Fonti alternative di beta cellule per la cura del diabete di tipo 1: limiti e potenzialità 

Medicina traslazionale: applicazioni cliniche della ricerca di base

a cura di Lorella Marselli, Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università degli Studi di Pisa 

Fonti alternative di β cellule per la cura del diabete di tipo 1: limiti e potenzialità 

Monia Cito(1), Silvia Pellegrini(1), Lorenzo Piemonti(1,2), Valeria Sordi(1)

(1)Diabetes Research Institute, IRCCS San Raffaele Scientific Institute, Milano, (2)Università Vita-Salute San Raffaele, Milano

DOI: 10.30682/ildia1802g

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PREMESSA

Il diabete di tipo 1 (T1D) è una malattia autoimmune caratterizzata dalla morte, causata dalle cellule T auto-reattive, delle cellule β producenti insulina (1). Il T1D contribuisce al 10% dei 422 milioni di casi di diabete in tutto il mondo. Sebbene non sia più considerato limitato ai bambini e agli adolescenti, il T1D è una delle più comuni malattie croniche dell’infanzia e la sua incidenza è in costante aumento; se i tassi di incidenza continuano ad aumentare con il trend attuale, l’incidenza globale potrebbe raddoppiare nel prossimo decennio [per una revisione vedi (2)]. Dal 1922, la somministrazione esogena di insulina è stata l’intervento salvavita più importante per tutti i pazienti affetti da T1D; tuttavia, il trattamento cronico con insulina è un’arma a doppio taglio poiché non riesce a prevenire complicanze a lungo termine come chetoacidosi, insufficienza renale, malattie cardiovascolari, neuropatia e retinopatia (3). L’unica possibile cura definitiva per questa malattia consiste nel fornire una nuova fonte di cellule β in grado di rilevare i livelli di zucchero nel sangue e secernere insulina in risposta ai diversi livelli di glucosio.

Negli ultimi vent’anni, il trapianto allogenico di isole pancreatiche, in presenza di una terapia immunosoppressiva, si è rivelato un approccio vincente di terapia cellulare per i pazienti T1D, che riportano un eccellente controllo della glicemia e un miglioramento delle complicanze croniche e della qualità della vita (4). 

Tuttavia, nonostante questi risultati promettenti, il trapianto di isole rimane un approccio terapeutico limitato, a causa della carenza di donatori, della variabilità delle isole umane isolate e della necessità di una immunosoppressione permanente. Per lungo tempo sono stati esplorati diversi approcci che utilizzano cellule staminali per supportare la sopravvivenza e la funzione delle isole in contesti pre-clinici e clinici (5). Attualmente però le strategie più avanzate per risolvere questi limiti sono focalizzate sulla differenziazione delle cellule staminali pluripotenti embrionali/indotte, la riprogrammazione delle cellule somatiche adulte e, più recentemente, la generazione di organi umani con l’approccio di una chimera e la terapia genica per indurre l’attivazione del gene bersaglio in vivo (Fig. 1).

Questo lavoro descrive i più importanti approcci di sostituzione β cellulare che sono stati sviluppati negli ultimi anni concentrandosi sui loro progressi, ostacoli e limiti.

β cellule da cellule staminali pluripotenti

La necessità di ottenere una fonte illimitata di β cellule pancreatiche ha stimolato studi sulla differenziazione delle cellule staminali pluripotenti (PSC) in cellule funzionali che secernono insulina. Cellule staminali embrionali (ESC) e cellule staminali pluripotenti indotte (iPSC) si sono rivelate i potenziali candidati più promettenti per il raggiungimento di questo obiettivo a causa del loro elevato potenziale differenziativo e della loro illimitata capacità di proliferazione mantenendo uno stato indifferenziato (auto-rinnovamento) (6). 

Nel 2006 Novocell (attualmente ViaCyte, Inc.) ha sviluppato per la prima volta un efficiente protocollo in vitro in grado di mimare l’organogenesi pancreatica che avviene in vivo al fine di differenziare le ESC in cellule che producono insulina. Le cellule derivate dalle ESC di Viacyte producevano fino al 7% di cellule producenti insulina, ma non erano in grado di rispondere alla stimolazione del glucosio, proprietà essenziale delle cellule β, a causa del loro stato funzionale immaturo (7). Due anni dopo, gli stessi autori hanno riportato un nuovo approccio differenziativo, trapiantando cellule dell’endoderma pancreatico derivate dalle ESC in topi immunodeficienti e ottenendo, dopo un periodo di 3 mesi di differenziazione e maturazione spontanea in vivo, cellule endocrine sensibili allo stimolo del glucosio. In effetti, 3 mesi dopo l’impianto, i livelli di insulina umana nei sieri dei topi erano sufficienti a proteggere completamente i topi contro l’iperglicemia indotta da streptozotocina (STZ) (8). Questi risultati hanno gettato le basi per la prima sperimentazione clinica di fase I/II iniziata nel 2014 (identificativo ClinicalTrials.gov: NCT02239354) di ViaCyte. In breve, i progenitori pancreatici derivati dalle ESC umane (denominati PEC-01) sono stati incapsulati in un dispositivo medico di protezione immunitaria (denominato Encaptra drug delivery system) e trapiantati in una piccola coorte di pazienti con T1D. Questo studio mira a valutare la sicurezza, la tollerabilità a lungo termine e l’efficacia di questo sistema e i risultati dovrebbero essere pubblicati a breve.

Negli ultimi dieci anni sono state apportate diverse modifiche al protocollo iniziale di Viacyte, al fine di ottenere un arricchimento di cellule endocrine pancreatiche derivanti dalla differenziazione di PSC in vitro. I protocolli più promettenti sono stati pubblicati nel 2014 (9-10) e mostrano miglioramenti nella capacità di secrezione di insulina delle cellule pancreatiche derivate da PSC. Rezania e colleghi hanno descritto un protocollo di differenziazione in vitro a sette stadi che porta a una conversione efficiente delle ESC in cellule secernenti insulina sensibili agli stimoli di glucosio. Infatti queste cellule, in un test di secrezione statica di insulina in risposta al glucosio in vitro, hanno mostrato un pattern di secrezione insulinica simile a quella delle isole umane e sono in grado di revertire la malattia in topi diabetici due mesi dopo il trapianto (9). In parallelo, il gruppo di Melton a Harvard ha sviluppato una strategia diversa utilizzando un sistema di coltura cellulare tridimensionale e ha ottenuto cellule β mature, mono-ormonali e funzionali derivate da cellule staminali pluripotenti. Dopo solo due settimane dal trapianto, la produzione di insulina umana è stata in grado di migliorare l’iperglicemia nei topi NRG-Akita (10). 

La principale differenza tra queste importanti pubblicazioni consiste effettivamente nel grado di maturazione delle cellule impiantate e nella conseguente tempistica di reversione della malattia: (i) le cellule progenitrici pancreatiche derivate da ESC di Viacyte richiedono un periodo di 3 mesi di maturazione in vivo per poter ripristinare la normoglicemia, (ii) le cellule β pancreatiche mature generate da Rezania e colleghi sono in grado di secernere insulina dopo un periodo di soli 40 giorni di ulteriore maturazione in vivo, mentre (iii) le cellule β funzionali dal gruppo Melton sono in grado di migliorare l’iperglicemia dopo solo due settimane. Se sia meglio trapiantare cellule β mature o cellule progenitrici pancreatiche capaci di un’elevata efficienza differenziativa in vivo è ancora in discussione e i risultati degli studi clinici in corso con le cellule progenitrici forniranno un punto importante su questo argomento. Naturalmente, la scelta delle cellule a differenti stadi di maturazione ha implicazioni anche sul tema della sicurezza, dal momento che si presume che le cellule allo stadio di progenitori abbiano una maggiore capacità proliferativa e un certo grado di plasticità residua, che dovrebbe drasticamente ridursi nelle cellule differenziate mature, rendendo queste ultime più sicure.

Nonostante questi risultati incoraggianti, rimangono ancora numerosi problemi associati all’uso di ESC: principalmente il tema etico sollevato dall’utilizzo di embrioni umani per la produzione di linee ESC e il rigetto di queste linee cellulari da parte del sistema immunitario dei riceventi in caso di trapianto. Per superare questi problemi, nel 2007 sono state generate cellule pluripotenti umane a partire da cellule somatiche grazie al protocollo di riprogrammazione di Yamanaka (11). Da allora in avanti, parallelamente a quelli sulle ESC, sono stati pubblicati con buoni risultati diversi protocolli per differenziare iPSC umane derivate da individui sani o con diabete in cellule β pancreatiche (10, 12-14). Questo approccio potrebbe portare a terapie “personalizzate” in grado di prevenire il rigetto allogenico del trapianto. IPSC autologhe potrebbero essere infatti ottenute da cellule somatiche di soggetti con T1D (15) o mediante trasferimento di nuclei di cellule somatiche in ovociti, altra strategia in grado di dare origine a cellule staminali pluripotenti equivalenti alle ESC. Le cellule staminali pluripotenti ottenute da entrambe queste tecnologie hanno dimostrato di essere in grado di differenziare in modo efficiente in cellule producenti insulina (18-19). Tuttavia, l’approccio terapeutico legato all’utilizzo di PSC differenziate in vitro o in vivo è ancora molto dibattuto a causa della possibilità di formazione di tumori, legati all’eventuale presenza di cellule indifferenziate residue fra le cellule producenti insulina ottenute tramite il differenziamento in vitro (8, 20) e alla reazione auto/alloimmune contro le cellule β derivate dalle PSC trapiantate in vivo.

In particolare, la sicurezza del prodotto finale cellulare rimane un punto fondamentale da considerare nell’ottica di una terapia di trapianto basata sulle PSC. Le possibili soluzioni includono la generazione di linee iPSC il più possibile sicure, la purificazione delle cellule differenziate o l’incapsulamento cellulare in “devices”. 

Le strategie più promettenti al momento sono:

Metodi di trasferimento non virali e non integranti (trasposoni, trasduzione di proteine e trasfezione di RNA / miRNA) di geni per la riprogrammazione di cellule somatiche in iPSC, che riducono l’inserimento casuale dei transgeni nel genoma ospite rispetto ai precedenti metodi di trasduzione con retrovirus e lentivirus [per revisione vedi (21)]. Con queste nuove strategie è possibile ottenere iPSC senza integrazione di transgeni nel genoma, in modo da evitare la mutagenesi inserzionale, l’espressione residua e la riattivazione dei fattori di riprogrammazione.

Identificazione di marcatori di superficie che consentono la selezione della popolazione cellulare desiderata o l’eliminazione di cellule indesiderate come quelle pluripotenti residue. Il primo sforzo in questo senso è stato fatto da ViaCyte, che ha identificato CD142 (Tissue Factor) come un nuovo marker di superficie per la selezione delle cellule progenitrici pancreatiche ottenute attraverso la differenziazione di ESC per aumentarne la purezza; le cellule CD142+ trapiantate in vivo danno origine a tutte le linee cellulari pancreatiche, comprese cellule funzionali che producono insulina (22). Successivamente, altri gruppi hanno proposto marcatori alternativi (23-24) ma il più recente e promettente marker di superficie delle cellule progenitrici pancreatiche identificato è GP2 (pancreatic secretory granule membrane major glycoprotein 2). GP2 è espresso in combinazione con NKX6.1 e PTF1α, fattori di trascrizione chiave nello sviluppo del pancreas, ed è stato dimostrato che le cellule GP2+ derivate da PSC, differenziate in progenitori pancreatici che esprimono alti livelli di NKX6.1, generano cellule β in modo più efficiente rispetto alla frazione GP2 (25-26). Inoltre, sono stati studiati nuovi approcci per aumentare la sicurezza delle cellule differenziate dalle PSC mediante l’eliminazione delle cellule pluripotenti dalle colture di PSC terminalmente differenziate che utilizzano approcci genetici, chimici o basati sull’utilizzo di anticorpi. Ad esempio, Lee e colleghi hanno dimostrato che inibitori chimici di Survivina (come la quercetina o YM155) inducono la morte cellulare selettiva e completa di cellule pluripotenti umane indifferenziate (27), mentre Ben-David e colleghi, utilizzando metodiche di high-throughput screening con oltre 52.000 molecole, hanno identificato un inibitore di SCD1 (Stearoyl-CoA desaturase-coA) in grado di eliminare selettivamente le PSC (28). Negli ultimi anni sta prendendo piede anche l’approccio fotodinamico: è stato dimostrato che CDy1, una sonda fluorescente selettiva per le PSC, è in grado di portare alla produzione di ROS mitocondriale in seguito a irradiamento con luce visibile e conseguente morte selettiva delle PSC, evitando la formazione di teratomi (29). Un ulteriore approccio è stato l’introduzione di un gene suicida sotto il controllo del promotore NANOG che porta alla rimozione selettiva di PSC indifferenziate da colture cellulari differenziate dopo il trattamento farmacologico (30). Inoltre, è stata sperimentata l’introduzione di un innovativo gene suicida inducibile di caspase-9 in PSC umane in grado di indurre la morte cellulare del 94-99% delle cellule pluripotenti dopo trattamento con induttore chimico di dimerizzazione (CID) (31).

Sviluppo di dispositivi di macro-incapsulamento in grado di proteggere le cellule dall’attacco immune e consentirne il recupero in caso di formazioni tumorali. Nell’ultimo decennio, è stato dedicato molto impegno all’applicazione clinica dell’incapsulamento di cellule terapeutiche in macro-dispositivi biocompatibili, permselettivi e sicuri (32). La società biomedica β-O2 ha sviluppato uno scaffold di alginato contenente isole umane allogeniche rifornite con ossigeno somministrato mediante iniezione giornaliera, noto come βAir® device (33). Il primo impianto del device in un paziente affetto da T1D è avvenuto nel 2012, in assenza di immunosoppressione, con persistente funzionalità del trapianto e preservazione della morfologia delle isole, sebbene siano stati osservati solo moderati miglioramenti clinici della malattia (34). Due anni dopo, è stato avviato uno studio clinico (NCT02064309) per valutare la sicurezza e l’efficacia di questo dispositivo nei pazienti T1D. Inoltre, è stata dimostrata anche la capacità della tecnologia βAir® di sostenere la differenziazione delle ESC umane in cellule endocrine mature nel roditore (35). Recentemente, il dispositivo β-O2 è stato utilizzato come modello preclinico per il trapianto di isole xenogeniche. Gli autori hanno riportato una funzione protratta nel tempo del trapianto, con conseguente secrezione di insulina regolata, senza evidenze di attacco del sistema immunitario (36). I principali limiti di questo dispositivo consistono però nella funzione parziale delle isole incapsulate e nella procedura di ricarica giornaliera esogena dell’ossigeno, attuabile solamente da pazienti esperti e con alta compliance. Come già accennato, nel 2014 ViaCyte ha lanciato il primo trial clinico umano di fase I/II che valuta l’efficienza del dispositivo Encaptra® combinato con le cellule PEC-01 nei pazienti con T1D. Inoltre, nel 2017 la Food and Drug Administration (FDA) statunitense ha acconsentito a test clinici per il prodotto PEC-DirectTM di ViaCyte, un nuovo dispositivo Encaptra aperto che consente la vascolarizzazione diretta delle cellule PEC-01. Al 5th Annual European Advanced Therapies Investor day (http://eu.arminvestorday.com) ViaCyte ha presentato alcuni dati dello studio clinico in corso che riportavano una buona integrazione tissutale e la vascolarizzazione del device in due pazienti. Un altro dispositivo è stato approvato dalla FDA per lo studio clinico di Fase I/II in pazienti con T1D negli Stati Uniti: il Cell Pouch System™ è un macro-device medico biocompatibile progettato per essere impiantato nel sito sottocutaneo in una tasca pre-vascolarizzata creata poche settimane prima del trapianto di isole (37). Gli studi clinici in corso da Viacyte sono riassunti nella tabella 1.

β cellule tramite differenziazione diretta

Come discusso, l’applicazione clinica delle PSC non è priva di ostacoli a causa della pericolosità intrinseca dell’uso di iPSC: sono infatti cellule che hanno subito una riprogrammazione genetica in vitro e che hanno una spiccata plasticità, e inoltre, a causa della parziale efficienza di differenziazione in cellule β, esiste un rischio concreto di formazione tumorale causata da cellule residue indifferenziate. Pertanto, diversi gruppi di ricerca si sono concentrati sulla riprogrammazione diretta (transdifferenziazione) in cellule produttrici di insulina di cellule non-β adulte, quali cellule esocrine pancreatiche, cellule epatiche e cellule dello stomaco, saltando lo stadio di pluripotenza (38-40). L’origine endodermica comune di questi tipi di cellule suggerisce che potrebbero essere convertiti efficientemente in cellule β che producono insulina.

β cellule da α cellule 

In diverse condizioni di stress, le cellule α che producono glucagone sono importanti per sostenere la funzione delle cellule β attraverso la secrezione di GLP-1 (41-42), suggerendo una risposta adattativa mediata dalla cellula α allo stress e al danneggiamento delle cellule β. Collombat e colleghi hanno dimostrato che la over-espressione ectopica del fattore di trascrizione Paired Box 4 (PAX4) (43) o l’inibizione selettiva di Aristaless Related Homeobox (ARX) (44) sono in grado di determinare la conversione di cellule α in cellule β funzionali e anche di ripristinare la normoglicemia nel modello murino di diabete indotto da STZ. Inoltre, il gruppo di Herrera ha dimostrato che nei modelli murini una rimozione selettiva di cellule β (>99%) mediata dalla tossina difterica determina un’espansione delle cellule α e una riprogrammazione spontanea in cellule β (45). Pertanto, negli ultimi anni, la possibilità di indurre una differenziazione diretta delle cellule α che producono glucagone in cellule β che producono insulina ha catturato l’attenzione dei ricercatori come interessante approccio terapeutico per il ripristino della funzione delle cellule β nei pazienti con T1D. Recentemente, il gruppo di Collombat ha fornito evidenze sperimentali in vitro ed ex vivo che la somministrazione a lungo termine di acido γ-aminobutirrico (GABA), in commercio come integratore alimentare, può indurre la neogenesi di cellule β a partire da cellule α, aprendo la strada a studi clinici con composti a base di GABA (46). Inoltre, Li e colleghi hanno confermato i dati sul GABA identificando una piccola molecola antimalarica, chiamata Artemisina, coinvolta nella repressione di ARX e nel conseguente aumento del signalling di GABA. L’azione dell’Artemisina ha portato a una diminuzione della secrezione di glucagone da parte delle cellule α e alla loro differenziazione in cellule che producono insulina (47). Tuttavia, nello stesso anno, un altro gruppo, pur confermando l’inibizione di ARX dopo il trattamento con Artemether (un derivato di Artemisina), non ha rilevato nessuna conversione da cellula α a cellula β nelle isole pancreatiche di topo (48). Questi risultati controversi hanno generato uno stato di incertezza riguardante gli effetti di transdifferenziazione dovuti all’effetto del GABA. Molto recentemente, un approccio di terapia genica in vivo ha avuto effetti alquanto promettenti. Infatti, le cellule α sono state riprogrammate in cellule β funzionali, attraverso l’inserzione forzata dei fattori di trascrizione PDX1 e MAF-A tramite un virus adeno-associato somministrato attraverso il dotto pancreatico del topo. Il trattamento ha normalizzato i livelli di glicemia, in topi con diabete indotto chimicamente o spontaneo (topi NOD). Questa strategia di terapia genica ha anche indotto la conversione da α a β cellule in isole umane trattate con tossine, che hanno ripristinato i livelli di glucosio nel sangue normale dopo trapianto nei topi NOD/SCID (49).

β cellule da cellule esocrine pancreatiche

Il pancreas esocrino, composto principalmente da cellule acinari e duttali, costituisce circa il 98% dell’organo adulto (50), pertanto è sempre stata considerata molto interessante la possibilità di generare nuove cellule β da questi tipi cellulari.

Cellule acinari: il gruppo di Melton a Harvard ha fornito prove significative sulla transdifferenziazione della cellula acinare in β cellula, tramite l’over-espressione in vivo di tre fattori di trascrizione chiave della β cellula, PDX1, NGN3 e MAFA, fatti esprimere, in combinazione con il marcatore fluorescente GFP, nel pancreas murino mediante infezione adenovirale. Dopo 72 ore dall’infezione, in animali non diabetici Rag1-/-, sono state rilevate nuove cellule positive per insulina e GFP. Dopo 10 giorni, le cellule GFP+ presentavano caratteristiche tipiche delle cellule β. Inoltre, l’over-espressione dei fattori di trascrizione nei topi con diabete indotto da STZ ha portato a una significativa riduzione dell’iperglicemia, sebbene non sufficiente a ripristinare la normoglicemia (51). Recentemente, la sopravvivenza fino a 1 anno e la funzione delle cellule riprogrammate in vivo sono state confermate (52). Con un approccio in parte simile, il gruppo di Docherty, a Edimburgo, ha descritto un nuovo protocollo in vitro di riprogrammazione in β cellula, a partire da colture primarie di cellule esocrine umane. In questo protocollo, l’inibizione della transizione epitelio-mesenchimale (EMT) ha permesso di mantenere il fenotipo esocrino acinare in coltura e l’over-espressione dei quattro fattori di trascrizione chiave pancreatici PDX1, NGN3, PAX4 e MAFA, con una combinazione di diversi fattori di crescita, ha determinato la conversione in cellule β che producono insulina in risposta a uno stimolo glicemico, e che sono state in grado di normalizzare la glicemia in topi diabetici immunodeficienti (53). Nel 2016, lo stesso gruppo ha confermato la possibilità di generare cellule β funzionali clinicamente rilevanti dal pancreas esocrino umano, aggiungendo il knockdown di ARX al protocollo (54). Negli ultimi anni, un gruppo belga ha dimostrato che l’espressione forzata della mitogen-activated protein kinase (MAPK) e del signal transducer and activator of transcription 3 (STAT3) in cellule esocrine umane in coltura 3D induce l’espressione di NGN3, dando il via a una riprogrammazione acinoinsulare (55). Ovviamente, questi approcci presentano limitazioni cliniche dovute all’uso di vettori virali. Per questo motivo, diversi ricercatori si sono concentrati sull’induzione farmacologica della transdifferenziazione. Per esempio, l’epidermal growth factor (EGF), la nicotinamide, il leukemia inhibitory factor (LIF) o il ciliary neurotrophic factor (CNTF) hanno riprogrammato in vitro le cellule acinari del ratto in cellule β in grado di ripristinare la normoglicemia nei topi diabetici. Lo studio molecolare ha evidenziato il coinvolgimento di CNTF nell’attivazione della via di signalling di STAT3 che porta alla riattivazione dell’espressione di NGN3 nelle cellule acinari adulte, forzando la differenziazione in cellule β (56-57). Recentemente, un gruppo giapponese ha mostrato che l’induzione dell’espressione ectopica del Glucagon-like peptide-1 Receptor (GLP1R), in combinazione con gastrina ed exendina-4, ha indotto la riprogrammazione di cellule acinari in cellule β (58).

Cellule duttali: la riprogrammazione delle cellule duttali nelle cellule β è uno dei temi più controversi nel campo. Negli ultimi due decenni diversi articoli hanno mostrato la comparsa delle cellule produttrici di insulina a partire dalle cellule del dotto suggerendo che il dotto pancreatico potesse essere una potenziale nicchia delle cellule progenitrici di cellule β (59). Nel 2008, il gruppo di Heimberg ha riportato che, dopo la legatura del dotto pancreatico (PDL) nei topi, i progenitori di cellule β localizzati nel dotto potevano ri-esprimere NGN3 e differenziarsi in cellule β responsive al glucosio (60). Nello stesso anno, un altro gruppo ha confermato queste scoperte mostrando, attraverso il tracking del marcatore duttale anidrasi carbonica II (CAII), che le cellule del dotto fungevano da progenitori delle cellule β dopo la nascita o la PDL, portando alla formazione di nuove isole (61). Corritore, in collaborazione con il nostro gruppo, ha spinto le cellule duttali umane purificate verso la EMT e la proliferazione. Dopo l’espansione, le cellule derivate da dotti sono state differenziate in cellule β, con un protocollo che simula lo sviluppo del pancreas, simile a quello utilizzato per le cellule pluripotenti. Queste cellule al termine del differenziamento esprimevano marcatori di cellule β ed erano in grado di secernere insulina, ma non in modo glucosio-dipendente (62). Più recentemente, Zhang e colleghi hanno dimostrato che la somministrazione a lungo termine di gastrina e fattori di crescita epidermica in vivo nei topi diabetici portava alla transdifferenziazione delle cellule duttali in nuove cellule β e alla conseguente reversione del diabete. Tuttavia, questi risultati sono ancora oggetto di dibattito poiché diversi studi hanno invece suggerito un contributo non duttale alla rigenerazione delle cellule endocrine (64–67). Il ruolo delle cellule duttali nella rigenerazione delle cellule β durante la vita adulta necessita quindi di studi ulteriori.

β cellule da epatociti

Il pancreas, il tratto gastrointestinale e il fegato hanno la stessa origine embrionale, l’endoderma primitivo, quindi è verosimile che possano avvenire fenomeni di transdifferenziazione tra di loro.

Il fegato è il più grande organo del corpo e, a differenza delle cellule β, è in grado di rigenerarsi e proliferare in modo efficiente. Inoltre, il fegato condivide con il pancreas la responsività al glucosio. Pertanto, le cellule epatiche rappresentano un buon potenziale candidato per la generazione di nuove cellule β (68-69). Ferber e colleghi sono stati i primi a dimostrare che l’espressione ectopica nel fegato di PDX1, mediata da adenovirus, induce un aumento dell’espressione genica del gene endogeno altrimenti silente. Inoltre, i livelli di insulina derivati ​​dalla over-espressione epatica PDX1 hanno avuto un effetto positivo sul controllo glicemico di topi con diabete indotto da STZ (70-72). Dal 2000 in poi, diversi autori hanno fornito evidenze di transdifferenziazione da fegato a β cellula attraverso l’espressione ectopica epatica di fattori di trascrizione pancreatici, come PDX1, NGN3, MAFA e NKX6.1, che può portare a un fenotipo parziale di cellule β e alla reversione dell’iperglicemia in topi diabetici, indicando questo approccio come una potenziale terapia cellulare sostitutiva per il diabete (73-76).

β cellule da cellule dello stomaco e dell’intestino

I tessuti gastrointestinali, principalmente stomaco e intestino tenue, ospitano cellule progenitrici che esprimono NGN3, capaci di assumere il fenotipo di una cellula secretoria (77). Nell’ultimo decennio, diverse evidenze hanno dimostrato che le cellule gastrointestinali possono essere riprogrammate in cellule produttrici di insulina attraverso l’espressione o il silenziamento di alcuni fattori di trascrizione. Recenti studi hanno dimostrato che le cellule intestinali possono dare origine a cellule simili per funzione alle β cellule, se viene silenziato in maniera endocrino-specifica il fattore di trascrizione FOXO1 (Forkhead box O1) (78-79). Nel 2014, Chen e colleghi hanno riportato che le cellule della cripta intestinale sono in grado di convertirsi velocemente in cellule endocrine attraverso l’espressione ectopica dei fattori di trascrizione PDX1, MAFA e NGN3. In questo studio si è osservata la formazione di “neo-isole” alla base della cripta, in grado di secernere insulina in maniera glucosio-dipendente e migliorare l’iperglicemia nei topi diabetici (80). Recentemente, il gruppo di Zhou ha mostrato che anche le cellule entero-endocrine dell’antro pilorico sono in grado di generare cellule funzionali insulino-positive attraverso l’espressione mediata da adenovirus degli stessi fattori di trascrizione. Questo approccio ha comportato una maggiore efficienza di transdifferenziazione rispetto alla riprogrammazione delle cellule entero-endocrine precedentemente citata. Le cellule dello stomaco sono state anche coltivate come bio-organoidi e quindi riprogrammate, e il prodotto cellulare ottenuto ha migliorato il controllo della glicemia dei topi diabetici. Questo nuovo approccio ha aperto una nuova possibilità di terapia cellulare, indicando le cellule dello stomaco come fonte di cellule β funzionali (38).

Ultimi progressi nel campo: il gene editing

I più recenti progressi nelle tecnologie di ingegnerizzazione del genoma hanno portato una vera rivoluzione nel campo. In particolare, la scoperta del sistema immunitario batterico CRISPR/Cas9, ha consentito lo sviluppo di tecnologie per la modifica di sequenze specifiche del genoma in maniera rapida ed efficiente (81). Inoltre, ulteriori modifiche al sistema CRISPR/Cas9 hanno fornito l’opportunità di regolare l’espressione genica e di creare alterazioni epigenetiche, evitando tagli del DNA (82). Molto recentemente è stato riportato un nuovo sistema per l’attivazione in vivo di geni endogeni bersaglio attraverso il rimodellamento epigenetico: questo sistema si basa sul reclutamento di Cas9 e complessi di attivazione trascrizionale per selezionare i loci genici tramite un RNA guida modificato, ed è stato usato per trans-differenziare nei topi le cellule epatiche in cellule positive all’insulina, agendo sui livelli di PDX1. Inoltre, quando i topi resi diabetici con il trattamento con STZ sono stati trattati con il sistema di attivazione dell’insulina endogena, i livelli di glucosio si sono abbassati in maniera significativa (83). 

Ultimi progressi nel campo: gli organi chimerici

La disponibilità di cellule staminali pluripotenti ha dato nuova linfa alla possibilità di produrre organi umani negli animali. La strategia principale per ottenere animali chimerici prima dell’avvento delle iPSC era basata sulla complementazione della blastocisti: le ESC di topo iniettate in una blastocisti erano in grado di contribuire allo sviluppo dell’embrione (84). Quando la blastocisti e le ESC avevano un diverso background genetico, il risultato era un topo chimerico con cellule di entrambe le origini nei suoi organi. Le cellule staminali pluripotenti geneticamente modificate iniettate nella blastocisti sono la base della comune produzione di topi transgenici. Più recentemente, la complementazione con blastocisti è stata utilizzata per generare animali chimerici inter-specie. L’ipotesi è che se la PSC viene iniettata in blastocisti ottenute da topi mutanti in cui lo sviluppo di un certo organo è precluso dalla manipolazione genetica, lasciando così una nicchia per lo sviluppo degli organi, le cellule derivate dalle PSC possono compensare lo sviluppo del difetto e formare l’organo mancante. Nel primo modello il pancreas di ratto è stato generato mediante iniezione di PSC in blastocisti di topo PDX1-/- difettivo del pancreas (85), poi è stato generato il rene, utilizzando blastocisti di topo SALL1-/- (86). La dimostrazione che un organo di ratto può essere prodotto in un topo ha suggerito che potrebbe essere possibile generare organi xenogenici in varie specie animali, inclusa la produzione di organi umani. Ciò potrebbe avere un enorme impatto nel campo della medicina rigenerativa, dal momento che la carenza di donatori d’organo è un grosso ostacolo all’espansione delle terapie sostitutive di organi interi. Per la produzione di organi umani, l’iPSC umana verrebbe iniettata in blastocisti ottenute da animali geneticamente modificati in modo da bloccare lo sviluppo di un dato organo. Quindi, solo le cellule umane contribuirebbero allo sviluppo di quell’organo (87). È importante sottolineare che, anche in questo caso, l’uso di iPSC autologhe potrebbe consentire la produzione di organi umani autologhi e quindi ridurre idealmente la necessità di un trattamento immunosoppressivo a lungo termine dopo il trapianto. Questi animali chimerici potrebbero essere allevati fino al raggiungimento delle dimensioni richieste dell’organo e quindi sacrificati a scopo di trapianto. I maiali sarebbero la prima scelta per la generazione di organi umani, per vari motivi: (i) la dimensione dei loro organi è simile, (ii) il loro metabolismo (ad esempio, dieta e temperatura) è simile, (iii) c’è un’esperienza significativa riguardante il trapianto di cellule suine nell’uomo nell’ambito degli studi di xenotrapianto, che facilita l’identificazione di rischi e barriere, come ad esempio rischi infettivi e immunologici, che si devono superare per pensare a un’ipotesi di trapianto nell’uomo di cellule o organi umani cresciuti nel maiale (88).

Alcuni esperimenti preliminari sono già stati eseguiti, come l’iniezione di ESC umane nella blastocisti di topo (89), ma i risultati ottenuti suggeriscono che questo processo è piuttosto inefficiente (90). All’inizio del 2017 sono stati pubblicati due articoli fondamentali riguardanti la creazione di chimere che utilizzano cellule staminali umane pluripotenti e blastocisti di suini e bovini (91-92). Nell’articolo di Belmonte, il gene PDX1, fondamentale per lo sviluppo del pancreas, è stato inizialmente soppresso, mediante gene editing utilizzando il sistema CRISPR-Cas9, nello zigote murino creando una blastocisti non in grado di dare vita a topi adulti con pancreas, quindi le cellule staminali di ratto sono state inserite nella blastocisti e l’embrione risultante ha dato origine a topi adulti con pancreas composto esclusivamente da cellule di ratto. Lo stesso tipo di approccio è stato applicato con successo anche ad altri target come NKX2.5 (rilevante per lo sviluppo cardiaco) e PAX6 (rilevante per lo sviluppo dell’occhio) dimostrando che l’approccio può essere esteso in modo sistematico. Infine, gli autori hanno applicato la stessa strategia utilizzando cellule staminali umane in blastocisti di suini o bovini. Sebbene con minore efficienza rispetto al modello di ratto-topo, è stata dimostrata la possibilità di ottenere embrioni umani chimerici (92).

Nel lavoro di Nakauchi, le PSC di topo sono state iniettate in blastocisti di ratto a cui mancava PDX1, sono stati così generati pancreas di dimensioni simili a quelle del ratto, ma composti da cellule derivate da PSC murine. Le isole isolate dal pancreas chimerico di ratto/topo, trapiantate in topi diabetici, sono state in grado di normalizzare e mantenere livelli di glucosio nel sangue del ricevente per oltre 1 anno, in assenza di immunosoppressione (91). Infine, un nuovo studio ha riportato la possibilità di inibire lo sviluppo del pancreas negli ovini attraverso la micro-iniezione di CRISPR/Cas9 in ovociti, ampliando la possibilità di creare chimere umano-animali per la generazione di pancreas umani (93). Questi lavori costituiscono una svolta nel campo della medicina rigenerativa, e aprono orizzonti inimmaginabili, ma anche grandi sfide. Dal punto di vista biotecnologico, è stato dimostrato un principio, ma l’efficienza delle chimere uomo/maiale è bassa e l’inserimento di cellule umane nell’embrione suino ha mostrato limiti importanti.
Il campo delle chimere umane solleva anche forti questioni etiche. I principali dilemmi etici sono se la chimera può essere sacrificata per ottenere organi e se una chimera uomo-animale ha un’identità etica diversa da quella animale. Infine, vi è ovviamente una significativa preoccupazione etica nel caso di un contributo umano alle cellule germinali. Nel complesso, questo è un campo di ricerca avvincente, ma estremamente delicato.

Prospettive future

In conclusione, le cellule β derivate da PSC rappresentano attualmente la nuova fonte con prospettive più concrete per la terapia di sostituzione cellulare nel T1D. I risultati delle sperimentazioni cliniche attualmente in corso forniranno informazioni preziose e ci diranno se questa potrà diventare la strategia del futuro. In prospettiva, il campo della terapia cellulare con iPSC sta affrontando un punto di svolta, in cui nuove tecnologie e sinergie possono trasformare un tipo di approccio limitato a pochi pazienti in un’opzione terapeutica per grandi gruppi di pazienti. Questa evoluzione è strettamente legata ai sistemi di scale-up della riprogrammazione cellulare, della differenziazione e del bancaggio, che sono necessariamente connessi all’industrializzazione dei processi.

Nel frattempo, gli enormi progressi compiuti dalle tecnologie di editing genico ex vivo e in vivo hanno permesso una trasformazione sempre più efficiente delle cellule somatiche in cellule β e la creazione di nuovi organi chimerici. Questi approcci hanno il potenziale per innovare il campo, ma dovranno essere tenute in considerazione questioni importanti di sicurezza ed etica.

Ringraziamenti

Il lavoro degli autori è attualmente supportato dalla Commissione Europea (H2020 grant 681070), dalla Fondazione Diabete Ricerca ONLUS (Società Italiana di Diabetologia-SID) e Eli Lilly Italia (grant “Sostegno alla ricerca sul diabete 2017”). 

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