Disturbi cognitivi e diabete

Federica Limongi, Marianna Noale, Paola Siviero, Gaetano Crepaldi, Stefania Maggi
Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto di Neuroscienze, sezione di Padova – Invecchiamento

L’incremento della prevalenza del diabete (DM) rappresenta un importante problema di salute pubblica soprattutto per le numerose complicanze fisiche e psicologiche ad esso associate. È, infatti, ampiamente dimostrato che il DM, oltre alle oramai note complicanze fisiche, è un importante fattore di rischio per lo sviluppo di disturbi del tono dell’umore come depressione e ansia ma anche di disturbi del funzionamento cognitivo. Per quanto riguarda il funzionamento cognitivo nelle persone con DM, sono stati osservati sia deficit cognitivi specifici sia deterioramento cognitivo e demenza conclamata: la na- tura, l’entità e il decorso delle alterazioni cognitive differiscono nei due tipi di DM.

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MESSAGGI CHIAVE
• Il diabete è una patologia complessa e fattori associati alla patologia, al suo trattamento, le complicanze a lungo termine e la comorbidità possono avere un impatto negativo a livello cerebrale.
• Gli effetti a lungo termine a livello cerebrale comprendono deficit cognitivi specifici, deterioramento cognitivo e de- menza conclamata.
• L’età di esordio del diabete, il tipo di diabete, le complicanze e le comorbidità hanno un ruolo fondamentale nel determinare natura, entità e decorso delle alterazioni cognitive.

DIABETE MELLITO DI TIPO 1 E DEFICIT COGNITIVI
Da una meta-analisi di 33 studi riguardanti il funzionamento cognitivo nei pazienti con diabete di tipo 1 (DMT1), è emersa una importante e significativa associazione tra DMT1 e alterazioni cognitive. Il profilo cognitivo dei pazienti con DMT1 sembra essere caratterizzato non da un deterioramento cognitivo generale bensì da performance significativamente ridotte in domini cognitivi specifici quali l’intelligenza, la velocità di elaborazione delle informazioni, l’efficienza psicomotoria, l’attenzione visiva e sostenuta, la flessibilità cognitiva e la percezione visiva.

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La memoria e la capacità di apprendimento risultano invece preservate. I pazienti con DMT1, rispetto ai sog- getti di controllo non diabetici, sembrano essere meno capaci di utilizzare e adattare le conoscenze già acquisite alle situazioni nuove. I deficit cognitivi osservati, anche se di modesta entità, possono influenzare negativamen- te la capacità di gestire in modo autonomo le attività quotidiane e, di conseguenza, la qualità della vita dei pazienti con DMT1. La performance cognitiva deficitaria osservata nei pazienti con DMT1 è risultata associata a complicanze microvascolari (retinopatia) e complicanze neurologiche (1).
Poiché nel DMT1 (insulino-dipendente) i pazienti posso- no essere soggetti a fluttuazioni della glicemia nell’arco della giornata, si è ipotizzato che l’esposizione a ripetuti episodi di grave ipoglicemia possa almeno in parte spie- gare la presenza di questi deficit cognitivi. A questo ri- guardo i dati sono però contrastanti: una meta-analisi (1), due studi longitudinali, il Diabetes Control and Com- plications Trial (2-3) e lo Stockholm Diabetes Intervention Study (4), e uno studio trasversale di Ferguson (5) non hanno trovato alcuna associazione tra esposizione a ri- petuti episodi di grave ipoglicemia e declino cognitivo. Altri studi invece hanno osservato l’esistenza di una as- sociazione tra esposizione a ripetuti episodi di grave ipo- glicemia e alterazioni cognitive (6-8).
Altri fattori patogenetici che potrebbero essere coinvolti nel determinare la presenza di deficit cognitivi nel DMT1 sono l’iperglicemia e la produzione di prodotti terminali di glicosilazione avanzata, che comportano danni vasco- lari e danni a carico della funzione endoteliale, reazione infiammatoria e deposizione di amiloide. L’iperglicemia può inoltre influenzare il flusso cerebrale, la funzione dei neurotrasmettitori e l’apporto nutritivo al cervello, inducendo quindi una neuropatia cerebrale. Il danno co- gnitivo quindi, può essere conseguente a ictus o attacchi ischemici transitori più frequenti e con outcome peggiori nella popolazione diabetica (9).

MESSAGGI CHIAVE
• Il profilo cognitivo dei pazienti con DMT1 è caratterizzato da deficit cognitivi specifici a carico dell’intelligenza, della velocità di elaborazione delle informazioni, dell’efficienza psicomotoria, dell’attenzione visiva e sostenuta, della flessibilità cognitiva e della percezione visiva. La memoria e la capacità di apprendimento risultano invece preservate.
• Le complicanze microvascolari (la retinopatia) e le com- plicanze neurologiche sembrano avere un ruolo certo nel- la prestazione cognitiva deficitaria dei pazienti con DMT1 mentre i risultati relativi all’esposizione a ripetuti episodi di ipoglicemia sono ancora pochi e contraddittori.

DIABETE MELLITO DI TIPO 2, DEFICIT COGNITIVI E DEMENZA
Secondo uno studio recente nel 2030 la prevalenza del diabete mellito di tipo 2 (DMT2) aumenterà del 42%, rispetto alle stime del 2011 con particolare riferimento alle persone di età superiore ai 60 anni, fascia di età in cui aumenta contemporaneamente il rischio di sviluppare deterioramento cognitivo o demenza (10). Si assisterà, di conseguenza, ad un significativo incremento del numero di persone anziane affette sia da DMT2 che da deterioramento cognitivo o demenza. Se negli ultimi anni sono stati fatti importanti progressi negli interventi per la prevenzione e il trattamento delle complicanze micro- e macro vascolari classiche del diabete, adesso ci troviamo ad affrontare complicanze come i deficit cognitivi e la demenza per le quali non esistono ancora strategie di trattamento. La sfida futura sarà quindi trovare modalità di trattamento del DMT2 che siano anche efficaci nella protezione del funzionamento cognitivo nel paziente anziano (11). I numerosi studi longitudinali svolti fino ad ora hanno fornito importanti informazioni non solo sull’impatto del DMT2 sul funzionamento cognitivo ma anche sulla direzione della relazione casuale tra queste due patologie. Una review del 2010 di studi trasversali e longitudinali ha individuato nei pazienti con DMT2 due tipologie di alterazioni cognitive differenti per età di esordio, gravità e decorso (12).
La prima tipologia di alterazioni, rilevata nei pazienti con DMT2 senza demenza e di tutte le fasce di età, è rappresentata da deficit cognitivi di grado lieve-moderato a carico della memoria verbale, della velocità di elaborazione delle informazioni, dell’attenzione e delle funzioni esecutive. I deficit cognitivi di grado lieve-moderato esordiscono nella cosiddetta fase “prediabetica” e hanno una progressione lenta e modesta nel corso del tempo. I deficit cognitivi sono emersi dall’analisi e dal confronto di tre studi che hanno valutato il funzionamento cognitivo inpazienti con DMT2 utilizzando la stessa batteria di test neuropsicologici: l’Addition Study (13), l’UDES Study (14) e l’Hoorn Study (15).
La seconda tipologia di alterazioni, osservata nei pazienti con DMT2 di età più avanzata (>70 anni), è rappresentata da deficit cognitivi gravi, dal rapido decorso e da un’elevata incidenza di demenza (Fig. 1).

Figura 1 Disturbi cognitivi e diabete

Tabella 1 - Disturbi cognitivi e diabete

Secondo gli autori della review i due tipi di deficit cognitivi rifletterebbero processi distinti caratterizzati da fat- tori di rischio e eziologia differenti e richiederebbero, di conseguenza, strategie di trattamento diverse.
Diversi studi longitudinali hanno dimostrato che, rispetto alla popolazione generale, le persone con DMT2 hanno un rischio tra 1,5 e 2,5 volte superiore di sviluppare demenza (16-18). Una recente meta-analisi quantitativa di 19 studi longitudinali ha indagato l’associazio- ne tra diabete e demenza, analizzando nello specifico la relazione con la Malattia di Alzheimer (MA), la Demenza Vascolare (DV), demenza di altra tipologia e il deterioramento cognitivo lieve. La meta-analisi, che ha confrontato i dati di 6184 soggetti con diabete con quelli di 38.530 soggetti senza diabete, tutti senza demenza o deteriora- mento cognitivo lieve alla valutazione basale, conferma il ruolo del diabete come fattore di rischio per lo sviluppo di MA, DV, demenza di altra tipologia e deterioramento cognitivo lieve. Rispetto ai soggetti senza diabete le persone con diabete hanno un rischio più che raddoppiato di sviluppare DV, un rischio relativo (RR) di sviluppare MA, demenza di altra tipologia e deterioramento cognitivo lieve pari rispettivamente a 1,46, 1,51 e 1,22 (Tab. 1).
Il rischio di sviluppare MA è stato calcolato su 16 studi comprendenti 5706 soggetti con diabete e 36.191 senza diabete; il rischio di sviluppare DV è stato calcolato su 10 studi comprendenti 3519 soggetti con diabete e 23.026 soggetti senza diabete; il rischio di sviluppare una de- menza di altra tipologia è stato calcolato su 11 studi com- prendenti 5247 soggetti con diabete e 32.900 senza diabe- te; per finire, il rischio di deterioramento cognitivo lieve è stato calcolato solo su 2 studi comprendenti 393 soggetti con diabete e 2091 senza diabete. Come sottolineato dagli stessi autori, sono ancora pochi i dati relativi alla rela- zione tra diabete e ad altre forme di demenza, come ad esempio, la malattia di Parkinson e la demenza a Corpi di Lewy, così come quelli relativi al deterioramento cognitivo lieve (19).
Un’altra evidenza del ruolo del DMT2 come fattore di ri- schio di declino cognitivo negli anziani viene dall’Italian Longitudinal Study on Aging (ILSA), studio longitudinale condotto su 5632 soggetti di età compresa tra i 65 e gli 84 anni, con una valutazione basale (1992) e due follow-up (1996, 2000) (20).
Dalle analisi emerge come primo dato che nella popo- lazione anziana italiana, con un tasso di prevalenza del diabete intorno al 13%, le complicanze e la disabilità cognitiva ad esso associate, sono elevate. Per quanto ri- guarda l’associazione tra DMT2 e deficit cognitivi, non sono stati osservati punteggi medi significativamente differenti nei maschi con diabete rispetto a quelli senza diabete nelle prove che valutano lo stato cognitivo globale e la memoria a lungo termine verbale; sono emerse, in- vece, differenze significative tra i due gruppi per quanto riguarda l’attenzione selettiva visiva. Nelle femmine, al contrario, la presenza di diabete è risultata associata a punteggi medi più bassi nelle prove che valutano lo sta- to cognitivo globale, la memoria a lungo termine e l’at- tenzione selettiva visiva. Dalle analisi emerge, inoltre, che nei soggetti con elevati valori di emoglobina glicata, indipendentemente dalla diagnosi di diabete, vi è un ri- schio di alterazione dello stato cognitivo globale (misu- rato con il Mini Mental State Examination) superiore del 70% nelle donne e del 60% negli uomini (21).
I dati presenti in letteratura riguardanti l’effetto del con- trollo glicemico sulle prestazioni cognitive sono contro- versi: alcuni studi riportano che nei soggetti con DMT2 ad elevati livelli di emoglobina glicata corrisponde una performance peggiore nelle prove neuropsicologiche (22- 23) mentre in altri lavori questa relazione non viene con- fermata (24-25).

MESSAGGI CHIAVE
• Nei pazienti con DMT2 sono state osservate due diverse tipologie di alterazioni cognitive: deficit cognitivi di grado lieve-moderato a carico della memoria verbale, della ve- locità di elaborazione delle informazioni, dell’attenzione e delle funzioni esecutive, e deficit cognitivi gravi e elevata incidenza di demenza.
• Questi due tipi di deficit cognitivi rifletterebbero processi distinti caratterizzati da fattori di rischio e eziologia diffe- renti.
• I pazienti con DMT2 hanno un rischio tra 1,5 e 2,5 volte supe- riore di sviluppare demenza.

MECCANISMI IMPLICATI NELLA RELAZIONE TRA DMT2, DEFICIT COGNITIVI E DEMENZA
Sono diversi i meccanismi fisiopatologici attraverso i qua- li il diabete potrebbe influenzare l’esordio e la progressio- ne delle diverse patologie associate a demenza. Alcuni di questi sono comuni sia alla MA che alla DV, così come al processo di invecchiamento. La Figura 2 propone uno schema dei possibili meccanismi che collegano il diabete e i fattori di rischio ad esso associati, alla demenza e ai cambiamenti cerebrali correlati all’invecchiamento (26). Lo schema riprende e integra un modello precedentemen- te proposto da Biessels e colleghi (27). La fisiopatologia del DMT2 è il risultato di una complessa interazione tra alte- razioni di tipo metabolico, endocrino e vascolare, molte delle quali sono a loro volta implicate nella fisiopatologia della DV e della MA, indipendentemente dal DMT2. In alcune persone con diabete può essere predominante il danno vascolare che porta a sviluppare una forma di de- menza classificabile a livello clinico come “DV pura”; in altri pazienti sono, invece, predominanti i meccanismi associati alla formazione delle placche beta amiloidi che porteranno a sviluppare un quadro clinico classificabile come “MA pura”. La maggior parte dei pazienti presen- ta, invece, un quadro clinico intermedio tra queste due forme di demenza classificabile come “misto”. È, infatti, oramai risaputo che il cervello delle persone con demen- za, soprattutto in età avanzata, mostra frequentemente un quadro clinico misto di patologie riconducibili sia alla MA che alla DV.
Come sintetizzato dalla Figura 2, la malattia vascolare, le alterazioni nel metabolismo dell’insulina, del glucosio e dell’amiloide, potrebbero essere alcuni tra i fattori più importanti nell’associazione tra diabete e demenza.

  • Patologia cerebrovascolare ischemica: l’ictus e la co-morbidità vascolare contribuiscono in maniera determinante al rischio di sviluppare demenza nel- le persone con diabete. Il diabete è un noto fattore di rischio per l’ictus, rischio che però non è attribuibile esclusivamente al diabete, ma anche ai fattori di ri- schio per la malattia vascolare. Il DMT2 si sviluppa in un contesto di associazione di fattori di rischio vasco- lari quali l’obesità, l’insulino-resistenza, la dislipide- mia aterogenica, l’ipertensione, stati pro trombotici e pro-infiammatori. Alcuni di questi fattori, che nel loro insieme costituiscono la sindrome metabolica, potreb- bero essere fattori predittivi di malattia cerebrovasco- lare, di ictus ischemico, di declino cognitivo accelerato e demenza.
  • Tossicità del glucosio: l’esposizione cronica all’iper- glicemia nel diabete potrebbe portare ad anomalie nei capillari cerebrali, così come ad ispessimento della membrana basale. Queste alterazioni a livello micro- vascolare potrebbero a loro volta favorire lo sviluppo di ischemia cerebrale. Diverse evidenze suggeriscono il ruolo fondamentale degli effetti tossici dell’ipergli- cemia nel determinare alterazioni funzionali e strut- turali lentamente progressive a livello cerebrale, com- prese quindi le alterazioni di tipo cognitivo osservate nelle persone con DMT2. Gli effetti tossici dell’ipergli- cemia vengono mediati da un incremento del flusso di glucosio, da alterazioni della trasduzione del segnale intracellulare, da disturbi del rapporto di formazione/ rimozione dei radicali liberi, e dalla glicazione avan- zata di proteine funzionali e strutturali. Questi pro- cessi possono influenzare il tessuto cerebrale in modo diretto, ma potrebbero anche determinare alterazioni a livello microvascolare. Il diabete potrebbe quindi pro- vocare alterazioni microvascolari più generalizzate e diffuse nel cervello, causando microinfarti, portando ad atrofia generalizzata e a cambiamenti della sostan- za bianca. Questi effetti sul funzionamento cognitivo e sulla struttura cerebrale mediati dal glucosio potreb- bero essere definiti come “invecchiamento cerebrale accelerato”. Molti dei meccanismi che mediano gli ef- fetti tossici dell’iperglicemia, come lo stress ossidativo, l’accumulo dei prodotti finali della glicazione avanzata e le patologie microvascolare, sono infatti anche impli- cati nel processo di invecchiamento cerebrale.
  • Alterazioni del metabolismo dell’insulina e del metabolismo amiloide: l’insulino-resistenza, almeno nelle fasi precoci del DMT2, è associata a iperinsulinemia compensatoria che numerosi studi hanno identificato come fattore di rischio per il declino cognitivo e la demenza. Questa associazione potrebbe essere almeno in parte mediata dalla patologia vascolare, poiché l’insulina ha un effetto vasoattivo. L’insulina potrebbe, inoltre, agire direttamente sul cervello: è, infatti, trasportata attivamente attraverso la barriera emato-encefalica e viene prodotta anche a livello locale nel cervello dove è associata all’apprendimento e alla memoria. I recettori dell’insulina sono distribuiti su tutto il cervello, in modo particolare a livello dell’ippocampo e della corteccia. L’invecchiamento è associato a cambiamenti nei livelli di insulina e dei suoi recettori nel cervello, cambiamenti che potrebbero essere ancora più accen- tuati nei pazienti con MA. Le alterazioni nell’omeo- stasi dell’insulina e del glucosio potrebbero, inoltre, influenzare il metabolismo amiloide sia modifican- do l’insulina cerebrale e i suoi recettori sia attraverso la formazione dei prodotti terminali della glicazione avanzata.

Studi condotti su topi geneticamente modificati hanno dimostrato che l’attivazione prolungata ed esagerata dei recettori dell’insulina in determinate aree del cervello, può alterarne alcune funzioni. Gli stessi studi hanno, inoltre, dimostrato che la resistenza neuronale all’insu- lina può interagire con altri fattori di rischio nel deter- minare l’insorgenza della MA (28).
Quello che ancora non conosciamo è quale di tutti questi meccanismi fisiopatologici abbia un ruolo determinante nella relazione tra diabete e demenza (27).


E SE L’ALZHEIMER FOSSE UNA FORMA DI DIABETE MELLITO? IL DIABETE DI TIPO 3
Il termine diabete mellito di tipo 3 (DMT3) è stato coniato per la prima volta nel 2005 da un team di riCercatori ame- ricani dopo la scoperta che esiste un’insulino-resistenza anche nel cervello (29). La constatazione che un deficit nell’utilizzo del glucosio a livello cerebrale e nel metabo- lismo energetico rappresentano alterazioni molto precoci che precedono o accompagnano le fasi iniziali del deterioramento cognitivo, ha portato i ricercatori ad ipotizza- re che la compromissione del segnale dell’insulina svolga un ruolo importante nella patogenesi della MA. La MA sarebbe quindi una forma di diabete mellito, chiamata DMT3, che colpirebbe in maniera progressiva e selettiva il cervello. Le conferme di questa ipotesi arriverebbero dall’analisi post mortem dei cervelli di persone con docu- mentata MA, da modelli animali sperimentali, da espe- rimenti in vitro e dalla dimostrazione che le persone con DMT2 hanno una maggiore probabilità di sviluppare MA. Secondo questa ipotesi, la MA sarebbe quindi una malat- tia neuroendocrina progressiva causata da deficit seletti- vi dei meccanismi di segnale dell’insulina e dei fattori di crescita insulino-simile, con carenze di insulina a livello cerebrale e di produzione dei fattori di crescita insulino- simile. Il DMT2 da solo non sarebbe in grado di causare lo sviluppo della MA ma potrebbe agire come co-fattore nella patogenesi o progressione della demenza.

Figura 2 - Disturbi cognitivi e diabete

Il DMT3, così come il DMT2, è caratterizzato da una significativa attivazione dei mediatori dell’infiammazione, da stress ossidativo, da danno al DNA e da disfunzione mitocon- driale, tutti fattori che contribuiscono ad una cascata degenerativa che a sua volta andrebbe ad esacerbare l’in- sulino-resistenza (30).
La MA e il DMT2 riconoscono diversi tratti comuni, qua- li l’aumentata prevalenza con l’età, una predisposizione genetica e caratteristiche patogenetiche comuni quali l’accumulo di amiloide nelle isole pancreatiche dei pa- zienti con DTM2 e nel cervello dei pazienti con MA (31). Alla luce di queste importanti scoperte, risulta quin- di fondamentale sviluppare nuovi approcci diagnostici e terapeutici della MA che prendano in considerazione il ruolo fondamentale svolto dai deficit del metaboli- smo energetico, dall’incremento dello stress ossidativo, dall’infiammazione, dall’insulino-resistenza, dalla ca- renza di insulina e dei fattori di crescita insulino-simili (32).

 

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