ARTICOLO N. 2
Effects of intensive glycaemic control on ischaemic heart disease: analysis of data from the randomised, controlled ACCORD trial – Effetti del controllo glicemico intensivo sulla cardiopatia ischemica: analisi dei risultati dello studio randomizzato controllato ACCORD
Gerstein HC, Miller ME, Ismail-Beigi F, Largay J, McDonald C, Lochnan HA, Booth GL, for the ACCORD Study Group.
Lancet 2014; 384: 1936-1941
L’iperglicemia può incrementare il rischio di cardiopatia ischemica in pazienti con diabete mellito di tipo 2. Lo studio ACCORD è un ampio trial condotto alcuni anni fa, che ha confrontato l’efficacia di un trattamento ipoglicemizzante intensivo verso un trattamento standard in persone con diabete mellito di tipo 2 e fattori di rischio addizionali per malattie cardiovascolari. Il trattamento intensivo dell’iperglicemia si associava a una significativa riduzione a 5 anni dell’incidenza di malattie ischemiche cardiache (13%), infarto del miocardio fatale (19%) e non fatale (19%), rivascolarizzazione coronarica (16%) e angina instabile (19%). Queste analisi, sebbene non fossero prespecificate nel protocollo dello studio ACCORD, hanno fornito dati consistenti con quelli di altri studi clinici in cui la terapia intensiva riduceva l’incidenza di infarto del miocardio fatale e non fatale in pazienti con diabete mellito di tipo 2. Ad oggi, nonostante numerose analisi, l’effetto del trattamento intensivo sulla mortalità cardiovascolare non è ancora chiaro: sono stati chiamati in causa diversi fattori tra cui l’entità e il numero degli episodi ipoglicemici, nonché il grado e la velocità di abbassamento della glicemia. Inoltre, l’effetto del trattamento intensivo sulla riduzione degli eventi ischemici cardiaci non è stato mai valutato.
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Questo lavoro ha pertanto l’obiettivo di valutare la relazione tra l’effetto del trattamento intensivo sui livelli di emoglobina glicata (HbA1c) e l’indice di ischemia cardiaca, valutato mediante l’incidenza di infarto fatale e non fatale, angina instabile e di nuova insorgenza.
Sono stati arruolati 10251 soggetti adulti di età compresa tra i 40 e 79 anni con diabete mellito di tipo 2 noto, con valori medi di HbA1c di 67 mmol/mol (8,3%) e fattori di rischio cardiovascolare. I partecipanti sono stati assegnati al trattamento intensivo o a quello standard (target di HbA1c inferiore a 42 o compresa tra 53-63 mmol/mol [inferiore a 6,0 o compresa tra 7,0-7,9%], rispettivamente). Sono state valutate l’incidenza di infarto del miocardio fatale o non fatale, le procedure di rivascolarizzazione, l’angina instabile e i nuovi episodi di angina durante il periodo di trattamento attivo (media 3,7 anni) più ulteriori 1,2 anni di osservazione iniziati al momento di interruzione dello studio.
Nessuna differenza significativa è stata osservata tra i 2 gruppi all’inizio dello studio per i valori di pressione arteriosa, colesterolo LDL, creatinina o l’impiego di farmaci cardiovascolari durante tutto il periodo di follow-up. I pazienti sono stati seguiti per una media di 3,7 anni fino al periodo di transizione e per una media di 4,8 anni fino alla fine del periodo di follow-up. 1263 eventi ischemici sono stati riportati durante il periodo attivo e 1619 durante l’intero periodo di follow-up. Pochi partecipanti nel gruppo in trattamento intensivo hanno presentato un infarto del miocardio fatale e non fatale o un outcome composito per infarto del miocardio e angina instabile rispetto al gruppo in terapia standard in entrambi i periodi. Rispetto al gruppo in terapia standard i pazienti randomizzati nel gruppo in terapia intensiva presentavano il 20% in meno di rischio di sviluppare un infarto del miocardio durante il periodo di trattamento attivo e il 16% in meno durante l’intero periodo di follow-up. I dati sono risultati simili anche per l’endpoint composito (infarto del miocardio, rivascolarizzazione coronarica e angina instabile). Un minor numero di episodi di rivascolarizzazione coronarica o di angina instabile è stato visto nel gruppo in terapia intensiva per l’intero periodo di trattamento ma non prima della fase di transizione. L’incidenza cumulativa per tutti gli outcome è risultata inferiore con la terapia intensiva in entrambi i periodi di follow-up.
Quando il valore di HbA1c raggiunto alla fine del periodo di trattamento attivo era inserito nell’analisi come co-variata tempo dipendente, tutte le HR sono risultate non significative (Tab. 1) a dimostrare che l’effetto era dovuto proprio al risultato generato dal trattamento intensivo dell’iperglicemia nel triennio iniziale dello studio.
Quindi, sebbene questa analisi non fosse pianificata all’inizio dello studio, i risultati suggeriscono che il trattamento intensivo dell’iperglicemia si accompagna ad una riduzione della cardiopatia ischemica nelle sua varie forme di presentazione clinica anche a distanza di più di un anno dalla cessazione del trattamento intensivo.
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