Alessandro Mantovani, Giovanni Targher
Sezione di Endocrinologia, Diabetologia e Malattie del Metabolismo, Dipartimento di Medicina, Università ed Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona
INTRODUZIONE
La steatosi epatica non alcolica (NAFLD, Non-Alcoholic Fatty Liver Disease) rappresenta attualmente l’epatopatia cronica di più frequente riscontro nella pratica clinica (1-4). La diagnosi di tale patologia è basata sulla presenza di steatosi epatica, documentata mediante imaging e/o biopsia, in soggetti con anamnesi negativa per eccessivo consumo alcolico (convenzionalmente viene accettato un consumo alcolico giornaliero inferiore a 20 grammi/die per le donne ed inferiore a 30 grammi/die per gli uomini) ed esenti da altre cause note di epatopatia cronica (per esempio, virus, farmaci, autoimmunità, emocromatosi). Dal punto di vista istopatologico, la NAFLD comprende uno spettro di condizioni che includono la steatosi semplice, la steato-epatite non alcolica (NASH, Non-Alcoholic Steatohepatitis), caratterizzata da steatosi e necro-infiammazione, e la cirrosi che può talora evolvere verso l’epatocarcinoma (HCC) (1-4). La NAFLD si associa frequentemente a sovrappeso/obesità ed aumentata resistenza insulinica, che svolgono un ruolo chiave nella eziopatogenesi della NAFLD (1-4). Sulla base di tali associazioni, non sorprende pertanto il fatto che esista anche uno stretto legame fra NAFLD e diabete. Negli ultimi anni diversi studi hanno documentato come la NAFLD sia molto comune nei pazienti con diabete mellito e rappresenti un importante fattore di rischio di morbidità e mortalità in tali pazienti. In questa breve rassegna verrà specificatamente discussa l’epidemiologia della NAFLD nei pazienti affetti da diabete mellito ed il possibile ruolo che la NAFLD svolge nello sviluppo e nella progressione delle principali complicanze croniche del diabete (ed in particolar modo di quelle macro-vascolari). Verranno inoltre esaminate brevemente le principali strategie diagnostiche e terapeutiche della NAFLD che sono attualmente disponibili, con speciale riguardo ai pazienti affetti da diabete.
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EPIDEMIOLOGIA DELLA NAFLD NEI PAZIENTI CON DIABETE MELLITO
La reale prevalenza della NAFLD non è del tutto nota sia perché mancano indagini diagnostiche sufficientemente sensibili e specifiche da poter essere utilizzate su larga scala sia perché la NAFLD risulta spesso asintomatica e priva di significative alterazioni dei parametri ematochimici, incluso gli enzimi epatici (1-4). Pertanto, le stime di prevalenza della NAFLD vengono dedotte sulla base di criteri diagnostici indiretti, come il moderato rialzo sierico degli enzimi epatici e/o la presenza di steatosi epatica all’ecografia e possono quindi ampiamente variare nei diversi studi epidemiologici a seconda del criterio diagnostico utilizzato (1-4). Pur tuttavia, tutti gli studi disponibili confermano che la NAFLD ha raggiunto proporzioni epidemiche e rappresenta attualmente la principale causa di epatopatia cronica in molte parti del mondo. Tali studi hanno stimato una prevalenza di NAFLD che si aggira fra il 20% ed il 30% nella popolazione generale adulta (1-4). Tuttavia, altri studi che hanno utilizzato la risonanza magnetica in spettroscopia (1H-MRS), che è l’unica metodica radiologica in grado di misurare direttamente la quantità di trigliceridi presenti nel fegato, hanno documentato che la prevalenza della NAFLD nella popolazione generale è ancora maggiore e si aggira attorno al 35% (5). Va comunque rimarcato il fatto che tali prevalenze sono molto probabilmente destinate a crescere nel prossimo futuro, in considerazione delle stime di un costante e progressivo incremento dell’obesità e della sindrome metabolica nel corso del prossimo ventennio (in tutte le fasce di età, incluso quella pediatrica) nella maggior parte del mondo.
Sulla base di queste considerazioni, diversi studi epidemiologici hanno documentato che la prevalenza della NAFLD nei pazienti con diabete tipo 2 è molto superiore a quella rilevata nella popolazione generale di pari età, variando tra circa il 45% e il 75% (6-10). Per esempio, nell’ambito del Valpolicella Heart Diabetes Study, in cui sono stati arruolati circa 3000 pazienti ambulatoriali con diabete tipo 2, la prevalenza della NAFLD all’ecografia era pari a circa il 70% (6). Williamson et al. hanno rilevato una prevalenza della NAFLD di circa il 45% nella coorte di 900 diabetici tipo 2 anziani dell’Edimburgh type 2 diabetes study (7). In uno studio che coinvolgeva circa 2000 giapponesi adulti la prevalenza della NAFLD (all’ecografia epatica) era del 27% nei soggetti con normale glicemia a digiuno, del 43% nei pazienti con alterata glicemia a digiuno e del 62% in quelli con diabete neo-diagnosticato (9). Nel Dallas Heart Study la prevalenza di steatosi epatica, diagnosticata mediante 1H-MRS, nei pazienti con alterata glicemia a digiuno e/o diabete (dati combinati) era di oltre il 50% (5). In uno studio molto recente che è stato condotto su un campione di 103 pazienti sovrappeso/obesi con diabete tipo 2 e valori di transaminasi nella norma, Portillo Sanchez et al. hanno dimostrato che la prevalenza di NAFLD, diagnosticata mediante 1H-MRS, era del 76% (10). Questi Autori hanno inoltre documentato una prevalenza molto elevata di NASH alla biopsia epatica: il 56% dei pazienti con steatosi epatica alla 1H-MRS avevano un quadro istopatologico compatibile con NASH (10). Questi dati confermano ulteriormente l’elevata prevalenza di forme progressive di NAFLD nei pazienti con diabete tipo 2. È noto che la presenza di diabete mellito di per sé conferisce una probabilità maggiore di sviluppare NASH, cirrosi ed epatocarcinoma (1-4, 11, 12). È stato stimato che i pazienti con diabete abbiano una prevalenza di fibrosi avanzata e cirrosi che è almeno 3 volte superiore rispetto a quelli senza il diabete e che tale rischio aumenti marcatamente se i pazienti con diabete sono anche obesi (1-4, 11-12). I dati di Portillo Sanchez et al. confermano inoltre che i livelli circolanti delle transaminasi sono dei marcatori poco sensibili di NAFLD/NASH e che gli attuali valori di normalità delle transaminasi, che vengono spesso utilizzati da diversi laboratori, dovrebbero essere rivisti (2-3, 10-12).
Ad oggi, vi sono ancora pochi dati in letteratura riguardanti la prevalenza della NAFLD nel diabete tipo 1. Pur tuttavia, l’impatto epidemiologico della NAFLD e della sindrome metabolica sembrano ormai aver coinvolto anche questa popolazione di pazienti, che sono soggetti dove la prevalenza della sindrome metabolica è in progressiva crescita (attestandosi attorno al 30-40% dei pazienti in età adulta), seppur rimanga sensibilmente inferiore rispetto a quanto osservato fra i pazienti con diabete tipo 2. Recenti studi hanno documentato che oltre il 40% dei pazienti adulti affetti da diabete tipo 1 hanno delle alterazioni ecografiche indicative di NAFLD (13-15). Già in precedenza, West et al. studiando 1353 pazienti diabetici (il 38% dei quali era affetto da diabete tipo 1), avevano documentato che valori moderatamente elevati di transaminasi (definiti come ALT >50 U/l e possibilmente indicativi di NAFLD) erano presenti in circa il 10% dei pazienti con diabete tipo 1 e nel 12% di quelli con diabete tipo 2 (16). Leeds et al. hanno confermato tali dati in una coorte di 917 diabetici tipo 1, osservando che valori moderatamente elevati di ALT (definiti come ALT >30 U/l nei maschi e ALT>19 U/l nelle femmine) si riscontravano in quasi il 35% di tali pazienti (17).
NAFLD E CONTROLLO GLICEMICO NEL DIABETE
Recenti dati epidemiologici hanno evidenziato che i pazienti con diabete e NAFLD hanno un peggiore controllo glicemico e utilizzano maggiori dosi giornaliere di insulina rispetto ai pazienti senza steatosi epatica. Per esempio, in alcuni studi condotti dal nostro gruppo sia in pazienti con diabete tipo 2 che in quelli con diabete tipo 1 è stato chiaramente documentato che la presenza di NAFLD all’ecografia si associava a valori più elevati di HbA1c e che tale associazione rimaneva significativa anche dopo aggiustamento statistico per età, sesso, BMI e durata di diabete (Fig. 1) (14, 18). Portillo Sanchez et al. hanno recentemente osservato una forte associazione tra valori di HbA1c e contenuto intra-epatico di trigliceridi, misurato mediante 1H-MRS, indipendentemente da età, sesso e BMI, in pazienti diabetici tipo 2 (10). Sperimentalmente è stato dimostrato che il contenuto di grasso intra-epatico è strettamente correlato con la dose giornaliera di insulina e con la capacità dell’insulina di sopprimere la produzione epatica di glucosio durante un clamp euglicemico in diabetici tipo 2 con controllo glicemico stabile (19). Complessivamente, questi dati suggeriscono pertanto che un’aumentata infiltrazione di grasso intra-epatico rappresenta un’importante causa di resistenza insulinica a livello epatico e condiziona in maniera significativa il dosaggio della terapia antidiabetica ed il possibile raggiungimento di un buon compenso glicemico.
NAFLD E AUMENTATA MORTALITÀ DA COMPLICANZE EPATICHE NEL DIABETE
Molti studi indicano che il diabete tipo 2, l’obesità e la resistenza insulinica sono tra i più importanti fattori di rischio per la progressione della NAFLD verso la fibrosi avanzata e la cirrosi (1-4, 11-12).
Per altro, è noto da tempo che la presenza di epatopatia cronica è in grado di condizionare sfavorevolmente la prognosi del diabete tipo 2. Nel Verona Diabetes Study, infatti, il rischio di morte per cause epatiche (principalmente dovute a cirrosi) era molto più elevato nella coorte di 7148 diabetici tipo 2 rispetto a quello della popolazione generale e superiore perfino al rischio di morte per cause cardiovascolari (il tasso standardizzato di mortalità, SMR, nei diabetici era infatti di 2,5 per le cause di morte epatiche e di 1,3 per quelle cardiovascolari) (20). Tali risultati sono stati successivamente confermati in altre ampie casistiche internazionali (21-22). Un recente studio osservazionale, condotto su circa 2 milioni e mezzo di soggetti canadesi, ha confermato che la presenza di diabete neo-diagnosticato si associava ad un rischio pressoché doppio di sviluppare forme di epatopatia severa (cirrosi, scompenso epatico e necessità di trapianto epatico) rispetto alla popolazione non diabetica (23). Tuttavia, in tutti questi studi non è stato possibile differenziare le diverse cause di epatopatia. Di recente, utilizzando un ampio database amministrativo sulle principali cause di decesso che erano riportate nei certificati di morte di tutti i soggetti residenti nella regione Veneto, è stato dimostrato che i pazienti affetti da diabete avevano un rischio più che doppio di morire per cause epatiche rispetto alla popolazione generale (SMR 2,55); tale rischio coinvolgeva tutte le principali cause di epatopatia: l’abuso alcolico (SMR 2,25), le epatiti virali (SMR 2,17) e le cause non-alcoliche e non virali (SMR 2,86), che sono largamente imputabili alla presenza di NAFLD (24). Un altro studio retrospettivo, che ha coinvolto 337 pazienti con diabete tipo 2, seguiti per un follow-up medio di circa 11 anni, ha dimostrato che i pazienti con NAFLD (diagnostica mediante biopsia e/o ecografia) avevano un rischio di mortalità totale che era almeno doppio rispetto a quelli senza NAFLD (25).
I dati attualmente disponibili sulla storia naturale della NAFLD nel paziente con diabete tipo 1 sono pressoché assenti. Tuttavia, in una coorte di pazienti con diabete tipo 1 e tipo 2 che avevano eseguito una biopsia epatica, Harman et al. hanno recentemente dimostrato che il diabete tipo 1 si associava ad un rischio elevato di sviluppare complicanze epatiche severe (quali cirrosi e ipertensione portale) e che tale rischio era addirittura sovrapponibile a quello dei pazienti con diabete tipo 2 quando i due gruppi di pazienti erano confrontati a parità di durata di diabete, obesità ed altri possibili fattori confondenti (26).
Recentemente, ampi studi di coorte hanno inoltre documentato che esiste una forte associazione tra diabete tipo 2, NAFLD/NASH e rischio di sviluppare epatocarcinoma (1-4). È noto che la prevalenza di epatocarcinoma nei pazienti con NAFLD è di circa il 0,5% e che aumenta a circa il 3% nei pazienti con NASH (1-4, 11-12). Diversi studi hanno suggerito che queste prevalenze sono molto più elevate nel paziente con NAFLD e diabete; infatti, la coesistenza del diabete è in grado di aumentare di circa 2-3 volte il rischio di sviluppare epatocarcinoma (1-4, 11). Benché la cirrosi virale e da abuso alcolico siano ancora le cause più importanti di epatocarcinoma, la NAFLD rappresenta attualmente una causa emergente, che avrà un impatto sempre più importante sullo sviluppo di epatocarcinoma nel prossimo futuro.
NAFLD E COMPLICANZE CARDIOVASCOLARI E RENALI NEL DIABETE
Nell’ultimo decennio un numero sempre più crescente di studi epidemiologici hanno documentato che la NAFLD/NASH si associa ad un’aumentata morbidità e mortalità cardiovascolare sia nella popolazione generale che in quella affetta da diabete mellito (1-4, 27-29).
In particolare, come riassunto nella tabella 1, se consideriamo i principali studi trasversali e prospettici che sono stati condotti sui pazienti affetti da diabete tipo 1 e tipo 2, è stato chiaramente osservato che esiste una forte associazione tra la NAFLD e (a) aumentata prevalenza di malattia cardiovascolare preclinica (valutata come presenza di disfunzione endoteliale, aumento dello spessore medio-intimale carotideo e delle calcificazioni coronariche); (b) varie anomalie funzionali cardiache (per esempio, disfunzione diastolica, ipertrofia ventricolare sinistra e sclerosi valvolare aortica); (c) disturbi del ritmo cardiaco (fibrillazione atriale ed allungamento dell’intervallo QTc); (d) malattia cardiovascolare clinicamente manifesta.
NAFLD e malattia cardiovascolare preclinica
In un nostro studio di tipo caso-controllo, condotto su 100 diabetici tipo 2 con NAFLD e 100 diabetici tipo 2 senza NAFLD, che erano comparabili per età e sesso e non assumevano alcuna terapia farmacologica per il diabete, abbiamo osservato che i pazienti con NAFLD avevano uno spessore medio-intimale carotideo significativamente più elevato rispetto ai pazienti senza NAFLD (30). Tale associazione rimaneva significativa dopo aggiustamento per età, sesso, BMI, durata del diabete, HbA1c, albuminuria e presenza di sindrome metabolica, ma si attenuava dopo ulteriore aggiustamento per resistenza insulinica, stimata mediante HOMA-IR (30). In un altro studio, che includeva sia pazienti diabetici tipo 2 che non diabetici, abbiamo osservato una stretta relazione tra la severità istologica della NAFLD e lo spessore medio-intimale carotideo, con valori più elevati nei pazienti con NASH, intermedi in quelli con steatosi semplice e più bassi nei soggetti senza steatosi (31). Questi dati sono stati recentemente corroborati da ampie meta-analisi che hanno dimostrato l’esistenza di una significativa associazione della NAFLD, diagnosticata mediante ecografia e/o biopsia, con l’aumentato spessore medio-intimale carotideo e con altri marcatori di aterosclerosi preclinica (disfunzione endoteliale, rigidità arteriosa, calcificazioni coronariche). Tali associazioni erano indipendenti dalla eventuale coesistenza dei comuni fattori di rischio cardio-metabolici (32-33).
NAFLD e alterazioni cardiache morfo-funzionali
Negli ultimi anni diversi Autori hanno valutato l’associazione tra NAFLD ed alterazioni morfo-funzionali cardiache sia nella popolazione generale (di età adulta e pediatrica) che nei pazienti con diabete tipo 2 (29).
Per esempio, come mostrato in tabella 1, in un nostro recente studio condotto su 116 diabetici tipo 2 ipertesi, abbiamo osservato che i pazienti con NAFLD avevano una prevalenza di circa 4 volte più elevata di ipertrofia ventricolare sinistra all’ecocardiogramma rispetto a quelli senza steatosi e che l’associazione fra NAFLD ed ipertrofia ventricolare sinistra rimaneva significativa anche dopo aggiustamento statistico per età, sesso, durata del diabete, BMI, HbA1c, filtrato glomerulare renale e pressione arteriosa (34). In un altro studio è stato osservato che i pazienti diabetici con NAFLD avevano una maggiore prevalenza di disfunzione diastolica ventricolare (valutata mediante il rapporto dell’onda E/e’ al ‘tissue doppler’ cardiaco) rispetto a quelli senza steatosi, indipendentemente da età, sesso, BMI, HbA1c, lipidi ed ipertensione (35).
Alcuni recenti studi hanno anche documentato un possibile legame fra NAFLD e sclerosi valvolare aortica, un maker di malattia coronarica che si associa ad aumentata mortalità totale e cardiovascolare sia nella popolazione generale che in quella con diabete tipo 2. In un recente studio abbiamo infatti dimostrato che la prevalenza di sclerosi valvolare aortica (diagnosticata mediante ecocardiogramma) era circa 3 volte superiore nei diabetici tipo 2 con NAFLD rispetto a quella rilevabile nei diabetici senza steatosi, e che tale associazione rimaneva significativa anche dopo aggiustamento statistico per molteplici fattori di rischio cardiovascolari (36).
NAFLD e disturbi del ritmo e della conduzione cardiaca
Sinner et al. hanno recentemente documentato che un incremento lieve-moderato delle transaminasi (che sono considerate un marker di NAFLD) si associava ad un’aumentata incidenza di fibrillazione atriale nella coorte di soggetti del Framingham Heart Study durante un follow-up di circa 10 anni, indipendentemente dai fattori di rischio cardiovascolare concomitanti (37). Risultati analoghi sono stati riportati in un altro ampio studio di popolazione che ha coinvolto più di 9000 soggetti adulti che erano seguiti per circa 12 anni (38).
Per quanto riguarda la possibile associazione della NAFLD con la fibrillazione atriale nel diabete (Tab. 1), in un nostro recente studio condotto su una coorte di 702 pazienti ospedalizzati con diabete tipo 2 (73% dei quali aveva la NAFLD all’ecografia), abbiamo osservato che i pazienti con NAFLD avevano un rischio di oltre 3 volte più elevato di avere fibrillazione atriale permanente/persistente rispetto a quelli senza steatosi epatica (39). Inoltre, tale associazione rimaneva significativa anche dopo aggiustamento per numerosi fattori di rischio di fibrillazione atriale (39). In un altro studio, condotto su 400 pazienti ambulatoriali con diabete tipo 2, è stato dimostrato che la NAFLD si associava indipendentemente ad un’aumentata incidenza di fibrillazione atriale durante un follow-up di circa 10 anni (40).
Più recentemente, in riferimento ad eventuali altri disturbi del ritmo cardiaco che possono essere associati alla NAFLD, è stato dimostrato che nei pazienti con diabete tipo 2 la presenza e la severità della NAFLD all’ecografia si associava indipendentemente ad un intervallo QTc allungato sull’elettrocardiogramma (tale alterazione è considerata un importante predittore di tachiaritmia ventricolare e morte cardiaca improvvisa) (41).
NAFLD ed aumentata prevalenza ed incidenza di malattia cardiovascolare
Molti studi hanno documentato una forte associazione fra NAFLD (diagnosticata mediante enzimi epatici e/o imaging) ed aumentata prevalenza ed incidenza di malattia cardiovascolare nella popolazione generale (27-29). Inoltre alcuni studi retrospettivi condotti su piccole casistiche di pazienti con NAFLD, in cui la diagnosi era confermata mediante biopsia epatica (e che erano seguiti per periodi molto lunghi di follow-up), hanno documentato che i pazienti con NAFLD hanno una mortalità più elevata rispetto alla popolazione generale e che la mortalità per cause cardiovascolari è la principale causa di decesso fra questi pazienti e specialmente fra quelli affetti da NASH (3-4, 11, 25, 42-43).
In tabella 1 sono riportati i principali studi sulla prevalenza ed incidenza della malattia cardiovascolare fra i pazienti diabetici con NAFLD (diagnosticata mediante imaging). In un ampio campione di circa 3000 pazienti ambulatoriali affetti da diabete tipo 2 è stata dimostrata una forte associazione tra NAFLD ed aumentata prevalenza di malattia cardiovascolare a livello coronarico, cerebrovascolare e periferico; tale associazione era indipendente da molteplici fattori di rischio cardiovascolare, incluso età, sesso, BMI, durata di diabete, HbA1c ed trattamento farmacologico concomitante (44). Un’analoga osservazione è stata riportata anche in studi condotti su pazienti adulti affetti da diabete tipo 1 (45-46).
Un dato ancora più rilevante è quello emerso dall’analisi dei dati prospettici del Valpolicella Heart Diabetes Study. Infatti, in una coorte di oltre 2000 diabetici tipo 2 ambulatoriali, che erano esenti da malattia cardiovascolare ed epatopatia virale al baseline, è stato documentato che la NAFLD si associava ad un’aumentata incidenza di eventi cardiovascolari fatali e non fatali durante un periodo di osservazione di circa 6 anni, indipendentemente dai fattori di rischio cardiovascolare tradizionali (47).
NAFLD ed aumentata prevalenza ed incidenza di malattia renale cronica
Un numero sempre più crescente di dati epidemiologici suggerisce che la NAFLD si associa ad un’aumentata prevalenza ed incidenza di malattia renale cronica (CKD) sia nella popolazione generale che in quella affetta da diabete mellito (48).
Prendendo in esame gli studi di prevalenza condotti sulla popolazione diabetica, come mostrato nella tabella 2, Hwang et al. hanno osservato un’aumentata prevalenza di microalbuminuria nei pazienti con NAFLD rispetto a quelli senza steatosi epatica in una coorte di quasi 1300 soggetti con ridotta tolleranza ai carboidrati e/o diabete neo-diagnosticato alla curva da carico orale di glucosio (49). Nel Valpolicella Heart Diabetes Study è stata osservata una prevalenza di CKD (definita come e-GFR <60 ml/min/1,73 m2 e/o macroalbuminuria) che era circa doppia nei pazienti con diabete tipo 2 e NAFLD rispetto a quelli senza steatosi (15% vs. 9%; p<0,001), indipendentemente dai fattori di rischio cardio-renale concomitanti (50). In questo stesso studio è stato anche osservato che la NAFLD era significativamente associata ad un’aumentata prevalenza di retinopatia proliferante e/o già laser-trattata (50). Risultati analoghi sono stati osservati in pazienti adulti con diabete tipo 1 (51-52). Per esempio, in uno studio condotto su 343 pazienti ambulatoriali affetti da diabete tipo 1, abbiamo evidenziato che la NAFLD si associava ad aumentata prevalenza di CKD, indipendentemente da età, sesso, durata del diabete, pressione arteriosa, HbA1c ed altri fattori confondenti (52).
Attualmente ci sono pochi studi in letteratura che hanno valutato l’associazione esistente tra NAFLD ed incidenza di CKD nel diabete. Nella coorte del Valpolicella Heart Diabetes Study, la NAFLD (documentata mediante ecografia epatica) si associava indipendentemente ad un’aumentata incidenza di CKD (definita come e-GFR <60 ml/min/1,73 m2 e/o macroalbuminuria) durante un follow-up medio di circa 6 anni (53). Più recentemente, tale associazione è stata documentata anche nel diabete tipo 1. Infatti, studiando un gruppo di diabetici tipo 1 adulti con funzionalità renale conservata e privi di macroalbuminuria al baseline, abbiamo documentato che la NAFLD era indipendentemente associata ad un’aumentata incidenza di CKD (hazard ratio 2,03, 95% CI 1,10-3,77; p<0,01) durante un follow-up medio di 5 anni (15). In questo studio, inoltre, l’aggiunta della NAFLD ai fattori di rischio cardio-renale tradizionali migliorava in maniera significativa la predizione del rischio di sviluppare CKD (15).
Tuttavia, ulteriori ampi studi prospettici sono necessari per confermare l’associazione fra NAFLD ed aumentato rischio di sviluppare CKD nel diabete e per valutare i possibili meccanismi patogenetici alla base di tale relazione.
Possibili meccanismi fisiopatologici che legano la NAFLD con il rischio di complicanze cardiovascolari e renali
Le intricate e strette interconnessioni biologiche che esistono tra NAFLD, resistenza insulinica ed obesità addominale rendono estremamente difficile distinguere con precisione i possibili meccanismi fisiopatologici che legano la NAFLD con lo sviluppo e la progressione delle complicanze vascolari e renali (3, 27-29, 48).
La figura 2 riassume i possibili meccanismi fisiopatologici con cui la NAFLD potrebbe contribuire allo sviluppo e progressione del danno cardiovascolare e renale nel diabete.
Esiste certamente uno stretto “cross-talk” fra fegato ed obesità viscerale; in tale situazione il fegato subisce le conseguenze avverse di un’espansione del grasso viscerale a livello addominale; tale deposito ectopico di grasso causa un aumentato rilascio sistemico di acidi grassi liberi e molteplici adipochine infiammatorie, che favoriscono l’infiltrazione di trigliceridi a livello epatico, determinando così steatosi epatica (3, 27-29, 48, 54-55). Molti dati suggeriscono che la NAFLD, specie nella sua forma necro-infiammatoria (NASH), possa contribuire direttamente allo sviluppo e alla progressione delle complicanze renali e vascolari attraverso: (a) il rilascio di molteplici mediatori pro-infiammatori, pro-coagulanti, pro-ossidanti e pro-aterogeni; (b) il peggioramento delle resistenza insulinica sia a livello epatico che sistemico; (c) l’induzione di dislipidemia aterogena (1-3, 27-29, 48, 54-57).
Per un approfondimento della eziopatogenesi della NAFLD nel diabete mellito e dei possibili meccanismi fisiopatologici che legano la NAFLD con lo sviluppo delle complicanze vascolari e renali rimandiamo alla lettura di diverse rassegne, che sono state recentemente pubblicate dal nostro gruppo e da diversi altri Autori (1-3, 27-29, 48, 54-57).
NAFLD E AUMENTATO RISCHIO DI SVILUPPARE IL DIABETE
In letteratura si è consolidato il concetto che esiste una relazione di tipo direzionale fra NAFLD e diabete tipo 2. Infatti, in questi anni molti studi epidemiologici hanno evidenziato che la NAFLD (diagnosticata mediante l’alterazione degli enzimi epatici e/o imaging) si associa significativamente ad un’aumentata incidenza di diabete tipo 2 (1, 3, 56). Per esempio, gli studi epidemiologici che hanno utilizzato l’ecografia epatica per la diagnosi di NAFLD hanno chiaramente evidenziato che i pazienti con NAFLD hanno un rischio che è circa 2-5 volte più elevato di sviluppare diabete tipo 2 rispetto a quelli senza NAFLD, indipendentemente dai principali fattori di rischio per diabete (1, 3, 56-57). Un recente studio condotto su un’ampia coorte di soggetti asiatici ha inoltre documentato come il rischio di sviluppare il diabete vari in maniera consensuale alla comparsa e/o alla regressione della steatosi epatica all’ecografia durante il periodo di follow-up, suggerendo così un possibile ruolo causale della NAFLD nell’insorgenza del diabete (58). È verosimile che la NAFLD/NASH possa contribuire all’eziopatogenesi del diabete tipo 2 attraverso un suo ruolo diretto nell’induzione di resistenza insulinica a livello epatica (principalmente attraverso l’attivazione della protein-chinasi C epatica da parte del diacilglicerolo) ed il rilascio di diversi mediatori pro-infiammatori e citochine pro-diabetogene (tra cui fetuin-A, retinol binding protein-4 e fibroblast growth factor-21) (1, 3, 54-57).
DIAGNOSI, GESTIONE E TERAPIA DELLA NAFLD NEL PAZIENTE AFFETTO DA DIABETE MELLITO
I recenti “Standard italiani per la cura del diabete mellito 2014”, elaborati dalla SID e AMD, raccomandano l’esecuzione dei tests di funzionalità epatica nei diabetici con sospetta steatosi e/o epatopatia cronica da altre cause (59).
Da quanto discusso in precedenza, in considerazione dell’elevata prevalenza della NAFLD nel diabete e delle sue importanti complicanze epatiche ed extra-epatiche in questa popolazione di pazienti, riteniamo che la NAFLD dovrebbe essere sempre esclusa in tutti i pazienti con diabete tipo 2 e nei pazienti con diabete tipo 1, specie in quelli con le caratteristiche della sindrome metabolica.
Gli enzimi epatici (AST, ALT e GGT) sono indicatori non specifici e poco sensibili di NAFLD e pertanto non dovrebbero essere usati come esclusivo strumento di screening per la NAFLD. La maggior parte dei pazienti con NAFLD hanno infatti livelli di enzimi epatici che sono nella norma o solo lievemente alterati (considerato che valori di AST e ALT <50 U/l rappresentano ad oggi i valori di normalità per molti laboratori). Per tale motivo, diversi Autori hanno proposto di ridurre i valori di normalità delle transaminasi (suggerendo, per esempio, valori di ALT <19 U/l nelle donne e <30 U/l negli uomini) per aumentare la probabilità di escludere la presenza NAFLD in un dato paziente (2-3, 10-12, 28, 56).
L’ecografia epatica ha una buona accuratezza diagnostica per definire la presenza di steatosi di grado lieve-moderato (avendo dimostrato una sensibilità e specificità rispettivamente dell’85% e 95% quando l’infiltrazione di grasso epatico alla biopsia è superiore al 30%), è un’indagine relativamente poco costosa e può aiutare i clinici ad escludere anche altre patologie epatiche e ad identificare eventuali segni precoci di cirrosi ed ipertensione portale. Pertanto, a parere di molti Autori, l’ecografia epatica rappresenta l’indagine di primo livello più utile per lo screening e la diagnosi della NAFLD, specialmente nei pazienti diabetici (2-3, 11-12, 56-57, 60-61). A tale riguardo, è importante ricordare che i pazienti che hanno un rischio maggiore di sviluppare quadri di epatopatia più severa (fibrosi avanzata e/o cirrosi) sono proprio i pazienti affetti da diabete e/o obesità, quelli con età >50 anni e quelli con un rapporto AST/ALT >1 (2-3, 11-12, 56-57, 60-61).
Benché la biopsia epatica rappresenti il “gold standard” per la diagnosi e la stratificazione prognostica della NAFLD e ne venga attualmente consigliata la sua esecuzione proprio nei pazienti che hanno steatosi epatica all’imaging radiologico, rialzo cronico delle transaminasi e/o che sono ad elevato rischio di sviluppare forme progressive di NAFLD (tra cui, principalmente, i pazienti con diabete ed obesità) (11-12, 60-61), tale procedura dovrebbe essere riservata a casi specifici poiché è una procedura invasiva e gravata, seppur raramente, da severe complicanze acute (tra cui sanguinamenti e morte nel 0,1-0,3% dei casi). Per tale motivo, nell’ambito della ricerca vi è il sempre più crescente tentativo di validare l’uso di diversi scores clinici non invasivi per la predizione di fibrosi epatica al fine di poter meglio selezionare i pazienti da sottoporre a successiva biopsia epatica. Tra questi vanno menzionati l’uso della elastografia per misurare la rigidità (“stiffness”) epatica (mediante Fibroscan o mediante ecografia con metodica Acoustic Radiation Force Impulse, ARFI) e di diversi scores non invasivi (tra cui il NAFLD fibrosis score, FIB4 score, Fibrotest ed altri), che permettono di predire la severità della fibrosi epatica (2-3, 11-12, 56, 60).
Nella figura 3 è proposto un possibile algoritmo per la diagnosi e la gestione della NAFLD nel paziente affetto da diabete mellito (3). Va tuttavia rimarcato il fatto che su questo aspetto vi è un intenso dibattito in letteratura e che non esiste a tutt’oggi un algoritmo diagnostico e gestionale della NAFLD (nel paziente con e senza diabete), che sia completamente condiviso e validato.
L’approccio terapeutico ai pazienti diabetici con NAFLD è in genere multi-fattoriale (2-3, 11-12, 56, 60). La terapia di primo livello consiste nel trattamento del sovrappeso/obesità (specie attraverso adeguate modifiche dello stile di vita e/o attraverso interventi di chirurgia bariatrica in caso di obesità severa), l’ottimizzazione del compenso glicemico ed il trattamento di tutti gli altri fattori di rischio concomitanti, tra cui principalmente la dislipidemia aterogena. L’obiettivo è quello di migliorare la sensibilità insulinica, di ridurre l’infiltrazione di grasso intraepatica e di evitare la progressione della NAFLD/NASH verso le sue forme istologiche più severe (cirrosi ed epatocarcinoma). Tutti i pazienti con NAFLD devono evitare inoltre il consumo alcolico, anche moderato, e l’uso cronico di farmaci potenzialmente epatotossici. Raccomandazioni analoghe devono essere date per l’abitudine al fumo, al fine di evitare di peggiorare ulteriormente il rischio cardiovascolare, già elevato in questi pazienti (2-3, 11-12, 27, 29, 60).
È importante sottolineare il fatto che, ad oggi, non esiste una terapia farmacologica specifica per la NAFLD che sia stata validata in ampi trials clinici (2-3, 11-12, 29, 48, 60). Pur tuttavia, le maggiori evidenze disponibili riguardano l’uso del pioglitazone nei pazienti con NASH, confermata su biopsia. Diversi dati hanno documentato che tale farmaco è in grado di migliorare la steatosi, la necro-infiammazione, ma non la fibrosi epatica, e che la sua sospensione comporta la ricomparsa del danno epatico (2-3, 11, 29, 60). Gli studi che hanno utilizzato la metformina hanno prodotto risultati molto contrastanti; globalmente questi studi suggeriscono che il trattamento con metformina sia in grado di ridurre significativamente i livelli circolanti delle transaminasi ma non di migliorare le caratteristiche istologiche della NASH. Recenti studi clinici e sperimentali hanno suggerito che il trattamento con metformina nel diabetico tipo 2 sia in grado di ridurre il rischio di comparsa dell’epatocarcinoma (62-63). Le incretine/inibitori del DPP-4 sono farmaci efficaci nel trattamento del diabete tipo 2 e sono, tra l’altro, in grado di determinare calo ponderale, di ridurre l’appetito e di migliorare la sensibilità insulinica. Benché tali farmaci abbiano mostrato dei promettenti risultati nel miglioramento della steatosi, degli enzimi epatici e di altri marcatori di danno epatico, non ci sono attualmente trials clinici randomizzati e controllati che ne abbiano specificatamente validato il loro uso per il trattamento della NAFLD/NASH nel diabete. Oltre ai farmaci antidiabetici, sono state studiate numerose altre molecole con azioni potenzialmente epato-protettive, tra cui la vitamina E, la vitamina D, la silimarina, la pentossifillina, l’acido ursodesossicolico, gli acidi grassi omega-3, gli inibitori del sistema renina-angiotensina e i fibrati. Al momento attuale, tuttavia, non esistono ancora evidenze sufficienti per raccomandare e/o sconsigliare l’impiego di tali farmaci per il trattamento della NAFLD/NASH nel diabete (2-3, 11-12, 29, 60).
Un breve cenno merita infine il rapporto fra l’uso cronico di statine, che è assai comune nei pazienti con diabete, e il possibile rischio di epatotossicità. I principali trials clinici di intervento che hanno valutato l’efficacia delle statine sulla prevenzione cardiovascolare hanno chiaramente dimostrato che l’elevazione delle transaminasi è un evento che si presenta assai raramente (0,5-2% dei casi ed è in stretta relazione con dose giornaliera del farmaco) nei pazienti trattati con statine (64); varie società scientifiche internazionali raccomandano un periodico controllo delle transaminasi durante il trattamento con statine (ed in caso di variazione della posologia) e la sospensione della terapia esclusivamente per incrementi confermati delle transaminasi oltre 3 volte i valori di normalità (64). Per altro, è utile sottolineare che in analisi post-hoc di alcuni trials clinici di intervento con statine è emerso che i pazienti coronaropatici, che avevano livelli moderatamente elevati di transaminasi al baseline (verosimilmente attribuibili a NAFLD), erano quelli che traevano i maggiori benefici dal trattamento con statine sugli eventi cardiovascolari rispetto a quelli con transaminasi normali (65-66). Infine, recenti meta-analisi hanno suggerito che le statine potrebbero esercitare anche dei possibili effetti chemio-preventivi a livello epatico. Infatti, l’uso cronico di statine è stato dimostrato essere associato ad un minor rischio (OR 0,63; 95% CI 0,52-0,76) di sviluppare epatocarcinoma (67).
CONCLUSIONI
La percezione che la NAFLD sia una patologia dalla prognosi sempre benigna sta progressivamente cambiando nell’ultimo decennio. Da quanto sopra esposto, vi è attualmente una notevole quantità di evidenze che suggeriscono che la NAFLD sia molto comune nel diabete e rappresenti un’importante causa di mortalità e morbidità in questa specifica popolazione di pazienti.
Come suggerito anche dai recenti Standard italiani per la cura del diabete, i diabetologici dovrebbero sempre escludere la presenza di NAFLD nei loro pazienti attraverso un monitoraggio periodico degli enzimi epatici (mediante il dosaggio annuale di transaminasi e GGT), dell’ecografia epatica e degli scores clinici per la predizione non invasiva di fibrosi epatica (al pari di quanto viene normalmente fatto per la stadiazione ed il monitoraggio delle principali complicanze micro- e macrovascolari del diabete). Il ‘milieu’ diabetico, infatti, favorisce la progressione della NAFLD aumentando di circa 3 volte il rischio di sviluppare cirrosi ed epatocarcinoma. Inoltre, nei pazienti con diabete la presenza della NAFLD si associa ad un peggior compenso glicemico e ad un maggiore rischio di mortalità e di sviluppare CKD ed eventi cardiovascolari fatali e non fatali, indipendentemente dalla coesistenza di altri fattori di rischio cardiovascolare.
In considerazione della complessità clinica di tale problematica, è importante ribadire che è sempre indispensabile un approccio multidisciplinare ai pazienti con diabete e NAFLD, basato sulla valutazione attenta dei fattori di rischio cardio-metabolici presenti e sul monitoraggio periodico delle complicanze cardiovascolari, renali ed epatiche.
MESSAGGI CHIAVE
- La NAFLD rappresenta l’epatopatia cronica di più frequente riscontro nei pazienti con diabete (essendo presente nel 50-75% dei pazienti con diabete tipo 2 e in oltre il 30-40% dei pazienti con diabete tipo 1).
- Nei pazienti con diabete la NAFLD si associa ad un peggior compenso glicemico e ad un maggior rischio di mortalità e di sviluppare eventi cardiovascolari e malattia renale cronica.
- Il diabete si associa ad una maggior progressione della NAFLD verso le sue forme istologicamente più severe (NASH, cirrosi e epatocarcinoma). Il diabete aumenta di circa 3 volte il rischio di sviluppare cirrosi ed epatocarcinoma.
- I Diabetologici dovrebbero pertanto sempre escludere la presenza di NAFLD nei loro pazienti attraverso un monitoraggio periodico (annuale) degli enzimi epatici, dell’ecografia addominale e l’utilizzo degli scores clinici non invasivi per la predizione di fibrosi epatica.
- È indispensabile un approccio multidisciplinare al paziente diabetico con NAFLD, basato sulla valutazione attenta dei fattori di rischio cardio-metabolici e sul monitoraggio delle complicanze cardiovascolari, renali ed epatiche.
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