Focus on: gestione del diabete nel periodo di Ramadan
Antonio C. Bossi1, Yeganeh Manon Khazrai2, Marinella Delfonso2, Sara Fallucca2, Roberto Trevisan3, Giulio Marchesini4 e Daniela Bruttomesso5, Paolo Pozzilli2
1UOC Malattie Endocrine – Centro Regionale per il Diabete Mellito ASST Bergamo Ovest – Treviglio (Bg); 2Area di Endocrinologia e Diabetologia, Università Campus Bio-Medico, Roma; 3USC Malattie Endocrine – Diabetologia ASST Papa Giovanni XXIII, Bergamo; 4Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche, “Alma Mater” Università di Bologna; 5UOC Malattie del Metabolismo, Dipartimento DIMED, Università di Padova
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Epidemiologia e contesto socio sanitario
L’Africa e l’Europa, grazie alla loro collocazione geografica, sono da sempre vicine di casa. Il bacino del Mediterraneo è stato teatro sin dai tempi più antichi di scambi culturali e commerciali. Questa vicinanza, nell’epoca della globalizzazione e delle società multietniche, assume un nuovo significato portando ad una complessa commistione di popolazioni, culture e religioni (1). In questo contesto, anche il nostro Paese sta acquisendo sempre più aspetti multietnici dove persone di diverse nazionalità condividono spazi, servizi, bisogni, in una grande mescolanza di tradizioni, abitudini e linguaggi.
Gli stranieri erano meno di 100.000 nel 1861, anno dell’Unità d’Italia (0,4% della popolazione) e sono rimasti a lungo una trascurabile minoranza (130 mila – 0,3% nel 1951, primo censimento del dopoguerra; poi 625 mila, poco sopra 1%, nel 1991). Da allora, in Italia è iniziata la fase della grande immigrazione, che ha superato 1 milione di unità nel 2001; ad oggi sono oltre 5 milioni (2). In alcune regioni, la prevalenza di immigrati supera il 10% (Emilia-Romagna, Umbria, Lombardia, Veneto) o vi è prossima (Trentino Alto Adige, Toscana, Marche e Lazio). Questo aumento ha provocato il coinvolgimento dell’Italia in una serie di problematiche sociali e culturali già in atto nella maggior parte dei paesi dell’Unione Europea (3).
Il progressivo costituirsi di una popolazione musulmana residente in Italia è strettamente collegato al fenomeno delle migrazioni. Ad oggi non esistono stime precise sul numero di musulmani presenti in Italia poiché qualsiasi indagine potrebbe apparire come una violazione della privacy; le statistiche disponibili si basano sulla nazionalità di provenienza degli intervistati, che poi viene associata ad uno specifico contesto socio-culturale. Secondo le più recenti stime della Fondazione sulle Iniziative e Studi Sulla Multietnicità (ISMU) gli stranieri residenti in Italia al 1° gennaio 2016 che professano la religione musulmana sono poco più di 1,4 milioni, meno di un terzo del totale degli stranieri (4). La prevalenza di residenti di religione musulmana è quindi circa il 2,3% della popolazione complessiva (italiana e straniera), ma salirà al 5% nel 2030 e al 10% nel 2050, con forti differenze regionali. Per quanto riguarda la provenienza, la maggior parte dei musulmani residenti in Italia proviene dal Marocco (424.000), seguito dall’Albania (214.000), dal Bangladesh (100.000), dal Pakistan (94.000), dalla Tunisia, (94.000) e dall’Egitto (93.000) (Fig. 1) (2-4).
Fig. 1. Musulmani residenti in Italia per principali cittadinanze (al 1° gennaio 2016). Fonte: Fondazione sulle Iniziative e Studi Sulla Multietnicità (ISMU). Mod da (4)
Nelle stime non sono stati conteggiati gli irregolari, gli stranieri che hanno acquisito la cittadinanza italiana, né quelli che non sono iscritti in anagrafe. Per quanto riguarda una stima degli ingressi migratori avvenuti tramite sbarchi sulle coste italiane, secondo la fonte del Viminale (5) si può parlare più o meno di 170/180.000 ingressi nell’arco del solo 2016.
La popolazione musulmana che si insedia in Italia porta con sé un bagaglio di usi e costumi molto differenti dai nostri, certamente acuiti da disuguaglianze sociali ed economiche. Inevitabilmente, l’incontro fra culture diverse comporta delle difficoltà per le persone che arrivano in Italia e in Europa, e l’insorgenza del diabete potrebbe essere favorita dal cambio delle abitudini alimentari, così come dal consumo di alimenti poco salutari ed economicamente convenienti che porterebbero a slatentizzare una componente di tipo genetico (3, 6). I dati dell’Osservatorio ARNO-CINECA indicano una bassa prevalenza globale del diabete nella popolazione immigrata da Paesi a forte pressione migratoria (1.96%) (7), ma gli stranieri in Italia (età media, 32 anni contro 44 delle persone con cittadinanza italiana) si caratterizzano per la forte incidenza dei minori (21,7% sul totale degli stranieri) e per la minima rappresentanza di ultra 65enni (circa il 2% contro il 22% delle persone con cittadinanza italiana). Sono l’1% tra gli anziani, ma oltre il 10% dei minori e giovani adulti (18-39 anni). Così, dopo aggiustamento per età e sesso, il rischio di diabete risulta globalmente aumentato nei migranti (odds ratio, 1.55), particolarmente (fino ad oltre 3 volte) negli immigrati dall’Egitto, dal Nord-Africa in generale e dal subcontinente indiano (7).
L’aumentato rischio in queste popolazioni dipende anche dalla prevalenza del diabete in queste popolazioni nel Paese d’origine, distribuita tra un minimo di 2-4% (Nigeria; Mali; Ghana; Burkina Faso; Senegal) ed un massimo di 10-15% (Iran), fino al 15-20% (Egitto) (8). Una stima del numero di persone immigrate con diabete basata su una semplice trasposizione dei valori di prevalenza nei Paesi d’origine risulta peraltro gravata dall’errore legato all’età. Estrapolare dalla prevalenza nei Paesi d’origine il numero possibile di persone con diabete sbarcate in Italia (di per sé molto basso rispetto alla popolazione residente) è senza dubbio complesso, tenendo conto la giovane età degli immigrati ed il fatto che coloro che attraversano il mare partono generalmente in buona salute. Tuttavia, basandoci sul numero dei residenti musulmani in Italia, degli immigrati entrati illegalmente e di coloro che chiedono asilo politico (Fonte Ministero degli Interni), si calcola che la popolazione totale dei diabetici musulmani in Italia si aggiri intorno alle 130.000 unità.
La gestione del diabete durante il Ramadan: approccio comportamentale
Per le persone con diabete di religione musulmana un momento critico e difficile da gestire è indubbiamente rappresentato dal digiuno durante il mese del Ramadan. Nei Paesi di origine il Ramadan è un mese di festa, i ritmi lavorativi sono rallentati e questo facilita la gestione del diabete (8). In Italia, invece, il mese del Ramadan è un periodo lavorativo come gli altri e le persone affrontano le loro normali attività. La gestione del diabete in questa fase diventa quindi più problematica.
Altri fattori intervengono poi a modificare largamente il numero effettivo dei musulmani con diabete che praticano il periodo del Ramadan in Italia. Molti dei musulmani legalmente residenti in Italia, infatti, preferiscono tornare nei loro paesi d’origine per il Ramadan, perché desiderano condividere con i propri cari questo periodo che termina con l’Eid El-Fitr, una ricorrenza per loro importantissima (ha lo stesso valore del nostro Natale).
Un aspetto da non trascurare è rappresentato dalla variabilità della durata del digiuno durante il Ramadan. Una delle interpretazioni più diffuse riguardo al periodo di astensione fa coincidere il momento dell’inizio del digiuno con la preghiera dell’alba (salāt al-Fajr) e l’interruzione giornaliera del digiuno con la preghiera del tramonto (salāt al-Maghrib) (9). Ovviamente, in certi periodi dell’anno e in alcuni luoghi del mondo, la differenza in termini di tempo fra un crepuscolo ed un altro può essere estremamente variabile. Il luogo in cui originariamente è stato istituito e diffuso il digiuno islamico, si trova in una zona del globo terrestre compresa tra i 15 ed i 35 gradi Nord di latitudine. A queste latitudini, durante l’anno la durata della luce dall’alba al tramonto varia relativamente poco rispetto altri Paesi del Nord-Europa, ove gli orari da rispettare diventano molto impegnativi e le fasi di preghiera, l’ultima della sera e la prima della mattina, si avvicinano rendendo stretti i tempi per adempiere alle funzioni vitali. In Italia il tramonto arriva dalle due alle quattro ore dopo quello di Tunisi o Marrakech portando la durata del digiuno a 14/16 ore e rendendo così più difficile seguire rigidamente il Ramadan praticando al contempo una vita attiva e con regimi lavorativi “standard”.
Il Ramadan
Il mese di Ramadan è quello in cui fu rivelato il Corano agli uomini e rappresenta l’unico mese dell’anno menzionato nel libro sacro. Secondo alcuni autori, Maometto scelse questo particolare mese, perché già considerato sacro in epoca pre-islamica. È il nono mese del calendario lunare, costituito da 354 giorni, circa undici giorni più breve di quello solare, motivo per cui la festività non ha una data fissa, ma varia di anno in anno.
Il digiuno (sawm) durante il periodo di Ramadan costituisce uno dei cinque pilastri della religione islamica, insieme alla professione di fede, alla preghiera, all’elemosina e al pellegrinaggio alla Mecca. Secondo il Corano, tutti i musulmani, in età pubere, in grado di intendere e volere, devono seguire la pratica del digiuno, chi trasgredisce questa regola commette un grave peccato. Sono esentate le seguenti categorie di popolazione:
- bambini
- anziani
- malati
- donne mestruate
- donne in gravidanza o durante l’allattamento
- viaggiatori
Le ultime quattro categorie possono recuperare il periodo di digiuno prima del seguente Ramadan, non appena siano in grado di poterlo fare, oppure scegliere di elargire dell’elemosina ai bisognosi. “Il Ramadan è il mese in cui è stato rivelato il Corano come guida per gli uomini, prove chiare di guida e di discernimento. Quando vedete la luna nuova, digiunate per l’intero mese e chi è malato o in viaggio digiunerà in seguito per altrettanti giorni…” (10).
L’obiettivo non è l’astinenza di per sé, ma l’assoggettamento delle passioni, il mantenere i sensi e il corpo libero dal peccato e da tutto ciò che può allontanare da Dio. Infatti, secondo l’Islam il digiuno aiuta a:
- essere più compassionevoli nei confronti dei meno fortunati, poiché si percepisce il dolore della privazione
- temprare il carattere esercitando l’autocontrollo;
- purificare il corpo e la mente;
- sviluppare un maggiore senso di umiltà, spiritualità e solidarietà nei confronti del prossimo.
In questo periodo di purificazione è bene astenersi dalle chiacchiere inutili, dai pettegolezzi e dal calunniare il prossimo, ma piuttosto raccogliersi in preghiera, leggere e studiare il Corano (11). Per un periodo di circa 29-30 giorni, nelle ore diurne non si deve consumare cibo, bevande, prendere medicinali e fumare, mentre si possono fare due pasti, uno al tramonto, detto “iftar” e l’altro prima dell’alba, detto “suhoor” (12).
Cibi leciti (Halal) e cibi proibiti (Haram)
Per il musulmano credente, l’adesione alle leggi che regolano l’assunzione di cibo sono determinanti per raggiungere la salvezza nell’aldilà.
Il Corano, per esempio, vieta il consumo di sangue e di animali morti per cause naturali o accidentali e di quelli macellati senza l’invocazione del nome di Dio. Tuttavia, Dio perdona il consumo di carni proibite, quando si è motivati dalla fame o non vi sia intenzione di commettere peccato: “Lui vi ha proibito soltanto il feto animale, il sangue, e le carni suine, e tutto quanto sia stato immolato (nel nome di) ad altri diversi da Dio. Ma per colui che è indotto dalla estrema necessità, che non brama per questi cibi o si diletta nella trasgressione, non vi è peccato per lui” (10).
Sono inoltre proibiti il consumo di altri animali quali l’asino, gli uccelli rapaci, i rettili, la rana e i pesci privi di scaglie. Il consumo di bevande alcoliche è considerato un peccato grave come l’omicidio poiché l’alcol disinibisce il comportamento, causando violenza e odio, e distoglie il pensiero da Dio.
Nel mondo ci sono circa 1,5 miliardi di musulmani, quasi il 25% della popolazione mondiale, di cui circa il 4,6% affetti da diabete (DM): cinquanta milioni di persone, che seguono la pratica del digiuno durante il Ramadan, sebbene esentati (13). Nel 2004, lo Studio EPIDIAR ha valutato le abitudini di 12,243 persone con DM, residenti in tredici diversi paesi di religione musulmana e ha evidenziato che circa il 43% dei DM1 e il 79% dei DM 2 sceglie di digiunare (14).
Criticità nutrizionali durante il Ramadan
Il Ramadan è causa di importanti modifiche dietetiche rispetto al resto dell’anno: la rottura del digiuno rappresenta, infatti, un momento di convivialità e di festa. Dal punto di vista delle tradizioni culinarie, è bene ricordare che il Ramadan è seguito da popoli di diverse etnie e tradizioni culturali, che però presentano alcuni comportamenti alimentari comuni: l’elevato consumo di alimenti zuccherini tipo datteri, miele, dolci e bibite analcoliche a discapito del consumo di verdure, latte e latticini (6, 15-16). Le linee guida del 2016 (17) hanno evidenziano alcune criticità che possono essere causa di iperglicemie postprandiali e aumento di peso, che del resto erano già state rilevate dallo Studio EPIDIAR (14), come per esempio il consumo di:
- pasti ipercalorici al tramonto;
- numerosi spuntini ricchi in carboidrati raffinati e zuccheri durante il periodo che va dal tramonto all’alba;
- elevate porzioni di cibo ad alto indice glicemico;
- cibi fritti con oli ricchi in acidi grassi saturi e trans, come margarine, olio di palma o cocco;
- assunzione di notevoli quantità di cibo in modo vorace, nel periodo intercorrente l’inizio del pasto e la percezione del segnale di sazietà (30 minuti);
- modifiche dello stile di vita con riduzione dell’attività fisica e delle ore di sonno.
Può essere invece causa d’ipoglicemia l’abitudine di consumare il pasto suhoor molto in anticipo, prolungando il periodo del digiuno fino al tramonto.
Per porre rimedio a questi comportamenti sregolati, sono state stilate linee guida apposite.
Linee Guida della Terapia Medico-Nutrizionale del Diabete durante il Ramadan
Nel 2005, l’American Diabetes Association (ADA) pubblicò le prime linee guida sulla gestione del diabete durante il Ramadan, in seguito aggiornate nel 2010 (18-19). Secondo queste linee guida non esiste uno specifico piano dietetico per pazienti affetti da diabete che vogliano intraprendere il digiuno, ma l’approccio deve essere personalizzato in base ai bisogni e ai target metabolici del singolo individuo, sempre nel rispetto delle credenze, tradizioni e preferenze alimentari della persona.
Nelle linee guida non sono utilizzati termini come “indicazioni” o “controindicazioni”, perché decidere di digiunare è una scelta religiosa, che appartiene alla sfera personale; si consiglia di consultarsi con la propria guida spirituale e il personale sanitario per valutarne la fattibilità. Mentre per le persone con diabete di tipo 2 (DM2) con stile di vita adeguato, il digiuno non dovrebbe presentare gravi rischi (11, 20), per quelle con diabete di tipo 1 (DM1) e DM2 in terapia insulinica, potrebbe essere pericoloso. Rimane essenziale il monitoraggio glicemico da eseguirsi più volte al giorno. In particolare, si raccomanda di interrompere immediatamente il digiuno a tutti i soggetti con valori glicemici:
- ≤60 mg/dl;
- ≤70 mg/dl durante le prime ore di digiuno, all’alba, soprattutto se in terapia insulinica o Farmacologica;
- ≥300 mg/dl, a tutte le persone con DM1.
È inoltre raccomandabile non praticare il digiuno quando malati.
Le Linee guida IDF-DAR 2016 (17), raccomandano una valutazione nutrizionale ed educazionale del paziente,circa 6-8 settimane prima di intraprendere il digiuno, per stabilirne i bisogni formativi e metabolici, per metterlo nelle condizioni di vivere questo periodo in modo consapevole e assumere comportamenti atti a minimizzare i rischi. La visita pre-Ramadan deve fornire al paziente un piano nutrizionale idoneo a migliorare il controllo glicemico anche nel periodo che precede il digiuno. È bene che la persona con diabete sappia adeguare correttamente la terapia farmacologica al cambiamento dello stile di vita durante il Ramadan e sappia riconoscere i sintomi della disidratazione, dell’ipoglicemia e altre complicanze acute. A tal fine è stato ideato un programma per smartphone e web, il “Ramadan Nutrition Plan” (RNP), per permettere agli operatori sanitari di fare interventi educazionali e fornire consigli nutrizionali ai pazienti, che possono accedervi mediante una piattaforma dedicata. Questo programma sarà presto attivo per tutti i paesi in cui si celebra il Ramadan (17).
L’operatore sanitario deve rinforzare l’importanza del monitoraggio glicemico e del mantenimento del peso, incoraggiando il paziente a mantenere uno stile di vita sano. Per i pazienti con DM2 sovrappeso/obesi, si raccomanda di approfittare di questo periodo per perdere peso e migliorare i parametri metabolici (17).
È opportuno però porre attenzione alla quantità di esercizio fisico che si svolge, per non incorrere in ipoglicemie e a tal fine si raccomanda un programma personalizzato che consideri le preghiere notturne (Tarawih) come parte integrante delle attività giornaliere (11). Questa preghiera, infatti, consiste in una serie di movimenti che durano due ore con considerevole dispendio energetico e rischio di ipoglicemia. Uno studio su soggetti con DM2 in terapia insulinica ha concluso che un’attività fisica moderata svolta dopo il pasto del tramonto riduce lo stress ossidativo e l’ampiezza media delle escursioni glicemiche post prandiali (21). La perdita di peso deve essere lenta e graduale, circa 0,5-1 kg a settimana. Nella tabella 1 sono riportati gli obiettivi calorici in base al sesso, al peso e all’altezza.
Tabella 1. Indicazioni caloriche suddivise per genere e in relazione alla necessità di mantenere o perdere peso. Adattata da Linee guida IDF-DAR (17)
È opportuno frazionare il contenuto energetico totale giornaliero tra i due pasti, iftar e suhoor, più uno o due spuntini se necessari, con una ripartizione bilanciata dei macronutrienti, soprattutto carboidrati a lento assorbimento, che aumentano il senso di sazietà e aiutano a stabilizzare le glicemie (15, 17, 19). Si consiglia di consumare circa il 40-50% dell’apporto calorico giornaliero al tramonto, 30-40% all’alba, 10-20% agli spuntini.
Nel dare consigli dietetici è bene tenere conto della presenza di altre comorbidità come ipertensione e dislipidemie. Le persone con esigenze particolari o con nefropatia diabetica dovrebbero ricevere consigli mirati e personalizzati (17).
È opportuno ritardare il più possibile il pasto che precede l’alba e aumentare il consumo di liquidi nelle ore di non digiuno. Si sconsiglia tuttavia il consumo di sostanze ricche in caffeina perché possono avere effetto diuretico con conseguente perdita di liquidi e sodio (11, 15, 22).
Tabella 2. Consigli dietetici durante il Ramadan tratti e adattati dalle Linee Guida IDF-DAR 2016 (17)
Durante il Ramadan, i fedeli per tradizione consumano datteri, più spesso al tramonto appena sospeso il digiuno, sia da soli sia abbinati ad altri alimenti come per esempio lo yogurt. I datteri sono ricchi in carboidrati, soprattutto semplici, con un rapporto fruttosio/glucosio pari a 1:1 (11). Il fruttosio ha un potere dolcificante maggiore ed è assorbito più lentamente rispetto al glucosio (23), pertanto i datteri hanno un indice glicemico basso, circa 42 (24). Sono inoltre ricchi in sali minerali, vitamine, composti fenolici, carotenoidi e fibra, soprattutto insolubile (7.49 g/100 g parte edibile). Pertanto non provocando importanti escursioni glicemiche, possono essere consumati in quantità moderata anche dalle persone con diabete, purché nell’ambito di una dieta equilibrata (25-26).
Modelli dietetici
Ibrahim et al consigliano di seguire durante il Ramadan degli stili nutrizionali che rispettino le linee guida, con un alto contenuto di alimenti ricchi in carboidrati a lento assorbimento e fibra (11), e in base ai risultati dello studio Madiab (27), raccomandano un modello alimentare macrobiotico, la dieta Ma-Pi 2 (12% di proteine, 15% di lipidi, 73% di carboidrati complessi, 29 g/1000 kcal di fibra), che ha dimostrato di essere efficace nel ridurre i parametri metabolici e antropometrici di una popolazione affetta da DM2 in un breve periodo, rispetto ad una dieta standard per diabete (12% di proteine, 32% di grassi e 49% di carboidrati complessi, 20.5 g./1000 kcal di fibra) (27). Successivamente, uno studio clinico in crossover (24), ha valutato l’efficacia della dieta Ma-Pi 2 su un gruppo di soggetti affetti da ipoglicemie reattive sottoposti a monitoraggio continuo della glicemia, rispetto a una dieta frazionata a base di carboidrati a lento assorbimento, proteine e lipidi (28-29). I due tipi di dieta sono stati seguiti per tre giorni: due giorni con 5 pasti frazionati e uno senza spuntini. Lo studio ha evidenziato che i giorni in cui i pazienti seguivano la Ma-Pi 2, non avevano episodi ipoglicemici (24).
Un altro studio ha proposto come modello più sano da seguire, la dieta Mediterranea, dopo avere valutato i modelli alimentari seguiti da persone con DM, residenti a Tehran in Iran, durante il mese di Ramadan (37). Sono stati individuati quattro modelli alimentari: 1) di tipo occidentale, 2) ricco in cibi spazzatura, sia grassi che zuccherini, 3) modello “Mediterraneo”, 4) modello “Ramadan” Quello “Mediterraneo” è risultato il più sano e il più seguito dai più giovani (p=0.003; r=0.17) con uno stile di vita attivo nel corso di tutto l’anno (p<0.0001; r=0.20). (Tab. 3).
Tabella 3. Modelli alimentari. Tabella adattata da Shadman et al., 2014 (37)
Educazione
Lo Studio EPIDIAR ha dimostrato che solo 2/3 dei pazienti, ricevono consigli mirati dagli operatori sanitari sulla gestione del diabete durante il Ramadan e hanno evidenziato l’importanza di un percorso educazionale soprattutto prima di iniziare il digiuno (14). È opportuno considerare che spesso anche i pazienti ad alto rischio non si rassegnano e decidono comunque di digiunare, per cui è fondamentale un percorso di accompagnamento che aiuti a minimizzare le complicanze come per esempio le ipoglicemie, le iperglicemie, la chetoacidosi diabetica, la disidratazione e le trombosi (19). Un programma educazionale adeguato migliora le conoscenze e le capacità delle persone di autogestirsi in modo efficace per mettere in atto quei cambiamenti comportamentali e di stile di vita che riducono le complicanze (38).
Per raggiungere questo obiettivo si raccomanda un programma educazionale pre-Ramadan (17); studi come il READ ne hanno infatti dimostrato l’efficacia nei pazienti DM2, con risultati positivi sulla perdita di peso e sulla riduzione degli eventi ipoglicemici (39), indipendentemente dalla terapia farmacologica. Inoltre i pazienti che hanno partecipato ai gruppi educazionali hanno mantenuto i benefici metabolici come la riduzione dell’emoglobina glicata (HbA1c) anche a dodici mesi di distanza (39). I risultati sono stati confermati nel 2015 in 515 persone con DM2, che seguivano incontri educazionali in paesi come l’Egitto, l’Iran, la Giordania e l’Arabia Saudita (40). Gli argomenti trattati durante gli incontri riguardavano la pianificazione dei pasti, l’attività fisica, il monitoraggio glicemico e le complicanze metaboliche acute (40).
È opportuno che le persone siano messe nelle condizioni di fare scelte informate e consapevoli, pertanto si consiglia di coinvolgere nel percorso educativo anche le guide spirituali per informare i pazienti che hanno la possibilità di evitare il digiuno in quanto esentate per la loro condizione e della possibilità di recuperare donando denaro o cibo ai bisognosi (17).
La formazione dovrebbe essere estesa anche al personale sanitario, soprattutto nei paesi in cui l’Islam è una religione minoritaria, poiché spesso mancano sia la conoscenza sia l’esperienza sufficiente per accompagnare il paziente durante questo periodo così delicato (17). Un atteggiamento empatico e volto all’ascolto permette di cogliere e comprendere non solo alcune credenze errate o falsi miti, come per esempio rifiutarsi di pungersi con l’ago per la terapia insulinica o il monitoraggio glicemico, per il timore di vanificare il digiuno (41), ma anche di percepire l’importanza che ha il Ramadan dal punto di vista religioso e spirituale della persona.
Come modulare la terapia farmacologica
Durante il Ramadan i rischi potenziali per una persona con diabete possono comprendere la disidratazione (con possibile trombosi) e lo scompenso glicemico (sino alla chetoacidosi) (17) (Tab. 4).
Tabella 4. Rischi potenziali per soggetti con diabete mellito da prevenire/evitare durante il periodo di Ramadan secondo la proposta IDF-DAR. Mod da (17)
Un appropriato e consapevole comportamento durante il periodo di Ramadan può tradursi in benefici duraturi per i soggetti con DM: il miglioramento dello stile di vita, facilitando la riduzione ponderale (se presente), può potenziare l’alleanza terapeutica medico-paziente finalizzata al miglioramento del controllo metabolico. Pertanto, al fine di quantificare i rischi correlati al periodo di Ramadan, è opportuno conoscere il tipo di DM, i farmaci in uso, la presenza di complicanze e comorbilità, la capacità di percezione dell’ipoglicemia, le condizioni sociali e lavorative, le esperienze ed i vissuti personali durante precedenti periodi di Ramadan. Purtroppo la gestione del DM durante il Ramadan si basa più su opinioni di esperti che su evidenze derivanti da studi clinici randomizzati e controllati. Inoltre molti medici e molti specialisti non hanno adeguate esperienze o possono non confrontarsi con linee guida o raccomandazioni pubblicate (42).
È fondamentale che il paziente riceva adeguate informazioni sui rischi del digiuno, sulla necessità di monitorare la glicemia capillare, sull’attività fisica, sulla terapia nutrizionale, così come sul trattamento farmacologico (11, 43) già nel periodo che precede il Ramadan stesso, per rammentare al paziente l’importanza di adeguati comportamenti personali, così come la necessità di mantenere un adeguato automonitoraggio glicemico (rassicurando i soggetti Musulmani con DM che tale attività non interrompe il digiuno). Per raggiungere questo obiettivo, bisognerebbe educare prima gli operatori sanitari (44-45) implementando programmi specifici, gestiti da team esperti. Una condizione importante, da sottolineare, è la consapevolezza di poter “rompere” il digiuno in determinate occasioni, che vanno ben spiegate al paziente, ricordando loro i possibili sintomi correlati all’ipo- e all’iperglicemia (Tab. 5).
Tabella 5. Condizioni in cui è necessario interrompere il digiuno per i soggetti con DM durante il periodo di Ramadan, secondo la proposta IDF-DAR (17).
* considerare che tale limite è personalizzabile
Cenni di fisiopatologia
L’inizio del Ramadan determina rapide variazioni sia degli orari dei pasti, sia del ritmo sonno- veglia, con particolare rilevanza quando il digiuno coincide con il periodo estivo nei Paesi ad alta latitudine, in cui i momenti di luce sono molto prolungati. Di solito il sonno viene interrotto dal pasto prima dell’alba (anche alle ore 3 o alle 4 di notte), per permettere l’assunzione di cibo (suhoor) prima che inizi il digiuno che viene interrotto solo dopo il tramonto con il pasto serale (iftar) solitamente dalle 18 alle 20, in relazione alla latitudine. L’impatto del Ramadan sul sonno si traduce non solo in una riduzione della sua durata, ma anche in una diminuzione della fase REM (Rapid Eye Movement), con aumento del sonno non-REM (46-47). La deprivazione di sonno è stata associata a una ridotta tolleranza glucidica (48), pur se la rilevanza metabolica di tale condizione non è ancora stata definita (49-50). Si sono osservati cambiamenti della temperatura corporea e dei livelli di cortisolemia (47, 51-52), che ritornano al ritmo circadiano usuale alla 3° settimana di digiuno (47). La modifica della cortisolemia potrebbe giustificare, in parte, la sensazione di sonnolenza riferita da alcuni Musulmani durante il Ramadan. Anche i ritmi di fame e sazietà cambiano, con maggior senso di fame a causa del prolungato periodo di digiuno, specie nel genere maschile (53). Il senso di fame può spingere ad assumere un abbondante pasto dopo il tramonto (54), così da determinare un aumento del peso corporeo al termine del Ramadan, ma altri studi hanno rilevato una riduzione ponderale, con differenze di genere (maggior calo di peso negli uomini) (55). Durante il Ramadan si possono osservare momenti intermittenti di deplezione di glicogeno con chetogenesi maggiormente evidente nel tardo pomeriggio. Non assumere il pasto prima dell’alba (suhoor) può causare una deplezione di glicogeno più precoce, con aumentata chetogenesi nelle ore centrali della giornata. In soggetti sani, l’effetto metabolico del Ramadan è favorevole, con significativa riduzione dell’LDL-Colesterolo, aumento dell’HDL nel genere femminile e riduzione della trigliceridemia negli uomini (55). Sono e
Tabella 6. Categorie di rischio per soggetti diabete con DM che intendono digiunare durante il periodo di Ramadan, secondo la proposta IDF-DAR (17)
* il livello di controllo glicemico deve essere concordato tra medico e paziente in relazione a molteplici fattori; IDF: International Diabetes Federation; DAR: Diabetes and Ramadan International Alliance; DKA: chetoacidosi diabetica (diabetic ketoacidosis); DMT1: diabete mellito tipo 1; DMT2: diabete mellito tipo 2; GDM: diabete mellito gestazionale (Gestational Diabetes Mellitus); IRC: insufficienza renale cronica; MDI: multiple dosi di insulina (multiple dose insulin); SGLT2: co-trasportatore 2 sodio-glucosio (Sodium-glucose co-transporter 2); SMBG: automonitoraggio della glicemia (self-monitoring of blood glucose); SU: sulfoniluree.
Se i pazienti delle prime 2 categorie decidessero comunque di digiunare, la loro decisione deve essere rispettata. In tal caso il personale sanitario di un team diabetologico esperto deve esplicitare i rischi del digiuno e le modalità per ridurne i rischi. Il rischio può variare nel tempo, in relazione al grado di controllo metabolico o alla variazione della terapia farmacologica, come suggerito dalla strategia per la gestione del rischio secondo le 5R (Rispetto, Rischio stratificato, Revisione della terapia, Regolare controllo, Rivalutazione della strategia) (43, 66).
Condizioni particolari
Pazienti con diabete tipo 1
Tali soggetti dovrebbero essere indotti a non digiunare per il rischio di complicanze gravi. Peraltro, studi recenti, condotti su soggetti giovani, dimostrano che molti possono digiunare a patto che il diabete sia ben controllato, non siano presenti altre comorbilità e vi sia la capacità di riconoscere precocemente le ipoglicemie (67). Si sottolinea ancora l’importanza di una educazione specifica, una valutazione medica pre-Ramadan, una attenta comprensione su: capacità di riconoscere e gestire le ipoglicemie, volontà di seguire una dieta adeguata svolgendo regolare attività motoria, capacità di modificare il regime di terapia insulinica e monitoraggio glicemico frequente, meglio se mediante CGM (67).
Pazienti anziani
Poiché molti anziani possono presentare comorbilità che influenzano il loro stato di salute complessivo, si dovrebbe prevedere una valutazione multifunzionale e cognitiva preliminare prima di permettere il digiuno (68). La scelta terapeutica deve considerare il rischio di ipoglicemia jatrogena.
Gestanti
Si è calcolato che il 75% delle gravidanze di donne Musulmane si sovrappone al Ramadan. Anche se è stata concessa loro l’esenzione dal digiuno, alcune donne gravide scelgono di digiunare. Una recente pubblicazione ha sottolineato i rischi per madre e feto (69). Anche le categorie di rischio proposte da IDF-DAR hanno preso in considerazione la gravidanza di donne con diabete noto rispetto al diabete gestazionale (GDM), secondo cui:
– la gravidanza in donna diabetica determina un rischio per tutto il periodo gestazionale, rispetto alla più breve durata di esposizione a rischio di un GDM (che normalmente si evidenzia nel II-III trimestre di gravidanza);
– è importante considerare il trattamento farmacologico del diabete prima della gravidanza: incretine e tiazolinedioni sono considerati a basso rischio in relazione al digiuno. Peraltro, la maggior parte delle gravide con DMT2 passa a terapia con insulina (metformina o SU non vengono solitamente utilizzate in Italia);
– alla luce del rischio per le gestanti di ipo- e iperglicemie anche modeste (19), le donne con DM pre-esistente alla gravidanza o con GDM sono invitate a non digiunare almeno fino a che non siano disponibili dati clinici che permettano di riconsiderare il livello di rischio in questa popolazione speciale.
La gestione della terapia farmacologica
Dopo una stratificazione personalizzata del rischio, e dopo un’adeguata educazione, i sanitari devono tener presente le caratteristiche dei farmaci assunti dai pazienti che desiderano digiunare durante il Ramadan, al fine di concordare eventuali modifiche terapeutiche. Possibili aggiustamenti terapeutici sono indicati nella tabella 7.
Metformina, Acarbose, Pioglitazone
Raramente provocano ipoglicemie. Sono disponibili pochi studi sul loro utilizzo durante il Ramadan.
Sulfoniluree e Repaglinide
Le sulfoniluree (SU), ampiamente utilizzate nel mondo Musulmano per il basso costo e l’elevata efficacia, presentano alto rischio di ipoglicemia (specie glibenclamide, ma anche glimepiride e gliclazide) (70). Alcuni studi clinici non hanno rilevato differenze negli episodi di ipoglicemia con repaglinide (39, 71), rispetto al trattamento con insulina glargine, glimepiride o glibenclamide (72-73). La breve emivita plasmatica di repaglinide potrebbe giustificarne un suo utilizzo. La riduzione della posologia di glibenclamide, tra l’altro, non si è dimostrata sufficiente per evitare rischi di ipoglicemia (74). Alcuni autori preferiscono l’utilizzo di glimepiride o gliclazide (75-76) ma non ci sono ancora dati relativi alla formulazione a lento rilascio di quest’ultima molecola.
Tabella 7. Modificazioni di terapie anti-iperglicemiche non-insuliniche suggerite a soggetti con diabete mellito durante il periodo di digiuno del Ramadan secondo la proposta IDF-DAR (17). N.B.: suhoor: alba; iftar: tramonto
Agonisti
Tabella 8. Adeguamento delle dosi di insulina ad azione basale o pronta in pazienti con diabete mellito durante il periodo di digiuno del Ramadan secondo la proposta IDF-DAR. Mod da (17)
*Adeguare la dose di insulina somministrata prima del suhoor; **Adeguare la dose di insulina somministrata prima dell’iftar.
Tabella 9. Adeguamento delle dosi di insulina pre-miscelata in pazienti con diabete mellito durante il periodo di digiuno del Ramadan secondo la proposta IDF-DAR. Mod da (17)
È poi possibile l’utilizzo di microinfusori per insulina anche per pazienti con DMT2 in controllo metabolico insoddisfacente nonostante multiple iniezioni di insulina giornaliere. Pur in assenza di studi specifici, le esperienze acquisite in adulti e adolescenti con DMT1 fanno ritenere che si possa digiunare con minori rischi utilizzando il microinfusore (94).
Trattamento di popolazioni da alto rischio
Adulti con DMT1
I soggetti con DMT1 che desiderano digiunare sono considerati ad elevato rischio di sviluppare problemi di salute (19) tanto che le Autorità religiose Islamiche, in accordo con esperti diabetologi, non raccomandano il digiuno del Ramadan (Tab. 2). Ciononostante molti pazienti con DMT1, specialmente abitanti in paesi Islamici, desiderano comportarsi come gli altri Musulmani. A tal proposito, si è riscontrato una aumentata incidenza di chetoacidosi diabetica (DKA) durante il Ramadan e nel mese successivo (Shawal) rispetto al periodo pre-Ramadan (95) soprattutto nei pazienti che presentavano già un controllo metabolico non soddisfacente. Anche se il rischio di ipoglicemie sembra essere ridotto per i pazienti che digiunano durante il Ramadan, l’utilizzo del CGM ha permesso di documentare periodi ipoglicemici paucisintomatici (96). Si ribadisce, quindi, di suggerire di non digiunare ai soggetti con DMT1 che abbiano una delle seguenti condizioni:
- storia di ipoglicemie ricorrenti
- mancata percezione dei sintomi di ipoglicemia
- scarso controllo glico-metabolico
- diabete instabile
- non adesione al trattamento medico
- alcun desiderio o incapacità di gestire i loro livelli glicemici e la loro terapia.
Coloro che insistono per digiunare devono essere consapevoli dei potenziali rischi associati al digiuno del Ramadan, mantenendo una stretta supervisione medica (67). È importante che venga eseguito un autocontrollo strutturato della glicemia durante il giorno e, soprattutto, in ogni caso vi sia il dubbio di ipoglicemia (97). I momenti suggeriti per effettuare un test sono:
- prima del pasto dell’alba (suhoor)
- in mattinata
- a mezzogiorno
- nel pomeriggio
- prima del tramonto (iftar)
- 2 h dopo l’iftar in ogni momento in cui si sospetti una ipoglicemia/iperglicemia o se non ci si sente bene.
Viene anche suggerito di tenere un dettagliato diario glicemico durante il Ramadan, specificando che il controllo della glicemia non “rompe” il digiuno (98), come erroneamente ritenuto da alcuni (99). Questo deve comunque essere interrotto se la glicemia scende sotto valori di 70mg/dL (3.9mmol/L). Si deve insistere di non seguire il digiuno in caso di malattia (17). Secondo le linee guida di consenso sud-asiatiche (South Asian Consensus Guideline: Use of insulin in diabetes during Ramadan) (100) la miglior gestione della terapia insulinica dovrebbe prevedere “una o due iniezioni di insulina intermedia con iniezioni di insulina pronta pre-prandiale”; le modifiche terapeutiche consigliabili a un paziente con DMT1 che intende digiunare durante il Ramadan sono state schematizzate nelle tabelle 8 e 9. Studi più recenti hanno valutato l’utilizzo dei microinfusori, che non hanno portato a ipoglicemie gravi, seppur alcune ipoglicemie non gravi abbiano consigliato l’interruzione del digiuno. La tabella 10 riassume i consigli per modificare la posologia insulinica in pompa durante il Ramadan.
Tabella 10. Adeguamento delle dosi di insulina in diabetici in trattamento con microinfusore durante il periodo di digiuno del Ramadan secondo la proposta IDF-DAR. Mod da (17)
Giovani e adolescenti con DMT1
I ragazzi con DMT1 sono tenuti al digiuno durante il Ramadan al raggiungimento della pubertà. Dagli studi clinici disponibili (101-103) si desume che possano affrontare in sicurezza il digiuno (con la supervisione degli specialisti) i giovani in buon controllo prima del Ramadan, che sanno riconoscere i segni dell’ipoglicemia, effettuano regolare automonitoraggio glicemico e sanno gestire le dosi di insulina. Come per gli adulti, anche i giovani (e i loro genitori) devono essere consapevoli dei rischi potenziali associati alle pratiche del Ramadan, così come della possibilità di interrompere il digiuno quando necessario (104). La tabella 11 riassume le modifiche terapeutiche suggerite per i trattamenti multi iniettivi. I cambiamenti da apportare in chi utilizza il microinfusore in età pediatrica sono identici a quanto proposto per gli adulti (Tab. 10).
Tabella 11. Adeguamento delle dosi di insulina ad azione basale o pronta in giovani pazienti con diabete mellito tipo 1 durante il periodo di digiuno del Ramadan secondo la proposta IDF-DAR. Mod da (17)
Gravidanza
Le gestanti che temono conseguenze per la loro salute o per quella del feto possono non aderire al digiuno del Ramadan: potranno recuperare il periodo di digiuno dopo il parto. Peraltro vi sono donne che si sentono “colpevoli” se non osservano tale precetto (105-106) e decidono di digiunare nonostante le indicazioni sanitarie. In alcuni Paesi, possono essere la maggioranza (70-90% delle gravide con DM) (107) pur se non seguono il digiuno per tutto il mese (108). Si ribadisce, comunque, che le gestanti con DM sono considerate a rischio molto elevato e devono essere informate di non digiunare durante il Ramadan. La decisione, però, è strettamente personale a patto che le donne ricevano adeguata educazione sanitaria relativamente ai rischi di ipoglicemia, e iperglicemia, e pratichino regolarmente l’automonitoraggio glicemico capillare.
Follow-up dopo il Ramadan
Il Ramadan si conclude con 3 giorni di festa (Eid ul-Fitr): le persone con DM dovrebbero prestare attenzione a non eccedere in tale occasione. Utile una rivalutazione sanitaria, per ripristinare il normale trattamento farmacologico e per valutare il comportamento del DM durante il Ramadan appena trascorso. Attenzione, però: aver passato un periodo di digiuno senza rischio non significa automaticamente che non vi possano essere rischi in futuro, in considerazione della natura “progressiva” della malattia diabetica.
Conclusioni
Da quanto sopra esposto, si può concludere che il periodo del Ramadan nel nostro paese ha implicazioni significative sulla popolazione musulmana con diabete residente in Italia, sia quantitative, sia qualitative:
1) il totale delle persone con diabete di fede musulmana che in Italia dovrebbero eseguire il Ramadan si aggira intorno a 130.000. Di questi un numero importante potrebbe essere in trattamento insulinico (tipo 1 e tipo 2);
2) la gestione del Ramadan assume particolare rilevanza e difficoltà in Italia, ove il ritmo di vita non si modifica per questa festività religiosa. Tra i musulmani è forte il desiderio di passare il Ramadan presso il paese di origine, ma per motivi dettati dal lavoro ciò non sempre è possibile. È quindi importante educare le persone con diabete e gli operatori sanitari ad affrontare questo problema;
3) la parte rappresentata dagli immigrati irregolari di fede musulmana, in base alle statistiche più recenti, è molto bassa ed impossibile da stimare. In questa popolazione è difficile immaginare una gestione “corretta” del Ramadan viste le problematiche assai complesse conseguenti a tale status. È auspicabile che a questi pazienti sia in primo luogo garantita la fornitura di insulina sufficiente per il trattamento del diabete. La gestione del controllo metabolico durante il Ramadan sarà un passo successivo, che dovrà essere affrontato con attenzione dagli operatori sanitari.
Si ringraziano le dottoresse Marinella Delfonso e Sara Fallucca per la collaborazione e il Ministero degli Interni e l’Iman della Moschea di Roma per aver fornito dati sensibili e aggiornati al Gennaio 2017.
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