Insulino-resistenza e cervello: evidenze molecolari e nuovi biomarcatori alla base del legame tra patologie metaboliche e neurodegenerative

Rubrica Medicina traslazionale a cura di Lorella Marselli

Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università degli Studi di Pisa


Salvatore Fusco12, Matteo Spinelli1, Claudio Grassi12

1Istituto di Fisiologia Umana, Università Cattolica del Sacro Cuore, Roma;
2Fondazione Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS, Roma

DOI: 10.30682/ildia1903g

[protected]

Scarica l’articolo in formato PDF

INTRODUZIONE

Dalla scoperta dell’insulina, quasi un secolo fa, sono stati condotti numerosi studi riguardanti gli effetti di questo ormone su diversi organi, compreso il cervello. Inizialmente, è stato scoperto che l’insulina era in grado di agire sul centro della sazietà nell’ipotalamo inibendo l’assunzione di cibo (1). Per lungo tempo l’impatto dell’ormone su altre aree del cervello è rimasto inesplorato in quanto il sistema nervoso centrale (SNC) era considerato un tessuto non insulino-dipendente. Negli ultimi decenni, la scoperta dell’espressione del recettore insulinico nelle aree cerebrali coinvolte in funzioni diverse dal controllo dell’alimentazione, come l’apprendimento e la memoria, ha cambiato questa idea e ha aperto la strada alla comprensione di come il cervello sia, di fatto, un organo altamente insulino-sensibile, sebbene non necessiti dell’insulina per il suo normale metabolismo (2). La plasticità cerebrale, ossia la capacità di questo organo di subire cambiamenti strutturali e funzionali in risposta a stimoli ambientali, è finemente modulata dalla dieta e dagli ormoni ad essa correlati tra cui l’insulina (3). Di fatto, l’alterazione del segnale dell’insulina nel SNC può influenzare la plasticità cerebrale, accelerare l’invecchiamento cerebrale, e promuovere la neurodegenerazione (4). In questa review esaminiamo gli effetti dell’insulina sull’ippocampo, un’area del cervello che gioca un ruolo chiave nell’apprendimento e nella memoria ed è primariamente coinvolta nella malattia di Alzheimer (AD). In primo luogo, descriveremo gli effetti dell’insulina sulla plasticità sinaptica e sulla neurogenesi adulta nell’ippocampo. Illustreremo la relazione tra le cascate di segnale dell’insulina e delle neurotrofine, l’impatto dell’insulina sulle funzioni cognitive e sull’invecchiamento cerebrale. Descriveremo poi come si sviluppa l’insulino-resistenza nel cervello (di seguito chiamata IRC) e riassumeremo gli effetti della IRC sulla plasticità dell’ippocampo, l’apprendimento e la memoria, assieme alle evidenze che collegano la IRC e l’AD. Infine, menzioneremo alcuni recenti studi che suggeriscono come le vescicole extracellulari derivate dal cervello e l’analisi del metabolismo cerebrale del glucosio potrebbero rappresentare nuovi biomarcatori di IRC in grado di prevedere e monitorare il declino cognitivo.

INSULINA E PLASTICITÀ CEREBRALE

I neuroni sono cellule ad elevata attività metabolica, consumano energia principalmente per generare potenziali d’azione, potenziali postsinaptici e per la sintesi dei neurotrasmettitori (5). Il glucosio è la principale fonte di energia utilizzata dalle cellule cerebrali, il suo trasporto attraverso la membrana plasmatica è mediato dalle proteine ​​di membrana note come trasportatori di glucosio (GLUT) (5). Sebbene siano state identificate e caratterizzate numerose isoforme di GLUT (1-14), solo alcuni di questi trasportatori sono espressi nel cervello e possono essere coinvolti nelle funzioni cerebrali (6). Nello specifico, i trasportatori insulino-indipendenti GLUT1 e GLUT3 mediano rispettivamente l’assorbimento del glucosio nelle cellule gliali e neuronali, suggerendo che gli effetti dell’insulina sulla plasticità sinaptica potrebbero essere indipendenti dall’assorbimento del glucosio. Inoltre, in specifiche aree del cervello è stata caratterizzata l’espressione dei trasportatori insulino-dipendenti GLUT2 e GLUT4; il primo risulta localizzato prevalentemente nell’ipotalamo, mentre il secondo è stato identificato nel cervelletto, nella neocorteccia e nell’ippocampo, suggerendo un ruolo dell’assorbimento del glucosio nell’attività neuronale di queste aree (7). GLUT4 è anche espresso negli astrociti, la cui stimolazione con insulina promuove sia l’assorbimento di glucosio sia l’accumulo di glicogeno nelle cellule in coltura (7). L’espressione di GLUT5 è meno rilevante e principalmente confinata alla microglia. Nel SNC sono stati identificati anche GLUT6 e GLUT13, trasportatori con bassa affinità per il glucosio, il loro ruolo in questi tessuti rimane ancora da chiarire. Al contrario, è stato dimostrato che GLUT8 è in grado di influenzare la proliferazione dei neuroni ippocampali durante l’embriogenesi (7). Nel SNC sono stati anche identificati fattori di crescita che modulano il segnale dell’insulina, la traslocazione dei GLUT verso la membrana plasmatica e la captazione del glucosio in risposta alla attivazione del recettore dell’insulina (IR).

Via del segnale dell’insulina nel cervello

La via del segnale dell’insulina svolge un ruolo importante nel SNC, essa può essere attivata dall’insulina e dal fattore di crescita insulino-simile 1 (IGF-1). Queste molecole esercitano i loro effetti biologici attraverso due recettori tirosin-chinasici, l’IR e il recettore dell’IGF-1 (IGF-1R), espressi in proporzioni diverse in numerose aree del cervello (8). Nel topo, l’IR è espresso prevalentemente nel bulbo olfattivo, nell’ippocampo, nella neocorteccia, nell’ipotalamo e nel cervelletto, mentre l’IGF-1R è maggiormente espresso nell’ippocampo, nella neocorteccia e nel talamo, ma risulta presente anche nell’ipotalamo, nel cervelletto, nel bulbo olfattivo, mesencefalo e tronco cerebrale. Come riportato in altri tessuti, anche nel cervello l’IR e l’IGF-1R possono eterodimerizzare e in parte transattivare reciprocamente le proprie vie del segnale. I principali componenti di queste vie comprendono il substrato 1 e 2 dell’IR (rispettivamente IRS1 e IRS2), la fosfoinositide 3 chinasi (PI3K), la proteina chinasi B/Akt (PKB/Akt), gli effettori a valle, ossia la proteina bersaglio della rapamicina (mTOR), la glicogeno sintasi chinasi 3 beta (GSK3β), e i fattori di trascrizione CREB (proteina legante gli elementi responsivi all’AMP ciclico) e la famiglia forkhead box O (FOXO) (Fig. 1).

Le molecole coinvolte in queste cascate del segnale giocano un ruolo chiave nelle funzioni cerebrali (9). L’attivazione della PI3K è necessaria per la traslocazione del recettore del glutammato alla membrana plasmatica durante la plasticità sinaptica (9). La GSK3β regola la proliferazione e la neuroplasticità delle cellule progenitrici neurali, e la sua attivazione induce l’iper-fosforilazione della proteina tau, considerata un fattore determinante della patogenesi dell’AD (9). L’insulina induce la fosforilazione inibitoria di GSK3β sul residuo di serina 9, riducendo così la sua attività enzimatica. Inoltre, il complesso proteico mTORC1 è fondamentale sia per la sintesi proteica che per l’autofagia, processi rispettivamente coinvolti nella regolazione della plasticità sinaptica a lungo termine e nella degradazione delle proteine ​​con errori di ripiegamento (10). La via del segnale dell’insulina/IGF-1 stimola anche la cascata delle proteine Grb2-SOS-Ras-MAPK, la quale è direttamente coinvolta nelle modificazioni citoscheletriche e nella riorganizzazione dei dendriti alla base della plasticità strutturale e formazione della memoria (11).

L’origine dell’insulina nel SNC è controversa. In condizioni fisiologiche, l’ormone attraversa la barriera emato-encefalica (BEE) mediante un trasporto dipendente dall’IR operato dall’endotelio vascolare e la sua concentrazione nel SNC aumenta dopo i pasti (12). Tuttavia, l’insulina può anche essere sintetizzata e secreta dai neuroni e dalle cellule progenitrici neurali dell’ippocampo, sebbene non vi siano evidenze che dimostrino una rilevanza fisiologica per l’insulina sintetizzata nel cervello. In ogni caso, come descritto nei paragrafi successivi, i livelli fisiologici di insulina svolgono un’azione neurotrofica sia sui neuroni differenziati che sulle cellule staminali neurali.

Insulina, sinaptogenesi e plasticità sinaptica nell’ippocampo

Le modifiche dell’attività e del numero di sinapsi sono rispettivamente i substrati funzionali e strutturali della plasticità cerebrale alla base dell’apprendimento e della memoria (13). I cambiamenti dell’efficienza di una sinapsi, sia il potenziamento sia la depressione, e la generazione di nuove spine dendritiche sono correlati in maniera causativa all’acquisizione di nuove informazioni e al consolidamento della memoria.

La stimolazione insulinica dei neuroni ippocampali induce sia effetti presinaptici che postsinaptici. L’insulina aumenta il rilascio basale di neurotrasmettitore dai terminali presinaptici, come rivelato dalla maggiore frequenza di correnti postsinaptiche eccitatorie miniaturizzate. Questo effetto si accompagna a un riarrangiamento del citoscheletro mediato da Rac1 che porta ad una maggiore densità delle spine dendritiche (14). Inoltre, l’insulina promuove la plasticità sinaptica modulando il potenziamento a lungo termine (LTP) o la depressione a lungo termine (LTD) delle sinapsi ippocampali. Infatti, la somministrazione di insulina riduce la soglia di frequenza di stimolazione richiesta per indurre sia LTP che LTD (14). In particolare, gli effetti postsinaptici sono mediati dall’attivazione della PI3K e dall’aumento del trasporto in membrana dei recettori del glutammato N-metil-D-aspartato (NMDAR) (15), a cui si associa un aumento della fosforilazione di entrambe le subunità recettoriali NR2A e NR2B con conseguente incremento delle correnti mediate da NMDAR (15). Al riguardo è interessante notare che i topi carenti di IRS2 mostrano un’attivazione inferiore delle subunità NR2B e una diminuzione del LTP nelle sinapsi dell’ippocampo (16). L’insulina influenza l’attività del glutammato anche mediante aumento della fosforilazione ed endocitosi clatrina-dipendente della subunità GluA1 dei recettori dell’acido α-ammino-3-idrossi-5-metil-4-isossazolapropionico (AMPAR), recettore post-sinaptico non-NMDA per il glutammato. L’insulina inoltre modula l’attività del recettore dell’acido γ-aminobutirrico (GABA) di tipo A (GABAA) regolando la sua localizzazione nella membrana delle sinapsi inibitorie.

Per quanto riguarda l’effetto sulle caratteristiche strutturali delle sinapsi, è stato inoltre osservato che il substrato del recettore dell’insulina p53 (IRSp53) interagisce con la proteina postsinaptica PSD-95 e migliora la formazione di spine dendritiche (17). Considerando l’interazione fisica e funzionale tra IR e IGF-1R, non è sorprendente che la stimolazione dell’IGF-1 possa promuovere la plasticità nell’ippocampo aumentando la densità delle spine dendritiche dei neuroni in risposta all’esercizio fisico (18). Complessivamente, le evidenze menzionate supportano gli effetti positivi dell’insulina sulla plasticità sinaptica e strutturale dell’ippocampo.

Insulina e neurogenesi adulta nell’ippocampo

L’ippocampo è una delle aree del cervello in cui nuovi neuroni possono essere generati durante l’età adulta (19). Nello specifico, la neurogenesi nell’adulto si verifica nella zona sottogranulare dell’ippocampo di tutti i mammiferi compreso l’uomo. Le cellule staminali neurali (CSN) che popolano questa nicchia neurogenica proliferano e si differenziano per generare nuovi neuroni. Un corretto equilibrio tra proliferazione di CSN e il loro differenziamento/maturazione è alla base del mantenimento sia della nicchia delle CSN nell’ippocampo che della disponibilità di nuovi neuroni in grado di integrarsi nei circuiti nervosi esistenti. Tutto ciò ha effetti sulle funzioni cognitive in condizioni fisiologiche e patologiche. Infatti, un numero crescente di studi indica che la neurogenesi dell’ippocampo gioca un ruolo fondamentale nell’apprendimento e nella memoria, e che la sua alterazione si associa a disfunzione cognitiva come osservato nelle malattie neurodegenerative compresa l’AD (19).

A sua volta, l’insulina è un fattore trofico chiave per lo sviluppo del cervello. Infatti, l’uscita della cellula staminale neurale dalla quiescenza durante la vita adulta è regolata dall’attivazione della via insulina/IGF-1 (20). Esperimenti in vitro e in vivo indicano che insulina e IGF-1 promuovono la neurogenesi modulando la proliferazione, il differenziamento e la sopravvivenza delle CSN (20). Tuttavia, una stimolazione eccessivamente prolungata delle cascate di segnale dell’insulina e dell’IGF-1 può causare l’impoverimento prematuro della nicchia di CSN (21). Pertanto, l’insulina può produrre effetti trofici o dannosi sulla riserva staminale neurale sulla base dei tempi e durata della stimolazione.

Inoltre, è stato dimostrato che la restrizione calorica con riduzione dei livelli plasmatici sia di glucosio che di insulina si associa ad un parallelo aumento della neurogenesi nel giro dentato, contrastando l’impoverimento delle cellule staminali legato all’invecchiamento (21). La riduzione dell’apporto calorico può modificare il compartimento di CSN aumentando i livelli circolanti del fattore neurotrofico derivato dal cervello (BDNF) (21). La restrizione calorica può preservare la capacità delle CSN di auto-rinnovarsi attraverso meccanismi cellulari intrinseci che coinvolgono sensori metabolici come CREB e la istone deacetilasi dipendente dal NAD+ Sirtuina 1 (SIRT1). In sintesi, SIRT1 e CREB funzionano come sensori metabolici che regolano la proliferazione e l’autorinnovamento delle CSN e preservano la riserva staminale nell’ippocampo (22). Al contrario, abolendo l’espressione di geni che codificano per i fattori di trascrizione FOXO si induce una eccessiva proliferazione dei progenitori neurali e il rapido esaurimento della nicchia staminale (23). Allo stesso modo, una alterata stimolazione di mTOR da eccesso di nutrienti causa un ridotto auto-rinnovamento e accelera il differenziamento delle CSN (21). Dunque i segnali metabolici sono in grado di controllare il destino delle CSN in condizioni fisiologiche e patologiche.

Insulina e funzioni cognitive dipendenti dall’ippocampo

Le evidenze riassunte sopra suggeriscono che tutti gli aspetti della plasticità dell’ippocampo (cioè la plasticità sinaptica funzionale e strutturale e la neurogenesi adulta) sono significativamente regolati dalla stimolazione dell’insulina sul cervello. Considerato il ruolo chiave della plasticità dell’ippocampo nell’apprendimento e nella memoria, si ritiene che le alterazioni della via del segnale dell’insulina nell’ippocampo possano influenzare le funzioni cognitive.

In tal senso numerose conferme provengono da studi su modelli sperimentali. Topi carenti di IR mostrano deficit nel test di riconoscimento degli oggetti (NOR) (24) e ratti Zucker diabetici mostrano performance cognitive inferiori nel labirinto d’acqua di Morris (MWM), in parallelo con una ridotta sensibilità all’insulina (24). Inoltre, uno studio recente condotto su ratti Goto-Kakizaki (GK), un modello non obeso di diabete di tipo 2 (DT2), mostra deficit di memoria spaziale e alterazione dell’LTP a livello dell’ippocampo (24). Nello stesso modello è stata riscontrata una riduzione dei livelli di SNAP25 e sinaptofisina che suggeriscono la degenerazione delle sinapsi (24). Inoltre, topi knockout per IRSp53 mostrano una compromissione dell’apprendimento e della memoria nei test MWM e NOR (24). Tuttavia, il deficit di IRS2 specifico del prosencefalo migliora la ritenzione della memoria nel MWM (16), suggerendo che gli hub molecolari della cascata dell’insulina possono interferire in modo diverso sul comportamento cognitivo.

In accordo con questi risultati, la stimolazione cerebrale cronica per otto settimane mediante somministrazione intranasale di insulina si è dimostrata in grado di migliorare la memoria negli esseri umani (25). Inoltre, valori più bassi sia della glicemia sia dell’emoglobina glicosilata (HbA1c) sono associati a prestazioni migliori nei test di memoria nell’uomo (26). Si ritiene che le modificazioni della insulino-sensibilità periferica possono dunque influenzare la salute e il funzionamento del cervello anche se alcuni risultati sono controversi. Topi carenti di IGF-1 solo nel fegato mostravano deficit di apprendimento e memoria nel MWM (24). Al contrario, l’iniezione intraperitoneale di insulina alterava la memoria spaziale e quella di lavoro in modo dose-dipendente (24). Sembra che l’impatto negativo della somministrazione di insulina periferica sulle funzioni cognitive possa essere dovuto all’abbassamento dei livelli di glucosio nel sangue, come indicato dall’effetto positivo dell’infusione simultanea di glucosio (24). In linea con questa ipotesi, la somministrazione periferica di insulina accresce la memoria verbale e l’attenzione in soggetti sani in condizioni euglicemiche (27).

Per evitare gli effetti collaterali della somministrazione sistemica di insulina, alcuni ricercatori hanno studiato nei ratti l’impatto dell’iniezione intracerebroventricolare di insulina sulle funzioni cognitive, evidenziando che gli effetti sembrano essere correlati alla dose. Alte dosi di insulina migliorano significativamente l’apprendimento spaziale e la memoria nel test MWM, mentre basse dosi riducono le prestazioni cognitive (24). È stato ipotizzato che gli effetti negativi dell’insulina sulla memoria spaziale possano dipendere dalla attivazione dei recettori GABAA o dalla inibizione dei recettori AMPA dopo trattamento con insulina (28). In generale, i risultati ottenuti su pazienti e roditori suggeriscono che l’insulina svolge un ruolo fondamentale sia per la formazione sia per la conservazione della memoria.

EFFETTI DELL’INSULINO-RESISTENZA CEREBRALE SULLE FUNZIONI COGNITIVE

Gli studi descritti nei paragrafi precedenti supportano la visione secondo cui i cambiamenti del segnale dell’insulina o della insulino-sensibilità nell’ippocampo possono alterare i circuiti molecolari coinvolti nella plasticità sinaptica e nella neurogenesi dell’adulto, portando così a un ridotta “longevità mentale” (il mantenimento delle capacità cognitive nel corso della vita) e a un aumentato rischio dello sviluppo di patologie neurodegenerative. In particolare, mentre la restrizione calorica promuove la sopravvivenza neuronale e migliora le funzioni cognitive, l’eccesso di nutrienti danneggia la salute del cervello e accelera il declino cognitivo (29). L’eccesso di nutrienti causa l’iperattivazione del segnale dell’insulina in tutti i tessuti che esprimono l’IR, portando alla desensibilizzazione delle cascate molecolari ad esso associate. La insulino-resistenza cerebrale (IRC) diminuisce la capacità delle cellule cerebrali di rispondere all’insulina e abolisce gli effetti metabolici e funzionali di questo ormone sul cervello (4). Questa alterazione potrebbe essere causata da una minore espressione di IR o dalla scarsa attivazione della via del segnale dell’insulina. Gli effettori a valle dell’IR possono diventare insensibili alla stimolazione insulinica, con conseguente incapacità delle cellule cerebrali di rispondere all’ormone e compromissione della plasticità cerebrale. Nel mondo occidentale, l’allarmante aumento dell’incidenza di disordini metabolici, tra cui insulino-resistenza, obesità e DT2, si accompagna ad un incremento della prevalenza del declino cognitivo. Obesità e infiammazione influenzano negativamente il trasporto di insulina al cervello e una diminuzione dei livelli di insulina nel liquido cerebrospinale, nonostante i livelli più elevati di questo ormone nel plasma, sono stati osservati in pazienti con DT2 e/o obesità (30).

Alterazioni della plasticità ippocampale nei modelli di IRC

L’alimentazione di modelli animali con una dieta ricca di grassi (DRG) induce alterazioni metaboliche simili a quelle osservabili nelle patologie metaboliche umane. La DRG causa obesità, compromette le funzionalità delle cellule beta pancreatiche con conseguente iperglicemia, determina insulino-resistenza periferica e dislipidemia (31). Molti studi hanno analizzato i cambiamenti strutturali e funzionali della neuroplasticità in modelli sperimentali di insulino-resistenza. Più specificamente, la DRG determina la diminuzione della neurogenesi nel giro dentato dell’ippocampo, l’alterazione dell’integrità della BEE, e una riduzione della densità delle spine dendritiche e del numero di sinapsi, con conseguenti effetti dannosi sulle funzioni cerebrali (32). In particolare, la DRG altera il segnale dell’insulina nell’ippocampo e riduce l’espressione di proteine ​​sinaptiche (32). Tuttavia, gli effetti più significativi si verificano sulla plasticità sinaptica. Ratti Zucker, in parallelo con la perdita della sensibilità all’insulina, mostrano una compromissione del LTP nelle sinapsi che intercorrono tra le aree CA3-CA1 dell’ippocampo (24).

È stato dimostrato che obesità e DT2 inducono insulino-resistenza nell’ippocampo come conseguenza di cambiamenti metabolici, tra cui l’alterazione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA) che porta ad aumento dei livelli di glucocorticoidi circolanti. Tali ormoni inibiscono, nell’ippocampo di ratto, la traslocazione di GLUT4 verso la membrana plasmatica (33). Mentre, in topi db/db insulino-resistenti, il ripristino dei livelli fisiologici di glucocorticoidi permette il recupero della plasticità sinaptica nell’ippocampo (33). Un diverso modello di IRC è ottenuto mediante iniezione intracerebrale di streptozotocina (STZ). La STZ altera le funzioni cognitive riducendo l’attività della proteina neuroprotettiva SIRT1 che, assieme al fattore di trascrizione CREB, regola l’espressione della neurotrofina BDNF che promuove la neuroplasticità (33). Per meglio chiarire il ruolo funzionale della insulino-resistenza nell’ippocampo, basti pensare che il silenziamento dell’espressione di IR determinava deficit nella trasmissione sinaptica e nell’apprendimento spaziale, in parallelo con la inibizione dell’espressione della subunità GluN2B del recettore NMDA e una ridotta fosforilazione della subunità GluA1 del recettore AMPA, senza alterare i parametri metabolici periferici (es. peso corporeo, adiposità, omeostasi del glucosio) (34).

Recentemente, il nostro gruppo ha identificato un nuovo circuito molecolare che lega la IRC e l’alterata funzione del recettore del glutammato, alla base della compromissione della plasticità sinaptica nell’ippocampo di topi alimentati con DRG (35). In particolare, abbiamo scoperto che la DRG induceva accumulo di acido palmitico e l’espressione dell’enzima palmitoil-transferasi zDHHC3 che determinava l’iper-palmitoilazione di GluA1 nell’ippocampo. L’eccessiva palmitoilazione impediva l’attivazione e la traslocazione di GluA1 verso le sinapsi. La stimolazione in vitro dei neuroni ippocampali con un cocktail di insulina e acido palmitico era in grado di replicare le alterazioni molecolari osservate in vivo, inibendo la localizzazione di GluA1 sulla membrana sinaptica e le correnti AMPA nelle sinapsi glutamatergiche. Infine, sia il silenziamento di zDHHC3 che l’aumentata espressione di un mutante di GluA1 non palmitoilabile nell’ippocampo abolivano il deficit di plasticità sinaptica indotto dalla insulino-resistenza. Il nostro studio ha aggiunto un nuovo tassello alla conoscenza dei meccanismi che regolano la plasticità sinaptica nell’ippocampo da parte della cascata di segnale dell’insulina e proposto un nuovo meccanismo molecolare che potenzialmente collega la IRC e il declino cognitivo. Altri meccanismi alla base dei deficit di apprendimento indotti da un eccesso di acidi grassi includono l’alterato metabolismo del colesterolo, lo stress ossidativo, le disfunzioni endoteliali e la deplezione di neurotropine (Fig. 2).

Le malattie metaboliche possono danneggiare le funzioni cognitive attraverso molteplici meccanismi interconnessi tra di loro. L’insulino-resistenza cerebrale, lo stress ossidativo, le alterazioni del microbiota intestinale, la neuroinfiammazione e le disfunzioni neuroendocrine possono favorire lo sviluppo della neurodegenerazione.

A sostegno di ciò è stato visto che topi alimentati con DRG mostrano livelli più elevati di specie reattive dell’ossigeno (ROS), superossido e perossinitrito nel cervello rispetto ai controlli, che causano la riduzione dei livelli di BDNF e deficit cognitivi nella memoria spaziale (36). Inoltre, studi epidemiologici hanno dimostrato che il consumo di diete arricchite in colesterolo si associa a scarse prestazioni cognitive nell’uomo (36). Inoltre, nei ratti la DRG determina una sostenuta attivazione della microglia con conseguente danno alla BEE e compromissione della memoria spaziale e di lavoro (36). Infine, è altrettanto interessante sottolineare come la DRG inibisca nei roditori obesi il trasporto attraverso la BEE di molecole neuroendocrine, come ghrelina e leptina, che promuovono la plasticità sinaptica e le funzioni cognitive.

Alterazioni cognitive nei modelli di IRC

Evidenze epidemiologiche indicano che le alterazioni metaboliche che si verificano nel DT2, come iperglicemia e iperinsulinemia, correlano positivamente con il deterioramento cognitivo e i pazienti diabetici mostrano una maggiore suscettibilità allo sviluppo di demenza. La disregolazione dell’omeostasi del glucosio aumenta il rischio di demenza nei pazienti diabetici e non diabetici (37) ed è associata a riduzione del volume dell’ippocampo e a declino cognitivo (25). Inoltre, studi longitudinali hanno dimostrato che anche i pazienti con diabete di tipo 1 (DT1) possono essere affetti da compromissione cognitiva lieve-grave correlata all’età di esordio della malattia e alle complicanze microvascolari (38). In questi pazienti la somministrazione di insulina è fondamentale per promuovere l’omeostasi del glucosio e per ridurre le complicanze vascolari, ma, al tempo stesso, espone al rischio di episodi di ipoglicemia, i quali possono compromettere, essi stessi, le funzioni cognitive. Tuttavia, il ruolo dell’ipo- o iperinsulinemia nelle alterazioni cognitive correlate al DT1 deve ancora essere chiarito.

Numerosi studi clinici hanno rilevato performance cognitive peggiori e una maggiore incidenza di demenza nei soggetti con DT2 (39). In accordo, studi di meta-analisi hanno dimostrato che nei pazienti diabetici il rischio per tutti i tipi di demenza è aumentato del 60-73% (40).

L’alterazione del segnale dell’insulina a livello cerebrale può avere un impatto negativo sulle funzioni cognitive anche in assenza di DT2 e prima dell’inizio dell’obesità. Diversi studi hanno dimostrato deficit nell’apprendimento e nella memoria spaziale dipendenti dall’ippocampo associati all’assunzione di dieta occidentale (41). È interessante notare che i disturbi della memoria spaziale si verificavano già dopo il consumo a breve termine. Ciò suggerisce che l’ippocampo è un’area cerebrale molto sensibile allo stress metabolico e che il deterioramento della memoria può insorgere prima dello sviluppo di alterazioni metaboliche per effetto della dieta sui tessuti periferici. In particolare, il consumo di una DRG riduce l’espressione di proteine ​​di adesione cellula-cellula aumentando la permeabilità della BEE selettivamente nell’ippocampo (36).

Tuttavia, è opportuno ricordare che l’insulino-resistenza periferica e l’obesità indotte dalla dieta si associano ad altri cambiamenti che possono concorrere alla disfunzione neurocognitiva (Fig. 2). Ad esempio, esse inducono un’infiammazione sistemica e centrale con alti livelli di interleuchine proinfiammatorie circolanti che riducono le funzioni esecutive (36). L’obesità altera anche l’HPA causando una maggiore secrezione di glucocorticoidi, che sono stati associati a riduzione del volume dell’ippocampo, alterazione della memoria e dell’umore (36). Inoltre, i topi privi specificamente del recettore dell’insulina nel cervello (topi NIRKO) mostrano cambiamenti nel turnover della dopamina associati ad ansia e comportamenti depressivi (42). Anche la disbiosi intestinale indotta dalla dieta può avere un impatto negativo sull’asse intestino-cervello, promuovendo così la resistenza all’insulina e il deterioramento cognitivo (43). Infine, l’esposizione alla DRG durante le prime fasi della vita si associa ad una compromissione dell’apprendimento e della memoria spaziale, suggerendo che l’alterazione del segnale dell’insulina possa influenzare negativamente la funzione cognitiva in ogni fase della vita.

IRC, invecchiamento cerebrale e malattie neurodegenerative

I pazienti con diabete presentano un aumentato rischio di demenza, ma i meccanismi alla base della relazione tra insulino-resistenza, DT2 e AD sono ancora poco noti. Indubbiamente, le complicanze micro- e macro-vascolari del DT2 possono aumentare il rischio di malattia cerebrovascolare, deterioramento cognitivo e demenza vascolare (44). In aggiunta, il danno della BEE e la neuroinfiammazione possono essere coinvolti nell’invecchiamento cerebrale accelerato (36). Inoltre, l’iper-insulinemia promuove la formazione di prodotti finali della glicazione avanzata e ROS che causano neurotossicità e danni cerebrali. Nonostante l’insulina eserciti un ruolo neurotrofico a concentrazioni moderate, livelli più alti di questo ormone possono associarsi ad un aumento della deposizione di amiloide-β (Aβ) nel cervello a causa della competizione per il loro comune meccanismo di clearance, l’enzima degradante l’insulina IDE. A tal proposito, l’AD è stata paragonata ad una forma di diabete di tipo 3, sulla base dell’evidenza dello sviluppo di IRC nei cervelli di pazienti con AD (45). La sintesi di insulina diminuisce in aree cerebrali quali corteccia frontale, ippocampo e ipotalamo durante l’invecchiamento e in concomitanza con la progressione dell’AD. Studi di neuroimaging e analisi di biomarcatori hanno evidenziato come i pazienti con DT2 mostrino alterazioni sia del metabolismo glucidico a livello cerebrale che del contenuto di proteina tau fosforilata nel liquido cerebrospinale, caratteristiche osservate anche nell’AD (46). Inoltre, l’analisi postmortem di cervelli di soggetti con AD ha mostrato nell’ippocampo alterazioni del segnale dell’insulina, paragonabili alla insulino-resistenza periferica, in parallelo con i segni istopatologici della neurodegenerazione (47).

È interessante notare che il DT2 e l’AD condividono anche alcune caratteristiche metaboliche che promuovono l’invecchiamento cerebrale. I pazienti con AD mostrano iperinsulinemia e ridotta insulino-sensibilità periferica, mentre i livelli di insulina nel liquido cerebrospinale sono diminuiti (48). A tal riguardo, l’iperinsulinemia periferica prolungata può ridurre il trasporto di insulina nel cervello a causa della ridotta espressione di IR nella BEE. L’assorbimento di insulina a livello cerebrale è compromesso sia nell’invecchiamento che nell’AD, anche indipendentemente dal T2D. Studi recenti suggeriscono che l’insulina sia in grado di influenzare l’accumulo di Aβ e la compromissione della plasticità sinaptica e della memoria (36). La somministrazione intranasale di insulina si è mostrata efficace nel migliorare le funzioni cognitive nell’uomo (25). Tuttavia, uno studio clinico su pazienti con lieve deterioramento cognitivo (MCI) o AD moderato non ha rilevato effetti significativi sulle performance cognitive a lungo termine in seguito alla somministrazione intranasale di insulina (49). Comunque, l’IRC sembra poter svolgere un ruolo chiave nella correlazione tra malattie metaboliche e neurodegenerative, indipendentemente dai meccanismi cerebrovascolari, e identificare biomarcatori di IRC potrebbe rappresentare un valido strumento per la diagnosi precoce e il follow-up delle malattie neurodegenerative, e per la valutazione delle complicanze cerebrali nelle malattie metaboliche.

BIOMARCATORI DI INSULINO-RESISTENZA CEREBRALE

In considerazione della stretta relazione tra malattie metaboliche, IRC e declino cognitivo, sta emergendo la necessità di identificare biomarcatori in grado di rilevare l’IRC prima, o eventualmente anche in assenza, di insulino-resistenza periferica, che possano essere predittivi dei deficit cognitivi correlati all’età e alla demenza. I biomarcatori ideali dovrebbero essere affidabili, semplici da misurare, non invasivi e poco costosi. A questo proposito, il dosaggio delle proteine ​​Aβ e tau nel liquido cerebrospinale è invasivo e in grado di rilevare una patologia già in fase di sviluppo. Per questi motivi, negli ultimi anni diversi studi si sono concentrati sulla valutazione del metabolismo del glucosio a livello cerebrale e sull’analisi delle vescicole extracellulari derivate dal cervello estratte dal sangue, quali biomarcatori precoci della IRC e del declino cognitivo.

Il metabolismo cerebrale del glucosio è strettamente correlato all’attività neuronale. Pertanto è possibile, mediante l’imaging delle aree con diminuito metabolismo glucidico, identificare aree di ridotta attività sinaptica. Il metodo più frequentemente utilizzato per l’imaging metabolico cerebrale è la tomografia a emissione di positroni (PET) con [18F] fluorodeossiglucosio (FDG). Il ridotto metabolismo del glucosio cerebrale rappresenta uno dei primi segni di AD, e studi condotti su pazienti e modelli sperimentali suggeriscono che alterazioni del metabolismo cerebrale del glucosio sono associate alla progressione dell’AD (50).

In un modello murino di AD nelle prime fasi della patologia si osserva una riduzione del trasporto di glucosio attraverso la BEE e del rilascio di lattato cerebrale durante l’attivazione neuronale. Alterazioni del metabolismo cerebrale del glucosio simili ai cambiamenti osservati nei pazienti con AD si osservano anche in disordini metabolici come l’obesità o il DT2 (51). Tuttavia, rimane ancora da chiarire se le alterazioni al neuroimaging del metabolismo cerebrale del glucosio anticipino lo sviluppo della neurodegenerazione o siano la conseguenza della IRC che si manifesta in queste aree.

Più recentemente, sono state sviluppate strategie molecolari per isolare selettivamente esosomi derivati ​​dal cervello (BDE) da fluidi biologici quali sangue, urina o saliva (52). Gli esosomi sono vescicole extracellulari che possono trasportare molecole (ad esempio proteine, lipidi, acidi nucleici) anche a notevole distanza e che stanno emergendo come nuovi potenziali biomarcatori per le malattie umane. Diverse proteine ​​patogene che sono coinvolte in malattie neurodegenerative, tra cui l’AD, sono caricate in vescicole e poi secrete all’esterno della cellula attraverso gli esosomi. In particolare, alterazioni dei marcatori molecolari di insulino-resistenza (come la elevata fosforilazione in serina e la diminuita fosforilazione in tirosina di IRS-1) sono stati identificati in esosomi di origine cerebrale estratti dal sangue di pazienti affetti da AD già 10 anni prima dell’inizio dei sintomi (53). Infine, i biomarcatori esosomiali di IRC sono stati associati a una maggiore atrofia cerebrale nei pazienti con AD suggerendo il potenziale ruolo di queste microvescole derivate ​​dal cervello quali biomarcatori della via del segnale cerebrale dell’insulina e del danno associato a malattie metaboliche e neurodegenerative.

CONCLUSIONI

Le molecole coinvolte nell’omeostasi metabolica sono ormai riconosciute come modulatori della plasticità dell’ippocampo e l’alterazione del loro equilibrio ha un forte impatto sul cervello a livello funzionale e comportamentale. L’insulina esercita un ruolo trofico sul cervello e può anche agire come un segnale di omeostasi metabolica positiva che promuove la neuroplasticità, un processo che richiede un elevato dispendio energetico. L’insulina svolge un ruolo fondamentale nella regolazione dell’omeostasi del SNC e di funzioni superiori come apprendimento e memoria, controllando sia il destino delle CSN sia l’attività della rete di neuroni maturi. A tal proposito, l’identificazione dei circuiti molecolari alla base degli effetti dell’insulina sulla plasticità cerebrale può contribuire a comprendere i meccanismi che regolano la neuroplasticità in condizioni fisiologiche e la cui disregolazione è coinvolta in patologie caratterizzate da alterata plasticità neurale, come il DT2 e l’AD.

Ad oggi, non abbiamo ancora una comprensione esaustiva di come l’insulino-resistenza sistemica e cerebrale siano correlate all’invecchiamento cerebrale e all’AD, ma evidenze cliniche e sperimentali indicano che l’insulina può rappresentare uno strumento terapeutico per pazienti con deficit cognitivi e un valore aggiunto nel trattamento della demenza. La disponibilità di protocolli per l’isolamento dei BDE, come altri biomarcatori del metabolismo cerebrale rilevabili nel plasma, rappresenterà uno strumento aggiuntivo negli studi clinici per identificare nuovi approcci terapeutici per la medicina personalizzata nelle malattie neurodegenerative.

Conflitto di interessi

  • Gli autori dichiarano che non vi è alcun conflitto di interessi in merito alla pubblicazione di questo documento.

Fonti di finanziamento

  • Questo lavoro è stato sostenuto in parte da fondi di ricerca dell’Università Cattolica del Sacro Cuore (Linea D 3.2 2017 a C. G.) e del Ministero dell’Università e della Ricerca (SIR 2014 RBSI14ZV59 a S.F.).

BIBLIOGRAFIA

  1. Debons AF, Krimsky I, and From A. A direct action of insulin on the hypothalamic satiety center. Am J Physiol 219: 938-943, 1970.
  2. Zhao WQ, and Alkon DL. Role of insulin and insulin receptor in learning and memory. Mol Cell Endocrinol 177: 125-134, 2001.
  3. Mainardi M, Fusco S, and Grassi C. Modulation of hippocampal neural plasticity by glucose-related signaling. Neural Plast 2015: 657928, 2015.
  4. Kullmann S, Heni M, Hallschmid M, et al. Brain Insulin Resistance at the Crossroads of Metabolic and Cognitive Disorders in Humans. Physiol Rev 96: 1169-1209, 2016.
  5. Dienel GA. Fueling and imaging brain activation. ASN Neuro 4, 2012.
  6. Shepherd PR and Kahn BB. Glucose transporters and insulin action. Implications for insulin resistance and diabetes mellitus. New Engl J Med 341: 248-257, 1999.
  7. Duelli R. andKuschinsky W. Brain glucose transporters: relationship to local energy demand. News Physiol Sci 16: 71-76, 2001.
  8. Belfiore A, Frasca F, Pandini G, et al. Insulin receptor isoforms and insulin receptor/insulin-like growth factor receptor hybrids in physiology and disease. Endocr Rev 30: 586-623, 2009.
  9. Fernandez AM, and Torres-Aleman I. The many faces of insulin-like peptide signalling in the brain. Nat Rev Neurosci 13: 225-239, 2012.
  10. Stoica L, Zhu PJ, Huang W, et al. Selective pharmacogenetic inhibition of mammalian target of Rapamycin complex I (mTORC1) blocks long-term synaptic plasticity and memory storage. Proceedings of the National Academy of Sciences 108: 3791-3796, 2011.
  11. Adams JP and Sweatt JD. Molecular psychology: roles for the ERK MAP kinase cascade in memory. Annu Rev Pharmacol Toxicol 42: 135-163, 2002.
  12. Woods S, Randy C, Seeley J, et al. Insulin and the blood-brain barrier. Current pharmaceutical design 9: 795, 2003.
  13. Nakahata Y, and Yasuda R. Plasticity of Spine Structure: Local Signaling, Translation and Cytoskeletal Reorganization. Front Synaptic Neurosci 10: 29, 2018.
  14. Lee CC, Huang CC and Hsu KS. Insulin promotes dendritic spine and synapse formation by the PI3K/Akt/mTOR and Rac1 signaling pathways. Neuropharmacology 61: 867-879, 2011.
  15. Skeberdis VA, Lan J, Zheng X, et al. Insulin promotes rapid delivery of N-methyl-D-aspartate receptors to the cell surface by exocytosis. Proceedings of the National Academy of Sciences 98: 3561-3566, 2001.
  16. Irvine EE, Drinkwater L, Radwanska K, et al. Insulin receptor substrate 2 is a negative regulator of memory formation. Learning memory 18: 375-383, 2011.
  17. Choi J, Ko J, Racz B, et al. Regulation of dendritic spine morphogenesis by insulin receptor substrate 53, a downstream effector of Rac1 and Cdc42 small GTPases. J Neurosci 25: 869-879, 2005.
  18. Glasper ER1, Llorens-Martin MV, Leuner B, et al. Blockade of insulin-like growth factor-I has complex effects on structural plasticity in the hippocampus. Hippocampus 20: 706-712, 2010.
  19. van Praag H, Schinder AF, Christie BR, et al. Functional neurogenesis in the adult hippocampus. Nature 415: 1030-1034, 2002.
  20. Chell JM., and Brand AH. Nutrition-responsive glia control exit of neural stem cells from quiescence. Cell 143: 1161-1173, 2010.
  21. Cavallucci V, Fidaleo M andPani G. Neural Stem Cells and Nutrients: Poised Between Quiescence and Exhaustion. Trends Endocrinol Metab 27(11): 756-769, 2016.
  22. Fusco S, Leone L, Barbati SA, et al. A CREB-Sirt1-Hes1 Circuitry Mediates Neural Stem Cell Response to Glucose Availability. Cell Rep 14: 1195-1205, 2016.
  23. Renault VM, Rafalski VA, Morgan AA, et al. FoxO3 regulates neural stem cell homeostasis. Cell Stem Cell 5: 527-539, 2009.
  24. Mainardi M, Fusco S and Grassi C. Modulation of hippocampal neural plasticity by glucose-related signaling. Neural Plast 2015: 657928, 2015.
  25. Benedict C, Hallschmid M, Hatke A, et al. Intranasal insulin improves memory in humans. Psychoneuroendocrinology 29: 1326-1334, 2004.
  26. Kerti L, Witte AV, Winkler A, et al. Higher glucose levels associated with lower memory and reduced hippocampal microstructure. Neurology 81: 1746-1752, 2013.
  27. Kern W, Peters A, Fruehwald-Schultes B, et al. Improving influence of insulin on cognitive functions in humans. Neuroendocrinology 74: 270-280, 2001.
  28. Moosavi M, Naghdi N, Maghsoudi N, and Zahedi SA. The effect of intrahippocampal insulin microinjection on spatial learning and memory. Horm Behav 50: 748-752, 2006.
  29. Fusco S, and Pani G. Brain response to calorie restriction. Cell Mol Life Sci 70: 3157-3170, 2013.
  30. Heni M, Schöpfer P, Peter A, et al. Evidence for altered transport of insulin across the blood-brain barrier in insulin-resistant humans. Acta Diabetol 51(4): 679-681, 2014.
  31. Wong SK, Chin KY, Suhaimi FH, et al. Animal models of metabolic syndrome: a review. Nutr Metab (Lond) Oct 4; 13: 65, 2016.
  32. Fadel JR, and Reagan LP. Stop signs in hippocampal insulin signaling: the role of insulin resistance in structural, functional and behavioral deficits. Curr Opin Behav Sci 9: 47-54, 2016.
  33. Stranahan AM, Arumugam TV, Cutler RG, et al. Diabetes impairs hippocampal function through glucocorticoid-mediated effects on new and mature neurons. Nat Neurosci 11: 309-317, 2008.
  34. Grillo CA, Piroli GG, Lawrence RC, et al. Hippocampal Insulin Resistance Impairs Spatial Learning and Synaptic Plasticity. Diabetes 64: 3927-3936, 2015.
  35. Spinelli M, Fusco S, Mainardi M, et al. Brain insulin resistance impairs hippocampal synaptic plasticity and memory by increasing GluA1 palmitoylation through FoxO3a. Nat Commun 8: 2009, 2017.
  36. Arnold SE, Arvanitakis Z, Macauley-Rambach SL, et al. Brain insulin resistance in type 2 diabetes and Alzheimer disease: concepts and conundrums. Nat Rev Neurol 14(3): 168-181, 2018.
  37. Crane PK, Walker R, and Larson EB. Glucose levels and risk of dementia. N Engl J Med 369: 1863-1864, 2013.
  38. Moheet A, Mangia S, and Seaquist ER. Impact of diabetes on cognitive function and brain structure. Ann N Y Acad Sci Sep 1353: 60-71, 2015.
  39. Davis WA, Zilkens RR, Starkstein SE, et al. Dementia onset, incidence and risk in type 2 diabetes: a matched cohort study with the Fremantle Diabetes Study Phase I. Diabetologia 60: 89-97, 2017.
  40. Chatterjee S, Peters SAE, Woodward M, et al. Type 2 diabetes as a risk factor for dementia in women compared with men: a pooled analysis of 2.3 million people comprising more than 100,000 cases of dementia. Diabetes Care 39: 300-307, 2016.
  41. Molteni R, Barnard RJ, Ying Z, et al. A high-fat, refined sugar diet reduces hippocampal brain-derived neurotrophic factor, neuronal plasticity, and learning. Neuroscience 112: 803-814, 2002.
  42. Kleinridders A, Cai W, Cappellucci L, et al. Insulin resistance in brain alters dopamine turnover and causes behavioral disorders. Proc Natl Acad Sci U S A, 112: 3463-3468, 2015.
  43. Daulatzai MA. Chronic functional bowel syndrome enhances gut-brain axis dysfunction, neuroinflammation, cognitive impairment, and vulnerability to dementia. Neurochem Res 39: 624-644, 2014.
  44. Gorelick PB, Scuteri A, Black SE, et al. Council on Epidemiology American Heart Association Stroke Council, Council on Cardiovascular Nursing Council on Cardiovascular Radiology Prevention, Intervention, Surgery Council on Cardiovascular, and Anesthesia. Vascular contributions to cognitive impairment and dementia: a statement for healthcare professionals from the american heart association/american stroke association. Stroke 42: 2672-2713, 2011.
  45. Steen E, Terry BM, Rivera EJ, et al. Impaired insulin and insulin-like growth factor expression and signaling mechanisms in Alzheimer’s disease-is this type 3 diabetes? J Alzheimers Dis 7: 63-80, 2005.
  46. Moran C, Beare R, Phan TG, et al. Type 2 diabetes mellitus and biomarkers of neurodegeneration. Neurology 85: 1123-1130, 2015.
  47. Talbot K, Wang HY, Kazi H, et al. Demonstrated brain insulin resistance in Alzheimer’s disease patients is associated with IGF-1 resistance, IRS-1 dysregulation, and cognitive decline. J Clin Invest 122: 1316-1338, 2012.
  48. Craft S, Peskind E, Schwartz MW, et al. Cerebrospinal fluid and plasma insulin levels in Alzheimer’s disease: relationship to severity of dementia and apolipoprotein E genotype. Neurology 50: 164-168, 1998.
  49. Craft S, Claxton A, Baker LD, et al. Effects of Regular and Long-Acting Insulin on Cognition and Alzheimer’s Disease Biomarkers: A Pilot Clinical Trial. J Alzheimers Dis 57(4): 1325-1334, 2017.
  50. Kapogiannis D, and Mattson MP. Disrupted energy metabolism and neuronal circuit dysfunction in cognitive impairment and Alzheimer’s disease. Lancet Neurol 10: 187-198, 2011.
  51. Tschritter O, Preissl H, Hennige AM, et al. The cerebrocortical response to hyperinsulinemia is reduced in overweight humans: a magnetoencephalographic study. Proc Natl Acad Sci U S A 103: 12103-8, 2006.
  52. Fiandaca MS, Kapogiannis D, Mapstone M, et al. Identification of preclinical Alzheimer’s disease by a profile of pathogenic proteins in neurally derived blood exosomes: A case-control study. Alzheimers Dement 11: 600-607 e1, 2015.
  53. Kapogiannis D, Boxer A, Schwartz JB, et al. Dysfunctionally phosphorylated type 1 insulin receptor substrate in neural-derived blood exosomes of preclinical Alzheimer’s disease. FASEB J 29: 589-596, 2015.

[/protected]