Diabete mellito di tipo 2 e nefropatia da mezzo di contrasto

 

a cura di Francesco Dotta1, Anna Solini2

1U.O.C. Diabetologia, Azienda Ospedaliera Universitaria Senese, Università degli Studi di Siena; 2Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università degli Studi di Pisa

Irene Caruso, Marco Castellana, Anton Giulio Ametrano, Eleonora Conte, Nicola Morea, Anna Montedoro, Francesco Brescia, Sebastio Perrini, Francesco Giorgino

Sezione di Medicina Interna, Endocrinologia, Andrologia e Malattie Metaboliche, Dipartimento dell’Emergenza e dei Trapianti di Organi, Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”

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Si ricovera nella Unità Operativa di Endocrinologia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico di Bari, proveniente dal Pronto Soccorso, il signor DS, di 52 anni, per iperpiressia persistente, dispnea, edema ed eritema a carico del piede e della gamba sinistra.

Anamnesi patologica remota: non viene esibita documentazione e non vengono riferiti precedenti clinici rilevanti. 

Anamnesi farmacologica: non viene riferita l’assunzione di terapia medica a domicilio.

Anamnesi fisiologica: il paziente non è fumatore e non riferisce consumo di alcolici.

Esami ematochimici e strumentali all’ingresso: gli esami ematochimici di routine mostrano in particolare un’importante iperglicemia (il paziente non sapeva di essere diabetico), iposodiemia e ipoalbuminemia, funzionalità renale conservata e indici di flogosi molto alterati con leucocitosi neutrofila (Tab.1).

28_4_Caso_5_Tab.1

L’esame rX del torace non individua lesioni parenchimali a focolaio in atto, ma evidenzia una congestione del piccolo circolo con cuore aumentato di volume. L’ECG mostra ipertrofia ventricolare sinistra con funzione sistolica conservata. La TAC torace con mezzo di contrasto esclude difetti di perfusione delle arterie polmonari. Come reperto accessorio, vengono riscontrate formazioni litiasiche intracolecistiche.

Esame obiettivo: peso 149,5 kg, altezza 179 cm, BMI 46,5 kg/m2, circonferenza vita 148 cm, frequenza cardiaca 110 b/min, pressione arteriosa 160/100 mmHg, saturazione O2 86% in aria ambiente, temperatura corporea 38,3°C. Toni cardiaci ritmici, pause apparentemente libere. Torace ipoespanso ed ipoespandibile, con murmure vescicolare ridotto su tutto l’ambito e assenza di rumori patologici. Addome globoso per eccesso di adipe, trattabile alla palpazione superficiale e profonda, eutimpanico, con peristalsi valida. Organi parenchimali non valutabili. Negativi i segni di Murphy, McBurney, Giordano e Blumberg. Presenza di edemi declivi bilaterali, con discromie a carico dell’arto inferiore destro e ipercheratosi plantare bilaterale. Il piede e la gamba sinistra presentano eritema, edema e ipertermia; è evidente inoltre una minuta soluzione di continuo della cute sul dorso del piede sinistro.

Decorso clinico: dopo 24 ore dall’esecuzione della TAC torace con mezzo di contrasto viene rilevato un incremento della creatinina sierica fino a 1,95 mg/dl con corrispondente riduzione del eGFR a 38 ml/min/1,73 m2. Per verosimile insorgenza di nefropatia da mezzo di contrasto, il declino della funzionalità renale diviene maggiore nelle successive 72 ore, sino a raggiungere il valore di creatinina sierica di 4,57 mg/dl con un eGFR di 14 ml/min/1,73 m2. Viene quindi posizionato un catetere venoso centrale e il paziente viene sottoposto a quattro sedute di trattamento emodialitico nei successivi 5 giorni. Si ottiene quindi un recupero della funzionalità renale che prosegue anche successivamente: dopo 13 giorni dalla esecuzione dell’esame TAC, la funzionalità renale fa segnare un netto miglioramento con valori di creatininemia prossimi a quelli registrati all’ingresso (1,14 mg/dl vs. 0,98 mg/dl).

1° QUESITO

Esiste una correlazione fra diabete mellito e nefropatia indotta da mezzo di contrasto?

Si definisce nefropatia indotta da mezzo di contrasto (CIN) l’incremento della creatinina sierica di >0.5 mg/dl o di >25% rispetto al valore basale entro 72 ore dalla somministrazione intravascolare di mezzo di contrasto, in assenza di possibili cause alternative (1). La CIN interessa fino al 5% della popolazione con funzionalità renale precedentemente nella norma (1), mentre la sua incidenza può raggiungere il 25% in pazienti ad alto rischio per insufficienza renale preesistente, soprattutto se di natura diabetica, età avanzata, deplezione di volume, instabilità emodinamica e assunzione concomitante di farmaci nefrotossici (2). I principali meccanismi patogenetici della CIN sono la riduzione della perfusione renale e gli effetti tossici diretti sulle cellule tubulari renali. Il mezzo di contrasto presente nelle vie escretrici renali esercita infatti un’attività osmotica che riduce il riassorbimento di acqua e sodio da parte del rene, e questo esita in un marcato incremento della diuresi e della natriuresi. La conseguente attivazione del feedback tubulo-glomerulare e l’incremento della pressione intratubulare determinano un aumento delle resistenze vascolari ed una riduzione del filtrato glomerulare. In condizioni fisiologiche, in particolare in presenza di ipossia relativa a livello della midollare renale, il funzionamento delle cellule tubulari richiede il perfetto equilibrio dei molteplici mediatori che regolano il tono vasale e l’attività dei trasportatori di soluti cellulari. Il mezzo di contrasto, inducendo la sintesi di endotelina-1 ed adenosina e riducendo la disponibilità di ossido nitrico, esaspera la condizione di ipossia della midollare renale. D’altra parte, nonostante la riduzione dell’apporto di ossigeno, l’incremento della diuresi determina l’aumento dell’attività dei trasportatori tubulari cui consegue la formazione di specie reattive dell’ossigeno (ROS). Infine, il mezzo di contrasto può indurre vacuolizzazione, apoptosi e necrosi delle cellule tubulari renali e, come dimostrato in modelli animali, può danneggiare direttamente le cellule endoteliali della midollare renale (1, 3). 

L’insufficienza renale cronica è il principale fattore di rischio per l’insorgenza di CIN, ma, a parità di valori di filtrato glomerulare, la concomitante presenza del diabete aumenta sino a raddoppiare il rischio di sviluppare questa complicanza (3). Infatti, sebbene non vi sia un’opinione univoca in merito (1), il diabete mellito, indipendentemente dalla funzionalità renale, risulta essere un fattore di rischio indipendente per la comparsa di CIN, come si evidenzia in un’analisi multivariata condotta su 8357 pazienti sottoposti ad angioplastica primaria (5). Tale dato risulta confermato anche da una successiva analisi condotta su 2780 pazienti sottoposti a TC con mezzo di contrasto in regime d’urgenza (6). Come dimostrato in modelli animali sperimentali, il rene del soggetto diabetico versa in una condizione di maggiore stress ossidativo e ipossia a fronte di un maggiore consumo di ossigeno da parte delle cellule tubulari renali. Nel diabete, il danno macrovascolare e l’alterazione del microcircolo, con danno diretto delle cellule endoteliali, depauperamento di NO ed incremento di endotelina-1 ed adenosina, possono giustificare la compromissione del trasporto di ossigeno alle cellule renali mentre l’iperglicemia potrebbe determinare un aumento dell’espressione di SGLT-2, UCP-2 e una attivazione del metabolismo degli acidi grassi liberi e del glucosio con maggior consumo di ossigeno da parte delle cellule tubulari renali (3). Si comprende quindi come il diabete possa predisporre alla CIN mediante l’amplificazione dei cambiamenti indotti dal mezzo di contrasto e la riduzione dei meccanismi di protezione renale (Fig. 1).

28_4_Caso_5_Fig.1

Tale correlazione risulta rafforzata in presenza di insulino-resistenza, presente molto spesso nel diabete mellito di tipo 2 e recentemente individuata come fattore di rischio indipendente per lo sviluppo di CIN nell’analisi di regressione logistica multivariata condotta su 719 pazienti affetti da angina instabile sottoposti ad angioplastica primaria (7). Inoltre, è interessante notare che di per sé la condizione di iperglicemia acuta, come quella in cui versava il paziente all’ingresso, può determinare disfunzione endoteliale, apoptosi e aumentata produzione di ROS (8), e quindi predisporre all’insorgenza di CIN, come osservato in pazienti con STEMI che si sottopongono ad angioplastica percutanea primaria (9). 

2° QUESITO

L’assunzione di metformina, farmaco di prima linea nella terapia del diabete di tipo 2, può facilitare il danno renale da mezzo di contrasto?

Per lungo tempo, in considerazione del rischio di insufficienza renale acuta e di suscettibilità all’acidosi lattica dopo la somministrazione di mezzo di contrasto endovenoso, si è ritenuto opportuno sospendere la terapia con metformina fino a 48 ore dopo la somministrazione del mezzo di contrasto e ripristinarla solo dopo aver effettuato il controllo della creatinina sierica (10). Tuttavia, tali raccomandazioni si basavano su dati inconsistenti e sono state raramente attuate nella pratica clinica (11).

Ad oggi, la posizione dell’American College of Radiology è di classificare i pazienti in base alla funzionalità renale di partenza (12):

Categoria I: nei pazienti con eGFR >30 mL/min/1,73 m2 non vi è necessità di sospendere la somministrazione di metformina né prima né successivamente alla somministrazione endovenosa del mezzo di contrasto iodato;

Categoria II: nei pazienti con eGFR <30 mL/min/1,73 m2 l’assunzione di metformina è comunque controindicata; nei pazienti che debbano sottoporsi a studi di cateterismo arterioso che potrebbero provocare embolia dell’arteria renale sarebbe opportuno interrompere la metformina al momento o prima della procedura e assumerla nuovamente dopo almeno 48 ore, previa rivalutazione della funzionalità renale.

È da rilevare che il paziente giunto alla osservazione rappresenta un caso di diabete mellito di nuova diagnosi, sebbene con esordio della patologia verosimilmente mesi o anni prima, e non era in trattamento con metformina.

3° QUESITO

Lo stato settico in cui versa il paziente può contribuire all’insorgenza del danno renale da mezzo di contrasto?

La sepsi è una delle principali cause di danno renale acuto (13). L’ischemia conseguente allo stato di shock settico è stata a lungo ritenuta il principale responsabile dell’insufficienza renale acuta in questo contesto. Lavori recenti, invece, sottolineano il ruolo preponderante del danno delle cellule tubulari renali. Queste cellule, soprattutto quelle del tratto prossimale, sono particolarmente vulnerabili in condizioni in cui aumenta lo stress ossidativo derivante dalla risposta infiammatoria, in quanto dipendenti dal metabolismo aerobio; sono inoltre ricche in mitocondri e scarsamente capaci di provvedere alla sintesi di quantità sufficienti di glutatione quale antiossidante. La diffusa attivazione della risposta infiammatoria e lo stress ossidativo possono danneggiare anche le cellule endoteliali, producendo vasocostrizione, aumento della permeabilità vascolare e microtrombosi.

Così come richiamato in merito agli effetti del diabete sul rene, anche lo stato settico o infettivo-infiammatorio del paziente al momento del ricovero, che si evince dalla temperatura corporea >38,0 °C (38,3 °C), dalla frequenza cardiaca >90 b/min (110 b/min) e dalla leucocitosi >12,0 x 103/mL (18,62 x 103/mL), può aver contribuito alla manifestazione degli effetti dannosi del mezzo di contrasto somministrato per via endovenosa (14). Va anche segnalato che nei successivi giorni di degenza in ospedale il paziente ha manifestato la formazione di un ascesso purulento del piede sinistro, con osteomielite delle ossa del tarso, che sosteneva le manifestazioni flogistiche a livello del piede e della gamba omolaterali osservate all’ingresso.

4° QUESITO

Come prevenire e trattare la nefropatia indotta da mezzo di contrasto?

Il principale strumento per prevenire la CIN è rappresentata dall’adeguata idratazione. L’idratazione può infatti ridurre rapidamente la concentrazione del mezzo di contrasto nella midollare renale ed il tempo di contatto con le cellule tubulari. La European Society of Urogenital Radiology e la Canadian Association of Radiologists propongono un pratico algoritmo a tale riguardo:

Il mezzo di contrasto può essere somministrato per via endoarteriosa a pazienti con eGRF ≥45 mL/min/1,73 m2 e per via endovenosa a pazienti con eGRF ≥60 mL/min/1,73 m2;

Per valori di eGFR compresi tra questi intervalli e 30 mL/min/1,73 m2 è raccomandata l’idratazione per via endovenosa per i pazienti ricoverati e per via orale per i pazienti ambulatoriali;

Se il eGFR è <30 mL/min/1,73 m2 si consiglia di valutare se la risposta al quesito diagnostico può essere ottenuta anche senza la somministrazione del mezzo di contrasto.

Tali considerazioni devono essere basate su valori di eGFR rilevati entro i 7 giorni precedenti la somministrazione del mezzo di contrasto. Nel caso di esame in regime di emergenza l’idratazione deve essere avviata quanto prima. Il protocollo di idratazione prevede la somministrazione di soluzione fisiologica 0,9%, 1 mL/kg/ora, per almeno 6 ore prima e 6 ore dopo la somministrazione del mezzo di contrasto; in alternativa è possibile somministrare per via endovenosa bicarbonato di sodio 154 mEq/L in destrosio al 5%, 3 mL/kg/ora per 1 ora prima e 1 mL/kg/ora per 6 ore dopo la somministrazione del mezzo di contrasto. È riportata in letteratura una superiorità della soluzione a base di bicarbonato di sodio rispetto alla soluzione fisiologica; tale terapia potrebbe tuttavia risultare non prescrivibile in pazienti con disturbi elettrolitici. Per pazienti con ridotta funzione ventricolare o patologie valvolari potrebbe essere utilizzata una velocità di infusione di 0.5-1 mL/kg/ora (15-17, 19-20).

Relativamente alla profilassi farmacologica, evidenze a supporto sono riportate per la N-acetilcisteina che agirebbe come scavenger dei ROS e come vasodilatatore (15, 18). I vantaggi della N-acetilcisteina nel paziente diabetico sembrerebbero tuttavia non confermati da una recente meta-analisi (18). Non vi sono evidenze a supporto della somministrazione di ulteriori principi farmacologici (furosemide, acido ascorbico, teofillina, dopamina, fenoldopam, calcio-antagonisti, arginina, prostaglandina E1, mannitolo e antagonisti dei recettori dell’endotelina) (16, 19-20).

Risultano utili anche la sospensione di farmaci nefrotossici (FANS, aminoglicosidi, amfotericina B, diuretici dell’ansa ad alto dosaggio, farmaci antiretrovirali), l’utilizzo di mezzo di contrasto ipo o iso-osmolare, la somministrazione di una minima dose di mezzo di contrasto, e la valutazione del eGFR 48-72 ore dopo la somministrazione del mezzo di contrasto (15, 19).

Il trattamento della CIN inizia con una rapida diagnosi dal momento che, nella maggior parte dei casi, la nefropatia da mezzo di contrasto non si accompagna ad oliguria. Pertanto, nei pazienti ad alto rischio è opportuno dosare la creatinina sierica fra la seconda e la quarta giornata dopo la somministrazione del mezzo di contrasto. L’emodialisi deve essere utilizzata solo quando clinicamente indicato. Il paziente non dovrebbe essere nuovamente esposto al mezzo di contrasto fino al ripristino della funzione renale di partenza e la successiva somministrazione deve essere preceduta da una adeguata idratazione (1) (Tab. 2).

28_4_Caso_5_Tab.2

Conclusioni

In accordo con le attuali linee guida, il paziente non è stato sottoposto ad idratazione prima di eseguire la TAC con mezzo di contrasto in regime di urgenza dal momento che presentava un eGFR superiore a 60 ml/kg/1,73 m2. Alla luce della presenza di scompenso glicometabolico, disidratazione, stato settico, ipertensione arteriosa e ipossiemia, sarebbe stato utile infondere soluzioni idro-elettrolitiche. In conclusione, la prevenzione della CIN potrebbe essere considerata anche per i pazienti con importanti fattori predisponenti, indipendentemente dalla funzionalità renale iniziale.

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