). Nell’Israel Study of Glucose Intolerance, Obesity and Hypertension (Israel GOH Study) condotto su 853 individui di diversa origine etnica, la prevalenza dell’iperglicemia ad un’ora durante OGTT era del 25.4% e del 78.9% nei gruppi di soggetti con NGT e IGT rispettivamente (10). Inoltre, tra i 236 partecipanti allo studio New York University Langone Diabetes and Endocrine Associates, la frequenza dell’iperglicemia ad un’ora durante OGTT era pari a 28.9% nel gruppo con NGT, 60.5% nel gruppo con IFG, 94.4 e 85.5% in quelli con IGT e IFG+IGT (30). Nella popolazione del Malmö Preventive Project (MPP), il 33.2% dei soggetti con NGT aveva un valore di 1h-PG ≥155 mg/dl (13).
Nella popolazione pediatrica di 233 soggetti obesi partecipanti allo Study of Latino Adolescents at Risk (SOLAR) diabetes project con età media pari a 11 anni, la frequenza di 1h-PG ≥155 mg/dl era del 35.2% nel gruppo con NGT (31). In uno studio italiano condotto su 1.454 bambini e adolescenti obesi o in sovrappeso è stato osservato che un valore di 1h-PG ≥132.5 mg/dl presentava una sensibilità maggiore rispetto al cut-off 155 mg/dl nell’identificare soggetti con IGT e la prevalenza di 1h-PG ≥132.5 mg/dl era pari al 22% tra i soggetti con NGT (32). Simili risultati sono stati riscontrati in un altro studio italiano condotto su 244 bambini/adolescenti obesi o in sovrappeso con età media di 11 anni in cui circa il 20% dei soggetti con NGT presentavano livelli di 1h-PG ≥132.5 mg/dl (33).
Da questi dati emerge che l’iperglicemia ad un’ora durante OGTT è una condizione abbastanza frequente tra i soggetti NGT, sia in età adulta e sia in età pediatrica-adolescenziale. La prevalenza di elevati livelli di 1h-PG inoltre è più elevata nelle popolazioni ad alto rischio cardio-metabolico. Ne deriva pertanto che l’esclusiva determinazione della glicemia a digiuno e di 2h-PG non permette l’identificazione di un consistente numero di soggetti che, seppur NGT, hanno un aumento rischio di diabete. La condizione di iperglicemia alla prima ora durante OGTT diventa preponderante a mano a mano che la tolleranza glucidica peggiora come dimostrato dal fatto che la quasi totalità dei soggetti con IFG+IGT o diabete hanno livelli elevati di 1h-PG, suggerendo che un valore di 1h-PG ≥155 mg/dl possa essere un precoce indicatore di disglicemia.
Iperglicemia alla prima ora post-carico come predittore di diabete tipo 2
Un crescente numero di studi negli ultimi anni ha messo in evidenza l’associazione tra elevati livelli di 1h-PG e un aumentato rischio di sviluppare diabete mellito tipo 2 (5-15) (Tab. 2). Nel 2007, Abdul-Ghani et al. hanno dimostrato che 1h-PG aveva una capacità di predire lo sviluppo di diabete tipo 2, valutata mediante area sotto la curva ROC, maggiore rispetto a quella della glicemia a digiuno e di 2h-PG (6), ed il cut-off di 1h-PG ≥155 mg/dl presentava la più elevata sensibilità e specificità (0.75 e 0.79 rispettivamente) nell’indentificare i soggetti a rischio di sviluppare diabete (4). Tali risultati sono stati poi confermati in un’analisi effettuata sulla popolazione scandinava-caucasica del Botnia Study, in cui è stato osservato che il potere predittivo di 1h-PG nei confronti dello sviluppo di diabete tipo 2 (area sotto la curva ROC: 0.795) era superiore rispetto a quello della glicemia a digiuno (area sotto la curva ROC: 0.672) e di 2h-PG (area sotto la curva ROC: 0.688) (7). Analoghi risultati sono stati ottenuti in altri studi condotti su soggetti di origine coreana, asiatica, giapponese o americana (8-11) confermando che 1h-PG presenta una capacità predittiva superiore rispetto alla glicemia a digiuno e alla 2h-PG indipendentemente dall’etnia. Una recente analisi effettuata su 543 soggetti partecipanti al Botnia Prospective Study dimostra che il parametro di 1h-PG, valutato da solo o in combinazione con altri markers metabolici, è un buon predittore di sviluppo di diabete durante un follow-up di 10 anni, facilmente dosabile e più economico rispetto ad altri metaboliti come il mannosio e con una capacità predittiva superiore rispetto a quella di 2h-PG e HbA1c (34).
Nello studio Israel GOH i soggetti con NGT ma con 1h-PG ≥155 mg/dl (NGT 1h-high) presentavano un rischio circa 4 volte più alto di sviluppare diabete tipo 2 durante un follow-up di 24 anni rispetto ai soggetti con NGT e 1h-PG <155 mg/dl (NGT 1h-low) (4.35, 95% CI=2.50-7.73) indipendentemente da età, sesso, indice di massa corporea (BMI), glicemia e insulinemia a digiuno (12). Il rischio di sviluppare diabete è risultato essere maggiore anche nei soggetti con NGT 1h-high di origine asiatica indipendentemente da molteplici fattori come età, sesso, BMI, glicemia a digiuno e HbA1c (10). Analoghi risultati sono stati riscontrati nello studio CATAMERI in cui è stato riscontrato che i soggetti con NGT 1h-high avevano un rischio di sviluppare diabete durante un follow-up di circa 5 anni pari a 4.02 (95% CI=1.06-15.26) rispetto ai soggetti con NGT 1h-low (14) indipendentemente da età sesso e BMI. Nello stesso studio è stato osservato un rischio ulteriormente più elevato di sviluppare diabete nei soggetti con IGT (6.67, 95% CI=2.09-21.24) ma non in quelli con IFG isolata (1.91, 95% CI=0.44-8.29). Analogamente, nello studio MPP il rischio di sviluppare diabete mellito tipo 2 durante un follow-up di 12 anni era 4.29 volte più alto nei soggetti con NGT 1h-high rispetto a quelli con NGT 1h-low (4.29, 95% CI=2.42-7.60) (15).
In una revisione sistematica recentemente pubblicata è stata effettuata una meta-analisi di questi studi longitudinali da cui è emerso che il rischio di sviluppare diabete è 4 volte più alto nei soggetti con NGT 1h-high (4.33, 95% CI=3.40-5.51) e 6 volte più elevato nei soggetti con IGT isolato (6.20, 95% CI=3.07-12.50) rispetto agli individui con NGT 1h-low. Il rischio aumenta ulteriormente nei soggetti con IGT e un valore di 1h-PG ≥155 mg/dl (10.73, 95% CI=7.66-15.02) (5).
Nell’insieme questi dati suggeriscono che la determinazione di 1h-PG permette di riconoscere una consistente proporzione di soggetti NGT aventi un aumentato rischio di sviluppare diabete. Inoltre, un elevato valore di 1h-PG permette di indentificare tra i soggetti con IGT coloro che presentano un rischio ulteriormente più elevato di diventare diabetici.
Basi fisiopatologiche dell’iperglicemia alla prima ora durante OGTT
Diverse alterazioni metaboliche note per essere coinvolte nella patogenesi del diabete mellito tipo 2 sono state riscontrate negli individui con 1h-PG ≥155 mg/dl (Fig. 1). In particolare è stato osservato che i soggetti con NGT 1h-high presentano, analogamente ai soggetti con IGT, una ridotta sensibilità insulinica stimata sia mediante gli indici derivati dall’OGTT che con il clamp euglicemico iperinsulinemico, metodica gold standard per la misurazione della sensibilità insulinica periferica (5, 29-30, 35). Diversi studi hanno inoltre dimostrato che i soggetti con NGT 1h-high, oltre ad avere un maggior grado di insulino-resistenza, presentano similmente ai soggetti con IGT, una diminuita funzionalità beta cellulare con una ridotta secrezione insulinica durante l’OGTT, una riduzione della secrezione acuta di insulina durante test di tolleranza glucidica intravenoso (IVGTT) e una diminuita sensibilità beta cellulare al glucosio (5, 29-30, 35, 36).
Un’altra anomalia metabolica nota per essere implicata nello sviluppo del diabete mellito tipo 2 è la ridotta clearance dell’insulina. La clearance dell’insulina partecipa alla regolazione dei livelli circolanti dell’insulina e della sensibilità insulinica e ridotti livelli di clearance dell’insulina sono un fattore di rischio indipendente di diabete. I soggetti con NGT 1h-high presentano, rispetto ai soggetti con NGT 1h-low una diminuita clearance dell’insulina, così come gli individui con IGT (37).
Il rapido ed eccessivo rialzo della glicemia durante l’OGTT riscontrato nei soggetti con NGT 1h-high o IGT è inoltre correlato ad un aumentato assorbimento intestinale del glucosio. L’assorbimento intestinale del glucosio introdotto con la dieta avviene prevalentemente nel duodeno ad opera del trasportatore sodium/glucose cotransporter 1 (SGLT-1). L’espressione duodenale di SGLT-1 è risultata essere più elevata nei soggetti con NGT 1h-high così come nei soggetti con IGT o con diabete tipo 2 rispetto ai soggetti con NGT 1h-low (38). I livelli duodenali di SGLT-1 inoltre sono risultati essere correlati positivamente con i valori di 1h-PG suggerendo il nesso causale tra un aumentato assorbimento duodenale del glucosio mediato da SGLT-1 ed eccessive e precoci escursioni glicemiche post-prandiali.
Complessivamente questi dati suggeriscono che un sottogruppo di soggetti con NGT aventi 1h-PG ≥155 mg/dl presenta, analogamente ai soggetti con IGT, diverse anomalie metaboliche implicate nello sviluppo del diabete tipo 2 (Fig. 1).
Iperglicemia ad un’ora durante OGTT e fattori di rischio cardio-metabolici
Un valore di 1h-PG ≥155 mg/dl permette di identificare tra i soggetti con NGT un sottogruppo con un peggior profilo di rischio cardio-metabolico. È stato osservato che i soggetti con NGT 1h-high hanno un quadro lipidico pro-aterogeno simile a quello riscontrato nei soggetti con IGT e diabete mellito tipo 2, con ridotti valori di colesterolo HDL, aumentati livelli di trigliceridi e colesterolo non-HDL. Inoltre la concentrazione di apolipoproteina-B (Apo-B) ed il rapporto ApoB/apoliprotein-A, che indicano i livelli di lipoproteine pro-aterogene, così come le lipoproteine LDL piccole e dense, note per la loro capacità di infiltrare lo spazio subintimale e promuovere la formazione della placca aterosclerotica, sono risultati essere più elevati nei soggetti con NGT 1h-high rispetto agli NGT 1h-low (39).
I soggetti con NGT 1h-high inoltre presentano rispetto a quelli con NGT 1h-low livelli più elevati di acido urico, un noto fattore di rischio indipendente di diabete e malattie cardiovascolari, ed un peggior profilo infiammatorio come dimostrato dagli aumentati livelli di diversi markers pro-infiammatori come VES, proteina C reattiva (PCR), fibrinogeno, complemento C3 e globuli bianchi e ridotte concentrazioni del fattore di crescita insulino-simile (IGF-1), un ormone peptidico con funzioni anti-infiammatorie e anti-aterosclerotiche (17). Un’altra molecola con note proprietà anti-infiammatorie è la vitamina D3 i cui livelli sono risultati essere ridotti nei soggetti con NGT 1h-high e IGT rispetto al gruppo con NGT 1h-low. In uno studio effettuato su 300 soggetti è stato riscontrato che i soggetti ipertesi con NGT 1h-high, così come quelli con IGT, presentavano un rischio di avere un deficit di vitamina D3 più elevato rispetto ai soggetti con NGT 1h-low (40).
In uno studio condotto su 1723 individui è stato osservato che i soggetti con NGT 1h-high presentano un’aumentata viscosità ematica, un noto fattore di rischio cardiovascolare, analogamente ai soggetti con IGT e/o IFG e i livelli di 1h-PG sono risultati essere positivamente associati alla viscosità ematica indipendentemente dagli altri principali fattori di rischio cardiovascolari (41).
Questi dati nell’insieme dimostrano come i soggetti con NGT 1h-high presentano un profilo di rischio cardiovascolare e metabolico peggiore rispetto ai soggetti con NGT 1h-low e simile a quello dei soggetti con IGT.
Iperglicemia alla prima ora post-carico, danno d’organo, mortalità totale e cardiovascolare
In uno studio in cui la presenza di steatosi epatica è stata valutata mediante ecografia addominale in 700 soggetti è stato osservato che gli individui con NGT 1h-high presentavano un rischio 1.7 volte maggiore di avere steatosi epatica rispetto ai soggetti con NGT 1h-low. Il rischio di steatosi epatica era ulteriormente più alto nei soggetti con IGT (2.3 volte rispetto ai soggetti con NGT 1h-low) ma non in quelli con IFG isolato (16). I soggetti con NGT 1h-high e ancor di più quelli con IGT esibivano livelli di biomarcatori di danno epatico come le transaminasi AST, ALT, e GGT più elevati rispetto al gruppo NGT 1h-low. Inoltre l’indice di insulino-resistenza epatica, il cosiddetto liver IR index, era significativamente più alto nei soggetti con IGT e NGT 1h-high rispetto a quelli con NGT 1h-low suggerendo un aumentato grado di insulino-resistenza epatica nei soggetti con iperglicemia post-prandiale.
Ci sono evidenze che indicano che l’iperglicemia alla prima ora durante OGTT è associata a danno vascolare. In particolare è stato riportato che i soggetti con NGT 1h-high presentano livelli di spessore medio-intimale carotideo (cIMT), un precoce indicatore di aterosclerosi, significativamente più elevati rispetto ai soggetti con NGT 1h-low e paragonabili a quelli riscontrati nei soggetti con IGT (18). I livelli di 1h-PG sono risultati essere positivamente associati ai valori di cIMT e l’unico parametro glicemico correlato al cIMT indipendentemente dagli altri fattori di rischio cardiovascolari.
Un altro marker di disfunzione endoteliale e danno vascolare precoce è l’aumento della stiffness (rigidità) arteriosa. Un’analisi dei dati emodinamici di 584 soggetti ipertesi sottoposti a misurazione della pulse wave velocity, come indicatore della stiffness arteriosa, ha messo in evidenza come i soggetti con NGT 1h-high presentano un aumento della stiffness arteriosa rispetto ai soggetti con NGT 1h-low. Inoltre in un modello di regressione multipla corretto per molteplici fattori di rischio cardiovascolari come età, sesso, BMI, fumo, pressione arteriosa, grado di insulino-resistenza, glicemia e insulinemia a digiuno e 2 ore durante OGTT, profilo lipidico e PCR, il parametro 1h-PG è risultato essere il principale determinante della stiffness arteriosa (42).
È stato descritto che i soggetti con NGT 1h-high presentano diverse anomalie cardiache funzionali e strutturali analogamente ai soggetti con IGT o diabete mellito tipo 2 (19, 43). In uno studio osservazionale effettuato su 767 soggetti con ipertensione arteriosa di recente diagnosi, sottoposti ad valutazione della massa ventricolare sinistra mediante ecocardiografia, è stato osservato che i soggetti con NGT 1h-high avevano un aumento della massa ventricolare sinistra che era paragonabile a quella dei soggetti con IGT o diabete tipo 2 (19). Inoltre la prevalenza di ipertrofia miocardica, un noto predittore di eventi cardiovascolari, è risultata essere più elevata tra i soggetti con NGT 1h-high, così come nel gruppo con IGT o diabete, rispetto agli individui con NGT 1h-low (19).
È noto che alterazioni della massa e della geometria del ventricolo sinistro si ripercuotono sul suo rilasciamento diastolico. È stato infatti riscontrato che i soggetti ipertesi con NGT 1h-high, similmente ai soggetti con IGT o con diabete mellito tipo 2 presentano un’alterata funzione diastolica come dimostrato dalle maggiori dimensioni dell’atrio sinistro, del tempo di rilasciamento isovolumetrico e dei ridotti valori del rapporto E/A rispetto ai soggetti con NGT 1h-low (43). Inoltre alti livelli di 1h-PG sono risultati essere fortemente associati alla disfunzione diastolica del ventricolo sinistro indipendentemente da altri noti fattori di rischio cardiovascolare come l’età, il BMI e la pressione arteriosa (43).
Una ridotta funzione renale è un altro ben noto fattore di rischio cardiovascolare. In uno studio condotto su 1003 individui, i soggetti con NGT 1h-high esibivano livelli di filtrato glomerulare significativamente ridotti rispetto a quelli con NGT 1h-low (20). La prevalenza di malattia renale cronica, definita da livelli di filtrato glomerulare inferiori a 60 ml/min/1.73 m2, era maggiore nel gruppo di soggetti con NGT 1h-high rispetto al gruppo con NGT 1h-low ed il rischio di avere insufficienza renale cronica nei soggetti con NGT 1h-high è risultato essere più elevato rispetto ai soggetti senza iperglicemia alla prima ora durante OGTT. Inoltre l’accuratezza diagnostica della 1h-PG nell’identificare i soggetti con insufficienza renale cronica è risultata essere maggiore rispetto a quella di glicemia a digiuno e 2h-PG (20).
Data l’associazione tra iperglicemia alla prima ora durante OGTT e rischio di diabete e danno d’organo cardiovascolare è ragionevole ipotizzare che i soggetti con elevati livelli di 1h-PG hanno un aumentato rischio di eventi avversi (5).
Nell’Helsinki Businessmen Study, in cui 2.756 soggetti maschi sono stati seguiti per un follow-up di 44 anni, è stata osservata una forte associazione tra i livelli di 1h-PG e mortalità cardiovascolare e da tutte le cause (P<0.001) (21). Analogamente, nello studio Erfurt Male Cohort Study, 1135 soggetti maschi non diabetici sono stati seguiti per un follow-up di circa 30 anni. I soggetti con livelli di 1h-PG >200 mg/dl presentavano una mortalità significativamente aumentata rispetto ai soggetti con 1h-PG <200 mg/dl [hazard ratio (HR)=1.49, 95% CI=1.17-1.88] anche dopo correzione per età, abitudine tabagica, BMI, pressione arteriosa, profilo lipidico (22). Nell’Israel GOH Study in cui è stata valutata la mortalità totale nel corso di un follow-up di 33 anni in 1.945 individui, i soggetti con NGT 1h-high presentavano un rischio di morte da tutte le cause 1.32 volte più alto rispetto ai soggetti con NGT 1h-low (HR=1.32, 95% CI=1.12-1.56) indipendentemente da sesso, BMI, fumo, glicemia a digiuno e pressione arteriosa (23). Nello studio MMP i soggetti con NGT 1h-high presentavano un aumentato rischio di infarto del miocardio fatale e non fatale (HR=1.24, 95% CI=1.10-1.39) e di morte da tutte le cause (HR=1.29; 95% CI=1.19-1.39) rispetto ai soggetti con NGT-1h-low durante un follow-up di 39 anni. Inoltre, alti livelli di 1h-PG, ma non la glicemia a digiuno e 2h-PG, sono risultati essere un predittore indipendente di morte cardiovascolare (HR=1.09, 95% CI=1.01-1.17, p=0.02) e di morte da tutte le cause (HR=1.10, 95% CI=1.05-1.16, p<0.0001) (24).
Nella coorte di 26753 soggetti non diabetici reclutati nello studio Chicago Heart Association Detection Project in Industry alti livelli di 1h-PG sono risultati essere associati ad un maggior rischio di ictus, malattia coronarica, mortalità totale e cardiovascolare durante un follow-up di circa 22 anni sia negli uomini che nelle donne indipendentemente da diversi fattori di rischio cardiovascolari come età, BMI, abitudine tabagica e pressione arteriosa (25). Simili risultati sono stati ottenuti dallo studio Honolulu Heart Program condotto su 6.394 soggetti maschi. In questo studio è stata osservata un’associazione tra alti livelli di 1h-PG e aumentata incidenza di malattia coronarica fatale e non fatale nel corso di un follow-up di circa 12 anni indipendentemente da BMI, pressione arteriosa, livelli di colesterolo plasmatico, ematocrito e ipertrofia miocardica (26). È importante sottolineare che la maggior parte degli studi che hanno valutato l’associazione tra iperglicemia alla prima ora post-carico e la mortalità totale e cardiovascolare sono stati condotti su soggetti di sesso maschile. Sebbene le poche evidenze ottenute da popolazioni miste siano concordanti, ulteriori studi sono necessari per confermare che elevati livelli di 1h-PG sono associati ad un aumentato rischio di mortalità totale e cardiovascolare sia negli uomini che nelle donne.
Iperglicemia alla prima ora post-carico e rischio cardiovascolare nei soggetti con prediabete definito mediante le categorie di HbA1c
In uno studio condotto su 687 soggetti di razza caucasica senza diabete al basale e seguiti per un follow-up di circa 3.5 anni, è stato osservato che, nonostante alti livelli di HbA1c siano un fattore di rischio di diabete, il potere predittivo di HbA1c nei confronti del diabete era inferiore rispetto a quello della 1h-PG, come dimostrato dal fatto che l’area sotto la curva ROC di HbA1c nel predire lo sviluppo di diabete era minore (0.73) rispetto a quella di 1h-PG (0.84). Inoltre, la valutazione di 1h-PG in combinazione alla HbA1c permetteva di migliorare il suo potere predittivo come dimostrato dal fatto che i soggetti con prediabete secondo i livelli di HbA1c (HbA1c: 5.7-6.4%) e un valore di 1h-PG ≥155 mg/dl presentavano un rischio 40 volte maggiore di diventare diabetici durante il follow-up rispetto ai soggetti senza prediabete e iperglicemia alla prima ora durante OGTT (44).
Uno studio effettuato su 1.108 soggetti ha dimostrato che soggetti con normali livelli di HbA1c (<5.7%) o con prediabete, definito da valori di HbA1c compresi tra 5.7 e 6.4%, aventi un valore di 1h-PG ≥155 mg/dl presentavano un aumentato rischio di steatosi epatica rispetto alla controparte con livelli di 1h-PG <155 mg/dl (45).
In uno studio condotto su 1495 soggetti stratificati secondo i livelli di 1h-PG e HbA1c è stato osservato un valore di 1h-PG ≥155 mg/dl permetteva di identificare tra i soggetti con HbA1c <5.7% o con prediabete (HbA1c: 5.7-6.4%) quelli con un peggior profilo di rischio cardio-metabolico caratterizzato da aumentati livelli di adiposità viscerale, trigliceridi, acido urico e bassi valori di colesterolo HDL, sensibilità insulinica e funzionalità beta cellulare. Inoltre i soggetti con iperglicemia alla prima ora durante OGTT, con HbA1c <5.7% o HbA1c: 5.7-6.4% avevano livelli di cIMT e stiffness arteriosa maggiori rispetto ai soggetti senza iperglicemia alla prima ora durante OGTT (46).
In accordo con questi dati recentemente sono stati pubblicati i risultati di uno studio condotto su 1010 soggetti in cui è stato osservato che i soggetti con normali livelli di HbA1c (<5.7%) o con prediabete (HbA1c: 5.7-6.4%) e con 1h-PG ≥155 mg/dl presentano rispetto alla loro controparte con 1h-PG <155 mg/dl un rischio maggiore di avere malattia coronarica e cerebrovascolare suggerendo che livelli di 1h-PG ≥155 mg/dl permettono di identificare tra le categorie di HbA1c un sottogruppo con un elevato rischio di avere malattia cardiovascolare (47).
Nell’insieme queste evidenze suggeriscono che l’iperglicemia alla prima ora durante OGTT può identificare un sottogruppo di soggetti all’interno delle categorie di tolleranza glucidica, definite sulla base dei livelli di HbA1c, a rischio elevato di sviluppare diabete e complicanze cardiovascolari.
Conclusioni
La precoce identificazione dei soggetti a rischio di sviluppare diabete tipo 2 rappresenta il primo step per mettere in atto misure preventive finalizzate a contrastare la pandemica diffusione del diabete e delle complicanze cardiovascolari ad esso associate.
Numerose evidenze dimostrano come un valore di 1h-PG ≥155 mg/dl permette di identificare tra i soggetti con NGT un sottogruppo con un aumentato rischio di sviluppare diabete (5-7, 12-15). In accordo con tali dati diversi studi hanno riscontrato che i soggetti con NGT 1h-high presentano analogamente ai soggetti con IGT diverse alterazioni fisiopatologiche note per essere coinvolte nella patogenesi del diabete, come una ridotta funzione beta cellulare, un aumentato grado di insulino-resistenza, una diminuita clearance dell’insulina e un incremento dell’assorbimento intestinale del glucosio (29-30, 35-38). Livelli di 1h-PG ≥155 mg/dl non solo si associano ad un elevato rischio di sviluppare diabete ma permettono anche di indentificare un sottogruppo di soggetti con un peggior profilo cardio-metabolico caratterizzato da un quadro lipidico pro-aterogeno, aumentati livelli di fattori pro-infiammatori, viscosità ematica, e da danno d’organo come steatosi epatica, aterosclerosi carotidea, ipertrofia miocardica, disfunzione renale e con un aumentato rischio di mortalità e morbilità cardiovascolare (5, 16-26, 41-43).
È importante sottolineare che un valore di 1h-PG ≥155 mg/dl ha dimostrato di essere in grado di riconoscere un consistente numero di soggetti con un aumentato rischio di diabete e di malattia cardiovascolare non solo tra gli individui con NGT ma anche tra le diverse categorie di tolleranza glucidica definite secondo i livelli di HbA1c (44-47). Nonostante la misurazione di 1h-PG non sia raccomandata dalle attuali linee guida rilasciate dall’ADA, i dati attualmente disponibili supportano l’utilità della determinazione della 1h-PG in aggiunta alla glicemia a digiuno, a 2h-PG e HbA1c al fine di identificare un considerevole numero di soggetti con un aumentato rischio cardio-metabolico tra coloro che altrimenti verrebbero considerati a basso rischio secondo i criteri dell’ADA. Recentemente, esperti in ambito diabetologico dopo aver analizzato le consistenti evidenze a favore dell’elevato potere predittivo di 1h-PG hanno sottolineato la necessità di ridefinire i criteri diagnostici per le categorie di prediabete, supportando l’inserimento della determinazione di 1h-PG tra le raccomandazioni per indentificare i soggetti ad elevato rischio cardio-metabolico (48-49).
Sebbene lo studio STOP-DIABETES (50) abbia dimostrato l’efficacia di approcci farmacologici nel prevenire lo sviluppo di diabete nei soggetti a rischio, compresi coloro con 1h-PG ≥155 mg/dl, ulteriori studi sono necessari per confermare tali risultati e per valutare se il trattamento precoce dei soggetti con NGT 1h-high possa ridurre, e in che misura, il rischio di danno d’organo e di eventi cardio-vascolari. Un altro aspetto che necessita di essere esplorato in dettaglio è la capacità del parametro 1h-PG di predire lo sviluppo di diabete nei soggetti più giovani. Le poche evidenze ad oggi disponibili indicano che 1h-PG è un marker di aumentato rischio cardio-metabolico anche nella popolazione pediatrica-adolescenziale (31-33), rimane tuttavia da definire il cut-off di 1h-PG in questa popolazione e i benefici individuali ed economici associati alla stratificazione dei soggetti in età pediatrica-adolescenziale basata sul parametro di 1h-PG.
In conclusione, le attuali evidenze indicano che un valore di 1h-PG ≥155 mg/dl è un marker di aumentato rischio cardio-metabolico e la misurazione del parametro 1h-PG dovrebbe essere raccomandata come test di screening per identificare i soggetti ad elevato rischio di diabete e malattie cardiovascolari.
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