Rubrica Medicina traslazionale a cura di Lorella Marselli
Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università degli Studi di Pisa
Giuseppina Emanuela Grieco1,2, Noemi Brusco1,2, Silvia Pellegrini3
1Dipartimento di Scienze Mediche, Chirurgiche e Neuroscienze, Università degli Studi di Siena;
2Fondazione Umberto Di Mario, Toscana Life Science, Siena;
3Diabetes Research Institute IRCCS Istituto Scientifico San Raffaele, Milano
DOI: 10.30682/ildia1902g
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Introduzione
L’eziopatogenesi del diabete mellito di tipo 1 (DM1) e di tipo 2 (DM2) è caratterizzata da meccanismi differenti; tuttavia, in entrambe le forme è riscontrabile una perdita consistente della massa β cellulare funzionale, dovuta a distruzione o disfunzione delle cellule β, causando iperglicemia cronica. Fino a poco tempo fa, la perdita della massa β cellulare era attribuita quasi esclusivamente all’apoptosi, ma recenti studi hanno evidenziato che durante lo stress metabolico e/o infiammatorio le β cellule possono subire una perdita del fenotipo cellulare maturo, regredendo ad uno stadio progenitore. Tale processo, noto come dedifferenziamento, rappresenta quindi un ulteriore meccanismo patogenetico, in quanto la perdita dello stato maturo e differenziato della cellula β influisce negativamente sulla sintesi e sulla secrezione insulinica.
Sebbene non sia ancora completamente chiaro come tale meccanismo possa influire sulla funzionalità, sopravvivenza e/o proliferazione β cellulare, alcuni studi hanno dimostrato che le cellule β dedifferenziate sono protette sia dall’apoptosi indotta da stress metabolico e/o infiammatorio che dall’attacco da parte delle cellule del sistema immunitario.
Ad oggi è possibile distinguere due tipi di perdita della massa β cellulare funzionale: 1. definitiva (causata dall’apoptosi e da altri meccanismi di morte cellulare), 2. temporanea (provocata dal dedifferenziamento e da altri processi di disfunzione β cellulare).
Risulta quindi di fondamentale importanza comprendere i meccanismi molecolari che regolano il dedifferenziamento delle β cellule, al fine di indurne il ri-differenziamento come potenziale terapia di ripristino della massa e della funzione β cellulare.
Inoltre, sono state recentemente sviluppate diverse metodiche di terapia cellulare sostitutiva attraverso tecniche di differenziamento β cellulare a partire da cellule staminali (embrionali e pluripotenti indotte), che potrebbero rappresentare un’ulteriore strategia di rinnovamento della massa β cellulare funzionale.
Pertanto, lo scopo di questo articolo è quello di riportare le evidenze di reversibilità del processo di dedifferenziamento ed identificare i potenziali meccanismi molecolari che lo regolano, nonché quello di fare luce sugli sviluppi recentemente riportati riguardo i protocolli di differenziamento β cellulare a partire da cellule staminali, al fine di individuare possibili strategie di ripristino della funzionalità delle β cellule nel diabete.
Cos’è l’identità β cellulare?
L’identità β cellulare può essere definita come il risultato dell’espressione di un determinato set di geni che rende la cellula β in grado di sintetizzare, processare e secernere efficientemente insulina in risposta a stimoli metabolici, ormonali e neurologici. Il mantenimento dell’identità β cellulare è garantito da meccanismi molecolari che coinvolgono specifici recettori, trasportatori, enzimi di processamento, fattori di trascrizione ed RNA non codificanti.
Tra i fattori di trascrizione (TF) fondamentali per il mantenimento dell’identità β cellulare, troviamo Pdx1 (pancreatic and duodenal homeobox 1), che regola lo sviluppo embrionale del pancreas e molteplici aspetti della funzione delle cellule β mature. È stato dimostrato che cellule β con delezione di Pdx1 esprimono ridotti livelli di geni associati alla funzione β cellulare, ed aumentati livelli di geni tipici delle cellule α, quali il Glucagone (Gcg) (1). Un altro TF fondamentale per il differenziamento pancreatico e per la funzione β cellulare è Nkx6.1 (NK6 Homeobox 1), che regola la trascrizione di geni che codificano per proteine coinvolte nel metabolismo del glucosio e nella biosintesi dell’insulina. La delezione specifica di Nkx6.1 in β cellule murine è associata alla comparsa di alcune peculiari caratteristiche fenotipiche delle cellule δ tra cui l’espressione di somatostatina (Sst) (2). Inoltre, la delezione di Pax6 in β cellule adulte determina una graduale perdita dell’espressione di insulina e l’aumento dell’espressione di Gcg, Sst e dell’ormone fetale Grelina (Ghrl) (3). MafA è un altro esempio di TF coinvolto nel mantenimento della funzione delle β cellule mature e nella prevenzione dell’espressione dei cosiddetti “disallowed genes”, geni la cui espressione viene inibita nelle cellule β, in quanto non necessari per il funzionamento β cellulare. Infatti, poiché l’attivazione dei “disallowed genes” ostacola il mantenimento dell’identità β cellulare, la loro espressione viene regolata a numerosi livelli. Nel contesto β cellulare, molti di essi vengono silenziati dai microRNA (miRNA), piccoli RNA endogeni non codificanti che regolano negativamente l’espressione genica. Nella linea β cellulare murina MIN6 è stato dimostrato che l’inibizione dei β-miRNA (miRNA preferenzialmente espressi dalle cellule β) miR-200c/ miR-182/ miR-125b determina un aumento dei livelli di c-Maf (c-Musculoaponeurotic fibrosarcoma oncogene homolog), che regola la produzione di Gcg nelle cellule α, in cui risulta selettivamente espresso. Al contrario, nella linea α cellulare murina αTC6 l’iperespressione degli stessi β-miRNA determina una riduzione di questo TF (4). Inoltre, alcuni “disallowed genes” che in condizioni fisiologiche sono espressi a bassi livelli nelle cellule β, codificano per enzimi e proteine mitocondriali, e la loro attivazione nelle β cellule regola vie metaboliche alternative interferendo con la sensibilità al glucosio, risultando, quindi, particolarmente sensibili ai sistemi metabolici β cellulari. Tra questi troviamo, ad esempio, MCT1 (MonoCarboxylate Transporter 1), i cui livelli di espressione sono ubiquitari in vari tipi di cellule e tessuti, fatta eccezione per le cellule β in cui regolano negativamente la secrezione insulinica stimolata da glucosio (GSIS). MCT1 viene silenziato dai β-miRNA miR-29 e miR-124, contribuendo, così, al mantenimento della GSIS (5).
Lo stato differenziato delle cellule β risulta particolarmente fragile, infatti alterazioni del controllo glicemico e dell’omeostasi metabolica determinano degranulazione e/o disfunzione β cellulare, nonché perdita del fenotipo maturo attraverso un meccanismo di dedifferenziamento β cellulare. Numerosi studi, infatti, suggeriscono che la cellula β, se sottoposta a stress metabolici, può dedifferenziare e regredire allo stadio di cellula progenitrice.
Cos’è il dedifferenziamento β cellulare?
Le cellule mature dell’isola pancreatica sono state descritte per molto tempo come cellule “statiche”, incapaci di proliferare, dedifferenziare e/o transdifferenziare in altri tipi cellulari. Queste teorie sono state smentite da numerosi studi condotti in diversi modelli murini, pubblicati dal 2012 in poi, in cui è stato riportato un processo alternativo di disfunzione β cellulare: il dedifferenziamento. Nel primo lavoro in cui viene descritto tale fenomeno, è stato osservato che le isole pancreatiche di topi KO per FoxO1 (Forkhead box protein O1) (fattore fondamentale per il mantenimento dell’identità β cellulare) esclusivamente nelle cellule β, erano caratterizzate da una riduzione dell’espressione di Insulina e di altri ormoni insulari, ma non dei marcatori endocrini come la Cromogranina (Chga) e la Sinaptofisina (Syp), nonché dall’aumento dell’espressione di marcatori dei progenitori endocrini quali SRY-Box 9 (Sox9) e la Neurogenina-3 (Ngn3) (6). Nelle isole pancreatiche del modello murino GIRKO insulino-resistente e nel modello animale di DM2, topi db/db, è stato osservato che, in seguito a stress metabolici, si assiste ad una traslocazione di FoxO1 dal citoplasma al nucleo, per mantenere l’espressione di specifici TF come Pdx1, MafA ed Nkx6.1 (6). L’iperglicemia cronica provoca la degradazione del fattore FoxO1, una diminuzione del contenuto di insulina e l’aumento dell’espressione di geni generalmente non associati alla funzione β cellulare, come la Vimentina (marcatore mesenchimale), di marcatori dei progenitori endocrini come Ngn3, e di staminalità quali Oct4, Nanog ed L-Myc (6). Inoltre, la degradazione di FoxO1 genera la perdita della “flessibilità metabolica” (ovvero la capacità di rispondere o di adattarsi ai cambiamenti condizionati della domanda metabolica, dipendenti dalla presenza di diversi substrati energetici) delle cellule β che, non rispondendo agli stimoli esterni, non sono capaci di secernere insulina in maniera efficiente. In tali condizioni, infatti, le cellule β utilizzano preferenzialmente lipidi piuttosto che carboidrati come fonte di energia, determinando l’aumento dell’ossidazione dei lipidi e disfunzione mitocondriale attraverso la formazione di superossido e radicali ossidrilici, che si traduce in un’alterazione nella produzione di ATP e quindi di secrezione insulinica, rendendo le cellule β disfunzionali ed inducendo il processo di dedifferenziamento (7). In un altro studio, è stato osservato che β cellule murine con delezione per Abcc8, un componente dei canali potassio ATP-dipendente, andavano incontro ad una depolarizzazione cronica della membrana ed erano caratterizzate da un aumento sostanziale di Ca2+ intracellulare, che si traduceva in un’alterazione dell’espressione di diversi geni coinvolti nell’adesione cellulare, nel “signaling” del Ca2+ e nel mantenimento dell’identità β cellulare (8). Inoltre, le stesse β cellule andavano incontro ad un processo di trans-differenziamento da cellule β a cellule PP (cellule secernenti il polipeptide pancreatico) e risultavano arricchite dell’enzima Aldh1a3 (Aldeide Deidrogenasi 1a3), riportato essere un marcatore associato al dedifferenziamento β cellulare (8-9). Questo studio suggerisce che un aumento cronico dei livelli di Ca2+, con conseguente de-regolazione dei geni da esso regolati, determina un’alterazione dell’identità, del numero e della morfologia β cellulare. Tutte queste evidenze indicano, quindi, che l’apparente perdita di cellule secernenti insulina (apoptosi, degranulazione) riflette anche una sostanziale perdita della loro identità (10).
Il dedifferenziamento delle cellule β rappresenta, quindi, non solo un meccanismo di disfunzione e di fallimento cellulare. Le cosiddette “selfish β cells” rappresenterebbero, infatti, quel gruppo di cellule che, per sopravvivere, adottano un fenotipo dedifferenziato, evitando così la morte cellulare per apoptosi. Qualora fosse possibile ri-differenziare le β cellule dedifferenziate, ottenendo nuovamente una popolazione di cellule mature e funzionanti, il dedifferenziamento potrebbe risultare un meccanismo protettivo.
Dedifferenziamento β cellulare nel Diabete Mellito di Tipo 2 (DM2)
Le iniziali evidenze di dedifferenziamento β cellulare nei modelli murini hanno incrementato l’interesse nello studio di questo fenomeno anche nell’uomo. Nelle isole pancreatiche di donatori con DM2 sono state identificate cellule β dedifferenziate, definite come cellule positive per il marcatore endocrino SYP o CHGA, ma negative per insulina (INS) e per tutti gli altri ormoni pancreatici (GCG, PP, SST e GHRL) (11-12). Inoltre, nelle isole degli stessi donatori con DM2, è stata osservata la riduzione dell’espressione di FOXO1 e la sua traslocazione dal citoplasma al nucleo, nonché ridotti livelli di NKX6.1 e sua traslocazione dal nucleo al citoplasma. Questi dati dimostrano, almeno in parte, la “crisi d’identità” delle cellule β, e definiscono il coinvolgimento concreto del dedifferenziamento nella perdita di identità e di funzione delle β cellule umane nel DM2.
Sebbene sia stato dimostrato che il dedifferenziamento è principalmente causato da gluco- e lipotossicità, stress tipicamente presenti nel DM2, anche l’infiammazione può contribuire alla sua induzione. In un recente lavoro, Nordmann e colleghi hanno osservato che le isole pancreatiche di donatori con DM2 mostrano un maggiore stato di infiammazione (riportato come % di cellule CD45+) (13), e che isole pancreatiche umane, trattate con IL-1β a basse concentrazioni (1ng/ml) (per indurre stress, ma non apoptosi), mostrano una netta riduzione dell’espressione di geni che caratterizzano l’identità β cellulare (NKX6.1, GLUT2, FOXO1, MAFA, ecc.), nonché un aumento dell’espressione di OCT4 e di NGN3, speculando, quindi, che anche lo stress infiammatorio possa indurre il dedifferenziamento β cellulare.
Dedifferenziamento β cellulare nel Diabete Mellito di Tipo 1 (DMT1)
L’infiammazione è una condizione comune sia al DM2 che al DM1 pertanto, è possibile ipotizzare che il processo di dedifferenziamento indotto da stress infiammatorio possa avvenire anche nel DM1.
In un lavoro pubblicato nel 2017, è stata dimostrata la presenza di un potenziale processo di dedifferenziamento β cellulare nel DM1. Infatti, nelle isole pancreatiche di topi NOD (Non Obese Diabetic), modello murino di diabete autoimmune, durante la progressione della malattia, è stata osservata la presenza di due sottopopolazioni β cellulari: le β cellule “TOP”, completamente mature e capaci di secernere insulina, e le β cellule “BOTTOM”, molto diverse dalle prime, rispetto alle quali esprimono ridotti livelli di geni specifici per la funzione β cellulare ed aumentati livelli di marcatori dei progenitori endocrini (Ngn3) e di staminalità (Oct4, Sox2, Sox9 ed L-Myc), attribuibili, quindi a β cellule dedifferenziate. Tali cellule mostrano un incremento dell’espressione di due fattori associati alla protezione dall’attacco del sistema immunitario, Pdl-1 e Qa2. Infatti, gli autori dimostrano che queste cellule β dedifferenziate sono molto più resistenti e protette dallo stress indotto dall’infiammazione (citochine o infiltrati linfocitari) rispetto alle β cellule mature, avvalorando l’ipotesi che il dedifferenziamento β cellulare possa effettivamente rappresentare, almeno in parte, un meccanismo di protezione dagli stress (14).
Inoltre, in uno studio pubblicato nel 2017 è stata analizzata l’espressione dell’insulina sia a livello proteico che di mRNA nelle isole pancreatiche di donatori con DM1 di recente insorgenza (fino a 7 anni) e di lunga durata (da 8 a 35 anni) appartenenti ad una coorte del programma JDRF (Juvenile Diabetes Research Foundation) nPOD (network for Pancreatic Organ Donors). Le isole di tali donatori (sia di recente insorgenza sia di lunga durata) mostrano una importante riduzione dei livelli proteici dell’insulina (quasi completamente assente) rispetto ai donatori non diabetici; tuttavia, nelle isole pancreatiche degli stessi donatori è ancora presente una bassa ma costante quantità di mRNA dell’insulina stessa. Nello stesso studio, viene anche riscontrata una riduzione dell’espressione dell’enzima PCSK1 (Proprotein Convertase Subtilisin/Kexin Type 1), ma non della proinsulina, nelle isole pancreatiche di donatori con DM1 rispetto a donatori non diabetici. Questi dati portano ad ipotizzare che la riduzione dei livelli proteici dell’insulina possa essere provocata da un alterato funzionamento dei componenti di processamento da proinsulina ad insulina piuttosto che dalla sola perdita della massa β cellulare (15).
È probabile che anche nel DM1 la perdita della massa β cellulare sia in parte dovuta al dedifferenziamento, che, in tali condizioni, potrebbe costituire un meccanismo attuato dalla cellula β per “nascondersi” dalle cellule del sistema immunitario ed evitare il loro attacco, rappresentando un vero e proprio processo di protezione.
Ripristino dell’identità e della funzione β cellulare: è possibile?
Il processo di dedifferenziamento β cellulare, identificato in diversi lavori, può rappresentare un potenziale meccanismo di difesa, non solo in termini di protezione dagli stress, ma anche perché, avendo delle “capacità plastiche”, la cellula β dedifferenziata può presumibilmente essere indotta a ri-differenziare, allo scopo di ripristinare la massa β cellulare funzionale.
Alcuni studi effettuati in modelli murini di DM2, hanno dimostrato che tale processo di reversione è possibile. La prima evidenza è stata pubblicata in un lavoro del 2014 di Wang e colleghi, in cui viene dimostrato che nel modello murino KATP-GOF, incapace di secernere l’insulina a causa della mancata depolarizzazione della membrana, si osserva un’alterazione della struttura delle isole pancreatiche, una riduzione dell’espressione e della secrezione dell’insulina, e la presenza di cellule positive per la Ngn3, fenomeni attribuibili al dedifferenziamento β cellulare. Gli autori hanno dimostrato che in tale modello, sottoposto a trattamento farmacologico con insulina per 40 giorni, il controllo glicemico può essere quasi del tutto ripristinato. Inoltre, nelle isole pancreatiche dei topi KATP-GOF trattati è stato osservato un notevole incremento del numero di cellule positive per l’insulina, un aumento dell’espressione dei geni specifici delle β cellule (Nkx6.1, Mafa, Pdx1) ed una riduzione dei livelli dei marcatori di staminalità (Ngn3, Oct4, Nanog, ecc). Dimostrando, quindi, che in questo modello animale, la terapia con insulina può indurre il ri-differenziamento delle cellule β dedifferenziate in condizioni di diabete (16). Tuttavia, in tale modello animale il diabete è indotto dalla sola depolarizzazione della membrana, pertanto, sarebbe opportuno riprodurre i dati ottenuti in questo studio in un modello animale che presenti le diverse condizioni patologiche della malattia (glucotossicità, lipotossicità, ecc.).
A conferma della reversibilità del dedifferenziamento, Sheng e colleghi hanno dimostrato che, in isole pancreatiche di topi db/db sottoposti a restrizione calorica a lungo termine, era possibile ripristinare l’espressione di alcuni marcatori β cellulari persi durante dedifferenziamento, tra cui Mafa, Pdx1 ed Nkx6.1, nonché una ri-traslocazione dal nucleo al citoplasma di Foxo1; questo fenomeno non è stato osservato nei db/db nutriti senza alcuna restrizione calorica (17). La reversibilità del dedifferenziamento β cellulare in seguito a restrizione calorica è stata ulteriormente corroborata da un altro lavoro, in cui viene dimostrato che i topi db/db sottoposti a restrizione calorica ripristinano i livelli di insulina e di Foxo1; questo effetto, però, non è stato osservato in seguito a trattamento farmacologico con Rosiglitazone, né con Florizina, né tantomeno con l’insulina (18), portando ad ipotizzare, quindi, che la restrizione calorica sia la condizione più efficace per rendere reversibile il processo di dedifferenziamento β cellulare.
Infatti, tale fenomeno è stato osservato, almeno in parte, anche nell’uomo, attraverso dati ottenuti dallo studio DiRECT (Diabetic Retinopathy Candesartan Trials). Nel lavoro pubblicato da Lean nel 2018, 306 soggetti, 149 non diabetici e 157 con DM2, sono stati sottoposti a restrizione calorica per 12 mesi. I 157 pazienti con DM2, inoltre, hanno interrotto i trattamenti farmacologici con anti-diabetici al giorno zero dell’inizio della restrizione calorica, per osservare l’effetto del solo controllo alimentare sulla malattia in tali pazienti. A 12 mesi dall’inizio del trattamento, il 24% dei pazienti con DM2 ha ottenuto una notevole perdita di peso (>15 Kg) e il 46% una remissione momentanea del diabete. Inoltre, gli autori hanno osservato che la % di pazienti con remissione del diabete risulta più alta (86%) nei pazienti che hanno perso più peso rispetto a quelli che ne hanno perso meno (19), indicando come la remissione del diabete sia proporzionale alla quantità di peso persa.
In un successivo lavoro che riporta dati ottenuti dallo stesso studio, gli autori hanno identificato, tra i pazienti con DM2, una sotto-popolazione di pazienti che avevano risposto al trattamento (“responders”) ed un’altra di pazienti che non avevano risposto (“non-responders”). Le due sotto-popolazioni mostrano una simile riduzione del tessuto adiposo viscerale epatico e pancreatico, ma diversi livelli di HbA1c, alta nei non-responders ed a livelli fisiologici nei responders. I ridotti livelli di HbA1c nella popolazione dei pazienti responders, riflettono anche un ripristino della funzione delle β cellule. Infatti, in tale sotto-popolazione è stato osservato un importante miglioramento della secrezione insulinica (che non è stata osservata nei non-responders), potenzialmente attribuibile ad un ri-differenziamento β cellulare ottenuto dalla notevole restrizione calorica, ambiente particolarmente favorevole per la “salute” delle cellule β (20).
Dal ripristino del fenotipo al differenziamento β cellulare de-novo: il punto sulle
iPSC ed ESC
Come riportato nei precedenti paragrafi, le cellule β sono particolarmente sensibili a diversi tipi di stress, che compromettono fortemente la loro identità e, di conseguenza, la loro funzione. Nonostante ciò, la capacità di tali cellule di “trasformarsi” in cellule dedifferenziate e potenzialmente ri-differziare in cellule β è un meccanismo di notevole interesse per lo sviluppo di terapie innovative per il diabete.
Una valida alternativa al ri-differenziamento a partire da β cellule dedifferenziate per il ripristino della massa β cellulare è rappresentata dal differenziamento a partire da cellule staminali. A tale scopo, sono stati studiati e riportati numerosi protocolli di differenziamento β cellulare a partire da cellule staminali in grado di generare una fonte illimitata di cellule β.
Le cellule staminali sono cellule indifferenziate con la capacità di differenziarsi in numerosi tipi di cellule specializzate e di effettuare numerosi cicli di divisione cellulare mantenendo uno stato indifferenziato (auto-rinnovamento). Nell’uomo esistono due tipi di cellule staminali: le cellule staminali adulte, che si trovano in vari tessuti e possono differenziarsi solo in alcuni tipi di cellule specializzate, e le cellule staminali embrionali (ESC), isolate dall’embrione allo stadio di blastocisti (21). Le ESC sono considerate la fonte più promettente di cellule per terapie sostitutive di cellule/organi a causa della loro capacità proliferativa virtualmente infinita e del loro potenziale di differenziamento in cellule dei tre foglietti germinali embrionali (pluripotenza). Numerosi lavori hanno riportato un efficace differenziamento delle ESC in cellule capaci di secernere insulina. I pionieri in questo campo sono stati il gruppo Novocell (ora ViaCyteInc.), che ha fornito un contributo fondamentale nell’individuazione dei fattori di crescita in grado di promuovere il differenziamento delle cellule pluripotenti in cellule dell’endoderma definitivo (22), lo strato germinativo che dà origine al pancreas e alle cellule β. In seguito, hanno identificato le condizioni di coltura e i segnali di sviluppo che inducono l’organogenesi pancreatica in vivo, al fine di guidare in vitro l’ulteriore differenziamento delle cellule endodermiche derivate dalle ESC in cellule endocrine in grado di produrre ormoni pancreatici, con un’efficienza del 7% (22). Inoltre, lo stesso gruppo si è poi focalizzato sulla generazione di cellule progenitrici pancreatiche su larga scala, identificate attraverso la co-espressione di PDX1 e NKX6.1 (24). Questa strategia ha posto le basi per l’inizio, nel 2014, di uno studio clinico prospettico, multicentrico, di fase 1/2 (ClinicalTrials.gov: NCT02239354) condotto da ViaCyte utilizzando cellule progenitrici pancreatiche allogeniche derivate da ESC impiantate sottocute all’interno di un dispositivo chiuso con una membrana selettivamente porosa, chiamato Encaptra®, che permette lo scambio di nutrienti ma non la fuoriuscita delle cellule. Nel 2017, è stata avviata una nuova sperimentazione clinica (NCT03163511) con lo stesso prodotto cellulare in un dispositivo aperto, che consente la vascolarizzazione diretta delle cellule, ma che richiede l’utilizzo di farmaci immunosoppressori.
Le cellule staminali pluripotenti indotte (iPSC), generate per la prima volta nel 2006 a partire da cellule somatiche adulte mediante riprogrammazione genetica, possiedono le stesse caratteristiche e capacità differenziative delle ESC, ma offrono l’ulteriore vantaggio di poter essere derivate anche da pazienti con diabete (25-26), quindi questo tipo di approccio potrebbe rappresentare una terapia di sostituzione β cellulare autologa. Negli ultimi anni, molti gruppi di ricerca hanno descritto diversi protocolli di differenziamento in grado di mimare l’organogenesi pancreatica per ottenere cellule capaci di produrre insulina in risposta al glucosio (27) e normalizzare la glicemia a partire da ESC e iPSC in modelli murini (28-29). Degni di nota sono in particolare i lavori prodotti dai gruppi di Kieffer e Melton nel 2014 e i risultati ottenuti dal trapianto delle cellule completamente differenziate in vitro da ESC e iPSC con alta efficienza (20-50% di cellule positive per C-Peptide e NKX6.1). In questi lavori è stato riportato che in topi diabetici immunocompromessi, la normoglicemia si ripristina entro due (29) o sei settimane (28) dopo il trapianto di cellule differenziate da PSC, un miglioramento significativo rispetto al periodo di 2- 3 mesi richiesto dopo il trapianto di cellule progenitrici pancreatiche derivate dalle ESC.
Sia le ESC che le iPSC potrebbero essere utilizzate per generare cellule che producono insulina, allo scopo di ripristinare la massa β cellulare. Tuttavia, tradurre questi test iniziali in terapie di routine per i pazienti diabetici richiede ancora la risoluzione di molti problemi critici, come l’immunogenicità, la sopravvivenza e la sicurezza delle cellule β derivate dalle cellule staminali.
Conclusioni
Negli ultimi anni sono stati proposti meccanismi molecolari alternativi di disfunzione e di protezione β cellulare (dedifferenziamento), e sono state esplorate diverse terapie innovative per la cura del diabete.
Ad oggi, gli specifici meccanismi molecolari di reversibilità del dedifferenziamento β cellulare non sono ancora completamente chiari, e il ripristino della massa β cellulare attraverso l’utilizzo delle cellule staminali non rappresenta ancora una metodica standard per la terapia del diabete.
Tuttavia, lo studio di questi processi sembra portarci sulla buona strada per lo sviluppo di terapie efficaci e potenzialmente definitive per la cura del diabete.
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