Congresso Regionale Interassociativo AMD-SID-FTD Toscana, 12 dicembre 2015, Livorno

L’assistenza diabetologica in Toscana nel nuovo ordinamento sanitario regionale: criticità e prospettive

Per la prima volta in Toscana il Congresso Regionale AMD-SID si è allargato a tutte le componenti della diabetologia, interessando anche le organizzazioni dei pazienti (FDT), degli infermieri (OSDI) e dei diabetologi pediatri (SIEDP). Tutta la diabetologia Toscana a Livorno ha potuto confrontarsi sui progetti di indirizzo regionali per ridisegnare la rete diabetologica avviati dalla Regione Toscana dopo il recepimento del piano Nazionale Diabete. Questo anche alla luce della profonda trasformazione che sta interessando la sanità Toscana che è passata da 15 a sole 3 ASL.

Il Congresso Regionale SID-AMD, di cui pubblichiamo gli abstract presentati nella sezione: “Idee di valore: progetti, proposte ed esperienze dei centri e delle associazioni dei pazienti”, ha permesso ancora una volta di riunire la comunità diabetologica toscana al fine di confrontarci in merito alle ultime evidenze in campo diabetologico, clinico e terapeutico, ma soprattutto creare un costruttivo dibattito sui modelli organizzativi di assistenza a livello nazionale ed analizzare in che modo le competenze delle singole figure professionali possano condizionare positivamente i risultati in termini di salute. Anche quest’anno, è stata data la possibilità di far presentare a singoli ricercatori o ai vari team territoriali in maniera multidisciplinare (medici, infermieri, diabetologi e podologi) i risultati del loro lavoro. Al termine della discussione tutti i presentatori degli abstract sono stati “premiati”. Per il secondo anno consecutivo, l’assegnazione di tali “premi”, è stato quindi un esempio virtuoso dell’intento dei due direttivi regionali SID-AMD, di incentivare i giovani ricercatori o il personale dei team diabetologici territoriali ad intraprendere progetti di valore che nascano dai laboratori o in aree terapeutiche di rilevanza sociale.

Il Presidente Direttivo Regione Toscana AMD Dott. Graziano Di Cianni

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Abstracts

PERCORSO EDUCAZIONALE AVANZATO DI GRUPPO CON TEAM DIABETOLOGICO MULTIPROFESSIONALE SPECIALIZZATO RIVOLTO A SOGGETTI AFFETTI DA DIABETE MELLITO DI TIPO 1 IN TERAPIA CON MICROINFUSORE 

A. Cadirni, L. Ianni, K. Petrucci, S. Guizzotti, S. Fratini, M. Calabrese

UOSD Diabetologia, USL 4 Prato

La terapia insulinica mediante l’uso di microinfusore (CSII) nei diabetici di tipo 1 (DM1) spesso non è ancora completamente ottimizzata, soprattutto per la difficoltà di coordinare le diverse figure professionali del team diabetologico (medico, infermiere, dietista e psicologo), in spazi e tempi adeguati per ottenere dei percorsi completi ed efficaci. Al fine di creare uno spazio formativo, che diventi efficace, ma anche economicamente sostenibile, abbiamo pensato di creare dei gruppi di lavoro, di circa 8 soggetti ciascuno, affetti da DM1 in CSII, che percorrano degli steps educazionali con diverse figure professionali del team diabetologico. Ogni specialista avrà a disposizione 3 incontri di gruppo, per sviluppare le diverse tematiche. Il percorso con la dietista prevederà una parte teorica, relativa alla conoscenza dei carboidrati e degli strumenti per effettuare il conteggio e una parte pratica, con esercitazioni su alimenti e verifica delle competenze. Lo psicologo affronterà le principali problematiche legate alla patologia (mancata accettazione della patologia, sfiducia in se stessi, depressione ecc.). Gli incontri con l’infermiere avranno come scopo l’approfondimento delle conoscenze riguardo l’automonitoraggio e la gestione pratica della terapia insulinica (sito di iniezione, set infusionali). Infine, il medico affronterà il tema dell’utilizzo delle funzioni avanzate del microinfusore (basali temporanee, boli speciali, gestione del sensore per il monitoraggio in continuo della glicemia), attraverso anche esercitazioni pratiche relative a tematiche di interesse comune (gestione del microinfusore in condizioni particolari: mare, attività fisica, malattia ecc.).  L’obiettivo che ci prefiggeremo sarà quindi quello di cercare di ottenere un miglioramento degli outcome clinici e della qualità della vita dei pazienti affetti da DM1 in CSII.

Alterazioni posturali e limitata mobilità articolare in giovani pazienti con diabete

P. Francia1, R. Anichini2,M. Cammarata1, M. Gulisano1, A. De Bellis2, G. Seghieri3, A. Tedeschi2, S. Toni4

1Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica, Università di Firenze; 2Servizio di Diabetologia, USL 3 Spedali Riuniti, Pistoia; 3Agenzia della Salute Regionale Toscana; 4Servizio di Diabetologia, Ospedale Pediatrico Meyer, Firenze

I pazienti con diabete di tipo 1 (T1DM) possono sviluppare alterazioni del movimento tali da rappresentare un fattore di rischio per cadute e piede diabetico. Scopo dello studio è stato quello di valutare la presenza di anomalie posturali e funzionali precoci in giovani pazienti con T1DM in un’ottica di prevenzione del piede diabetico. In 6 pazienti con T1DM (3/3: m/f), età media 26,16±5,42 anni, durata media della malattia 9,2±3,8 anni, HbA1c media 7,3±0,63%, indice di massa corporea (BMI) 21,68±4,0 kg/m2, ed in 6 controlli non diabetici età-, sesso-, e BMI- confrontabili, sono state valutate: velocità del cammino (10 MWT), forza muscolare (VJ, SLJ), mobilità articolare (MA) della mano e caviglia (prayer sign, inclinometro) flessibilità ed equilibrio (sit and reach test, functional reach test, stabilometria), distribuzione delle pressioni plantari del piede (PP) in ortostatismo, postura sul piano sagittale (baropodometria, analisi di immagini). Un paziente è risultato positivo per il Pryer sign. La sola MA della caviglia in flessione plantare è risultata minore nei soggetti con T1DM rispetto ai controlli (29.2±4.9°: 37.6±3.3°; p< 0.01). Solo nei pazienti le PP relative all’avampiede erano inversamente correlate con la MA della caviglia in flessione plantare (r=-0.97; p<0.001). Sul piano sagittale l’inclinazione degli assi con origine a livello del centro del malleolo laterale e passante per il centro della testa della fibula o per il trago dell’orecchio omolaterale erano direttamente correlate in entrambi i gruppi indagati (con diabete: r=0.98; p<0.001 – controlli: r=0.91; p<0.001) e considerando insieme tutti i soggetti indagati (r=0.93; p<0.001). Considerando tutti i soggetti indagati le PP indagate a livello dell’avampiede raggiungevano una correlazione significativa con la sola inclinazione dell’asse passante per il trago (r=0.63; p<0.05). La MA della caviglia, in particolare in flessione plantare, può diminuire precocemente nei pazienti con T1DM. La semplice valutazione dell’inclinazione anteriore dell’asse longitudinale del corpo può essere un ulteriore test utile nel monitoraggio dei pazienti a rischio piede diabetico.

Stile di vita e cammino e in giovani pazienti con diabete mellito di tipo 1

P. Francia1, P. Barbara2, M. Gulisano1, L. Bocchi3, S. Toni2

1Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica, Università di Firenze; 2Servizio di Diabetologia, Ospedale Pediatrico Meyer, Firenze; 3Dipartimento dell’Ingegneria dell’Informazione, Università di Firenze

È noto come la capacità di compiere esercizio fisico oltre alla qualità e velocità del cammino, possano essere compromesse nei pazienti con diabete. Obiettivo di questo lavoro è stato quello di verificare la presenza di una ridotta capacità funzionale ed efficacia del cammino in giovani soggetti con diabete di tipo 1 (DM1). In 21 giovani soggetti con DM1: (M/F:14/7), età media 12.22±2.78 anni, BMI 19.34±4.17 kg/m2, durata della malattia 5.74±3.28 anni, Hba1c 7.32±0.81%, è stata valutata la velocità del cammino, la capacità di compiere esercizio fisico, e la forza muscolare mediante: 10 meter walk test (10MWT), 6 minute walk test (6MWT) e Sargent jump test (SJT). I risultati ottenuti sono stati confrontati con quelli di studi comparabili. Il gruppo dei soggetti indagati non ha evidenziato una differenza significativa della distanza percorsa nel 6MWT (720.66±70.01 m) rispetto a quanto riportato in letteratura scientifica anche quando i soggetti sono stati divisi in base al genere o all’età (9-11; 12-15; >15 anni). La distanza percorsa nel 6MWT è risultata correlata al risultato del SJT (27.84±9.50 cm; r=0.60, p<0.01) ed all’altezza dei soggetti valutati (152.31±12.69 cm; r=0.56, p<0.05) ma non con il peso, BMI, anni di malattia o valore della Hba1c. La velocità del cammino sui 10 metri (3.66±0.42 sec.) non è risultata significativamente diversa rispetto a quella riportata in studi comparabili e si è dimostrata inversamente correlata alla forza espressa nel SJT (r=-0.65, p<0.01). I risultati di questo studio pilota non evidenziano una diminuzione della capacità di compiere esercizio fisico, della velocità del cammino e della forza muscolare in giovani soggetti con DM1. Nella valutazione del singolo soggetto con diabete è consigliabile la verifica della presenza di uno stile di vita sedentario mediante il monitoraggio e lo studio per periodi sufficientemente lunghi dell’attività motoria giornaliera. L’analisi della distribuzione dell’attività fisica potrebbe rappresentare una valutazione di particolare importanza anche rispetto alla tipologia (intensità) e volume dell’esercizio compiuto abitualmente dai giovani pazienti.

ruolo della mobilità articolare nella valutazione e monitoraggio del paziente a rischio piede diabetico 

P. Francia1, G. Seghieri2, M. Gulisano1, A. De Bellis3, S. Toni4, A. Tedeschi3, R. Anichini3

1Dipartimento di Medicina Sperimentale e Clinica, Università di Firenze; 2Agenzia della Salute Regionale Toscana; 3Servizio di Diabetologia, USL 3 Spedali Riuniti, Pistoia; 4Servizio di Diabetologia, Ospedale Pediatrico Meyer, Firenze

Lo scopo di questo lavoro è stato quello di verificare se la valutazione della mobilità della caviglia (AJM) può essere utile nell’identificazione e monitoraggio dei pazienti con diabete a rischio di ulcera del piede (FU). La flessione plantare e dorsale del piede è stata valutata, usando un inclinometro, in 87 pazienti (54 tipo 2 e 33 tipo 1) ed in 35 controlli sani confrontabili per età e sesso. I pazienti con diabete sono stati seguiti per la diagnosi di FU negli 8 anni successivi alla valutazione iniziale e quindi suddivisi in: pazienti senza storia di FU (18 tipo 1 e 33 tipo 2), pazienti con storia di FU precedente alla valutazione iniziale (14 tipo 2) e pazienti con storia di primo evento di FU intercorso durante gli otto anni successivi alla valutazione iniziale (7 tipo 2). Invecchiamento e diabete causano una significativa riduzione della AJM della caviglia sia in flessione plantare che dorsale (p<0.001). Considerando l’effetto confondente dell’invecchiamento si evidenzia come il diabete agisca precocemente sulla flessione plantare (p<0.0001) per quindi interessare, all’aumentare della durata della malattia, la flessione dorsale (p<0.001). In particolare, AJM è risultata significativamente minore nei pazienti con storia di precedente ulcerazione rispetto agli altri gruppi (p<0.001). In 17 dei 22 soggetti con diabete e storia di FU (77.27%) la prima ulcerazione è stata riscontrata nel piede corrispondente alla caviglia con minore AJM. Il diabete e l’invecchiamento riducono la mobilità della caviglia anche se il diabete sembra agire precocemente sulla flessione plantare e conseguentemente su quella dorsale, mostrando quindi un’evoluzione diversa da quanto di norma causato dall’invecchiamento. La significativa riduzione della mobilità della caviglia è associata con una storia di FU. La valutazione della AJM rappresenta una valida ed affidabile scala di rischio per quanto riguarda l’individuazione ed il monitoraggio di pazienti con aumentato rischio di ulcera plantare.

Ipoglicemia reattiva dopo chirurgia bariatrica in pazienti affetti da diabete tipo 2

D. Guarino1, M. Seghieri1, E. Rebelou1, D. Colligiani1, S. Baldi1, R. Berta4, M. Anselmino4, E. Ferrannini1, M. Nannipieri

1Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, e Unità di Chirurgia Bariatrica, Azienda Ospedaliera Universitaria Pisana, Pisa

Introduzione e Scopo: l’ipoglicemia reattiva (H-R) è una nota complicanza post-bypass gastrico su ansa alla Roux (RYGB) in soggetti non-diabetici. Nel diabete tipo 2 (T2DM), il RYGB migliora il metabolismo del glucosio, ma non è noto se i meccanismi responsabili del miglioramento possano dar luogo ad H-R. Scopo dello studio è valutare la presenza di H-R in soggetti con T2DM ed eventualmente i meccanismi attraverso i quali si manifesta.

Materiali e Metodi: 32 soggetti obesi con T2DM in attesa di RYGB eseguivano OGTT a 5-ore, prima e 12-18 mesi dopo chirurgia. H-R era definita come glicemia ≤3,3 mM dopo OGTT, in assenza di ipoglicemizzanti orali. La sensibilità Insulinica era valutata con indice di Matsuda e la funzione ß-cellulare con il modello di deconvoluzione del C-peptide durante OGTT.

Risultati: H-R era presente in 10 di 32 soggetti dopo RYGB. Pre-chirurgia il BMI era più basso in H-R rispetto a No-H-R (42.8±6.4 vs 46.0±5.9 kg/m2, p=0.03). Pre-chirurgia la glicemia a digiuno era simile nei 2 gruppi, così come la glicemia media (11.0±2.1 vs 10.4±2.0 mM, p=ns), l’insulinemia media e la secrezione insulinica. Post-chirurgia, l’insulinemia media si riduceva similmente in entrambi i gruppi (p=0.003), mentre la secrezione insulinica non simodificava sostanzialmente. La sensibilità insulinica era migliore in H-R rispetto a No- H-R prima della chirurgia e dopo migliorava maggiormente in H-R (4.3±2.3 vs 9.0±3.1 e 2.8±1.1 vs 5.5±2.6 mL.min-1.m-2, p<0.0001 nel tempo, p=0.05 interazione). La sensibilità della ß-cellula al glucosio pre-chirurgia era simile nei 2 gruppi (29±22 vs 25±34 pmol.min-1.m-2.mM-1), ma dopo chirurgia aumentava maggiormente in H-R (82±49 vs 34±23 pmol.min-1.m-2.mM-1, p=0.0018 interazione). La clearance dell’insulina era simile prima dell’intervento nei due gruppi, ma dopo incrementava in H-R (p=0.004 interazione). Non si osservavano differenze nelle concentrazioni, di GLP1 e glucagone a digiuno e durante il test, tra i due gruppi prima o dopo la chirurgia, mentre le concentrazioni di PYY prima dell’intervento erano più elevate in H-R rispetto a No- H-R (p=0.04). 

Conclusioni: una migliore sensibilità insulinica e più elevate concentrazioni di PYY a digiuno pre-chirurgia sono associate con un più elevato rischio di sviluppare ipoglicemia reattiva dopo RYGB in soggetti con T2D. Indipendentemente dalla remissione del diabete, un miglioramento della sensibilità ß-cellulare al glucosio in associazione con miglioramento della sensibilità insulinica sono responsabili dello sviluppo di ipoglicemia reattiva post-RYGB.

“FORSE NON SAI CHE…” CAMPAGNA DI SENSIBILIZZAZIONE CONTRO “IL DIABETE” A LIVORNO

E. Lacaria1, A. Benigni2, F. Pancani1, A. Turco1, P. Orsini1, C. Lencioni1, C. Nannipieri1, P. Lemmi1, S. Giuntoli1, S. Marconi1, G. Di Cianni1 

1UOC Diabetologia e Malattie Metaboliche ASL6 Livorno; 2Associazione per l’assistenza ai giovani ed adulti diabetici area livornese (A.G.D.A.L. – Livorno Onlus)

Il diabete è una delle patologie croniche a più ampia diffusione nel mondo e costituisce una delle più rilevanti e costose malattie sociali della nostra epoca. Dati italiani recenti riportano una prevalenza del diabete del 6,2% e si stima che il totale dei diabetici in Italia ammonti a circa 5,2 milioni, di cui 1,5 non diagnosticati. Il Comune di Livorno e l’ASL 6 hanno deciso di portare avanti la VI^ edizione della campagna di sensibilizzazione per la prevenzione del diabete, finalizzata a coinvolgere la popolazione nei confronti di questa crescente patologia cronica.

La campagna denominata “Forse non sai che…” è stata eseguita a Livorno durante il mese di novembre 2015, attraverso specifiche iniziative finalizzate a sensibilizzare la cittadinanza e a prevenire l’insorgenza della malattia promuovendo corretti stili di vita. Le iniziative promosse sono state molteplici, medici e personale infermieristico si sono recati nei centri sociali e nelle scuole, così come nelle farmacie, private e comunali, e al Mercato centrale. La campagna portata avanti dal personale dell’UOC Diabetologia di Livorno, dalle associazioni diabetici AGDAL Livorno Onlus e AGD, e dalle farmacie comunali e private della città, ha permesso ad oltre 2000 cittadini di effettuare gratuitamente la misurazione della glicemia. Come di consueto, sono stati messi in pratica appuntamenti in luoghi pubblici della città, organizzando stick glicemici gratuiti per la valutazione del rischio di diabete, misurazioni della PA, consegna di questionari conoscitivi circa le abitudini alimentari della popolazione, esibizioni e camminate pubbliche. In questo modo siamo riusciti a individuare una quota non indifferente d’individui a rischio (circa 10%) che sono stati quindi avviati ad uno screening del diabete attraverso determinazione della glicemia su plasma. Anche il dato relativo all’insoddisfacente controllo pressorio è apparso rilevante, coinvolgendo circa il 25% dei soggetti esaminati. In questa edizione abbiamo cercato di investire ogni ambito della città, avendo dato maggior spazio all’informazione, istituendo corsi rivolti ai pazienti e agli infermieri e promuovendo convegni sulla patologia diabetica e sulle sue complicanze. L’istituzione di una campagna di sensibilizzazione sul diabete ha permesso di stimolare nei cittadini livornesi la cultura della prevenzione del diabete, attraverso l’informazione sui rischi della malattia e sull’importanza di una corretta alimentazione e una regolare attività fisica. Questa lunga serie di eventi ha reso anche possibile identificare soggetti ad alto rischio di diabete e patologie metaboliche che sono stati prontamente avviati a specifici programmi di screening.

L’esperienza del Centro Trapianti di Pisa (AOUP): risultati a medio-lungo termine del trapianto di pancreas 

M. Occhipinti1, F. Vistoli2, G. Amorese2, P. Marchetti1, U. Boggi2

1Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, S.D. Endocrinologia e Metabolismo dei trapianti d’organo e cellulari, AOUP; 2Dipartimento di Ricerca Traslazionale e Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia, U.O. Chirurgia Generale e dei Trapianti, AOUP

Il trapianto di pancreas rappresenta un’opzione terapeutica di notevole interesse nel trattamento dei pazienti affetti da diabete mellito tipo 1 (DM1), essendo in grado di ripristinare una normale secrezione endogena di insulina, con effetti benefici sulle complicanze acute e croniche della malattia. Il delicato rapporto rischi/benefici rende necessario acquisire la maggior quantità possibile di informazioni circa i risultati a lungo termine associati a tale procedura. In questo studio riportiamo l’esperienza del centro trapianti dell’AOUP, tenendone in considerazione lo sviluppo nel corso degli anni. Il programma, iniziato nel 1996 con l’esecuzione del primo trapianto combinato rene-pancreas (SPK), dal 2000 ha introdotto il trapianto di pancreas isolato (PTA), dal 2001 il trapianto combinato di rene e pancreas con rene da donatore vivente (SPLK), dal 2002 il trapianti di pancreas dopo rene (PAK), e dal 2010 l’impiego di tecniche laparoscopiche robotiche. Complessivamente (novembre 2015) sono stati eseguiti 371 trapianti in 347 pazienti, selezionati secondo le indicazioni fornite da AMD e SID negli Standard di Cura. I trapianti eseguiti erano così suddivisi: 212 SPK, 28 SPLK, 100 PTA e 31 PAK. Il 34.5% dei trapianti combinati sono stati eseguiti in pazienti affetti da DM1 ed insufficienza renale terminale in fase pre-dialitica. In circa il 50% dei casi il trapianto è stato eseguito con derivazione enterico-portale delle secrezioni pancreatiche. La terapia antirigetto è consistita in una fase di induzione con basiliximab (circa 60%) o siero antilinfocitario (circa 40%), seguita da terapia cronica con tacrolimo (80%) o ciclosporina (20%), micofenolato alla dose terapeutica massima tollerata, e basse dosi di prednisone. Complessivamente la sopravvivenza attuariale del paziente a 5 e 10 anni è risultata >90%, e quella del pancreas >70%. In conclusione, i risultati che emergono da questo studio monocentrico mostrano una soddisfacente sopravvivenza a medio-lungo termine dei pazienti e degli organi trapiantati, tali da confortare circa la buona efficacia e tollerabilità di queste procedure.

GDM: l’esperienza dell’ambulatorio multidisciplinare nella UOSD Diabetologia USL 4 Prato

M. Calabrese, L. Ianni, K-M. Petrucci, S. Guizzotti

UOSD Diabetologia, Azienda Usl 4 Prato

Il GDM rappresenta l’alterazione metabolica più frequente in gravidanza. Sulla base dei dati epidemiologici nazionali ed europei si stima che ca il 6-7 % di tutte le gravidanze è complicata da diabete. In Italia si stima una prevalenza di ca 40.000 casi /anno di GDM e di ca 1500 casi/anno di diabete pregestazionale. Il fenomeno è in ulteriore crescita di pari passo ai fattori di rischio nella popolazione generale come l’aumento dell’età materna, la prevalenza di obesità nelle donne in età fertile e l’incremento di donne immigrate da paesi che hanno una più alta prevalenza di DM2 come il sud-est asiatico ed il nord africa. Quest’ultimo punto interessa in modo particolare la USL 4 Prato.

Prato ha una popolazione è costituita dal 17,82% da stranieri con alto tasso di natalità, di questi il 46,55 % sono cinesi. Questa peculiarità demografica si riflette anche nella nostra realtà diabetologica e in particolare nell’organizzazione del percorso del GDM. Analizzando il paese di provenienza delle gestanti afferenti al nostro ambulatorio GDM per tutto l’anno 2014 ed il 1° semestre 2015 è emerso che: il 52 % è rappresentato da italiane ed il 46% da straniere. Le gravide extracomuni hanno un accesso tardivo ai servizi, hanno difficoltà a seguire un corretto regime alimentare e in misura maggiore rispetto alle gravide italiane fanno ricorso all’insulina. Alla luce dei numeri, per ottimizzare tempi e risorse umane sempre più scarsi, e allo stesso tempo garantire alle gestanti straniere un adeguato accesso alle cure alla pari delle gestanti italiane tenendo presente le esigenze che il servizio di mediazione linguistica aziendale ci impone abbiamo strutturato un ambulatorio “Prima Visita per GDM” multidisciplinare, costituito da medico, infermiere e dietista, in parte di gruppo, in parte individuale, con suddivisione dello spazio per le diverse etnie (cinesi/italiane/urdu/arabe) ed il supporto del mediatore linguistico-culturale.

Ambulatorio medico infermieristico per la gestione della persona affetta da claudicatio intermittens

M.R. Termine, M.C. Rossini, P. Pini infermiera

Dipartimento medico-chirurgico P.O. San Giovanni di Dio -S.O.C. di diabetologia e ambulatorio di chirurgia vascolare, Firenze

L’ambulatorio è stato aperto con l’obiettivo di produrre un cambiamento dello stile e della qualità di vita delle persone affette da claudicatio intermittens, dimostrando che l’esercizio fisico controllato riduce e/o ritarda l’intervento di rivascolarizzazione. Punto fondamentale è l’enpowerment, con l’avvio delle persone ad un programma di training basato sull’uso del podometro come strumento tangibile per stimolare e incoraggiare ad una attività fisica regolare. Abbiamo arruolato 20 persone di età compresa fra i 50-70 anni con un programma che prevede un periodo di esercizio fisico controllato per 16 settimane e un follow-up a 6 mesi per la verifica del mantenimento del risultato ottenuto. Il primo accesso all’ambulatorio prevede la compresenza di medico e infermiere e l’esecuzione di esami strumentali quali il treadmill per valutare la capacità di marcia, il doppler per rilevare l’indice di Winsor, l’ossimetria percutanea, l’ecodoppler degli arti inferiori, la somministrazione di un questionario specifico WIQ (walking impairment questionaire) per valutare la ripercussione della claudicatio sulla qualità di vita, consegna del podometro e foglio informativo con numero di telefono dedicato 6 ore per 6 giorni. L’infermiere settimanalmente contatta la persona per telefono, verifica il numero dei passi effettuati, incoraggia e suggerisce strategie da mettere in atto per il conseguimento dell’obbiettivo personale. Una volta al mese viene invitato in ambulatorio per eseguire il treadmill, il WIQ e condividere il risultato fino ad ora raggiunto. L’ambulatorio alla XVI settimana prevede la compresenza di un medico e un infermiere con le stesse modalità di svolgimento del I accesso. I risultati degli esami del I e dell’ultimo accesso vengono confrontati per una valutazione dell’outcome. Attualmente le persone che hanno terminato il programma sono 4, con una compliance del 75%. La valutazione finale evidenzia un miglioramento della qualità di vita del 75% non solo nella salute fisica ma anche psicosociale. I risultati del follow-up saranno disponibili da gennaio 2016.

Olivo Time… è tempo di muoversi

A. di Carlo, I. Casadidio, I. Cuccuru, P. Sacconi, P. Baroni, A. Bartelloni, V. Cassano, E. Del Bianco, I. Martinelli, M. Piacentini, C. Russo, L. Simoncini

Diabetologia e Malattie Metaboliche, Azienda USL 2 Lucca

Il diabete è una delle 3 emergenze sanitarie identificate dall’OMS insieme alla malaria e tubercolosi. Il numero dei diabetici è raddoppiato in tutto il mondo negli ultimi 20 anni passando da circa 150 milioni a più di 350 milioni e le stime prevedono oltre 600 milioni entro il 2030. In Italia i dati ARNO 2012, basati su prescrizioni farmaci antidiabetici, esenzioni ticket e diagnosi di diabete sulle SDO, indicano una prevalenza del diabete del 6.2% pari a 3.750.000 di diabetici. La sfida è difficile perché il diabete richiede un incessante e attivo coinvolgimento nella cura della malattia. È irrinunciabile che il paziente sia educato adeguatamente alla gestione della malattia e che i professionisti che lo curano stringano un’alleanza terapeutica. Per favorire il raggiungimento degli obiettivi è importante che le varie professionalità del Team Diabetologico istruiscano, educhino e motivino la persona affetta da diabete ad un importante trattamento non farmacologico quale l’attività fisica. La splendida città di Lucca, con le sue Mura, si offre come inimitabile scenario per fare movimento insieme. Il razionale di questa iniziativa è quello di sensibilizzare la popolazione lucchese affetta da diabete mellito, e non solo, sull’importanza che una corretta e costante attività fisica ha nel favorire e mantenere un ottimale controllo della glicemia e di tutti i fattori di rischio che concorrono a incrementare la mortalità e morbilità cardiovascolare. Inoltre, un’adeguata attività motoria nella popolazione anziana ha effetti benefici sulla psiche, favorendo ad esempio la socializzazione e contrasta la perdita progressiva di massa muscolare che limita l’attività quotidiana e favorisce l’isolamento e la solitudine. In concreto, ogni martedì alle ore 14:00 c’è l’Olivo Time, cioè la passeggiata lungo tutta la cinta muraria, partendo dall’olivo della Cittadella della Salute (oltre 5 km) con il Personale della Diabetologia di Lucca.

Caratteristiche cliniche dei pazienti ricoverati con ipoglicemia e diabete mellito

E. Salutini1, R. Miccoli1, C. Bianchi1, G. Penno1, S. Del Prato1

1Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, sezione di Malattie Metaboliche e Diabetologia, Università di Pisa

L’ipoglicemia in corso di ricovero ospedaliero è una condizione che può interessare soggetti diabetici e non in condizioni di fragilità. Lo scopo dello studio è di valutare le caratteristiche cliniche dei pazienti ricoverati presso l’AOUP nel 2012 in relazione alla presenza o assenza di ipoglicemia e diabete mellito (DM). Per raggiungere questo scopo abbiamo identificato i ricoveri ospedalieri nei quali fosse stata determinata almeno una glicemia plasmatica (GP). L’ipoglicemia è definita come il riscontro di ≥1 valore di GP≤60 mg/dl durante il ricovero. I dati presenti nella scheda di dimissione ospedaliera sono stati utilizzati per definire la prevalenza di DM, insufficienza cardiaca (IC), renale (IR) e sepsi. Abbiamo identificato 787 (3%) ricoveri associati ad ipoglicemia su 26329 ricoveri nell’anno 2012. Nel 11% dei casi era presente DM. I soggetti con DM erano più anziani dei soggetti non diabetici sia nel gruppo con ipoglicemia (76±15 vs 61±20 anni, p<0.0001) sia in quello senza ipoglicemia (70±13 vs 62±18 anni, p<0.0001). I soggetti diabetici con ipoglicemia erano più anziani di quelli senza ipoglicemia (76±15 vs 70±13 anni, p=0.042) mentre tra i soggetti non diabetici non vi erano differenze di età in funzione della presenza/assenza di ipoglicemia (62±18 vs 61±20 anni, p=0.6). I pazienti con DM erano più frequentemente affetti da IR rispetto ai non diabetici (24 vs 10%, p<0.0001). I soggetti con ipoglicemia presentavano più frequentemente diagnosi di IR rispetto ai soggetti senza ipoglicemia solo nel gruppo dei pazienti senza DM (10 vs 6%, p<0.001). L’IC era più frequente nei diabetici rispetto ai non diabetici (13 vs 6%, p<0.001). La sepsi era più frequente nei soggetti non diabetici con ipoglicemia rispetto a quelli senza ipoglicemia (1.6 vs 0.4%, p<0.0001). L’ipoglicemia è un evento che si presenta non di rado nel corso un ricovero ospedaliero e può frequentemente interessare anche soggetti non diabetici “fragili”. La messa a punto di un sistema di sorveglianza epidemiologica dell’ipoglicemia nei pazienti ospedalizzati e l’utilità di mettere in atto strategie per prevenire dell’ipoglicemia dovrebbero essere valutate in studi prospettici.

PREVENZIONE PRIMARIA NEI PAZIENTI DIABETICIO A RISCHIO DI ULCERAZIONE AL PIEDE

M. Sarzanini, F. Baccetti

SSD Diabetologia ASL 1 Massa e Carrara

Introduzione: il 15% dei pazienti diabetici nel corso della loro vita svilupperanno un’ulcera agli arti inferiori. È importante perciò individuare i pazienti a rischio di sviluppo di ulcera ed istruirli affinché ne evitino la comparsa. Il modulo Screening per il Piede Diabetico della cartella clinica computerizzata MyStar Connect della MeTeDa ci permette di individuare i pazienti a rischio. È noto come programmi educativi, meglio se interattivi, aiutino i pazienti a sviluppare e mantenere nel tempo le conoscenze per la prevenzione dell’ulcera.

Scopo: individuare un gruppo di pazienti ad elevato rischio di sviluppare ulcera al piede e suddividerlo in due gruppi; uno di controllo ed uno di trattamento attivo.

Materiali e Metodi: 40 pazienti ad elevato rischio di sviluppare ulcera al piede secondo il modulo Screening per il Piede Diabetico, da suddividere in due gruppi:

– Gruppo di controllo: promemoria cartaceo con le istruzioni per la cura e l’igiene del piede e della calzatura; istruzioni illustrate anche a voce.

– Gruppo di trattamento: come sopra. Inoltre i pazienti hanno seguito 3 incontri interattivi (Perché mi vengono le ulcere al piede?; Cosa posso fare per prevenirle?; Ricapitolando… ho capito tutto?).

Entrambi i gruppi saranno poi sottoposti a questionario per verificare il mantenimento nel tempo delle pratiche preventive a 6 e 12 mesi.

Risultati e Conclusioni: lo studio è ancora in corso di realizzazione ma ci aspettiamo, come in esperienze analoghe di altri centri, che i pazienti nel gruppo di trattamento abbiano una maggiore persistenza della conoscenza e della pratiche di prevenzione a 6 e 12 mesi. Se questo si tradurrà in minori ulcerazioni sarà valutato negli anni successivi. In caso di successo del trattamento è nostra intenzione proporre la metodica ai colleghi di medicina generale che attuano la sanità d’iniziativa.

ELEVATA PREVALENZA DI VASCULOPATIA IN UNA POPOLAZIONE DI PAZIENTI AFFETTI DA DIABETE MELLITO COMPLICATO DA LESIONI ULCERATIVE DEGLI ARTI INFERIORI DI GRADO MODERATO-SEVERO

A. Scatena1, F. Liistro2, G. Ventoruzzo3, D. Tacconi4, G. Bellandi3, L. Bolognese5, L. Ricci1

1S.C. Diabetologia, Ospedale San Donato Arezzo; 2S.S. Cardiologia Interventistica – Ospedale San Donato Arezzo; 3S.C. Chirurgia Vascolare – Ospedale San Donato Arezzo; 4S.C. Malattie Infettive, Ospedale San Donato Arezzo; 5Dipartimento Cardiovascolare e Neurologico, Ospedale San Donato Arezzo

Scopo: valutare la prevalenza di ischemia e gli outcomes in un gruppo di pazienti affetti da diabete mellito con lesioni ulcerative degli arti inferiori di grado severo (Texas University Classification³2).

Metodi: analisi dei pazienti afferiti all’Ambulatorio del Piede Diabetico dell’ASL 8 di Arezzo dal 1 gennaio 2013 al 31 dicembre 2014 con una nuova ulcera di grado Texas University Classification>1.

Risultati: 374 pazienti consecutivi (233 (62%) maschi e 141 (38%) femmine) con ulcera coinvolgente i tessuti profondi (tendini, capsule, articolazioni, ossa); l’età media è risultata pari a 73,75±11,01 anni. I fumatori attivi sono risultati 49 (13%) e gli ex fumatori 189 (50%). L’insufficienza renale cronica era presente in 162 (43%) dei pazienti. La lesione era presente da 38,1±29,26 giorni. Lo screening della neuropatia è risultato alterato in 338 (90%) pazienti. Un ABI patologico (<0,9 o calcifico) e/o un valore di ossimetria transcutanea <30 mmHg si è avuto in 236 (64%) pazienti. Le lesioni sono risultate 2B in 69 (18%) dei casi, 2D in 42 (12%) dei casi, 3B in 69 (18%) dei casi e 3D in 194 (52%) dei casi. Tra i pazienti appartenenti alle classi 2D e 3D, 204 (87%) sono stati sottoposti a rivascolarizzazione, dei quali solo 3 (0,8%) a by-pass; 32 (13%) ne sono stati esclusi per le condizioni generali o per infattibilità tecnica. La sede di PTA è risultata prossimale in 161 (47%) casi e distale in 184 (53%) e in 97 (48%) la PTA si è effettuata in più di una sede. Sono risultati guariti 348 (93%) pazienti con un tempo di guarigione di 141,86±89,01 giorni, 19 pazienti (5%) risultano ancora in corso di trattamento e 6 (1,6%) pazienti hanno subito un’amputazione maggiore. Al termine del follow-up 56 (15%) pazienti sono deceduti, prevalentemente per eventi cardiovascolari.

Conclusioni: la prevalenza di ischemia nelle lesioni ulcerative coinvolgenti i tessuti profondi è più elevata (64%) rispetto a quanto riportato in letteratura1 (50%) per la totalità delle lesioni ulcerative. La sua precoce diagnosi e terapia permette di migliorare gli outcomes e ridurre il tasso di amputazioni.

Bibliografia:

1. Prompers L. et al. Diabetologia 2007;50:18-25

CONSUMO DI FARMACI PER LA TERAPIA DEL DIABETE MELLITO IN BASE AL GENERE NELLA PROVINCIA DI AREZZO

A. Scatena, A. Ranchelli, I. Ragusa, L. Ricci

S.C. Diabetologia, Ospedale San Donato Arezzo

Scopo: i dati del Rapporto Nazionale sull’Uso dei Farmaci in Italia riferiti all’anno 2012 e dati della Regione Toscana mettono in evidenza alcune differenze nel consumo dei medicinali fra uomini e donne ma non così marcate per i farmaci per patologie del metabolismo, di cui abbiamo voluto valutare le caratteristiche nella nostra zona.

Metodi: dal 1 gennaio 2013 al 31 dicembre 2013 sono stati analizzati i dati relativi alle confezioni di farmaci prescritte.

Risultati: i dati ottenuti sono relativi a 18.103 pazienti, di cui 9026 (49,8%) femmine e 9077 (50,1%) maschi (p>0,01). Le confezioni di farmaci per diabete sono state 257.658. In base al genere, differenze significative (p<0,01) sono state trovate solo per: insuline ad azione intermedia utilizzate in 128 (41,5%) maschi vs 177 (57,5%) femmine; insuline premiscelate in 206 (42,5%) maschi vs 278 (57,4%) femmine; metformina+pioglitazone in 552 (60,4%) maschi vs 361 (39,5%) femmine; metformina+sitagliptin in 284 (57,8%) maschi vs 207 (42,15%) femmine; liraglutide in 51 (38,3%) maschi vs 82 (61,7%) femmine.

Andando poi a stratificare le fasce di età nei due sessi per consumo di farmaci, i maschi utilizzano significativamente più farmaci nel periodo che va dalla fascia di età 45-49 anni alla fascia di età 75-79 anni, mentre le femmine dalla fascia 75-79 anni in poi.

Discussione e Conclusioni: non vi sono disparità di genere nel numero cumulativo di pazienti che utilizzano farmaci per diabete. È da ipotizzare un minore consumo dei glitazoni nelle donne a causa del maggior rischio di fratture da fragilità ossea; la liraglutide è forse da ricondursi alla maggiore disponibilità ad accettare una terapia iniettiva per controllare il peso corporeo da parte delle donne; dall’analisi dei dati non emergono particolari indicazioni sulle motivazioni della preferenza degli altri farmaci. Come già valutato da altri studi, anche per quanto riguarda la terapia del diabete le femmine consumano un maggior numero di farmaci nelle fasi più avanzate della vita essendo più longeve.

Bibliografia

1. Rapporto Osmed 2012. “L’uso dei Farmaci in Italia”

2. Ricerca ARS “La salute di genere in Toscana”, Novembre 2013.

IMPACT OF PEDAL ARCH QUALITY ON TISSUE LOSS AND TIME TO HEALING IN DIABETIC PATIENTS WITH CRITICAL LIMB ISCHEMIA UNDERGONE ENDOVASCULAR REVASCULARIZATION

N. Troisi, G. Landini, S. Michelagnoli, F. Falciani, C. Baggiore per conto delle U.O. afferenti al percorso aziendale del piede diabetico

Centro Interdipartimentale Piede Diabetico, Azienda Sanitaria Firenze, Firenze

Introduzione: scopo di questo studio è stato quello di valutare l’impatto della qualità dell’arcata plantare sulla perdita di tessuto e sul tempo necessario per la guarigione nei pazienti diabetici con ischemia critica degli arti inferiori sottoposti a procedura di rivascolarizzazione per via endovascolare.

Materiali e Metodi: nel periodo compreso tra gennaio 2014 e giugno 2015 153 pazienti diabetici affetti da ischemia critica degli arti inferiori sono stati sottoposti presso il nostro centro a procedura di rivascolarizzazione per via endovascolare. L’angiografia finale del piede è stata utilizzata per dividere i pazienti in tre gruppi in riferimento alla qualità dell’arcata plantare: arcata plantare completa (APC), arcata plantare incompleta (API) e arcata plantare assente (APA). Il tempo necessario alla guarigione e i risultati stimati a 1 anno in termini di libertà da amputazione minore, salvataggio d’arto, e sopravvivenza sono stati analizzati e paragonati tra i tre gruppi.

Risultati: dopo la procedura endovascolare l’angiografia finale del piede ha mostrato una APC in 44 pazienti (28.8%), una API in 70 pazienti (45.8%) e una APA in 39 pazienti (25.5%). La guarigione dell’ulcera trofica entro 3 mesi dalla procedura è stata ottenuta in 22 pazienti con APC (50%), in 18 pazienti con API (25.7%) e in 7 pazienti con APA (17.9%) (P=.003). Non si sono registrate differenze a 1 anno in termini di libertà da amputazione minore tra i tre gruppi (APC 84.9% vs API 83.7% vs APA 73.6%, P=.33). Il tasso stimato a 1 anno di salvataggio d’arto è stato significativamente migliore nei pazienti con APC (100% APC vs 94.8% API vs 72.3% APA, P<.001). Infine, anche il tasso stimato a 1 anno di sopravvivenza è stato significativamente migliore nei pazienti con APC (91.7% APC vs 84.5% API vs 62.6% APA, P=.001).

Conclusioni: nella nostra esperienza la qualità dell’arcata plantare ha avuto un grande impatto positivo sul tempo necessario alla guarigione, sul salvataggio d’arto e sulla sopravvivenza in pazienti diabetici con ischemia critica degli arti inferiori sottoposti a procedura di rivascolarizzazione per via endovascolare. La presenza di una APC potrebbe essere considerato un fattore predittivo positivo di buoni risultati in pazienti diabetici con ischemia critica degli arti inferiori.

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