Nei giorni 4-5 maggio 2018 si è tenuto presso la città di Rende, in provincia di Cosenza, il Congresso Regionale Intersocietario SID-AMD. Il programma ha dato ampio spazio alle comunicazioni orali e alla discussione dei poster di seguito pubblicati. Nuove leve di medici, biologi, interessati ed impegnati nella ricerca in diabetologia hanno presentato i risultati dei loro studi animando il convegno e stimolando i partecipanti ad una proficua discussione. Una commissione di esperti della SID, tra i quali la prof.ssa Concetta Irace, il prof. Franco Arturi e la prof.ssa Marta Letizia Hribal, ha valutato i lavori migliori facendoli presentare come comunicazioni orali in una sessione dedicata.
La Presidente Regionale 2016-2018
Dr.ssa Francesca Faggiano
DOI: 10.30682/ildia1804l
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HMGA1 regola la trascrizione di FoxO1
Contributo selezionato per comunicazione orale
Arcidiacono B, Chiefari E, Corigliano DM, Foti D, Brunetti A
Università degli Studi “Magna Graecia” di Catanzaro
Il fattore di trascrizione FoxO1 è implicato nella regolazione di numerosi processi biologici, svolgendo, tra l’altro, un ruolo fondamentale nell’omeostasi glucidica. Tuttavia, i meccanismi che regolano l’attività trascrizionale del gene FoxO1 sono ancora poco conosciuti. Inoltre, numerosi studi hanno dimostrato che il fattore architetturale HMGA1 regola la trascrizione di molteplici geni coinvolti nel metabolismo glucidico. Alla luce di queste evidenze sperimentali l’obiettivo dello studio è stato quello di verificare se HMGA1 interviene nella regolazione trascrizionale del gene FoxO1. Per tale motivo, al fine di dimostrare l’interazione fisica-funzionale tra le due proteine, abbiamo condotto dei saggi di espressione sul promotore umano di FoxO1; mentre esperimenti di immunoprecipitazione della cromatina sono stati eseguiti in alcuni tipi di cellule in grado di iperesprimere HMGA1 e/o in altri tipi di cellule “knock out” per HMGA1. Infine, l’espressione genica di FoxO1 è stata valutata mediante l’analisi dei livelli di RNAm e proteina nelle linee cellulari umane HepG2 e HEK-293, e nei linfociti blastizzati provenienti da soggetti con o senza deficit di HMGA1. Identico studio è stato effettuato in colture primarie di epatociti di topo Hmga1–/–. I risultati mostrano che HMGA1 lega il promotore di FoxO1 e ne attiva la trascrizione genica. Conseguentemente, i livelli di FoxO1 (RNAm e proteina) risultano aumentati sia nelle cellule HepG2 che nelle HEK-293, in seguito ad iperespressione di HMGA1. Coerentemente, l’espressione forzata di HMGA1 negli epatociti in coltura primaria di topi Hmga1–/– e nei linfoblasti di individui con ridotta espressione di HMGA1 si traduce in un aumento dei livelli di RNAm e proteina di FoxO1. In conclusione, i nostri risultati dimostrano per la prima volta che FoxO1 è regolato da HMGA1 a livello trascrizionale. Questi dati possono contribuire a chiarire i meccanismi di regolazione genica di FoxO1, nonché il ruolo di FoxO1 nel metabolismo glucidico.
L’ipoglicemia è capace di indurre alterazioni della conduzione cardiaca in soggetti normotolleranti
Contributo selezionato per comunicazione orale
Pelle MC, Ricchio M, Ruffo M, Tassone B, Scarpino P, Zaffina I, Tassone E, Cloro C, Perticone F, Arturi F
Università degli Studi “Magna Graecia”di Catanzaro
Diversi studi hanno evidenziato il ruolo pro-aritmico dell’ipoglicemia nei pazienti con diabete mellito. Scopo dello studio è stato di valutare se, in pazienti non diabetici, l’ipoglicemia potesse, “di per se”, determinare alterazioni della conduzione cardiaca. Sono stati arruolati, 126 soggetti normotolleranti (NGT) e senza precedenti disturbi del ritmo cardiaco. Tutti i soggetti sono stati sottoposti ad esami della funzione tiroidea, ECG di superficie e ecocardiogramma. Dopo 8 ore di digiuno, è stata effettuata la curva da carico orale di glucosio (OGTT) a 5 ore, con dosaggio della glicemia ad intervalli di 30 minuti. Contestualmente all’OGTT, è stato effettuato monitoraggio elettrocardiografico mediante HolterECG. L’OGTT veniva interrotto in seguito alla comparsa di segni e/o sintomi tipici dell’ipoglicemia e/o il riscontro di valori di glicemia capillare ≤60 mg/dL. Dei 126 soggetti arruolati, 22 sono stati esclusi perché presentavano diversi gradi di disglicemia. Nei 78 soggetti (57F/21M) che erano NGT, al basale e dopo 2 ore all’OGTT, e che presentavano ipoglicemia durante la curva, l’analisi ECGgrafica in corso di ipoglicemia, ha evidenziato un allungamento significativo del QTc (410±24 msec vs 452 ± 23 msec, p<0.0001), che perdurava fino a 30 minuti dopo il ritorno all’euglicemia. In corso di ipoglicemia si osservavano inoltre alterazioni del tratto ST, modificazione dell’onda T, presenza di TSV, extrasistolia atriale e un episodio di arresto sinusale. L’analisi dell’HRV non evidenziava in corso di ipoglicemia, rispetto al basale, modificazioni significative della componente a bassa frequenza (LF) (63.3±15.8 vs 66.6±12.7, p=0.1), mentre mostrava un aumento significativo della componente ad alta frequenza (HF) (23.9±9 vs 35.1±13, p<0.0001) con una modificazione significativa del rapporto LF/HF (2.64 ± 0.9 vs 1.95±1, p <0.0001). Nei 26 soggetti che non presentavano l’ipoglicemia in corso di OGTT non si osservavano modificazione del QTc o dell’HRV. In conclusione, i nostri dati sembrano indicare che anche nei soggetti normotolleranti, l’ipoglicemia è capace di indurre alterazioni della conduzione cardiaca e quindi avere un effetto pro-aritmico.
Ruolo causale di IGF-1 nella regolazione dei livelli di uricemia
Averta C, Fuoco A, Spiga R, Di Fatta C, Mancuso E, Mannino GC, Andreozzi F, Sesti G
Università degli Studi “Magna Graecia” di Catanzaro
Prove crescenti suggeriscono che bassi livelli plasmatici di IGF-1 sono associati a ridotta sensibilità insulinica, obesità, sindrome metabolica, alterata tolleranza al glucosio ed inoltre predicono lo sviluppo di diabete mellito di tipo 2 e patologie cardiovascolari. Studi condotti in soggetti sani evidenziano che l’infusione acuta di IGF-1 riduce i livelli plasmatici di AU e, recentemente, abbiamo dimostrato una significativa correlazione inversa tra i livelli plasmatici di IGF-1 e acido urico (AU), indipendentemente da età, sesso, BMI in una coorte di circa 2300 soggetti. Il principale regolatore dei livelli di AU è il rene, a livello del quale se ne realizza il trasporto bidirezionale (escrezione e riassorbimento). Tale funzione è ottenuta attraverso trasportatori apicali e basolaterali espressi nelle cellule del tubulo prossimale. Pertanto abbiamo indagatogli effetti di IGF1 sull’espressione dei trasportatori URAT1-SLC22A12 (solute carrier family 22 member 12), GLUT9 –SLC2A9 (solute carrier family 2 member 9), OAT4-SLC22A11 (solute carrier family 22 member 11), NPT1-SLC17A1 (solute carrier family 17 member 1), MRP4-ABCC4 (ATP binding cassette subfamily C member 4), and BCRP-ABCG2 (ATP binding cassette subfamily G member 2) mediante analisi Western blot e RT-PCR. Cellule HEK293 sono state esposte a concentrazioni crescenti di IGF-1 (1, 5, 10, 50 nM) per 24 ore e l’analisi dei dati mostrava un aumento significativo nell’espressione dei trasportatori implicati nell’escrezione di UA (BCRP, NPT1, MRP4) con un massimo effetto a 50nM di IGF-I, mentre nessun effetto veniva riportato sui trasportatori coinvolti nel riassorbimento di UA (URAT1, GLUT9, OAT4). Questi dati suggeriscono un nuovo ruolo per IGF-1 nella regolazione dei livelli plasmatici di AU, verosimilmente mediato dalla regolazione dell’espressione dei trasportatori di AU a livello del tubulo renale.
Empagliflozin migliora la funzione endoteliale rispetto agli attivatori incretinici nel diabete di tipo 2
Cutruzzolà A, Casciaro F , Oliverio R, Scavelli FB, Irace C
Università degli Studi “Magna Graecia” di Catanzaro
Gli inibitori del cotrasportatore SGLT2 o gliflozine (sodium-glucose transport protein 2) sono farmaci che agiscono inibendo il riassorbimento del glucosio a livello del tubulo contorto prossimale. Oltre agli effetti benefici sul controllo glicemico, le gliflozine riducono la mortalità cardiovascolare, l’ospedalizzazione per scompenso cardiaco e la nefropatia. L’effetto protettivo sulle complicanze del diabete sembrerebbe dipendere da meccanismi extraglicemici. La malattia aterosclerotica è lenta e progressiva e nelle fasi iniziali caratterizzata da alterazioni morfologiche e funzionali delle arterie. Scopo del nostro studio è stato quello di valutare l’effetto protettivo dell’empagliflozin sulla funzione endoteliale studiata con la tecnica FMD (Flow Mediated Dilation). Abbiamo reclutato in un disegno prospettico 35 soggetti con diabete di tipo 2, con HbA1c non a target e candidati all’utilizzo di farmaci attivatori delle incretine (liraglutide e sitagliptin) o SGLT2 come terapia aggiuntiva alla insulina con o senza metformina. I soggetti reclutati, 20 nel braccio con empagliflozin e 15 nel braccio con attivatore incretinico, sono stati studiati al tempo 0 e dopo 3 mesi di trattamento. In entrambi i gruppi si è ottenuta una riduzione significativa del valore di HbA1c e della glicemia a digiuno. La funzione endoteliale, valutata a livello dell’arteria brachiale misurando la percentuale di dilatazione in seguito ad ischemia, è risultata significativamente più alta dopo 3 mesi nei soggetti trattati con empagliflozin rispetto ai soggetti trattati con attivatore incretinico: empagliflozin FMD basale 4.8±4.4%, 3 mesi 7.2±6.4, p<0.05; attivatore incretinico basale 5.1±4.5%, 3 mesi 5.7±4.2%, p NS. Il risultato del presente studio per la prima volta dimostra un effetto benefico dell’empaglifozin su un marcatore precoce della aterosclerosi. Il risultato è in linea con quanto riportato in letteratura su outcomes clinici maggiori. Empagliflozin, potrebbe migliorare la funzione endoteliale grazie a modifiche emoreologiche quali aumento dell’ematocrito e della viscosità del sangue che aumenterebbero a loro volta la produzione ed il rilascio di sostanze vasodilatatorie.
Effetti del Glucagone sull’espressione epatica di markers infiammatori
Di Fatta C, Spiga R, Mancuso E, Fuoco A, Averta C, Mannino GC, Andreozzi F, Sesti G
Università degli Studi “Magna Graecia” di Catanzaro
L’insulino-resistenza e il diabete mellito di tipo 2 (DM2) sono associati ad uno stato infiammatorio di basso grado. L’iperglucagonemia contribuisce all’eziopatogenesi del DM2 ma il suo ruolo pro-infiammatorio non è noto. In un gruppo di 132 soggetti adulti non diabetici abbiamo osservato una correlazione tra livelli circolanti di glucagone (GCG) e markers infiammatori, quali componente 3 del complemento (C3, r=0.227, p=0.012), fibrinogeno (FGG, r=0.193, p=0.016) e proteina C-reattiva (hsCRP, r=0.230, p=0.006), dopo correzione per età e sesso. Lo scopo del nostro studio è stato valutare gli effetti del GCG sull’espressione genica epatica dei markers infiammatori C3, FGG e CRP ed analizzare il meccanismo molecolare che sottende la loro sintesi. Cellule di epatocarcinoma umano (HepG2) sono state trattate con dosi crescenti (0.05, 0.5, 1, 10, 100 nM) di GCG per 24h con un massimo effetto a 10 nM. Abbiamo misurato gli effetti del GCG sull’espressione genica di C3, FGG e CRP attraverso esperimenti di qRT-PCR. I risultati ottenuti dimostrano un aumento (p<0.05) dell’espressione genica di C3 (~4 volte), di FGG (~2.5 volte) e di CRP (~2 volte). Poiché è noto il ruolo chiave dell’attivazione dell’inflammasoma nella regolazione dei processi infiammatori, abbiamo valutato il clivaggio della procaspasi-1 a caspasi-1 mediante Western Blot come marcatore dell’attivazione dell’infiammazione. I risultati ottenuti dimostrano che il trattamento con il GCG induce un significativo aumento, fino a 2.5 volte, del clivaggio della procaspasi-1 a caspasi-1 in modo dose-dipendente. Questi dati preliminari suggeriscono che l’iperglucagonemia possa indurre uno stato infiammatorio stimolando la sintesi di molecole infiammatorie a livello epatico attraverso la via di attivazione dell’inflammasoma. Al fine di confermare il ruolo causale del GCG sull’espressione epatica dei markers infiammatori (C3, FGG e CRP), il prossimo obiettivo sarà quello di utilizzare uno specifico inibitore del recettore del GCG.
HDL e Apolipoproteina A-1 modulano i livelli di glucagone
Fuoco A, Mancuso E, Mannino GC, Di Fatta C, Averta C, Spiga R, Andreozzi F, Sesti G
Università degli Studi “Magna Graecia” di Catanzaro
Il pattern lipidico individuale ed i livelli di lipoproteine sono importanti predittori dell’insorgenza di diabete mellito di tipo 2. Diverse evidenze suggeriscono che HDL e ApolipoproteinaA1 (ApoA1) proteggono la funzione delle β-cellule pancreatiche. Tuttavia, i loro effetti sulle α-cellule restano ignoti. In una coorte di 130 soggetti non diabetici abbiamo osservato una correlazione inversa tra i livelli circolanti di glucagone (GCG) e di HDL (r=-0,29, p<0,01), corretta per età, sesso, fumo eBMI. Per stabilire se HDL e ApoA1 fossero in grado di regolare la sintesi e la secrezione diGCG, topi CD1 sono stati trattati con HDL e ApoA1, mostrando una riduzione del 30% dei livelli circolanti di GCG dopo stimolo ipoglicemico (p<0,001). Per chiarire il meccanismo molecolare attraverso cui si realizza tale effetto, cellule α murine (αTC1 cl.6) sono state pre-trattate con HDL 32μM o ApoA1 20μM per 24h e quindi stimolate con bassi livelli di glucosio (2mM). Lo stimolo ipoglicemico, determinava un aumento dell’espressione di GCG, che risultava invece ridotta a seguito della pre-incubazione con HDL e ApoA1 rispettivamente(40 e 47% vs controllo p<0.02). Poiché è noto che FoxO1 è in grado di attivare la trascrizione del gene del GCG, abbiamo valutato gli effetti di HDL e ApoA1su FoxO1 e del suo mediatore molecolare a monte, Akt. Il pretrattamento delle αTC1 con HDL e ApoA1, determinava un significativo aumento della fosforilazione di Akt, di FoxO1 e quindi della sintesi/secrezione di GCG che risultava bloccata in presenza di LY294002 e MA-VIII, inibitori specifici di PI3K ed Akt. È noto che ApoA1stimola la secrezione insulinica attraverso il recettore ABCA1, mentre HDL agisce tramite ABCG1. La riduzione dell’espressione di questi recettori, attraverso esperimenti consiRNA, dimostra che l’effetto inibitorio di ApoA1 è mediato da ABCA1, mentre quello di HDL richiede l’espressione di entrambi i recettori per raggiungere il massimo effetto. I dati suggeriscono un nuovo ruolo di HDL e ApoA1 sull’omeostasi glicidica, mediato dai loro effetti sulla funzione α-cellulare.
Espressione dei TLRs in pazienti con fattori di rischio cardiovascolari: correlazioni metaboliche
Perticone M, Pinto A, Cassano V, Zito R, Hribal ML, Sciacqua A, Sesti G, Perticone F
Università degli Studi “Magna Graecia” di Catanzaro
L’attivazione dei recettori Toll Like (TLR), oltre ad avere un ruolo cruciale nella risposta immunitaria innata, partecipa al mantenimento di uno stato infiammatorio immunomediato di basso grado, associato ad aumentato rischio cardiometabolico. È noto che l’infiammazione sistemica di basso grado è presente anche nell’ipertensione. Lo scopo di questo studio era di valutare l’espressione dei TLR2 e TLR4 e l’attivazione del fattore di trascrizione pro-infiammatorio NFkB in monociti circolanti di pazienti obesi, selezionati tra i partecipanti al Catanzaro Metabolic Risk Factor Study (CATAMERIS), per valutare se la presenza di ipertensione peggiorasse il loro profilo di rischio. Al reclutamento, i pazienti sono stati divisi in 4 gruppi: 16 controlli sani; 19 ipertesi non obesi; 21 obesi non ipertesi; 14 obesi e ipertesi. Tra i gruppi c’era una differenza significativa per i seguenti parametri: BMI (p<0.0001); pressione sistolica (p<0.046); glicemia al basale (p=0.015), a 1 ora (p<0.0001) e a 2 ore (p<0.0001) durante test orale di tolleranza al glucosio; insulinemia al basale (p=0.002), a 1 ora (p=0.001) e a 2 ore (p=0.007); indice HOMA (p=0.001); indice di MATSUDA (p<0.0001); livelli di acido urico (p=0.002); di hs-PCR (p=0.003); di colesterolo HDL (p=0.002) e LDL (p=0.048). Analizzando i valori medi di espressione dei TLR2 e TLR4 nei 4 gruppi, si è osservato un aumento significativo per entrambi i recettori (p<0.0001), che andava di pari passo con il peggioramento del profilo di rischio cardiometabolico nei primi tre gruppi (dai soggetti sani ad ipertesi ad obesi), al contrario il gruppo di obesi-ipertesi presentava valori medi comparabili con quelli osservati in soggetti con sola obesità. Per valutare gli effetti funzionali dell’ aumentata espressione dei TLR, è stata determinata l’attività di NFkB in 5 soggetti sani, 5 ipertesi, 7 obesi e 8 obesi-ipertesi; è stata osservata una tendenza non statisticamente significativa di aumento dell’attività nei soggetti obesi, indipendentemente dalla presenza di ipertensione. I dati di questo studio suggeriscono che la presenza di obesità sia il maggiore determinante del rischio cardiometabolico nei soggetti obesi.
Effetti della liraglutide sul declino cognitivo nei pazienti diabetici di tipo 2
Ricchio M, Pelle MC, Leo A, Palleria C, Citraro R, Labonia A, De Sarro G, Russo E, Arturi F
Università degli Studi “Magna Graecia” di Catanzaro
Nessuno dei farmaci antidiabetici attualmente in uso sembra avere un effetto protettivo sul declino cognitivo (DC) osservato nei pazienti con DM2. Gli agonisti del recettore del Glucagon-Like Peptide-1 (GLP-1) potrebbero rappresentare una valida alternativa terapeutica nella prevenzione delle comorbidità neurologiche. Infatti, in aggiunta agli effetti metabolici, il GLP-1 sembra essere coinvolto nell’apprendimento e nella neuroprotezione. Inoltre, in modelli animale, la Liraglutide si è dimostrata capace di prevenire il DC indotto dal diabete.
Scopo dello studio è stato di valutare gli effetti della Liraglutide sul DC in pazienti con DM2. Il DC è stato valutato mediante il Mini Mental State Examination test (MMSE), il Trail Making Test (TMT) e il test di fluenza verbale. Sono stati arruolati 40 pazienti diabetici in non ottimale compenso glicometabolico (HbA1c >7.5<8.5%; età 55-70 anni). Tutti erano in trattamento con metformina e/o glinidi e prima dell’introduzione della Liraglutide sono stati sottoposti al dosaggio della glicemia a digiuno, dell’HbA1c e della creatinina e ai test per la valutazione dello stato cognitivo. Gli stessi sono stati ripetuti dopo 1, 3, 6 e 12 mesi dall’introduzione della Liraglutide. Dei 40 pazienti arruolati, solo 32 (18M/14F) hanno completato i 6 mesi di trattamento. In questi pazienti, si è osservato una riduzione significativa della glicemia a digiuno (196 +34 vs 146+13 mg/dl, p<0.001) e dell’ HbA1c (8.3+0.6% vs 7.1+0.6%, p<0.001) e un miglioramento significativo del MMSE (24 vs 27, p<0.05 ) ma non dell’TMT e della fluenza verbale. Come gruppo controllo sono stati utilizzati pazienti di pari età in cui è stato intensificato il trattamento con la metformina e/o le glinidi per ottenere, tra i 2 gruppi, livelli sovrapponibili di HbA1c. Anche in questi pazienti, si è osservato una riduzione significativa della glicemia a digiuno (191+29 vs 150+20 mg/dl, p<0.001) e dell’ HbA1c (8.2+0.8% vs 7.4+0.8%, p<0.001) ma non del MMSE (22 vs 23, p=NS ). In conclusione, i nostri dati sembrano indicare che nei pazienti diabetici, a parità di compenso glicometabolico, la Liraglutide è capace di indurre un miglioramento del declino cognitivo.
Associazione tra livelli di TSH e Body Mass Index (BMI) in soggetti adulti eutiroidei
Ricchio M, Pelle MC, Tassone B, Zaffina I, Caroleo M, Rania M, Fazia G, Segura Garcia C, Arturi F
Università degli Studi “Magna Graeacia” di Catanzaro
Le alterazioni della funzione tiroidea sono associate a modificazioni del peso corporeo e del BMI. Pochi dati sono disponibili sulla relazione esistente tra valori di TSH nel range di normalità e obesità.
Scopo dello studio è stato di valutare la correlazione fra i valori di TSH e alcuni indici di obesità (BMI e peso corporeo) in soggetti adulti eutiroidei. Sono stati esaminati 524 soggetti (292 F e 232 M) afferiti all’ambulatorio di obesità dell’U.O.C. di Medicina Interna. Tutti i soggetti sono stati sottoposti a valutazione antropometrica, esami biochimici e studio della funzione tiroidea (FT4, FT3 e TSH). Sono stati inclusi nello studio solo i soggetti con normo-funzione tiroidea. I soggetti sono stati suddivisi in 2 gruppi: obesi (BMI >30 kg/m2, n=256) e non-obesi (BMI <30 kg/m2, n=268). Come atteso, i soggetti obesi presentavano, rispetto ai non-obesi, valori significativamente più elevati di BMI (p<0.001) e peso corporeo (p<0.001). Inoltre, i soggetti obesi presentavano, rispetto ai non-obesi, valori statisticamente più elevati di TSH (p<0.001) e ridotti di FT4 (p<0.01). Non c’erano differenze fra i 2 gruppi nei valori di FT3. L’analisi di regressione lineare ha evidenziato una correlazione positiva fra valori di TSH e BMI (r=0.115, p<0.004) e tra valori di TSH e peso corporeo (r=0.241, p<0.001). Viceversa, si osservava una correlazione negativa fra valori di FT4 e BMI (r=-0.223, p<0.0001). Non c’era correlazione significativa fra FT4 e peso corporeo. I soggetti obesi sono stati stratificati in quartili in relazione ai livelli di TSH ed è stato osservato che i soggetti appartenenti al 4° quartile (livelli di TSH più alti) presentavano valori di BMI significativamente più elevati rispetto al 1° quartile (livelli di TSH più bassi). L’analisi di regressione logistica, ha evidenziato che i soggetti eutiroidei con valori di TSH nel 4° quartile presentavano un rischio maggiore di presentare elevati livelli di BMI, e quindi di obesità, rispetto a quelli appartenenti al 1° quartile (OR 1.97). In conclusione, i nostri dati sembrano indicare un’associazione positiva fra valori di TSH e BMI in soggetti adulti con normo-funzione tiroidea.
Effetti metabolici di ranolazina in pazienti normotolleranti con iperglicemia ad 1-ora durante OGTT
Sciacqua A, Perticone M, Cassano V, Miceli S, Bencardino G, Iannello A, Aiello V, Hribal ML, Sesti G, Perticone F
Università degli Studi “Magna Graecia” di Catanzaro
La ranolazina è un farmaco antianginoso per il quale recenti studi clinici hanno messo in evidenza la capacità di ridurre i livelli di HbA1c ed il rischio di iperglicemia in soggetti diabetici con angina cronica stabile (ACS). Vi sono evidenze crescenti che soggetti normotolleranti (NGT) ma con glicemia ad 1-ora dopo carico orale di glucosio (OGTT) >155 mg/dl (NGT>155), presentano un maggior rischio di sviluppare diabete di tipo 2 (DM2). Scopo del presente studio è stato di valutare la risposta glicometabolica e gli adattamenti cardiovascolari al test da sforzo in pazienti NGT>155, affetti da ACS per testare gli effetti metabolici del farmaco in una fase precoce di alterazione del metabolismo glucidico. A tal fine sono stati arruolati 40 pazienti (27 uomini e 13 donne) NGT>155 con ACS, sintomatici nonostante la terapia antiischemica. È stata quindi iniziata una terapia con ranolazina 375 mg bid, aumentata a 500 mg bid dopo 4 settimane, fino ad un dosaggio massimo di 750 mg bid, quando tollerato. Dopo 12 settimane di trattamento, i pazienti sono stati rivalutati sia mediante OGTT che attraverso test ergometrico. Al follow-up (FU), si è registrato un significativo miglioramento del profilo metabolico ed infiammatorio, con significativa riduzione delle aree sotto la curva (AUC) durante OGTT glicemica (295.6+46.2 al basale vs 248.7+30.2 al FU, p<0.0001), ed insulinemica (204.4+73.4 vs 160.9+30.9, p<0.0001), associata ad un miglioramento statisticamente significativo dell’indice di insulino-sensibilità Matsuda (38.1+10.9 vs 56.5+17.7, p<0.0001). Il miglioramento dei parametri metabolici si accompagnava ad un miglioramento della soglia ischemica (4.6±1.4 vs 8.0±1.2 minuti, p<0.0001) e del recupero cronotropo (21.2+8.2 vs 29.3+10.7, p<0.0001), che può essere probabilmente ascritto ad una migliore modulazione del tono simpatico. In conclusione, questi dati confermano i benefici cardiovascolari di ranolazina in pazienti con ACS e dimostrano un favorevole effetto metabolico, già in una fase precoce di alterazione del metabolismo glucidico, suggerendo un possibile ruolo di ranolazina nella prevenzione primaria del DM2, almeno nei pazienti cardiopatici ischemici.
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