Congresso Regionale SID-AMD
Reggio Calabria, 20-21 novembre 2015
Nei giorni 20-21 novembre 2015 si è tenuto presso la città di Reggio Calabria il Congresso Regionale Intersocietario SID-AMD. Il programma ha dato un ampio spazio alle comunicazioni orali e alla discussione dei posters di seguito pubblicati. Giovani medici interessati e dedicati alla ricerca in diabetologia hanno presentato i risultati del loro impegno animando il congresso e stimolando i partecipanti ad una proficua discussione. La SID ha premiato le migliori presentazioni giudicate da una commissione; i premi sono stati conferiti ai dottori Antonio Cimellaro, Valentina Messiniti ed al laureando Sig. Gaetano Arcidiacono.
La Presidente Regionale Professoressa Concetta Irace
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Comunicazioni Orali
L’AGONISTA GLP-1 LIRAGLUTIDE MIGLIORA IL COMPORTAMENTO E IL DECLINO COGNITIVO IN RATTI DIABETICI
F. Maida¹, C. Palleria1, M. Iannone2, E. Succurro1,
A. Constanti3, R. Citraro1, G. De Sarro1, F. Arturi1,
E. Russo1
1Università Magna Græcia, Catanzaro; 2CNR, Istituto di Neuroscienze, Sezione di Farmacologia, Roccelletta di Borgia; 3Dipartimento di Farmacologia, UCL School of Pharmacy, London
Encefalopatia diabetica e deficit cognitivi sono complicanze del diabete mellito di tipo 2 (TDM2), che coinvolgono il sistema nervoso centrale. Nessuno dei farmaci antidiabetici attualmente in uso sembra avere un effetto protettivo sul declino cognitivo osservato nei pazienti diabetici, ma gli agonisti del recettore del GLP-1 potrebbero aprire nuovi scenari nella prevenzione delle comorbilità neurologiche. Infatti, oltre agli effetti metabolici, il GLP-1 agisce a livello cerebrale come fattore di crescita coinvolto nell’apprendimento e nella neuroprotezione. Scopo del nostro studio è stato valutare gli effetti della Liraglutide (LIR), agonista recettoriale del GLP-1, nel declino cognitivo associato al T2DM e la sua azione sulla degenerazione ippocampale indotta dalla streptozotocina (STZ). Diabete e/o deficit cognitivo sono stati indotti in ratti Wistar attraverso un’unica somministrazione di STZ per via intraperitoneale (i.p.) o intraventricolare cerebrale (i.c.v.). I ratti trattati solo con vettore sono stati utilizzati come controllo (CTRL). Dopo 48 ore, i ratti con glicemia ≥300 mg/dl sono stati trattati con LIR o veicolo per 4 settimane, ottenendo così 6 sottogruppi: ratti STZ i.c.v. (LIR o vettore), ratti STZ i.p. (LIR o vettore) e ratti CTRL (LIR o vettore). Tutti i ratti sono stati sottoposti a test comportamentali: Morris water maze (MWM), Passive avoidance, Forced swimming test (FST), Open field arena (OF) ed Elevated plus maze (EPM). Nel gruppo di ratti STZ-LIR la glicemia è risultata significativamente ridotta quando comparata con quella del gruppo STZ-veicolo; nel sottogruppo CTRL invece la LIR non ha indotto modificazioni dei valori glicemici. Il trattamento con LIR induceva un effetto ansiolitico in tutti i gruppi di ratti. La somministrazione di STZ (sia i.c.v. che i.p.) induceva un deficit di apprendimento e di memoria. Viceversa, il trattamento con LIR determinava un significativo miglioramento degli stessi parametri. In conclusione, la Liraglutide era capace di indurre, nel nostro modello animale, un miglioramento significativo della memoria e dell’apprendimento e questi effetti erano associati a una riduzione dello stato d’ansia.
Ipoglicemia e marcatori precoci di danno vascolare
S. Mastroianni, D.F. Carbotti, A. Loprete, C. Irace,
A. Gnasso
Università Magna Græcia, Catanzaro
L’ipoglicemia, definita come valore di glucosio <70 mg/dl, è una condizione morbosa comune nei soggetti con diabete ed è associata ad un aumento della mortalità per cause cardiovascolari. L’aumento dei livelli di catecolamine circolanti, delle citochine infiammatorie e la disfunzione endoteliale potrebbero essere responsabili del danno macrovascolare. Scopo del nostro studio è verificare se il numero di eventi ipoglicemici si associ a variazioni dei marcatori precoci del danno vascolare quale lo spessore intima-media dell’arteria carotide comune (cIMT) e la funzione endoteliale (FMD). 58 soggetti consecutivi con diabete di tipo 2 e senza complicanze documentate in atto sono stati reclutati. Sono state effettuate due visite principali (basale e follow-up ad 1 anno) e tre visite opzionali supplementari (a 3, 6 e 9 mesi) durante le quali sono stati valutati i parametri laboratoristici (profilo lipidico, HbA1c, glicemia e microalbuminuria). Nel corso delle due visite principali è stato misurato l’IMT e valutata la FMD. Abbiamo chiesto ai partecipanti di compilare un diario glicemico (mediante automonitoraggio della glicemia capillare) su cui registrare anche gli eventuali fenomeni di ipoglicemia. Al termine dello studio i pazienti sono stati suddivisi nei gruppi IPO SI (se presentavano due o più episodi con glicemia inferiore a 70mg/dl in almeno un mese di osservazione) e IPO NO. Il valore di HbAlc alla visita basale era di 7,3±1,6% nel gruppo IPO-NO e 6,9±0,8% nel gruppo IPO-SI. I risultati dello studio hanno dimostrano che il numero delle ipoglicemie non influenzava la progressione dei marcatori precoci di danno vascolare. Infatti, nei soggetti classificati come IPO-SI, l’IMT della carotide comune era 840±22 µm al basale e 790±18 µm dopo 1 anno; nel gruppo IPO-NO 760±16 µm al basale e 760±15 µm dopo 1 anno. La FMD, seppur in maniera non significativa aumentava nel gruppo IPO SI: 6,07±7,30% basale; 9,42±10,37% dopo 1 anno, mentre non subiva modifiche nel gruppo IPO-NO. I risultati dello studio dimostrano che in soggetti con buon controllo glicemico e senza complicanze la frequenza delle ipoglicemie non modifica i marcatori precoci di danno vascolare.
Associazione tra insulino-resistenza e viscosità ematica in soggetti obesi non diabetici
C. Tripolino, V. Messiniti, F.B. Scavelli, R. Fiorentino,
C. Carallo, C. Irace, A. Gnasso
Università Magna Græcia, Catanzaro
Introduzione: l’obesità è caratterizzata da uno stato di infiammazione sistemica cronica che predispone allo sviluppo di insulino-resistenza (IR). Diverse evidenze hanno dimostrato che alterazioni dei parametri emoreologici correlano con lo sviluppo di IR. Il presente studio è stato disegnato con lo scopo di valutare la correlazione tra parametri emoreologici e IR in soggetti normopeso, sovrappeso e obesi, senza diabete.
Metodi: un totale di 208 soggetti sono stati reclutati per il presente studio. I seguenti parametri biochimici sono stati determinati: ematocrito (HT), glicemia, insulina e lipidi sono stati misurati mediante metodi di routine. Le viscosità ematica (BV) e plasmatica (PV) sono state misurate con un viscosimetro (Wells-Brookfield DV-III, Stoughton, USA). L’HOMA-IR è stato calcolato secondo la formula: glicemia a digiuno (mmol/l) x insulinemia a digiuno (mU/ml) /22.5.
Risultati: sulla base del valore di indice di massa corporea (IMC), i partecipanti sono stati raggruppati in tre categorie: “Normopeso” (n=48), “Sovrappeso” (n=100) e “Obesi” (n=60). I pazienti obesi mostravano valori significativamente più elevati di BV, PV e HOMA-IR; i pazienti sovrappeso avevano valori di BV più elevati rispetto ai normopeso. Nelle analisi di correlazione semplice nell’intera popolazione, l’HOMA-IR correlava in modo diretto e significativo con l’IMC, sesso, circonferenza addome, HT, pressione arteriosa diastolica, viscosità ematica e inversamente con il colesterolo HDL. Nell’analisi di regressione multipla, nel gruppo normopeso, età e sesso correlavano con HOMA-IR. Il colesterolo HDL era l’unica variabile inversamente e significativamente correlata all’HOMA-IR nei pazienti sovrappeso. Infine, solo la viscosità ematica e l’età associavano con l’HOMA-IR nei soggetti obesi.
Discussione: i risultati del presente studio dimostrano che non solo l’infiammazione sistemica ma anche le alterazioni dei parametri emoreologici possono contribuire allo sviluppo di IR nei pazienti obesi.
Caratteristiche ecografiche delle entesi achillea e plantare nei soggetti affetti da diabete mellito di tipo 2
F. Ursini, F. Arturi, K. Nicolosi, C. Bruno, S. Naty,
R.D. Grembiale
Università Magna Græcia, Catanzaro
Il diabete mellito di tipo 2 (DM2) è una patologia epidemica, accompagnata da una costellazione di comorbidità tra cui quelle muscoloscheletriche. I tendini achillei e la fascia plantare, in particolare, sembrano presentare anomalie strutturali in corso di DM2. Scopo del presente lavoro è quello di descrivere le caratteristiche ecografiche dell’entesi achillea e plantare in pazienti affetti da DM2. Sono stati reclutati 30 pazienti affetti da DM2 (10 F, 20 M) e 26 soggetti controllo appaiati per età, sesso e BMI. Tutti i soggetti sono stati sottoposti ad ecografia del tendine achilleo e della fascia plantare, utilizzando un ecografo Esaote MyLab70XVG equipaggiato con sonda lineare 10-18 MHz. La presenza di entesopatia è stata definita, in accordo con i criteri OMERACT. I pazienti avevano un BMI medio di 29.7±4.5 Kg/m2 , glicemia 147.9±51.8 mg/dL, HbA1c 7.2±1.6%, acido urico di 5.4±1.4 mg/dL, creatinina 0.9±0.3 mg/dL. Nel gruppo DM2, a livello achilleo, 46/60 (76.7%) dei tendini studiati presentavano almeno un segno di entesopatia contro 31/52 (59.%) nel gruppo controllo (p=0.10). Nel dettaglio, vi era una differenza significativa nella prevalenza di ispessimento inserzionale (25% vs 9.6%, p=0.04) e di entesofiti (76.7.5% vs 55.8%, p=0.03). Non vi erano differenze significative nello spessore del tendine achilleo tra pazienti e controlli (4.48±0.15 mm vs 4.15±0.11 mm, p=0.08). A livello della fascia plantare 22/60 (36.7%) delle entesi studiate presentavano almeno un segno di entesopatia nei pazienti affetti da DM2, mentre 12/52 (23.1%) nei controlli (p=0.15). Nessuna delle lesioni individuali presentava una prevalenza significativamente superiore nei pazienti rispetto ai controlli. Tuttavia, lo spessore dell’entesi plantare era significativamente più elevato nei pazienti rispetto ai controlli (3.40±0.11 mm vs 2.96±0.10 mm p=0.004) In questo studio preliminare abbiamo rilevato un trend verso una maggiore prevalenza di entesopatia achillea nei soggetti affetti da DM2. Per quanto riguarda la fascia plantare, l’unica differenza rilevabile era un significativo aumento dello spessore nei pazienti affetti da DM2.
ACIDO URICO E SEGNALE INSULINICO IN CELLULE ENDOTELIALI: UN NUOVO MECCANISMO DI INSULINO-RESISTENZA
E.J. Tassone, A. Cimellaro, M.L. Hribal, M. Perticone,
A. Sciacqua, F. Andreozzi, G. Sesti, F. Perticone
Università Magna Græcia, Catanzaro
Elevati livelli di acido urico (AU) sono associati a diabete mellito di tipo 2 (DM2), patologie cardiovascolari e renali. Recenti evidenze hanno inoltre attribuito all’AU un ruolo di primo piano nell’insorgenza di DM2 e danno vascolare, sebbene il meccanismo molecolare attraverso cui l’AU induce insulino-resistenza e disfunzione endoteliale non sia chiaro. D’altra parte, nel contesto dei meccanismi sottostanti all’insulino-resistenza, è stato riportato il ruolo di una glicoproteina di membrana, chiamata PC-1 o ENPP1, che è capace di inibire le funzioni del recettore insulinico (IR) ed è iperespressa in soggetti insulino-resistenti. Lo scopo del nostro studio è stato quello di valutare gli effetti dell’AU sul segnale insulinico in cellule endoteliali umane derivate da vena ombelicale (HUVECs), considerando la possibile interazione con ENPP1.
Colture di HUVECs sono state stimolate con insulina, AU e l’inibitore del trasportatore di AU (URAT1) probenecid. La fosforilazione di Akt ed eNOS è stata valutata mediante immunoblotting. Il legame di ENPP1 ad IR e la fosforilazione di IR sono state testate mediante immunoprecipitazione e immunoblotting. L’esposizione delle HUVECs all’AU ha portato ad una inibizione dell’attivazione di Akt ed eNOS insulino-mediata, mediatori fondamentali nell’estrinsecazione del segnale metabolico ed emodinamico dell’insulina. Inoltre, l’AU ha indotto il legame di ENPP1 ad IR, risultando in una conseguente riduzione della cascata del segnale insulinico. Il probenecid ha limitato significativamente tali effetti AU-mediati, suggerendo che l’ingresso intracellulare dell’AU è fondamentale per la sua azione. In conclusione, abbiamo dimostrato come l’AU interferisca direttamente con il segnale insulinico a livello recettoriale in cellule endoteliali, attraverso il reclutamento di ENPP1. Queste evidenze suggeriscono un nuovo modello di insulino-resistenza e disfunzione endoteliale mediata da AU.
Poster
Ruolo della fosfatasi PHLPP1/2 nella disfunzione β-cellulare indotta da glucotossicità
G.P. Arcidiacono, E. Mancuso, T. Procopio, M.L. Hribal, G. Sesti
Università Magna Græcia, Catanzaro
L’esposizione prolungata ad elevate concentrazioni di glucosio è associata, a livello pancreatico, alla comparsa di un fenotipo β-cellulare disfunzionale, caratterizzato da ridotta sopravvivenza e alterata sensibilità all’azione insulinica. Le fosfatasi PHLPP1 e PHLPP2 (PH domain and Leucine-rich repeat Protein Phosphatase) interferiscono con la trasmissione del segnale insulinico, attraverso la defosforilazione del residuo Serina 473 della chinasi Akt. Lo scopo di questo lavoro è stato quello di valutare la correlazione tra la disfunzione β-cellulare indotta da glucotossicità e l’azione di PHLPP1/2 sul signalling insulinico. A tal fine, sono state utilizzate cellule β pancreatiche derivate da insulinoma di ratto (INS-1), trattate per 10-15 passaggi con concentrazioni di glucosio fisiologiche (11,1 mmol/L, INS-1 LG) o elevate (30 mmol/L, INS-1 HG). Nelle cellule INS-1 HG sono state osservate una riduzione della sintesi (p<0.0001, n=6) e della secrezione insulinica (p<0.0001, n=3) e un’attivazione dei pathways apoptotico e autofagico, dimostrata dalla riduzione dei livelli di Bcl-xL e dall’incremento dei livelli di Bad, caspasi-3 clivata e LC3BII (p<0.05 per tutti i targets). Queste alterazioni funzionali erano accompagnate da un significativo aumento dell’espressione di PHLPP1/2 nelle cellule INS-1 HG; l’aumentata espressione di PHLPP1/2 era associata ad una riduzione della fosforilazione di Akt su Ser-473 dopo stimolo con insulina 100 nM (-50±12%, p<0.05, n=6); al contrario i livelli di fosforilazione del secondo residuo aminoacidico coinvolto nell’attivazione di Akt, Treonina 308, non erano alterati, a conferma della specificità di PHLPP1/2 per il residuo serinico. La ridotta fosforilazione di Akt si rifletteva in una riduzione della fosforilazione, insulino-stimolata, dei suoi substrati, per i quali è stato dimostrato un ruolo chiave nella regolazione dell’omeostasi β-cellulare, tra cui mTOR (-48±2.82%; p=0.0026, n=3), FoxO-1 (-58.67±11.2% p=0.0009, n=3) e p70S6K (-44.4±9% p=0.0011, n=6). Questi dati dimostrano che nelle cellule INS-1 esiste una correlazione tra l’esposizione cronica ad elevate concentrazioni di glucosio e l’espressione di PHLPP1/2.
Rapporto neutrofili/linfociti e TyG index in pazienti affetti da sclerosi sistemica
C. Bruno, C. Tripolino, F. Ursini, S. Naty, R.D. Grembiale
Università Magna Græcia, Catanzaro
Introduzione: il rapporto neutrofili/linfociti (NLR) ed il rapporto piastrine/linfociti (PLR) rappresentano biomarcatori di infiammazione ed in diversi studi si sono rivelati associati all’attività di malattia in pazienti affetti da lupus eritematoso sistemico ed artrite reumatoide. Recenti evidenze hanno anche dimostrato un’associazione tra NLR ed insulino-resistenza (IR) in pazienti con diabete mellito tipo 2.
Scopo: valutare una possibile associazione tra NLR, PLR e marker di IR in una popolazione di pazienti affetti da sclerosi sistemica (SSc).
Materiali e Metodi: la popolazione oggetto del nostro studio si compone di 23 pazienti (20 donne e 3 uomini) affetti da SSc secondo i criteri ACR. Ognuno dei partecipanti è stato sottoposto a valutazione clinica ed esami ematochimici. I seguenti parametri laboratoristici sono stati determinati: VES, PCR, esame emocromocitometrico, glicemia e profilo lipidico. Il TyG index è stato utilizzato come marker di insulino resistenza e calcolato secondo la seguente formula: Ln (Trigliceridi/Glicemia/2). Gli indici di correlazione di Pearson o Spearman sono stati utilizzati per testare l’associazione fra le variabili.
Risultati: i partecipanti allo studio avevano un’età media di 59.4±10 anni e una durata di malattia di 7.9±5.9 anni. 10 di essi presentavano forma diffusa di SSc e 13 una forma limitata. Nelle analisi di correlazione semplice, NLR risultava direttamente correlato con la PCR (r=0.40; p=0.05), TyG (r=0.50; p<0.01) e PLR (r=0.60; p<0.01). Il TyG index risultava direttamente correlato con la PCR (r=0.46; p=0.02), ma non con PLR (p=0.06).
Conclusioni: i dati del presente studio dimostrano una forte associazione fra NLR ed IR valutata attraverso il TyG index. L’utilizzo di questo semplice indice non solo permette di valutare il grado di infiammazione sistemica, ma anche lo stato metabolico dei pazienti affetti da SSc.
Predittori clinici di fallimento beta cellulare
D.L. Carbotti, C. Tripolino, C. Irace, F.B. Scavelli,
A. Gnasso
Università Magna Græcia, Catanzaro
Introduzione: il fallimento secondario delle cellule beta (FS) è una conseguenza del diabete di tipo 2 (DM2). Alcuni fattori quali: predisposizione genetica, gluco- e lipotossicità contribuiscono al progressivo deterioramento dell’omeostasi glicemica nonostante appropriato trattamento.Il presente studio è stato condotto con l’obiettivo di verificare quali fattori siano associati con il FS in una coorte di soggetti con DM2.
Metodi: il presente è uno studio retrospettivo condotto utilizzando cartelle cliniche di pazienti ambulatoriali e visitati dal gennaio 2007 al dicembre 2007. Il FS è stato definito come: necessità di inizio di terapia con insulina a causa della persistente e incontrollata iperglicemia, HbA1c sopra il target raccomandato, e l’assenza di qualsiasi condizione che causi iperglicemia acuta. I seguenti fattori sono stati considerati come predittori: l’età al momento dell’arruolamento, i sintomi del DM2, glicemia a digiuno, IMC, velocità di filtrazione glomerulare all’esordio della malattia, familiarità per DM2, numero di visite l’anno, residenza, durata di malattia, ipertensione e/o iperlipidemia.
Risultati: la prevalenza di FS era del 39% dopo un follow-up di sei anni. I pazienti con FS avevano una più lunga durata di malattia, erano per lo più maschi, ipertesi, e presentavano sintomi al momento della comparsa del diabete. L’analisi di regressione di Cox mostrava come predittori indipendenti di FS: durata di malattia (HR 1,03; IC 1,01-1,05), presenza di sintomi al momento della comparsa della malattia (HR 2,47; IC 1,51-4,03), ipertensione (HR 1,90; IC 1,73-2,89), iperlipidemia (HR 1,65; IC 1,06-2,58), e la residenza in aree suburbane (HR 1,78; 1,06-3,01).
Conclusioni: queste variabili facilmente individuabili potrebbero discriminare i soggetti a rischio di FS per i quali un trattamento intensivo precoce potrebbe essere utile per ottenere un controllo glicemico adeguato e stabile.
INDICE APNEA-IPOPNEA E PROFILO METABOLICO IN SOGGETTI OBESI CON SINDROME DELLE APNEE OSTRUTTIVE
A. Cimellaro, M. Perticone, P.E. Scarpino, A. Sciacqua,
G. Sesti, F. Perticone
Università Magna Græcia, Catanzaro
La sindrome delle apnee ostruttive nel sonno (OSAS) correla con patologie cardiovascolari e metaboliche; scopo di questo studio è stato quello di determinare i predittori che meglio caratterizzano il profilo metabolico dei soggetti OSAS obesi. 200 soggetti obesi (134M, età 55.4±11.2) sono stati sottoposti a valutazione clinica e biochimica, a curva da carico orale di glucosio (OGTT) e monitoraggio cardio-respiratorio notturno con ossimetro. I soggetti affetti da OSAS sono stati identificati da un indice apnea-ipopnea (AHI)>5, e stratificati in gruppi di gravità crescente del disturbo: lieve 5<AHI<15, moderato 15<AHI<30, grave AHI>30. Come parametro di insulinosensibilità è stato utilizzato l’indice di Matsuda. I soggetti OSAS obesi presentavano, a parità di indice di massa corporea (BMI) e circonferenza addome, un profilo metabolico e infiammatorio peggiore rispetto a quelli non-OSAS obesi (p<0.0001). Stratificando il gruppo OSAS in accordo alla severità dell’AHI, BMI (p=0.032), circonferenza addome (p=0.032), insulinemia basale (p<0.0001), ad 1h (p<0.0001) e 2h (p<0.0001) dopo OGTT e indice di desaturazione di ossigeno (ODI) (p<0.0001) risultavano progressivamente aumentati all’aumentare della gravità del disturbo. Viceversa, l’indice di Matsuda era più basso nel gruppo con AHI più elevato (p<0.0001). Nel modello di regressione lineare, l’indice di Matsuda era correlato con BMI (r=-0.350; p<0.0001), colesterolo HDL (r=0.024; p=0.024), PCR-us (r=-0.240; p=0.008), ODI (r=-0.422; p<0.0001) e AHI (r=-0.576; p<0.0001); inoltre all’analisi di regressione lineare multivariata stepwise: l’AHI è risultato essere il miglior predittore indipendente di insulinosensibilità, giustificando il 32.5% della variazione di indice di Matsuda in tutta la popolazione OSAS. L’analisi ROC ha altresì dimostrato la buona accuratezza dell’AHI nell’identificare soggetti con insulino-resistenza (p<0.0001), e valori di AHI>18.5 discriminavano un peggiore profilo metabolico. In conclusione, l’AHI è risultato essere il più importante predittore di insulinosensibilità in una popolazione di obesi OSAS, indipendentemente dai classici fattori di rischio cardiometabolici.
Ipoglicemia nei soggetti con alterata omeostasi glicemica
E. Pedace, A. Ragusa, E. Succurro, F. Arturi, C. Irace, G. Sesti
Università Magna Græcia, Catanzaro
L’ipoglicemia è una complicanza acuta che può mettere il soggetto in pericolo di vita ed è caratterizzata da livelli ematici di glucosio ≤70 mg/dl. L’ipoglicemia è una condizione che interessa non solo i soggetti diabetici, ma può manifestarsi anche nei soggetti con ridotta tolleranza agli idrati del carbonio (IGT). Nel caso dei soggetti IGT, l’ipoglicemia ricorre principalmente come ipoglicemia “reattiva” a distanza di 2-5 ore dal carico orale di glucosio (OGTT). Non è noto se l’ipoglicemia possa manifestarsi anche nei soggetti con alterata glicemia a digiuno (IFG) o presentarsi nei soggetti IGT anche in assenza di uno stimolo iperglicemico. Il presente studio ha lo scopo di verificare se, in soggetti con diversi gradi di tolleranza glucidica (IFG e/o IGT), si possano manifestare ipoglicemie. A tale scopo abbiamo reclutato 10 soggetti con alterata omeostasi glicemica (IFG e/o IGT) e 5 soggetti di controllo normoglicemici e normotolleranti. Tutti i soggetti hanno eseguito un monitoraggio continuo della glicemia della durata di 7 giorni utilizzando l’Holter glicemico Dexcom G4. È stato chiesto ai soggetti di annotare eventuali sintomi di ipoglicemia e di non effettuare pasti abbondanti o intensa attività fisica. Età, sesso, indice di massa corporea, profilo lipidico e pressione arteriosa erano sovrapponibili nei due gruppi. L’analisi dei parametri di andamento glicemico (media, deviazione standard e coefficiente di variazione della glicemia) nei 7 giorni di monitoraggio non ha mostrato alcuna differenza statisticamente significativa tra il gruppo di soggetti con alterata omeostasi glicemica ed il gruppo di controllo. I soggetti con alterata omeostasi glicemica hanno mostrato un periodo di esposizione all’ipoglicemia significativamente maggiore (211+74 min vs 16+18 min; p<0.02). La maggior parte degli episodi di ipoglicemia sono stati registrati nelle ore diurne e nessun episodio è stato avvertito come sintomatico in entrambi i gruppi. I risultati del nostro studio dimostrano che l’ipoglicemia non è un episodio esclusivo del diabete mellito, ma è un’evenienza concreta sia nei soggetti normoglicemici che nei soggetti con alterata omeostasi glicemica.
Effetti della Liraglutide sulla FUNZIONE CARDIACA nei diabetici con scompenso cardiaco post-ischemico
M. Ruffo1, E. Succurro1, S. Miceli1, C. Cloro2, A. Sciacqua1,
F. Perticone1, G. Sesti1, F. Arturi1
Università Magna Græcia, Catanzaro; 2U.O.C di Cardiologia, Ospedale S.S. Annunziata, Cosenza, Cosenza
Diversi studi hanno dimostrato l’associazione tra scompenso cardiaco (HF) e diabete mellito tipo 2 (T2DM). Il trattamento dell’iperglicemia nel diabetico con HF è complesso poiché secretagoghi, biguanidi, TDZ, inibitori delle α-glucosidasi ed insulina, pur migliorando il controllo glicemico possono determinare effetti sfavorevoli sul profilo cardiovascolare. Al momento non è noto se il trattamento con incretine nel T2DM con HF sia associato a effetti benefici sulla funzione cardiaca. A tale scopo sono stati arruolati 32 pazienti con T2DM e HF post-ischemico classe NYHA II/III e/o LVEF <45%, in trattamento massimale per HF ed in terapia da almeno 3 mesi con metformina e/o sulfoniluree con HbA1c 7.0-10%. I pazienti sono stati randomizzati a ricevere Liraglutide 1.8 mg/die (n=10), Sitagliptin 100 mg/die (n=10) o insulina Glargine (n=12). I pazienti erano sottoposti in basale e dopo 52 settimane, a valutazione antropometrica, laboratoristica, ECG, ecocardiogramma, questionario Minnesota Living e 6 min Walking Test. I gruppi erano omogenei per età, sesso e BMI. Rispetto al basale, la terapia con Liraglutide era associata ad un significativo miglioramento della LVEF (41±2% vs 46±2.5% p<0.001), che non si osservava nei pazienti trattati con Sitagliptin o Glargine (41±3% vs 42±2.5% e 42±1.5% vs 42.0±1%, rispettivamente, p=NS). Sia il volume telediastolico che il volume telesistolico erano significativamente ridotti con Liraglutide (270±30 ml/m2 vs 240±27 ml/m2 e 124±16 ml/m2 vs 119±14 ml/m2, rispettivamente, p<0.05) mentre non si osservavano modificazioni nei pazienti trattati con Sitagliptin o Glargine. In nessuno dei 3 gruppi si osservavano modificazioni dello spessore del setto interventricolare e della parete posteriore. Liraglutide mostrava inoltre un miglioramento della capacità funzionale (6 min walking test: 218±15 vs 263±20 m%, p<0.001) e della qualità della vita (Minnesota Living: 74±4 vs 29±5%, p<0.001) che non si osservavano con Sitagliptin o Glargine. Questi dati suggeriscono che il trattamento con Liraglutide è associato a miglioramento della funzione cardiaca e della capacità funzionale nei pazienti con T2DM e HF.
Ipoglicemia e Gastroparesi Diabetica
G. Scalise, C. Irace, D.F. Carbotti, A. Gnasso, G. Sesti
Università Magna Græcia, Catanzaro; 2Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica, Università Magna Græcia, Catanzaro
La Gastroparesi Diabetica (DGP) è una complicanza del diabete mellito (DM), espressione di una neuropatia autonomica vagale, che provoca un rallentato svuotamento gastrico. Essa si associa a un aumento della morbilità e a un peggioramento del controllo glico-metabolico. Il ritardato svuotamento gastrico è presente in 1/3 dei pazienti con diabete, sia di tipo 1 sia di tipo 2. La presenza e la gravità dei sintomi possono essere valutati utilizzando dei questionari. La DGP può essere responsabile di ipoglicemie ricorrenti. Sia la DGP sia le ipoglicemie possono essere entrambe manifestazioni di neuropatia diabetica. Scopo del nostro studio è stato quello di valutare l’associazione tra ipoglicemie e sintomi della gastroparesi diabetica indagati con il questionario PAGY-SIM in un gruppo di pazienti ambulatoriali. Più alto è il punteggio e maggiore la gravita della DGP. L’ipotesi dello studio è che i soggetti con DGP abbiano più frequentemente episodi di ipoglicemia, indipendentemente dal trattamento farmacologico, rispetto a chi non ha la DGP. Sono stati reclutati 72 soggetti con diabete di cui 45 con tipo 2 e 27 con tipo 1. Sono state valutate le glicemie effettuate a domicilio. I soggetti sono stati inizialmente suddivisi in base alla presenza o meno di ipoglicemie (glecemia <50 mg/dL). Il valore medio del PAGY-SIM è risultato 1,16±0,34 nei soggetti con ipoglicemie e di 0,51±0,46 nei soggetti senza ipoglicemie. In particolare i soggetti con ipoglicemie presentavano un punteggio più alto di gonfiore addominale (3,78±0,57 vs 1,18±1,10 p<0,01), dolore addominale inferiore (0,52±0,85 vs 0,06±0,26 p<0,01) e pirosi (0,94±0,89 vs 0,48±0,73 p<0,01) rispetto a quelli senza ipoglicemia. I soggetti sono stati ulteriormente suddivisi in base al diabete (tipo 1 e 2) e in base alla mediana delle ipoglicemie (<70 mg/dL). Nuovamente chi aveva un valore di ipoglicemie superiore alla mediana presentavano un valore di PAGY-SIM più alto. In conclusione possiamo affermare che gli eventi ipoglicemici si associano ai sintomi della DGP sia nel tipo 1 sia nel tipo 2. Studi prospettici potrebbero spiegare la relazione di causalità tra i due fenomeni.
Indici di insulino-resistenza e parametri emoreologici in individui sani
C. Tripolino, V. Messiniti, F.B. Scavelli, R. Fiorentino, C. Carallo, C. Irace, A. Gnasso
Università Magna Græcia, Catanzaro
Introduzione: le alterazioni della viscosità ematica (BV) e plasmatica (PV) sono associate ad alterazioni emodinamiche che possono provocare lo sviluppo di patologie cardiovascolari. Inoltre, diversi studi dimostrano che la BV correla con l’insulino-resistenza (IR). Il clamp euglicemico iperinsulinemico è il gold standard per la valutazione dell’IR, ma è difficile da utilizzare nella pratica clinica quotidiana. Per questo motivo, sono stati proposti diversi indici surrogati di IR. Il presente studio è stato disegnato per valutare quale indice di IR meglio correla con i parametri emoreologici in soggetti sani.
Metodi: per il presente studio sono stati reclutati 100 individui apparentemente sani. I seguenti parametri biochimici sono stati determinati: ematocrito (HT), glicemia, insulina e profilo lipidico. Le viscosità ematica (BV) e plasmatica (PV) sono state misurate con un viscosimetro. Sono stati calcolati i seguenti indici di IR: HOMA-IR, indice TyG, indice di Mc Auley (McA), rapporto trigliceridi/HDL (TG / HDL).
Risultati: la nostra popolazione era composta principalmente da individui con età media di 54±8 anni con una prevalenza leggermente superiore del sesso maschile. In analisi di correlazione semplice gli indici TyG, TG/HDL, HOMA-IR risultavano direttamente e significativamente correlati alla BV, nessuna associazione con la PV e HT è stata osservata. In dettaglio: TyG (r=0.23; p=0,02), TG / HDL (r=0.25; p=0.01), HOMA-IR (r=0.20; p=0.04). L’indice di McA correlava con BV (r =-0.32; p=0.001), PV (r=-0.21; p=0.04) e HT (r =-0.20; p=0.04).
Conclusioni: i risultati di questo studio dimostrano un’associazione tra indici di IR e parametri emoreologici. Tuttavia, l’indice McA sembra meglio correlare con le variabili emoreologiche nei soggetti sani.
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