DOI: 10.30682/ildia1803i
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COMUNICAZIONI ORALI
L’ASSE eATP/P2X7R FACILITA L’INSORGENZA DEL DIABETE DI TIPO 1
Assi E1, D’Addio F1, Loretelli C1, Ben Nasr M1, Usuelli V1, Maestroni A1, Rocchio F1, Malvandi A1, Dassano A1, Abdelsalam A1, Ippolito E1, Letizia T1, Rossi C2, Solini A2, Corradi D3, Giani E4, Mameli C4, Bertuzzi F5, Folli F6, Di Virgilio F7, Zuccotti GV4, Fiorina P1,8
1Centro di Riferimento Internazionale per il T1D, Centro di Ricerca Pediatrica Romeo ed Enrica Invernizzi, Università di Milano; 2Dipartimento di Patologia chirurgica, medica, molecolare e dell’area critica, Università degli Studi di Pisa; 3Dipartimento di Patologia e Medicina di Laboratorio, Università degli Studi di Parma; 4Clinica pediatrica, Ospedale dei Bambini “Vittore Buzzi”, Milano; 5Diabetologia, ASST Grande Ospedale Metropolitano Niguarda, Milano; 6ASST Santi Paolo e Carlo, Università degli Studi di Milano; 7Dipartimento di Morfologia, Chirurgia e Medicina Sperimentale, Università degli Studi di Ferrara; 8Endocrinologia, Ospedale Fatebenefratelli, Milano
Introduzione e Razionale. L’ATP extracellulare (eATP) si lega al recettore purinergico P2X7R espresso su vari tipi cellulari. La nostra ipotesi è che ATP rilasciato dalle beta cellule pancreatiche, in seguito a insulti di diversa natura, attivi P2X7R espresso sui linfociti e possa rappresentare il primum movens nell’insorgenza di diabete di tipo 1 (T1D). Metodi e Risultati. Analizzando le coorti di pazienti del Genetics of Kidneys in Diabetes (GoKind, n=1705) e dell’Exome Sequencing Project (n=4300), abbiamo identificato due SNPs di P2X7R che si associano alla perdita di funzione del recettore con un effetto protettivo nello sviluppo del T1D. All’analisi citofluorimetrica, le cellule effettrici T CD8+ di pazienti con T1D di recente insorgenza, esprimono alti livelli di P2X7R rispetto a quanto osservato in soggetti non diabetici. In vitro, l’eATP misurato tramite bioluminescenza/fluorescenza, è rilasciato ad alti livelli sia dalle isole pancreatiche umane che da quelle murine in condizioni di alto glucosio (20 mM) e/o di infiammazione (IL-1beta+IFN-gamma), e P2X7R è up-regolato sulle cellule T CD8+. L’inibizione di P2X7R con oxidized-ATP, determina un’importante riduzione della risposta autoimmune mediata dalle cellule T CD8+ in vitro (Elispot) e ritarda l’insorgenza del diabete nei topi NOD in vivo. La proteina ricombinante sP2X7R da noi creata abolisce la risposta autoimmune delle cellule T CD8+ in vitro modificando il loro profilo metabolico (Seahorse metabolic profiling). Conclusione. In conclusione, l’attivazione del pathway eATP/P2X7R facilita l’insorgenza del T1D aumentando il pool di cellule T CD8+ autoreattive e quindi può rappresentare un nuovo target terapeutico nel trattamento del T1D.
METABOLISMO ENERGETICO NEI SOGGETTI OBESI METABOLICAMENTE SANI
Manzoni G1, Oltolini A1, Radaelli MG1, Perra S1, Parmeggiani P1, Villa M2, Muraca E1, Ciardullo S1,4, Pizzi M3, Castoldi G4, Lattuada G1, Pizzi P3, Perseghin G1,4
1Dipartimento di Medicina e Riabilitazione; 2Psicologia Clinica; 3Centro per lo Studio, la Ricerca e la Terapia dell’Obesità, Policlinico di Monza; 4Dipartimento di Medicina e Chirurgia, Università degli Studi di Milano Bicocca
Introduzione. Le caratteristiche metaboliche dei soggetti obesi metabolicamente sani (MHO) sono ancora largamente sconosciute. Scopo. Stabilire se soggetti MHO presentino un diverso pattern di adattamento del metabolismo energetico al sovrappeso rispetto a soggetti obesi con le tipiche complicanze metaboliche dell’insulino-resistenza (MUHO). Materiali e Metodi. Analisi retrospettiva di 302 pazienti non diabetici afferenti al nostro centro di chirurgia bariatrica dal Gennaio 2015 a Dicembre 2017 aventi BMI >40 kg/m2 oppure BMI >35 kg/m2 con almeno una complicanza dell’obesità (ipertensione arteriosa, sindrome apnee notturne, reflusso gastroesofageo, artropatia da carico). I pazienti sono stati classificati come MHO (n=75) se HOMA-IR <2.5 o come MUHO con HOMA-IR ≥2.5. In tali pazienti abbiamo determinato il metabolismo energetico a riposo (REE) mediante calorimetria indiretta e la composizione corporea mediante bioimpedenziometria (BIA). Risultati. I pazienti MHO sono risultati più giovani e con massa corporea inferiore ma paragonabili per composizione corporea (massa libera da grasso). I livelli di glicemia, HbA1c, trigliceridi, AST, ALT, GGT, acido urico e leucociti erano inferiori rispetto ai pazienti MUHO. Il quoziente respiratorio (RQ) dei pazienti MHO era più alto rispetto ai MUHO (0.90±0.14 vs 0.86±0.12; p<0.01) e il dispendio energetico era ridotto sia quando espresso come rapporto tra la REE misurata rispetto alla predetta secondo equazione di Harris-Benedict (89±10 vs 93±12%; p<0.01), sia come REE assoluta (29.3±3.4 vs 30.3±3.7 Kcal/kg FFM/die; p<0.05).Tale differenza era più pronunciata nei pazienti con BMI>40 kg/m2. Conclusioni. Gli individui MHO presentano una REE contratta rispetto ai pazienti MUHO e utilizzano prevalentemente carboidrati rispetto ai lipidi, supportando l’ipotesi secondo la quale si adattino alla condizioni di eccesso calorico prediligendo la sua ri-esterificazione piuttosto che un utilizzo ossidativo.
STUDIO DI FATTIBILITÀ DELLA STIMOLAZIONE MAGNETICA TRANSCRANICA ED APPROCCIO NUTRIZIONALE NEL CONTROLLO DEL PESO NEI PAZIENTI AFFETTI DA OBESITÀ E DIABETE
Taini S1, Ferrulli A2, Massarini S2, Luzi L2,3
1Dipartimento di Bioscienze, Università degli Studi di Milano; 2Area di Endocrinologia e Malattie Metaboliche, IRCCS Policlinico San Donato, San Donato Milanese (MI); 3Dipartimento di Scienze Biomediche per la Salute, Università degli Studi di Milano
La Stimolazione Magnetica Transcranica profonda (dTMS) è una tecnica di neuro-stimolazione in grado di determinare variazioni durature dell’eccitabilità corticale e promuovere il rilascio di dopamina a livello del “sistema della ricompensa”. Evidenze preliminari hanno mostrato l’efficacia della dTMS nel promuovere il calo ponderale in soggetti obesi. In considerazione dell’associazione tra obesità e diabete, è stato ipotizzato un ruolo della dTMS nel migliorare i parametri metabolici.
In questo studio, è stato valutato l’effetto della dTMS su peso, insulino-resistenza e compenso glicemico in una popolazione di soggetti con Alterata Glicemia a Digiuno (IFG) o Diabete mellito tipo 2 (DM2). Di 39 soggetti obesi, 13 soggetti affetti da obesità e IFG/DM2 (3 M, 10 F; età: 53.4±1.5, peso: 102.3±6.3, BMI: 37.2±1.3) sono stati arruolati in 3 gruppi destinati a ricevere 15 sessioni di dTMS (3 a settimana per 5 settimane) ad alta frequenza (18 Hz), bassa frequenza (1 Hz) o Sham. Il trattamento stimolava l’insula e la corteccia pre-frontale, bilateralmente. Peso e parametri metabolici sono stati valutati dopo 5 settimane di trattamento, e dopo 1 e 6 mesi di follow-up. Dopo 5 settimane, nel sottogruppo IFG/DM2 del gruppo 18 Hz è stata osservata una riduzione significativa del peso equiparabile a quella del sottogruppo NO-IFG/DM2 (-4.2±0.6% vs -4.1±0.8%, p=0.916; vs basale, p<0.01), persistente fino a 6 mesi (-6.1±1.8% vs basale, p<0.05). Nel sottogruppo IFG/DM2, dopo 5 settimane, è stata osservata una riduzione dei livelli di insulina (-38.1±12.0% vs basale, p=0.073; vs NO-IFG/DM2, p=0.05), dell’HOMA-IR (-39.9±12.6% vs basale, p=0.073; vs NO-IFG/DM2, p=0.05) e dell’emoglobina glicata (-8.1±2.3%, p=0.063 vs baseline; vs NO-IFG/DM2 p=0.63).
La dTMS ha favorito il calo ponderale anche nei soggetti affetti da IFG/DM2, e ha migliorato l’insulino-resistenza, costituendo un trattamento in grado di trattare simultaneamente l’obesità ed il diabete.
DIABETE GESTAZIONALE IN DIETA O INSULINA: TRATTAMENTI DIFFERENTI, UGUALI OUTCOMES?
Dodesini AR1, Ciriello E2, Corsi A1, Patanè L2, Frigerio L2, Trevisan R1
1U.O.C. Malattie Endocrine e Diabetologia, ASST Papa Giovanni XXIII, Bergamo; 2Ginecologia e Ostetricia, ASST Papa Giovanni XXIII, Bergamo
Studio osservazionale retrospettivo con lo scopo di confrontare gli esiti materno-fetali di donne con diabete gestazionale (GDM) in dieta (GDMd) o in terapia insulinica (GDMi).
Sono state valutate le cartelle di 645 donne (età media 34±5 anni, BMI 26.1±6 kg/m2) con GDM afferenti all’ambulatorio congiunto Diabetologia-Ostetricia dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo dal 2012 al 2016. Il 27% delle donne era in sovrappeso, il 23% obese. Nel 21% dei casi è stato necessario iniziare terapia insulinica.
Le donne con GDMi (prevalentemente non caucasiche, p<0.001) avevano un BMI pregravidico (28.6±6.7 vs 25.5±5.7 kg/m2, p<0.001), una storia di GDM precedente (p<0.01) e un numero di tagli cesarei (TC) pregressi maggiore rispetto alle donne con GDMd. All’OGTT la glicemia a digiuno ≥92 mg/dl era più frequente nelle donne con GDMi (54% vs 40%, p<0.002). Le donne con GDMi sono state maggiormente indotte (80% vs 53%, p<0.001) e hanno partorito ad un’epoca gestazionale più precoce (37+6 vs 38+5 sg, p<0.001), hanno avuto un’aumentata incidenza di TC in travaglio (18.5% vs 10%, p<0.001) e di neonati con peso >4000 g (6% vs 3%, ns). All’analisi multivariata il rischio di TC in travaglio è risultato raddoppiato nelle donne con GDMi (OR=1.97, 95% CI: 1.01-3.86), più che doppio nelle pazienti indotte (OR=2.68, 95% CI: 1.33-5.41) ma ridotto nelle pazienti in partoanalgesia (OR=0.44, 95% CI: 0.22-0.86). Il rischio di parto prematuro (<37 sg) nelle donne GDMi è risultato quasi triplicato (OR=2.87, 95% CI: 1.37-5.99). Gli esiti neonatali peripartum non sono risultati differenti nei 2 gruppi analizzati.
Le donne con glicemia a digiuno patologica (≥92 mg/dl) all’OGTT hanno maggior probabilità di iniziare insulina rispetto alle pazienti con OGTT positivo ma basale normale. Per le donne in trattamento con insulina risulta di molto aumentato il rischio di parto prematuro e TC in travaglio, mentre gli outcomes feto-neonatali non differiscono da quelli delle donne in dieta.
VALUTAZIONE FUNZIONALE ED ANATOMICA DELLA RETINA IN PAZIENTI CON DIABETE DI TIPO 1 SENZA RETINOPATIA DIABETICA: STUDIO CASO-CONTROLLO
Casaluci M1, Sacconi R1, Lamanna F1, Capone L1, Zerbini G2, Querques G1, Bandello F1
1Ospedale San Raffaele, Milano, Dipartimento di Oculistica; 2Ospedale San Raffaele, Milano, Istituto di Ricerca sul Diabete
Introduzione. La patogenesi della retinopatia diabetica non è ancora ben conosciuta: recenti studi hanno suggerito che il danno neurodegenerativo possa precedere le alterazioni microvascolari nei pazienti post pediatrici senza retinopatia diabetica (RD). Scopo. Valutazione funzionale ed anatomica della retina in pazienti post-pediatrici affetti da diabete mellito di tipo 1 senza segni di retinopatia diabetica. Materiali e Metodi. 34 occhi di 34 pazienti con diabete mellito di tipo 1 senza segni di RD sono stati analizzati e confrontati con quelli di 27 controlli sani (abbinati per età e sesso). Tutti i pazienti sono stati sottoposti a analisi della funzionalità vascolare tramite dynamic vessel analyzer (DVA), analisi morfologica tramite tomografia ottica a luce coerente (OCT), OCT angiografico (OCT-A), e valutazione della sensibilità retinica attraverso microperimetria. Risultati. Gli occhi dei diabetici hanno rivelato una densità vascolare significativamente ridotta del plesso capillare profondo rispetto agli occhi dei controlli (p=0.045), mentre non è stata trovata nessuna differenza significativa della densità vascolare del plesso capillare superficiale e della coriocapillare. Nessuna differenza significativa è stata trovata a livello della zona avascolare foveale. Non sono state trovate differenze nell’analisi dello spessore dello strato delle fibre nervose maculare e peripapillare, mentre i diabetici hanno rivelato un significativo aumento dello spessore dello strato delle cellule ganglionari nei quadranti superiore, inferiore e temporale del sottocampo di 6 mm di diametro rispetto ai controlli. Attraverso l’uso del DVA, gli occhi dei diabetici hanno rivelato una risposta vascolare alla stimolazione luminosa flicker ridotta in modo significativo rispetto agli occhi dei controlli (p=0.001 per la dilatazione arteriosa, p=0.004 per la dilatazione venosa). Nessuna differenza nella sensibilità retinica è stata evidenziata attraverso l’uso della microperimetria. Conclusioni. I nostri risultati dimostrano l’abilità dell’OCT-A di individuare alterazioni vascolari precoci in pazienti con diabete di tipo 1 senza segni di retinopatia diabetica e senza nessuna significativa compromissione della retina interna identificata tramite l’OCT. Inoltre, l’integrazione di nuovi strumenti diagnostici come DVA e microperimetria ha contribuito a suggerire che modificazioni microvascolari possano precedere il danno derivante dalla neuroretinopatia diabetica.
Monitoraggio glicemico a riposo e durante diverse sessioni di esercizio: analisi della concordanza tra determinazioni capillari e del glucosio interstiziale
Girelli A1, Bonfadini S1, Cimino E1, Ricagno E2, Ferraro OE3, Natalucci V4, Vandoni M1
1U.O di Diabetologia ASST Spedali Civili, Brescia; 2Laboratorio di Attività Motoria Adattata (LAMA), Dipartimento di Sanità Pubblica, Medicina Sperimentale e Forense, Università degli Studi di Pavia; 3Unità di Biostatistica ed Epidemiologia Clinica, Dipartimento di Sanità Pubblica, Medicina Sperimentale e Forense, Università degli Studi di Pavia; 4Dipartimento di Scienze Biomolecolari (DISB), Carlo Bo Università degli Studi di Urbino
Introduzione. L’accuratezza è un elemento fondamentale per un utilizzo efficace e sicuro del CGM. Segnalazioni della Letteratura suggeriscono che durante l’attività fisica ci possa essere un aumento della discordanza con i valori capillari. Scopo. Valutare la differenza tra valori del glucosio interstiziale e della glicemia capillare rilevati in condizioni di riposo e durante lo svolgimento di esercizio di diversa tipologia ed intensità. Materiali e Metodi. 20 pazienti affetti da diabete mellito tipo 1 hanno partecipato ad un corso residenziale per la formazione alla gestione dell’esercizio e della terapia insulinica intensiva. Tutti i pazienti utilizzavano sia un sistema per il monitoraggio in continuo sia un glucometro e durante le sessioni di attività un cardiofrequenzimetro. Le attività sono state di diverse intensità (bassa, da moderata a vigorosa, a soglia) e di durata variabile da 20’ fino a 6 ore. Le frequenze cardiache, i valori della glicemia capillare e del monitoraggio venivano raccolte da operatori prima, durante e dopo le sedute. Le variabili qualitative vengono riportate come percentuali e le variabili quantitative come media e deviazione standard. La concordanza tra le due misurazioni è stata testata utilizzando un metodo non parametrico (test di Kendall). Risultati. Tutti i soggetti (12/18M/F, età 46.4±13.5 anni) hanno completato le sessioni previste. In ogni sessione le misurazioni della glicemia capillari sono risultate concordanti con i valori rilevati dal sensore (p<0.05). Per valori di partenza superiori a 180mg/dl abbiamo riscontrato un maggior livello di discordanza sia con FGM che CGM. Conclusioni. La valutazione dei dati complessivi raccolti durante un’esperienza sul campo evidenzia una complessiva concordanza tra dati del monitoraggio e i valori della glicemia capillare ma una maggiore incongruenza per valori di glicemia maggiore. La rilevanza clinica di questa discordanza potrà essere stimata attraverso un’analisi del risultato differenziata per altre variabili coinvolte.
POSTER
ESITI DELLA TERAPIA CON RANIBIZUMAB INTRAVITREALE PER L’EDEMA MACULARE DIABETICO NELLA REALTÀ CLINICA DI UN CENTRO TERZIARIO ITALIANO
Arrigo A, Romano F, Sacchi R, Aragona E, Bandello F, Battaglia Parodi M
Dipartimento di Oculistica, IRCCS Ospedale San Raffaele, Università Vita-Salute, Milano
Introduzione. L’edema maculare diabetico (DME) deriva da alterazioni microvascolari retiniche che causano la fuoriuscita di costituenti plasmatici, con progressiva perdita della vista. Il trattamento si basa sulle iniezioni intravitreali di corticosteroidi o di farmaci anti-VEGF e laser al polo posteriore. Scopo. Lo scopo del nostro studio è stato quello di valutare la migliore acuità visiva corretta (BCVA) e lo spessore della retina centrale (CRT), con un anno di follow-up, nei pazienti trattati con Ranibizumab. Materiali e Metodi. Sono stati analizzati retrospettivamente 685 pazienti con diagnosi di DME, sottoposti a trattamento intravitreale con Ranibizumab nel periodo compreso tra gennaio 2013 e dicembre 2016. Lo schema di trattamento era PRN, con una loading phase di tre iniezioni di Ranibizumab 0.5 mg, successivi controlli mensili ed ulteriori iniezioni o trattamenti laser a discrezione del curante. Ciascun paziente è stato sottoposto a visita oculistica completa, misurazione della BCVA secondo tabella ETDRS, ed OCT strutturale. Risultati. 167 occhi di 128 pazienti (85 uomini; età media 63.4±11.8 anni) sono stati inclusi. 122 pazienti (93.3%) erano affetti da diabete mellito di tipo 2. Il 28,3% dei pazienti è stato sottoposto ad iniezioni in entrambi gli occhi. 53 occhi (31.7%) hanno ricevuto un trattamento laser concomitante. Ad un anno, si è riscontrato un significativo miglioramento, rispetto al baseline, sia della BCVA (66.71±16.59 contro 59.90±17.47 lettere) che del CRT (327.25±163.18 contro 459.84±148.27 µm) (entrambi i p<0.05), con un numero medio di iniezioni di 5.0±1.7. I pazienti con CRT basale<350 μm e con BCVA basale >20/32 hanno necessitato di un numero inferiore di iniezioni (p<0.05). Conclusioni. I nostri risultati sono paragonabili con quelli dei trial clinici in termini di miglioramento dei valori di BCVA e CRT, con però un numero inferiore di iniezioni intravitreali somministrate nel primo anno di terapia (RESTORE~7 contro 5.0 nel nostro studio).
FREQUENZA DELLE SCANSIONI E LIVELLO DI EMOGLOBINA GLICATA IN PAZIENTI CON DIABETE DI TIPO 1 CHE UTILIZZANO FLASH GLUCOSE MONITORING IN REAL LIFE
Laurenzi A1,2, Caretto A1,2, Barrasso M1, Bolla AM1,2, Zanardini A2, Molinari C1,2, Dozio N2, Meneghini E3, Bosi E1,2, Scavini M2
1Dipartimento di Medicina Interna a Indirizzo Endocrino-Metabolico, Istituto Scientifico San Raffaele, Milano; 2 Diabetes Research Institute, Istituto Scientifico San Raffaele, Milano; 3Ospedale Edoardo Bassini, Cinisello Balsamo (MI)
Introduzione. In pazienti con diabete di tipo 1 (T1D) è nota la relazione inversa tra numero di rilevazioni della glicemia capillare e livello di emoglobina glicata (HbA1c). Non è invece noto fino a quale numero di rilevazioni glicemiche si mantenga tale relazione. Scopo. Valutare la relazione tra numero di scansioni giornaliere della glicemia interstiziale e livello di HbA1c stimata in pazienti T1D che utilizzano il Flash Glucose Monitoring (FGM) in condizioni di real life. Materiali e Metodi. Dai dati d’uso del FGM di 2-4 settimane di 171 pazienti con T1D abbiamo registrato il valore di HbA1c stimata, calcolato la mediana del numero di scansioni giornaliere della glicemia interstiziale e studiato la correlazione tra queste due variabili. Abbiamo poi suddiviso i pazienti sulla base del quintile di scansioni giornaliere e confrontato i livelli di HbA1c stimata. Risultati. La relazione inversa tra mediana delle scansioni e livello di HbA1c stimata era significativa [Spearman rho -0.36 (p<0.0001)]. Andando dal primo al quinto quintile di scansioni giornaliere si osservava una progressiva riduzione dei livelli mediani di HbA1c stimata (test for trend, p<0.001). I livelli di HbA1c stimata erano significativamente più bassi nel terzo quintile di scansioni (9-12 scansioni/die) [54 mmol/mol (IQR 48-60)] rispetto al primo (0-5) [68 mmol/mol (62-78)] e secondo quintile (6-8) [60 mmol/mol (53-66)] (p<0.01), rimanendo poi costanti nel quarto (13-19) [57 mmol/mol (50-64)] e quinto quintile (>19) [52 mmol/mol (46 to 63)] (NS). Conclusioni. In pazienti con T1D in real life abbiamo confermato la correlazione inversa tra numero di scansioni giornaliere della glicemia interstiziale e HbA1c stimata. Il livello di HbA1c stimata più basso si osservava per 9-12 scansioni giornaliere, senza ulteriori effetti oltre 13 scansioni giornaliere.
L’USO DELL’ALGORITMO PREDICTIVE LOW GLUCOSE MANAGEMENT IN GRAVIDANZE DI DONNE CON DIABETE DI TIPO 1
Caretto A1, Dozio N2, Patti L1, Castiglioni MT3, Rosa S3, Cellai C1, Bosi E1,2, Scavini M2, Laurenzi A1
1Dipartimento di Medicina Interna a Indirizzo Endocrino-Metabolico, Istituto Scientifico San Raffaele, Milano; 2Diabetes Research Institute, Istituto Scientifico San Raffaele, Milano; 3Dipartimento di Ostetricia e Ginecologia, Istituto Scientifico San Raffaele, Milano
Introduzione. Nelle donne con diabete di tipo 1 (DMT1) in gravidanza è cruciale il mantenimento dell’euglicemia, ma un controllo glicemico stretto espone le donne ad un aumentato rischio di ipoglicemia. L’infusione sottocutanea continua di insulina (CSII) e il monitoraggio continuo del glucosio (CGM) possono migliorare gli esiti della gravidanza nelle donne con DMT1. Scopo. Studiare l’efficacia dell’algoritmo predittivo di gestione dei bassi valori glicemici (Predictive Low Glucose Management, PLGM) sulla prevenzione delle ipoglicemie nelle pazienti con DMT1 in gravidanza. Materiali e Metodi. Analisi retrospettiva dei dati di 7 donne gravide che hanno utilizzato il sistema MiniMed 640G e il software Carelink, seguite presso l’ambulatorio Diabete e Gravidanza dell’Ospedale San Raffaele nel periodo tra marzo 2017-marzo 2018. Risultati. L’utilizzo del CGM è passato dal 69% del tempo nel I trimestre al 90% nel III. Durante la gravidanza è stata registrata una frequenza mediana di 3,3 (2,5-4,4) attivazioni al giorno di PLGM per paziente. La percentuale di attivazioni PLGM che ha evitato glicemie <70 mg/dL a qualsiasi ora del giorno è stata del 71%, l’efficacia era maggiore quando la sospensione non era preceduta da un bolo nelle due ore precedenti (74% vs 68%, p<0,001). Il PLGM ha limitato il tempo mediano trascorso con glicemie <70 mg/dL al 3,9% (1.2-4.6) e con glicemie <55 mg/dL allo 0,7% (0.2-1.1). L’algoritmo ha evitato glicemie <55 mg/dL maggiormente nella fascia oraria notturna rispetto alla diurna (95% vs 92%, p=0.004). Il valore minimo mediano raggiunto dopo sospensione PLGM è stato 77,25 mg/dL e il valore mediamo massimo raggiunto dopo riattivazione della basale è stato 126 mg/dL. Conclusioni. Il sistema PLGM sembra essere efficace nel prevenire l’ipoglicemia e potrebbe essere uno strumento utile per migliorare in modo sicuro la terapia delle donne in gravidanza con diabete di tipo 1, in particolare quando l’ipoglicemia risulta da un eccesso di insulina basale.
Analisi dei parametri morfofunzionali retinici in pazienti con diabete di tipo 1 senza retinopatia diabetica dopo oltre 30 anni di malattia
Lamanna F1, Sacconi R1, Zerbini G2, Cascavilla M1, Leocani L3, Querques G1, Bandello F1
1Ospedale San Raffaele, Milano, Dipartimento di Oculistica; 2Ospedale San Raffaele, Milano, Istituto di Ricerca sul Diabete; 3Ospedale San Raffaele, Milano, Dipartimento di Neurofisiologia
Introduzione. Recenti studi clinici hanno mostrato che il diabete provoca precoci alterazioni morfologiche a livello retinico prima dell’esordio di una franca retinopatia diabetica in pazienti affetti da diabete mellito di tipo 1. Scopo. Analisi morfofunzionale retinica di un selezionato gruppo di pazienti affetti da diabete mellito di tipo 1 senza segni di retinopatia diabetica (RD) e complicanze micro/macrovascolari sistemiche dopo oltre 30 anni di malattia. Materiali e Metodi. 12 occhi di 12 pazienti con diabete mellito di tipo 1 senza segni di RD sono stati analizzati e confrontati con quelli di 12 controlli sani (abbinati per età e sesso). Tutti i pazienti sono stati sottoposti ad analisi della funzionalità vascolare tramite dynamic vessel analyzer (DVA), tomografia ottica a luce coerente (OCT), OCT angiografico (OCT-A) e valutazione della sensibilità retinica attraverso microperimetria. Risultati. Attraverso l’uso del DVA, gli occhi dei diabetici hanno rivelato una risposta vascolare alla stimolazione luminosa flicker ridotta in modo significativo rispetto agli occhi dei controlli (p=0.023 per la dilatazione arteriosa, p=0.005 per la dilatazione venosa). Nessuna differenza significativa tra diabetici e controlli è stata trovata analizzando i parametri morfologici all’OCT strutturale (spessore maculare centrale, spessore coroideale subfoveale, spessore strato delle cellule ganglionari e strato delle fibre nervose a 1,3 e 6 mm dalla fovea, e spessore dello strato delle fibre nervose parapapillari). Inoltre, non si sono apprezzate differenze statisticamente significative all’analisi quantitativa della dimensione della zona foveale avascolare e della densità vascolare sia nel plesso vascolare superficiale sia nel plesso vascolare profondo. Nessuna differenza nella sensibilità retinica è stata evidenziata attraverso l’uso della microperimetria. Conclusioni. I nostri risultati mostrano che, in pazienti con diabete di tipo 1 da oltre 30 anni senza segni di RD, non sono presenti alterazioni morfologiche a livello retinico sia nello spessore degli strati retinici, sia nella densità vascolare. Tuttavia, è presente una ridotta risposta di dilatazione vascolare allo stimolo luminoso.
RELAZIONE TRA TEMPO IN RANGE, EMOGLOBINA GLICATA E ALTRI INDICI DI VARIABILITÀ GLICEMICA NEL DIABETE MELLITO TIPO 1
Corsi A, Scaranna C, Bellante R, Dodesini AR, Lepore G, Trevisan R
U.O.C. Malattie Endocrine, Diabetologia, ASST Papa Giovanni XXIII Bergamo
Introduzione. La misurazione dell’emoglobina glicata (HbA1c) è il metodo tradizionale per la valutazione del compenso glicemico. Tale parametro non riflette le escursioni glicemiche intra- e inter-giornaliere. Il monitoraggio in continuo del glucosio (CGM) supera molti dei limiti della misurazione dell’HbA1c e dell’autocontrollo domiciliare della glicemia. Scopo. Abbiamo valutato le relazioni tra misura dell’HbA1c ed alcuni parametri ricavati dallo scarico dati di un sistema Flash Glucose Monitoring. Materiali e Metodi. Sono stati studiati 60 soggetti con diabete mellito tipo 1 (età 51,2±13,5 anni, genere: 26 M, 34 F, durata diabete 23,3±11,6 anni, tipo di trattamento: 43 MDI, 17 CSII). Sono state valutate le relazioni fra l’emoglobina glicata ed i seguenti parametri ottenuti dallo scarico dei dati glicemici degli ultimi due mesi da un sistema FGM (Freestyle Libre, Abbott): media, mediana, deviazione standard (DS), tempo in range, tempo al di sopra del range, tempo al di sotto del range, area sopra la curva, area sotto la curva.
Risultati
INDICI DI CORRELAZIONE |
||||||||
Media |
Mediana |
DS |
Tempo sopra range |
Tempo in range |
Tempo sotto range |
Area sopra la curva |
Area sotto la curva |
|
Mediana |
0,97 |
|||||||
DS |
0,65 |
0,50 |
||||||
Tempo sopra range |
0,87 |
0,82 |
0,66 |
|||||
Tempo in range |
-0,55 |
-0,49 |
-0,60 |
-0,79 |
||||
Tempo sotto range |
-0,70 |
-0,69 |
-0,31 |
-0,58 |
-0,05 |
|||
Area sopra la curva |
0,93 |
0,86 |
0,80 |
0,83 |
-0,68 |
-0,45 |
||
Area sotto la curva |
-0,66 |
-0,65 |
-0,32 |
-0.55 |
-0,05 |
0,99 |
-0,42 |
|
HbA1c |
0,77 |
0,71 |
0,57 |
0,70 |
-0,53 |
-0,42 |
0,74 |
-0,39 |
Conclusioni. Sono risultate significative correlazioni tra tutti i parametro di esposizione glicemica (media, mediana, HbA1c) tra di loro e con l’area sopra la curva e il tempo sopra il range. Altre significative correlazioni sono state riscontrate tra il dato del tempo in range, che è inversamente correlato con tempo sopra il range e tra il tempo sotto il range, che è inversamente correlato con la media.
PGE-2 espande le cellule staminali ematopoietiche regolatorie nel T1D
Loretelli C1, D’Addio F1, Ben Nasr M1, Maestroni A1, Malvandi AM1, Usuelli V1, Assi E1, Rocchio F1, Letizia T1, Abdelsalam A1, Ippolito E1, Mameli C2, Giani E2, Macedoni M2, Dassano A1, Paroni M3, Cannalire G4, Biasucci G4, Sala M5, Biffi A6, Zuccotti GV1,2, Fiorina P1,7
1Centro di Riferimento Internazionale per il T1D, Centro di Ricerca Pediatrica Romeo ed Enrica Invernizzi, Università di Milano, Dipartimento di Scienze Biomediche e Cliniche L. Sacco, Università di Milano; 2Clinica pediatrica, Ospedale dei Bambini “Vittore Buzzi”, Milano; 3Dipartimento di Bioscienze, Università degli Studi di Milano; 4Dipartimento di Pediatria e Neonatologia, Ospedale Guglielmo da Saliceto, Piacenza; 5Dipartimento di Pediatria, Ospedale Galmarini, Tradate (Varese); 6Gene Therapy Program, Dana-Farber/Boston Children’s Cancer and Blood Disorders Center, Boston, US and Harvard Medical School, Boston, MA, USA; 7Endocrinologia, Ospedale Fatebenefratelli, Milano
Introduzione e Razionale. Le cellule staminali ematopoietiche e progenitrici (HSPCs) sono cellule staminali multipotenti. Le HSPCs sono utilizzate come terapia in pazienti con neoplasie ematologiche e attualmente anche per altre condizioni patologiche. Le HSPCs hanno proprietà immunoregolatorie; questa scoperta ha portato a un loro utilizzo come approccio terapeutico per malattie autoimmuni. In effetti, l’utilizzo delle HSPCs nel trattamento del diabete di tipo 1 (T1D) ha mostrato risultati preliminari promettenti. Le HSPCs rimangono l’unica terapia che ha raggiunto un tasso di remissione soddisfacente (>50%) in soggetti con T1D all’esordio. Metodi e Risultati. La somministrazione di HSPCs autologhe associate ad un regime immunosoppressivo non mieloablativo in individui con T1D ha portato ad una normalizzazione dei valori di glicemia. I nostri dati mostrano da un lato che l’uso di HSPCs autologhe è in grado di migliorare la produzione di peptide C in individui con T1D e, dall’altro, che una modulazione ex-vivo delle HSPCs con PGE-2 aumenta le loro proprietà immunoregolatrici, incrementando l’espressione di PD-L1. Sorprendentemente, PGE-2 induce un up-regolazione anche di CXCR4; questo favorisce il trasferimento delle HSPCs verso le zone pancreatiche infiammate. Inoltre, in saggi autoimmuni murini e umani in vitro, le HSPCs modulate con PGE-2 annullano la risposta delle cellule T autoreattive. Conclusione. L’uso di HSPCs modulate con PGE-2 può rappresentare un nuovo trattamento per il diabete autoimmune.
MONITORAGGIO DELL’EFFICACIA E SICUREZZA DEL FLASH GLUCOSE MONITORING SYSTEM
Cimino E1, Agosti B1, Ardone V1, Bonfadini S1, Cimino A1, Girelli A1, Saullo M1, Rocca L1, Zarra E1, Piccini E, Turra V1, Vacchi S1, Marinoni T2, Valentini U1
1UOC Medicina Generale ad Indirizzo Metabolico Diabetologico; 2Servizio Unificato Protesica e Integrativa; ASST Spedali Civili Brescia
Introduzione. Il sistema di monitoraggio on demand Flash Glucose Monitoring (FGM) Libre è diventato di ampio utilizzo tra i pazienti in terapia insulinica intensiva. La Regione Lombardia con il decreto 7517 del 23/06/2017 ne ha definito le condizioni di rimborsabilità indicando la necessità di attuare percorsi educativi e di programmazione di controlli per la verifica dell’impatto sugli obiettivi metabolici. Da Settembre 2017 abbiamo perciò strutturato percorsi educativi ad hoc e un sistema di rilevamento dati clinici e di soddisfazione dei pazienti. Il monitoraggio degli outcomes glicemici e delle complicanze acute permette una prima valutazione in “real world” dell’efficacia e sicurezza del FGM. Scopo. Valutare l’andamento dell’HbA1c nella nostra casistica di pazienti affetti da diabete mellito tipo 1 e tipo 2 in terapia insulinica intensiva che hanno utilizzato in continuo il FGM e hanno completato il percorso educativo nel periodo 01/01/2018-30/06/2018. Materiali e Metodi. L’analisi retrospettiva è stata condotta estraendo i dati dalla cartella clinica informatizza in uso e utilizzando per l’analisi SPSS. Risultati. Al 30/06/2018 155 pazienti avevano completato i 6 mesi di utilizzo continuativo del sistema FGM e partecipato al corso educativo. Di questi 140 erano affetti da DM tipo 1 (90%), maschi (51.6%) con età media di 43,8±14.7 anni, in terapia multiinettiva (78%). La durata media di patologia era di 19,6±12,9 anni con una HbA1c (ultimo valore precedente all’inizio del FGM) di 7.9±1.34. Al controllo semestrale si osservava una riduzione statisticamente significativa dei valori di HbA1c (7.5±1.13 p<0,01). Nessuno dei pazienti ha presentato nel periodo di osservazione episodi ipoglicemici gravi o chetoacidosi. Conclusioni. L’ampia diffusione delle tecnologie necessita di un monitoraggio degli esiti clinici. Nella nostra casistica l’utilizzo del FGM sembra determinare un miglioramento clinico con riduzione della glicata già in un primo periodo di osservazione. Il continuo aggiornamento dei dati real world e la valutazione della soddisfazione del paziente saranno elementi fondamentali per valutare efficacia e sostenibilità nel tempo del FGM.
INSULINA DEGLUDEC E LIRAGLUTIDE IN ASSOCIAZIONE FISSA: UN CASO CLINICO ALLA LUCE DELLA SCHEDA TECNICA DEL FARMACO
Malagola C, Duratorre E, Gessi V, Donato C, Dedionigi C, Dentali F
ASST Settelaghi Varese, SC Medicina Interna Ospedale di Luino
Introduzione. La scheda tecnica ed il piano terapeutico AIFA del nuovo farmaco IDEGLIRA permettono una più ampia possibilità di prescrizione farmacologica per il diabete, superando i limiti imposti dal piano terapeutico delle incretine. Di fatto vengono autorizzati mix di più molecole, senza la rigida limitazione ad un massimo di 3 molecole, il valore di Hb glicata non è più una discriminante, viene autorizzata l’associazione di insulina, incretina e pioglitazone, precedentemente non prevista con il piano terapeutico delle incretine. Scopo. Valutare l’efficacia e la sicurezza di una terapia farmacologica centrata più sulla persona che sulle regole burocratiche. Materiali e Metodi. Viene presentato il caso clinico di una paziente obesa e con DM tipo 2 scompensato. La paziente non ha tollerato alcuni farmaci e, in virtù del valore di glicata >8,5%, ha dovuto sottoporsi alla terapia basal/bolus, unica prescrivibile. La commercializzazione di IDEGLIRA ed il superamento dei limiti prescrittivi ha permesso di trattare la paziente con dosi massime di Degludec e Liraglutide (50 UI di Degludec + 3 mg di Liraglutide). Risultati. La paziente, nel periodo di osservazione, ha perso 4 Kg di peso ed Hb glicata si è ridotta di 0,7 punti percentuali. Conclusioni. La scheda tecnica del nuovo farmaco di associazione Degludec/Liraglutide apre orizzonti inediti nella terapia del diabete di tipo 2, in quanto viene riconosciuta la validità (ed in alcuni casi la necessità) di terapia multifarmacologica del diabete, in linea con le più nuove conoscenze teoriche che considerano il diabete come risultante di più fenomeni patologici (il ben noto ottetto di DeFronzo), ai quali è quasi impossibile rispondere con l’utilizzo di un solo farmaco che agisce solo su uno degli aspetti della patologia. D’altro lato i recenti trial cardiovascolari ci hanno insegnato come nel diabete è importante non solo il dato numerico di Hb glicata (lo studio UKPDS ci aveva detto che ridurre la glicata non è garanzia statisticamente significativa di contestuale riduzione di rischio CV), ma acquista importanza la protezione CV, intesa come riduzione di IMA, Stroke, ospedalizzazioni per scompenso cardiaco, protezione renale, riduzione del peso corporeo e della PA (PA e danno renale sono due componenti fondamentali della sindrome cardiorenale). Lo studio LEADER sull’utilizzo di Liraglutide ci ha mostrato tutto questo, con significatività statistica raggiunta a prescindere dal valore di Hb glicata. La nostra paziente, con la terapia che sta seguendo, sta perdendo peso, ha migliorato il compenso glicemico, ha valori di PA più bassi: tutto lascia supporre che siamo sulla buona strada.
UN CASO DI MODY
Mantovani E
Ospedale C. Poma, Mantova, Dipartimento di Medicina, Struttura semplice di Diabetologia
Introduzione. Per Mody (acronimo di: Maturity onset diabetes of the young) si intende una forma monogenica di diabete a insorgenza in età giovanile che non necessita di terapia insulinica. Colpisce circa l’1-2% dei diabetici. Il Mody è caratterizzato da una ridotta secrezione insulinica senza evidente insulino-resistenza, assenza di autoimmunità, e da un’eredità autosomica dominante (ciò significa che la patologia si trasmette facilmente da una generazione all’altra). È causato da una mutazione di un punto o di una sequenza di un singolo gene con conseguente lieve alterazione della secrezione di insulina. Esistono almeno 10 forme diverse di Mody, ed è importante ricercarlo, in quanto riveste un importante valore terapeutico e prognostico, oltre a risultare importante per il management della gravidanza nelle donne. Comunque le alterazioni di sei differenti geni sono responsabili della maggior parte dei casi di Mody che quindi possono essere classificati in sei differenti varianti. I più frequenti sono il Mody 2 (glucochinasi), il Mody 1 (fattore epatico nucleare 4 alfa), e il Mody 3 (fattore epatico nucleare 1 alfa). Da sottolineare che il Mody 1 e il Mody 3 rispondono meglio alla terapia con sulfoniluree. Caso clinico. È venuto alla mia osservazione mesi fa un paz. di 54 anni (U.E.) di origini sarde, diabetico dall’età di 17, in terapia con ipoglicemizzanti orali. Familiarità francamente positiva (genitori diabetici, due fratelli diabetici). Il compenso glicometabolico era adeguato: HbA1c 49 m/mol. In terapia con glimepiride 2mg, e metformina1000 mg x 2. Il C-peptide era ottimo 3,6 nmol\L. Lo studio degli Ag. HLA dava DRB1 a bassa risoluzione. Ho anche eseguito lo screening anticorpale (anti -ICA, anti-GAD, anti-IA2, anti-ZnT8), tutti risultati negativi. Normopeso. Assumeva anche statina e aceinibitore. All’esame obiettivo nulla di rilevante. Valori pressori, profilo lipidico e funzionalità tiroidea nella norma. Il sospetto di Mody era abbastanza forte, per cui ho fatto eseguire lo studio genetico molecolare del paz. che ha confermato la mia ipotesi ed ho quindi mantenuto la terapia con ipoglicemizzanti orali. L’analisi del gene della glucochinasi (DNA estratto da sangue periferico) è stata eseguita presso il Reparto di Pediatria a indirizzo diabetologico dell’Università di Verona, diretta dal prof. Maffeis. Altre opzioni per arrivare ad una diagnosi precisa non sono state esaminate in quanto non considerate dirimenti (Urine C-peptide Creatinine ratio). Conclusioni. Considerata l’insorgenza del diabete in età giovanile, la negatività del pattern anticorpale, la spiccata incidenza familiare, l’analisi genetico molecolare del gene della glucochinai GCK (MODY 2) e il buon compenso glicometabolico mantenuto con ipoglicemizzanti orali, hanno permesso di porre diagnosi di MODY2.
CONTROLLO GLICEMICO IN REAL-LIFE IN PAZIENTI CON DIABETE MELLITO TIPO 2 TRATTATI CON IDEGLIRA
Groppelli G, Iadarola C, De Cata P, Ghilotti S, de Martinis L, De Cata P, Chiovato L
Unità di Medicina Interna ed Endocrinologia, ICS Maugeri I.R.C.C.S., Università degli Studi di Pavia
Introduzione. IDegLira, disponibile in Italia dall’inizio del 2018, è un’associazione di insulina Degludec e Liraglutide a singola somministrazione iniettiva giornaliera. Rappresenta una nuova alternativa all’introduzione dello schema basal bolus in pazienti in fallimento terapeutico in terapia combinata con insulina basale e ipoglicemizzanti orali. I risultati degli studi registrativi DUAL hanno dimostrato che il trattamento con IDegLira è efficace nel migliorare sensibilmente il controllo metabolico dei pazienti che non raggiungono adeguati target glicemici con la terapia con insulina basale. Scopo. Descrivere l’efficacia di IDegLira nella pratica clinica. Materiali e Metodi. Lo studio è stato condotto presso l’ambulatorio di Diabetologia dell’ICS Maugeri di Pavia. I dati sono stati raccolti nel periodo da gennaio 2018 a giugno 2018 durante la regolare attività ambulatoriale. Sono stati analizzati in maniera retrospettiva i dati di 44 pazienti di entrambi i sessi e di età compresa tra 42 e 84 anni a cui è stato prescritto IDeg/Lira. La maggior parte dei pazienti proveniva da una terapia con analogo basale+ipoglicemizzanti orali; in numero inferiore da basal bolus con basse dosi di analogo rapido. L’analisi statistica è stata condotta su tutti i pazienti e sulle sottopopolazioni in funzione della terapia al baseline. Risultati. Dei pazienti in terapia con analogo basale + ipoglicemizzanti orali, l’emoglobina glicata media al momento della prima prescrizione era 8,4%, dopo 3 mesi 7,5. In merito ai pazienti che prima della prescrizione di IdegLira erano in terapia basal bolus, si segnala che dopo 3 mesi in nessun caso si è osservato un aumento dell’emoglobina glicata. Conclusioni. Nella nostra pratica clinica, la terapia con IDegLira si è dimostrata efficace nel ridurre l’emoglobina glicata in pazienti che assumevano solo analogo lento e ugualmente efficace in pazienti che assumevano terapia basal bolus.
miR-21: POTENZIALE MARCATORE DI DANNO OSSIDATIVO NEI SOGGETTI IGT E T2D
La Sala L1, Mrakic-Sposta S2, Micheloni S1, Sangalli E1, Uccellatore AC3, Lupini S3, Specchia C4, Spinetti G1, De Candia P1, Genovese S1, Ceriello A1,5
1IRCCS MultiMedica, Milano; 2Università degli Studi di Milano; 3CNR, Milano; 4Università degli Studi di Brescia; 5IDIBAPS e CIBERDEM, Hospital Clinic, Barcelona, Spain
Introduzione. La ridotta tolleranza al glucosio (IGT) e il diabete di tipo 2 non diagnosticato (T2D) sono fattori di rischio per le complicanze cardiovascolari diabetiche. Recentemente, i microRNA stanno emergendo come potenziali marcatori di stati patologici. Nel contesto diabetico, il miR-21 è uno dei miRNA più studiati perché associato alle complicanze. Scopo. Lo scopo di questo lavoro è stato quello di esplorare il ruolo del miR-21 in un programma di prevenzione per il diabete su soggetti di controllo (CNT=26), prediabetici (IGT=26) e diabetici (T2D=26) non diagnosticati in precedenza. Inoltre, si è voluto valutare i suoi meccanismi in un modello cellulare di variabilità glicemica. Materiali e Metodi. Sulla base dei criteri ADA per 2hPG abbiamo selezionato i soggetti dello studio DIAPASON condotto all’IRCCS MultiMedica, valutando i livelli circolanti del miR-21, di HNE (un marcatore di stresso ossidativo) e SOD2, principale enzima antiossidante. Inoltre, le stesse valutazioni sono state condotte sul nostro modello di variabilità glicemica (VG). Risultati. Abbiamo osservato 1) un aumento del miR-21 e di HNE, e 2) una riduzione di SOD2 in IGT e T2D. In aggiunta, il miR-21 correla con i parametri glicemici e correla inversamente con la risposta antiossidante. Le curve ROC dimostrano un’alta accuratezza diagnostica del miR-21. In-vitro, le cellule endoteliali (EC) esposte a 5 mmol/L (NG), 5-25 mmol/L (OG) e 25 mmol/L (HG) di glucosio, mostrano un aumento del miR-21 associato a livelli altissimi di ROS, misurati con la risonanza paramagnetica elettronica (EPR). L’inibizione del miR-21 ha ripristinato la disfunzione mitocondriale (Δψm) e la risposta antiossidante difettosa, verificatesi durante le esposizioni al glucosio, e ha ridotto anche i livelli dei ROS. Conclusioni. Questi dati mostrano che il miR-21 può favorire una regolazione negativa dell’omeostasi dei ROS, e ci suggeriscono che il miR-21 può rappresentare il grado di danno indotto dall’iperglicemia.
DEFINIZIONE DI OBESITÀ METABOLICAMENTE SANA: CRITERIO FISIOPATOLOGICO O CLINICO?
Muraca E1, Perra S1, Oltolini A1, Manzoni G1, Castoldi G1,2, Ciardullo S1,2, Radaelli MG1, Lattuada G1, Perseghin G1,2
1Dipartimento di Medicina e Riabilitazione; 2Dipartimento di Medicina e Chirurgia, Università degli Studi di Milano Bicocca
Introduzione. L’obesità metabolicamente sana non ha una definizione univoca che raccolga il consenso generale: anche per questo i reports relativi sono spesso controversi. Rispetto alla fisiopatologia, gli individui obesi metabolicamente sani (MHO) si caratterizzano per normale sensibilità insulinica: perciò alcuni usano marcatori come HOMA-IR. In relazione alla clinica tali soggetti, a dispetto dell’obesità, non presentano le tipiche complicanze (iperglicemia, ipertensione, dislipidemia), per cui alcuni definiscono MHO i pazienti senza sindrome metabolica (SM). Scopo. Stabilire sensibilità e specificità del criterio SM rispetto a HOMA-IR nella definizione del paziente MHO. Materiali e Metodi. Analisi retrospettiva del database di pazienti afferenti al nostro centro di chirurgia bariatrica da 01/15 a 12/17. La popolazione è di 276 individui (età 43±11 anni, BMI 43±6 kg/m2) con acquisito sia HOMA-IR che i criteri diagnostici SM (NCEP ATPIII). Sono stati classificati come MHO i pazienti con HOMA-IR <2.5 e metabolicamente alterati (MUHO) con HOMA-IR ≥2.5 (definizione NHANES). I pazienti sono stati ri-classificati come MHO o MUHO secondo il criterio SM, sensibilità e specificità di tale definizione è stata stabilita rispetto a HOMA-IR. Risultati. I pazienti MHO secondo HOMA-IR sono 71 (20.5%), secondo il criterio SM 110 (29.9%). Nei 71 MHO secondo HOMA-IR la diagnosi, usando il criterio clinico, è discordante in 27, risultati positivi in presenza di normale insulino sensibilità (specificità=68%; CI: 95%±11%). Nei 205 MUHO secondo HOMA-IR, il criterio SM è discordante in 66, risultati negativi in presenza di insulino resistenza (sensibilità=68%; CI: 95%±6%). I pazienti mis-classificati presentano fenotipi intermedi. Conclusioni. Secondo i nostri dati la definizione MHO secondo criterio fisiopatologico (HOMA-IR) o clinico (SM) risulta discordante e più frequente utilizzando il criterio della diagnosi di sindrome metabolica, che dimostra bassa sensibilità e specificità quando confrontato a HOMA-IR.
L’INSULINO RESISTENZA È ASSOCIATA ALLA RESISTENZA ALLA CHIRURGIA BARIATRICA
Perra S1, Muraca E1, Oltolini A1, Manzoni G1, Radaelli MG1, Ciardullo S1,4, Villa M2, Castoldi G1,4, Lattuada G1, Pizzi M3, Pizzi P3, Perseghin G1,4
1Dipartimento di Medicina e Riabilitazione; 2Psicologia Clinica; 3Centro per lo Studio, la Ricerca e la Terapia dell’Obesità, Policlinico di Monza; 4Dipartimento di Medicina e Chirurgia, Università degli Studi di Milano Bicocca
Introduzione. La chirurgia bariatrica è un’opzione terapeutica efficace e durevole per individui con obesità severa e complicanze. Alcuni pazienti non ottengono riduzione ponderale o effetti metabolici attesi, suggerendo una condizione detta resistenza alla chirurgia bariatrica. Le cause non sono definite ma insulino-resistenza, iperglicemia e fitness metabolica pre-operatorie sono potenziali candidate. Scopo. Valutare associazione tra riduzione ponderale ottenuta a 6, 12 e 24 mesi dopo bendaggio gastrico (LAGB) in pazienti obesi non diabetici. Materiali e Metodi. Analisi retrospettiva di pazienti obesi dal Gennaio 2015 a Dicembre 2017. Popolazione di 84 individui (74% donne, età 44±12 anni, BMI 45±12 kg/m2) con misurazione di HOMA-IR, HbA1c, dispendio energetico a riposo (REE misurata con calorimetria indiretta), indici di livello di attività fisica al lavoro, tempo libero e sportiva (questionario) prima dell’intervento. I pazienti sono classificati come obesi metabolicamente sani (MHO; n=24) con HOMA-IR<2.5 o come obesi metabolicamente alterati (MUHO; n=60) con HOMA-IR ≥2.5. Risultati. La riduzione ponderale ottenuta da MHO e MUHO è del 10±6% vs 15±6% a 6 mesi (p<0.01), del 12±10% vs 19±9% (p<0.01) a 12 mesi e 16±12% vs 20±10% (p=ns) a 24 mesi rispettivamente. La riduzione ponderale correlava in modo direttamente proporzionale con HOMA-IR a 6, 12 e 24 mesi (r=0.27, r=0.36 e r=0.52 rispettivamente; p<0.03) e con la REE a 24 mesi (r=0.32; p<0.05). L’analisi multivariata individuava solo HOMA-IR come variabile indipendente associata a riduzione ponderale e quest’associazione era più robusta a 12 mesi dall’intervento (r=0.50; p<0.01). Non si osservava correlazione con HbA1c e indice di attività fisica (entrambe correlati con HOMA-IR). Conclusioni. I dati supportano l’ipotesi che l’insulino-resistenza influisca sulla riduzione ponderale dopo intervento di LAGB dimostrando che il beneficio maggiore è ottenuto fino ad 1 anno dall’intervento nei pazienti con grado di insulino-resistenza più severo.
ASSOCIAZIONE TRA OBESITÀ/DIABETE ED OSTEOPENIA/OSTEOPOROSI IN DONNE CON RECENTE RISCONTRO DI CARCINOMA MAMMARIO
Ciardullo S1,2, Manzoni G1, Oltolini A1, Radaelli MG1, Perra S1, Parmeggiani P1, Muraca E1, Castoldi G2, Lattuada G1, Perseghin G1,2
1Dipartimento di Medicina e Riabilitazione Policlinico di Monza; 2Dipartimento di Medicina e Chirurgia, Università degli Studi di Milano Bicocca
Introduzione. Recenti evidenze suggeriscono un ruolo di obesità e diabete nell’insorgenza di eventi fratturativi. In aggiunta obesità e diabete mellito sono fattori di rischio noti per lo sviluppo di carcinoma mammario e gli inibitori dell’aromatasi, utilizzati nel trattamento di questa neoplasia contribuiscono ad un aumentato rischio fratturativo, nonché di alterazioni metaboliche. Scopo. Scopo generale di questo studio è analizzare le caratteristiche delle pazienti affette da carcinoma mammario arruolate presso il nostro centro di diabetologia, al fine di valutare il loro rischio osseo, metabolico e cardiovascolare in relazione alla terapia ormonale intrapresa. Obiettivo specifico di questa analisi è quello di stabilire la prevalenza di osteoporosi in queste pazienti ed individuare una sua eventuale correlazione con i parametri metabolici. Materiali e Metodi. Analisi retrospettiva del database relativo a 154 pazienti affette da carcinoma mammario afferenti al nostro centro di diabetologia al momento della presa in carico. Le pazienti sono state definite affette da osteoporosi in base al dato anamnestico di assunzione di terapia specifica e/o sulla base di almeno un valore di T-score inferiore a -2,5 ds ottenuto mediante mineralometria ossea computerizzata (MOC). Sono state inoltre stratificate in tre gruppi: normopeso (n=67), sovrappeso (n=46) ed obese (n=41) sulla base dell’indice di massa corporea (BMI rispettivamente <25 kg/m2, 25-30 kg/m2 e >30 kg/m2). Risultati. I tre gruppi non differiscono per età (p=0.57), funzionalità renale (eGFR CKD, p=0.65), funzionalità tiroidea (TSH, p=0.11), calcemia (p=0.82) e livelli di vitamina 25-OH-D (p=0.89). Le pazienti normopeso presentano minore prevalenza di sindrome metabolica (p<0.05) e diabete (p=0.004) ed una maggiore prevalenza di osteoporosi (49.3%, 32.6%, 21.9%; p=0.013). Un’analisi condotta su un sottogruppo di 90 soggetti con valori di BMD attualmente disponibili ha mostrato nelle pazienti normopeso una significativa riduzione del T-score femorale in toto (-1.75±0.98) rispetto alle donne sovrappeso e obese (-1.49±0.87 e -1.09±1.10 rispettivamente, p<0.05), mentre la significatività non veniva raggiunta per il collo femorale e per vertebre lombari. Conclusioni. L’ispezione dei nostri dati conferma che in una popolazione di donne con recente diagnosi di carcinoma mammario che intraprendono la terapia con inibitori dell’aromatasi l’osteoporosi è più frequente nelle donne normopeso non-diabetiche che non in quelle sovrappeso/obese e/o diabetiche. Rimangono da chiarire i possibili meccanismi per mezzo dei quali obesità e diabete possano aumentare il rischio di fratture indipendentemente dai valori di BMD.
L’associazione Rosuvastatina/Ezetimibe garantisce il raggiungimento del target lipidico in pazienti con DMT2
Malagola C, Duratorre E, Gessi V, Donato C, Dedionigi C. Dentali F
ASST Settelaghi Varese, SC Medicina Interna Ospedale di Luino
Introduzione. La dislipidemia è un importante fattore indipendente di rischio CV e, nelle persone con diabete, ed assume un significato predittivo per cardiopatia ischemica più importante della stessa Hb glicata. Nel paziente con diabete, quindi, il trattamento della dislipidemia assume importanza fondamentale in quanto la coesistenza delle due condizioni amplifica il rischio CV. Il profilo lipidico del paziente diabetico si caratterizza per alti livelli di colesterolo totale, alti livelli di LDL, alti livelli di trigliceridi e bassi livelli di HDL. Considerati i livelli di colesterolo LDL e l’efficacia terapeutica di ogni singola statina è possibile, a priori, stabilire quale statina usare e a quale dosaggio. Il target lipidico da raggiungere nella popolazione diabetica è ambizioso, difficilmente raggiungibile con statine meno efficaci. Anche con le statine più potenti spesso è necessario aumentare la dose con il rischio di vedere insorgere effetti collaterali. L’associazione con Ezetimibe permette di amplificare l’efficacia delle statine senza dover aumentare la dose. A Luino abbiamo voluto provare l’associazione Rosuvastatina Ezetimibe in pazienti diabetici con rilevante dislipidemia. Scopo. Valutare l’efficacia dell’associazione Rosuvastatina Ezetimibe nella riduzione dei livelli di colesterolo e valutare la tollerabilità di questa associazione. Materiali e Metodi. Abbiamo aggiunto Ezetimibe 10 mg/die a 6 pazienti in terapia con Rosuvastatina 10mg/die, non a target per quanto riguarda Colesterolo Totale e Colesterolo LDL ed abbiamo rivalutato i pazienti dopo 6 settimane. Risultati. Abbiamo ottenuto riduzione del colesterolo totale del 35,31% dal valore di partenza e del 22,32% del valore ottenuto con la sola rosuvastatina. Il colesterolo LDL è diminuito del 41,97% rispetto al basale e del 34,26% rispetto alla sola rosuvastatina. Il target lipidico è stato raggiunto e nessuno dei pazienti ha riportato effetti collaterali. Conclusioni. I risultati ottenuti sono in linea con i dati in letteratura e con quanto atteso in base alla tabella di efficacia delle statine. L’aggiunta di Ezetimibe ha permesso di raggiungere il target di Colesterolo totale e Colesterolo LDL senza dover ricorrere a raddoppio della dose di Rosuvastatina. I pazienti non hanno riportato alcun effetto collaterale e la terapia è stata ben tollerata. Nella nostra esperienza Ezetimibe aggiunta alla terapia in atto, in alternativa al raddoppio della dose con statina, è una valida ipotesi da prendere in considerazione in pazienti con dislipidemia non a target, specie se in terapia con statine potenti per importante dislipidemia di partenza.
DIABETE E TRANSIZIONE: AUDIT IN UN CENTRO DI RIFERIMENTO LOMBARDO
Molinari C, Bonura C, Laurenzi A, Bolla AM, Caretto A, Meschi F, Rigamonti A, Frontino G, Bonfanti R, Dozio N, Bosi E, Scavini M
IRCCS Ospedale San Raffaele, Milano
Abbiamo identificato pazienti con T1D (n=194) o monogenico (n=2), passati dall’Ambulatorio di Pediatria a quello dell’Adulto (AmbuAdulti) della nostra struttura nel 2011-2016. Di questi l’80,6% ha effettuato almeno una visita presso l’AmbuAdulti (PASS+). I pazienti PASS- avevano HbA1c più alte (61,6±9,6 vs 58,4±9,0 mmol/mol, p=0,543) ed erano più frequentemente in MDI (84,2% vs 71,3%, p=0,15). Alla transizione il 26,1% dei pazienti PASS+ era in CSII.
Dei pazienti PASS+ abbiamo dati disponibili per il 92,3% dei pazienti. Il 9,6% dei pazienti PASS+ ha fatto una sola visita presso l’AmbuAdulti. Questi pazienti avevano HbA1c più alta rispetto a quelli che continuavano nel percorso (68±13,5 vs 58±10,7 mmol/mol, p=0,009).
Nel periodo 2012-2016 il tempo mediano tra ultima visita pediatrica e prima visita nell’AmbuAdulti era 189 giorni (IQR 123-298), simile tra sessi e maggiore nei pazienti in MDI rispetto a quelli in CSII (197 [IQR 131-348] vs 158 [IQR 111-241] giorni, p=0,06). In questo periodo il compenso glicemico non si è deteriorato (ultima HbA1c pediatrica 60±10,2 vs HbA1c all’arrivo in AmbuAdulti 59±11,7 mmol/mol), ma la maggioranza dei pazienti alla transizione ha HbA1c ≥53mmol/mol. Otto pazienti hanno effettuato visite in pediatria dopo il primo contatto con l’AmbuAdulti. Dopo la transizione 18 pazienti hanno iniziato CSII e 1 ha scelto di tornare a MDI. Nell’AmbuAdulti i pazienti in CSII avevano visite più frequenti rispetto ai pazienti in MDI (giorni tra visite 114 [IQR 93-145] vs 126 [IQR 99-187]), ma non significativamente (p=0,1), e valori di HbA1c sovrapponibili. Questo audit ha evidenziato che nella nostra struttura il passaggio dal diabetologo pediatra a quello dell’adulto ritiene ~80% dei pazienti, nonostante un tempo di attesa alla prima visita di ~6 mesi. La frequenza delle visite osservata nell’AmbuAdulti e l’inizio di terapia con CSII del 20% dei pazienti in MDI suggerisce un buon adattamento al cambiamento del team di cura specializzato nella transizione.
“PROMOZIONE DI UN CORRETTO STILE DI VITA E DELLA GIORNATA MONDIALE DEL DIABETE” PROGETTO DI ALTERNANZA SCUOLA LAVORO C/O UOS DIABETOLOGIA PO MONTICHIARI: UN’ESPERIENZA DI HEALTH LITERACY
Desenzani P1, Assanelli D2, Buccinotti V3, Gardoni R3, Engheben A4, Cotali M4, Mazzolari M4, Covri C4, Perillo R5, Corona E5, Ceccardi E5
1UOS Diabetologia; 2Servizio Medicina dello Sport; 3Direzione Amministrativa del PO Montichiari-ASST Spedali Civili Brescia; 4Liceo Scientifico (Progettuale) Don Milani Montichiari; 5ADPB -Sezione Nizzola Fernanda di Montichiari
Dal 2017 presso l’Unità Operativa Semplice di Diabetologia del Presidio Ospedaliero di Montichiari è attivo un progetto di alternanza scuola lavoro (ASL) per gli studenti del Liceo Scientifico (Progettuale) Don Milani di Montichiari. I professori d’accordo con il tutor esterno hanno elaborato un progetto dal titolo “Promozione di un corretto stile di vita e della Giornata Mondiale del Diabete (GMD)” che si articola sul triennio liceale (dal 3 al 5 anno). Sono previste delle lezioni frontali per far acquisire conoscenze di base riguardo al tema della sindrome metabolica, l’obesità, il diabete mellito e le sue complicanze, i principali parametri vitali ed antropometrici. Durante gli incontri che si svolgono presso i locali dell’Ambulatorio di Diabetologia, l’Aula Magna del PO di Montichiari gli studenti ricevono informazioni riguardo al concetto di salute, prevenzione primaria, dieta (con particolare attenzione a quella mediterranea), stile di vita e attività fisica strutturata. In particolare viene fornita la possibilità di assistere a sedute di fitness, che si svolgono, tre volte alla settimana c/o i locali della Fisiatria del PO di Montichiari, da parte di pazienti diabetici e/o con sdr metabolica che praticano attività fisica strutturata prescritta dal Medico Specialista dello Sport supervisionati da un Laureato in Scienze Motorie. Scopo dell’esperienza di ASL è anche quello di sapere cosa significhi poter lavorare in “team”: in particolare gli studenti esperimentano attività di “problem solving”, “team working” e “collaborative learning” imparando a conoscere il valore aggiunto di tale forma di operatività in particolare par la gestione delle patologie croniche. Il Team di Diabetologia coadiuvato dai volontari dell’Associazione Diabetici della Provincia di Brescia – Sezione di Montichiari “Nizzola Fernanda” promuove ogni anno lo svolgimento della GMD che quest’anno si svolgerà sia il 5 sia l’11 Novembre rispettivamente nelle piazze di Carpenedolo e di Montichiari. Pertanto i ragazzi, dopo aver seguito tale percorso formativo volto a conoscere le problematiche connesse all’epidemia diabete, vengono chiamati attivamente a contribuire alla progettazione e realizzazione della GMD: inviano email ai principali “stake holder” dell’iniziativa (Medici di medicina Generale del territorio, ADPB, Protezione Civile, Proloco, Uffici comunali competenti, Polizia municipale), realizzano articoli per la stampa locale, per i social ed organizzano eventi socio-culturali (serata d’informazione per la popolazione) volti a promuovere la stessa iniziativa.
Si ritiene che tale progetto di ASL possa rappresentare per i giovani alunni un’esperienza di Health Literacy (alfabetizzazione sanitaria) volta a perseguire, sin dalla giovane età, un corretto stile di vita quale arma fondamentale per la prevenzione della patologia diabetica.
CONTROLLO GLICEMICO E FARMACI NELLE DONNE IN ETÀ FERTILE CON DIABETE DI TIPO 2 IN INGHILTERRA
Gaudio M1,2, Dozio N2,3, Feher M1, Van Vlymen J1, Joy M1, Scavini M2,3, Hinton W1, De Lusignan S1,4
1Department of Clinical and Experimental Medicine, University of Surrey (UK); 2Università Vita-Salute San Raffaele, Milano; 3Diabetes Research Institute, San Raffaele Scientific Institute, Milano; 4Royal College of General Practitioners (RCGP) Research and Surveillance Centre (RSC), London (UK)
Introduzione. La pianificazione della gravidanza nelle donne con diabete è essenziale per la riduzione delle complicanze ostetriche e fetali. Le linee guida inglesi del National Institute for Health and Care Excellence (NICE) raccomandano l’uso di metodi contraccettivi in presenza di condizioni sfavorevoli per la gravidanza. Scopo. Descrivere il trend negli anni 2004-2017 del management glicemico nelle donne con diabete mellito di tipo 2 (DMT2) in età fertile. Metodi. Sono state identificate le donne con diagnosi di diabete mellito tra i 16 e 45 anni dal Royal College of General Practitioners (RCGP) Reaserch and Surveillance Centre (RSC), una rete sentinella che include circa 200 ambulatori di medicina generale in Inghilterra. Sono considerate condizioni sfavorevoli per la gravidanza non pianificata: HbA1c >7% e/o la prescrizione di farmaci per la terapia del DMT2 diversi da insulina o metformina. Viene considerata la prescrizione di contraccettivi orali combinati, dispositivi intrauterini o a base di solo progestinico come evidenza di programmazione. Per l’analisi dei dati è stata usata una statistica descrittiva. Risultati. Nel data base del RCGP RSC vi sono 316.461 donne in età fertile nel 2004 e 465.898 nel 2017. Tra queste 3.218 (1%) con diagnosi di diabete nel 2004 di cui il 61.5% con DMT2 e 6,657 (1.4%) nel 2017 di cui il 65.0% con DMT2. La proporzione di donne con HbA1c <7% è aumentata dal 21.7% (95% CI: 19.9%-23.5%) al 37.5% (95% CI: 36.1%-39.0%). Contemporaneamente, la prescrizione di farmaci diversi da insulina e metformina è aumentata dal 22.3% (95% CI: 20.5%-24.2%) al 27.3% (95% CI: 26.0%-28.6%). Indipendentemente dalle condizioni sfavorevoli per una gravidanza non pianificata, solo un quinto delle donne con DMT2 utilizza metodi contraccettivi. Conclusioni. Nonostante un miglioramento del controllo glicemico negli anni, le donne con DMT2 del RCGP RSC presentano condizioni potenzialmente sfavorevoli nel caso di una gravidanza non pianificata.
VALUTAZIONE DEL BURNOUT IN DIABETOLOGIA: UNO STRUMENTO PER MIGLIORARE COMPETENZE E STRATEGIE DEL TEAM?
Turra V, Cimino E, Bonfadini S, Cimino A, Girelli A, Rocca L, Zarra E, Piccini E, Vacchi S, Valentini U
ASST Spedali Civili di Brescia, Medicina Generale ad indirizzo metabolico diabetologico
Introduzione. Il burnout è una sindrome da esaurimento emotivo, da spersonalizzazione e riduzione delle capacità personali che può presentarsi in professionisti che si occupano della sofferenza delle persone sopratutto con malattia cronica. Nelle persone in burnout si osserva un rapido decadimento delle risorse psicofisiche ed un peggioramento delle prestazioni professionali; questo può avere una ripercussione negativa sulla relazione terapeutica e sugli esiti di cura nella persona con patologia cronica Scopo. Valutazione del livello di burnout in un team diabetologico dedicato (infermieri, dietista, medici) con analisi delle diverse componenti (depersonalizzazione, distacco emotivo, esaurimento emotivo e realizzazione personale) con obiettivo di costruire percorsi per l’implementazione delle competenze dell’operatore e l’apprendimento di strategie di gestione emotiva e relazionale nei diversi componenti del team. Materiali e Metodi. È stato somministrato all’equipe diabetologica del nostro centro (8 infermieri, 1 dietista, 7 medici) il Questionario MBI (Maslach Burnout Inventory-versione italiana), validato per la valutazione del burnout. Il questionario è stato analizzato dalla psicoterapeuta del team che, partendo dall’analisi dei bisogni/aree di miglioramento emerse, ha realizzato negli 8 mesi successivi 3 incontri di equipe di 2 ore ciascuno su tematiche quali intelligenza emotiva, riconoscimento/gestione delle emozioni e comunicazione medico/paziente. Al termine del percorso, a tutta l’equipe è stato nuovamente proposto il questionario MBI. Risultati. Sono stati compilati il 100% dei questionari nelle due somministrazioni dall’intero team. Sono emerse delle modifiche di riduzione dei valori tra le due somministrazione nei differenti criteri di esaurimento emotivo e depersonalizzazione. Rilevante risultava la presenza nella prima somministrazione di soggetti con alto esaurimento emotivo che risultava ridotto nella seconda somministrazione dopo incontri specifici sulla consapevolezza, comunicazione e intelligenza emotiva. Risulta elevato il valore medio di realizzazione personale nella seconda somministrazione. Conclusioni. La nostra esperienza ha evidenziato come la valutazione del livello di burnout del team sia uno strumento utile per creare percorsi ad hoc per l’apprendendo di nuove strategie di gestione emotiva e relazionale, utili a migliorare il benessere dell’operatore sanitario e la relazione di cura verso la persona con malattia cronica.
ADERENZA AI CRITERI DI SCREENING DEL DIABETE GESTAZIONALE: ANALISI DEI DATI 2012-2017
Sprio E1, Lovati E1, Lucotti PC1, Valvo B1, Dell’Aera D1, Manzoni F2, Beneventi B3, Di Sabatino A1
1Medicina Generale I; 2Serv. Epidemiologia Clinica e Biometria; 3Ostetricia, Ginecologia e Riproduzione Umana-Fondazione IRCCS Policlinico San Matteo Pavia, Università di Pavia
Introduzione. La diagnosi precoce e la corretta gestione del diabete gestazionale (GDM) giocano un importante ruolo nella riduzione del rischio di complicanze materno-fetali. Dal 2011 in Italia sono stati adottati i criteri di screening e diagnosi di GDM della International Association of Diabetes and Pregnancy Study Groups, che prevedono la somministrazione di curva da carico di glucosio 75g (OGTT) tra la 24a e la 28a settimana per le gestanti a medio rischio e tra la 16a e la 18a settimana nelle donne ad alto rischio. Scopo. Valutare la corretta applicazione dei criteri di screening e diagnosi di GDM in una coorte di 657 gestanti affette da GDM, afferite all’ambulatorio di secondo livello del nostro centro negli anni 2012-2017. Materiali e Metodi. Studio retrospettivo di coorte. Risultati. Solo la metà della popolazione a elevato rischio ha effettuato lo screening anticipato (117 su 219 donne ad elevato rischio). Tra i fattori di elevato rischio (obesità, glicemia a digiuno nel primo trimestre 100-125 mg/dl, pregresso GDM), l’obesità è quello maggiormente rappresentato (62% del campione). Tuttavia, riceve la minore attenzione nella prescrizione anticipata della OGTT: solo nel 48% delle donne con BMI ≥ 30 Kg/m2 e nel 70% delle donne con BMI ≥40 Kg/m2, mostrando una associazione significativa tra grado di obesità e screening anticipato (p <0.05). Al contrario, lo screening è stato correttamente anticipato nel 70% dei casi di elevata glicemia a digiuno nel primo trimestre (44 su 63) e nel 65% dei casi di pregresso GDM (42 su 65). Circa il 7% delle pazienti a rischio moderato ha effettuato OGTT oltre la 29a settimana, ritardando dunque le cure. Conclusioni. L’aderenza ai criteri internazionali mostra ancora alcune criticità, principalmente correlate al timing dello screening con la conseguenza di tardare la diagnosi e il trattamento rispetto all’optimum indicato dalle raccomandazioni internazionali, per cui la sensibilizzazione della classe ginecologica risulta fondamentale.
IL PROGETTO YOSID DIABETE E GRAVIDANZA
Bolla AM1, De Feudis G1, Succurro E1,2, Tumminia A1,2, Festa C2, Lencioni C2, Torlone E2, Scavini M2, Sasso FC1, Vitacolonna E2
1 YoSID; 2Gruppo di Studio AMD-SID Diabete e Gravidanza
Introduzione. Il diabete di tipo 1 (DM1) e di tipo 2 (DM2) aumentano il rischio di complicanze materne e fetali/neonatali. Nonostante l’evidenza dell’efficacia di un percorso di educazione e della pianificazione nel migliorare gli outcome, meno del 50% delle donne con DM programma la gravidanza. Scopo e Metodi. YoSID, in collaborazione con il GDS AMD-SID Diabete e Gravidanza, ha promosso un progetto di ricerca per: 1) documentare il livello delle conoscenze in tema di diabete e gravidanza nei professionisti del settore e nelle donne con DM in età fertile mediante questionari ad hoc autosomministrati; 2) preparare un progetto FAD su diabete e gravidanza per i componenti del team diabetologico e specifico materiale informativo per le donne con DM in età fertile; e 3) valutare a distanza l’effetto della formazione dei professionisti e dell’informazione delle pazienti sulle conoscenze relative alla gravidanza con diabete. Risultati. Vengono presentati i risultati preliminari del questionario anonimo rivolto ai professionisti del team diabetologico e compilato online. Nel periodo 16/11/2017-06/06/2018, n=390 professionisti (14% dei soci SID, 32% degli iscritti YoSID) hanno compilato il questionario (60% specialisti in Endocrinologia/Diabetologia/Medicina interna, 28% specializzandi, 6% area nutrizione, 2% biologi/biotecnologi), prevalentemente donne (72%), età mediana 36 anni (IQR 31-53), operanti prevalentemente in Lombardia (19%), Lazio (14%), Campania (11%). Il 59% degli specialisti riporta di essere stato formato su diabete e gravidanza durante la specializzazione, con percentuale maggiore per gli specializzati dopo il 2006 (78%). Il 60% degli specialisti che ha ricevuto training ha fatto formazione presso un ambulatorio dedicato diabete e gravidanza, il 70% esperienza supervisionata nella diagnosi/trattamento del diabete gestazionale, il 32% nel counselling preconcezionale. Nella professione attuale il 53% degli specialisti ritiene di avere una formazione buona/ottima su diabete e gravidanza, il 31% su diabete e contraccezione e il 38% su diabete e obesità. Tutti i partecipanti sono risultati consapevoli dell’importanza della programmazione della gravidanza e del rischio di macrosomia fetale per le donne con diabete. La tabella descrive le risposte ad alcune domande del questionario, considerando gli Specialisti che riportano di aver eseguito un training specifico (Specialisti Formati) o meno (Specialisti Non Formati).
Specialisti non formati |
Specialisti formati |
|
Identificazione dei rischi fetali di un inadeguato compenso glicemico preconcezionale (% risposte corrette) |
36 % |
44 % |
Identificazione dei rischi materni di un inadeguato compenso glicemico preconcezionale (% tutte risposte corrette) |
51 % |
55 % |
Identificazione dei rischi correlati a sovrappeso/obesità (% tutte risposte corrette) |
30 % |
39 % |
Prescriverebbe un contraccettivo orale a una donna con diabete (% risposte SI) |
53 % |
59 % |
Prescriverebbe un contraccettivo orale a una donna con diabete solo se in buon compenso metabolico (% risposte SI) |
43 % |
39 % |
Ritiene che alcuni farmaci frequentemente utilizzati nel diabete siano controindicati in gravidanza (% risposte SI) |
97 % |
97 % |
Seleziona correttamente tra i farmaci elencati quelli che possono essere utilizzati in gravidanza (% tutte risposte corrette) |
40 % |
42 % |
Conclusioni. Questi risultati preliminari evidenziano spazio per migliorare la formazione dei professionisti in area diabetologica in tema di diabete e gravidanza.
ASSOCIAZIONE DAPAGLIFOZIN/SAXAGLIPTIN NELLA TERAPIA DEL DIABETE 2: L’ESPERIENZA DI LUINO
Malagola C, Duratorre E, Gessi V, Donato C, Dedionigi C, Dentali F
ASST Settelaghi Varese, SC Medicina Interna Ospedale di Luino
Introduzione. Dapaglifozin è stato il primo ISGLT2 commercializzato in Italia. Gli ISGLT2 son una nuova classe di farmaci il cui effetto ipoglicemizzante si attua con l’inibizione del riassorbimento del glucosio a livello del tubulo prossimale In conseguenza di ciò il glucosio viene escreto nelle urine, riducendosi così la glicemia ed HbA1C. Recenti trials hanno evidenziato gli effetti benefici in tema di protezione cardiovascolare con questa classe di farmaci, effetti che si ottengono a prescindere dai livelli di HbA1C raggiunti. L’eliminazione urinaria di glucosio viene equilibrata dalla neoglucogenesi. Per ridurre ulteriormente i livelli glicemici c’è bisogno di insulina. Nelle persone con diabete, è dimostrato, la carenza dei livelli di insulina è secondaria alla ridotta produzione di GLP1. Gli inibitori DPPIV vicariano questa riduzione, prolungando il tempo di azione del GLP1 endogeno per blocco del processo di degradazione: più bassi livelli di GLP1 riescono ad avere effetto attivo sulla beta cellula per prolungato tempo di azione, grazie al blocco dell’enzima di degradazione. L’associazione I-SGLT2 plus I-DPPIV trova un suo razionale d’impiego, in quanto promuove la riduzione della glicemia in due mosse: da un lato inducendo eliminazione urinaria del glucosio e dall’altro promuovendo l’utilizzazione del glucosio da parte delle cellule grazie a livelli maggiori di insulina. A Luino abbiamo voluto provare questa associazione, utilizzando 2 molecole: Dapaglifozin e Saxagliptin, con o senza metformina e/o insulina basale. Scopo. Valutare l’efficacia e la tollerabilità dell’associazione Dapaglifozin plus Saxagliptin. Materiali e Metodi. Da Aprile a Giugno 2018 sono stati monitorizzati 14 pazienti di entrambi i sessi, in precedente terapia con Dapaglifozin in monoterapia o in associazione con metformina e/o insulina basale, ai quali è stato aggiunto Saxagliptin 5 mg/die in terapia. Risultati. Su 14 pazienti 12 hanno ottenuto riduzione di Hb glicata con miglioramento del compenso glicemico. 2 pazienti, invece, sono stati avviati a terapia insulinica basal7bolus per peggioramento del compenso glicemico. La riduzione media di Hb glicata in 3 mesi di osservazione è stata di 0,9 punti percentuali. Nessun paziente ha riportato effetti collaterali né ha avuto episodi di ipoglicemia. Conclusioni. L’attuale disponibilità di varie molecole antidiabetiche permette di articolare ed armonizzare la terapia sulle effettive necessità del paziente, attuando così il concetto di sartorialità, in modo che ogni paziente riceva il trattamento a lui più adatto Nella nostra esperienza, pazienti altrimenti candidati a tp insulinica basal-bolus sono stati trattati con successo, aggiungendo Saxagliptin al Dapaglifozin sia in duplice terapia sia in associazione con Metformina e/o Insulina basale. Purtroppo l’associazione Dapaglifozin+Saxagliptin non è ancora mutuabile in Italia, ma probabilmente lo diventerà nei prossimi mesi. Alla luce della nostra esperienza riteniamo auspicabile che vengano superate le attuali restrizioni prescrittive e che anche i Medici di MG possano iniziare a prescrivere farmaci i cui effetti benefici vanno oltre il mero risultato sulla HbA1C. Le più recenti linee guida SID-AMD sulla terapia del diabete hanno recepito l’importanza dei nuovi farmaci soprattutto per quanto riguarda gli effetti protettivi cardiovascolari, ma queste linee guida difficilmente potranno essere attuate in maniera diffusa, se il medico che per primo vede il paziente con diabete ha a disposizione solo sulfaniluree che, in tutte le linee guida mondiali, sono attualmente relegate in secondo piano tra le varie opzioni terapeutiche consigliate e realizzabili.
SEMPLIFICARE LA TERAPIA DEL DIABETE AIUTA L’ANZIANO FRAGILE E SEMPLIFICA L’ASSISTENZA
Malagola C, Duratorre E, Gessi V, Donato C, Dedionigi C, Dentali F
ASST Settelaghi Varese, SC Medicina Interna Ospedale di Luino
Introduzione. L’anziano fragile necessita di assistenza più o meno intensa, a seconda della sua riserva di autonomia. Un anziano non autonomo richiede una grande intensità di assistenza, che grava economicamente e organizzativamente sulla famiglia, ma anche sull’eventuale struttura di lunga degenza. È intuitivo, infatti, che anche una struttura sanitaria di lunga degenza deve disporre di un maggior numero di personale per far fronte alle esigenze degli ospiti, il che comporta aumento dei costi di gestione e aumentato rischio di malattia/infortunio del personale di assistenza. La presenza di pluripatologie rende difficile la gestione terapeutica dell’anziano fragile: la terapia polifarmacologica richiede attenzione ed i tanti farmaci utilizzati molto spesso contrastano tra di loro, perché ciò che è indicato per una patologia potrebbe non essere ideale per la presenza di altra complicanza. La terapia del diabete dell’anziano non autosufficiente generalmente è l’insulina, la cui gestione crea non poche difficoltà: la somministrazione ai pasti, l’incertezza del quantitativo di cibo che l’anziano realmente assumerà, la necessità di dover monitorare la terapia, il rischio di ipoglicemia. Capita molto spesso che anche la formulazione di insulina utilizzata non sia idonea, in quanto argomentazioni di tipo economico inducono a riservare formulazioni meno costose (ma anche più vecchie, meno efficaci e a maggior rischio ipoglicemico) a persone con ridotta aspettativa di vita. Conseguenza di tutto ciò è che spesso non si raggiungono obiettivi terapeutici efficaci. Del resto anche le linee guida tendono a riservare obiettivi meno stringenti di compenso glicemico alle persone con pluripatologie, indicando target di HbA1C di 8% o anche 9% (valori medi di glicemia da 180 a 210 mg/dl). Questi limiti sono dettati dalla paura delle ipoglicemie, ma non garantiscono prevenzione delle complicanze soprattutto infettive a cui viene esposto il paziente in iperglicemia.
La disponibilità di nuove molecole iniettive e di nuovi device può semplificare la terapia e permettere il raggiungimento di miglior compenso glicemico. Scopo. Valutare l’efficacia e la sicurezza di Dulaglutide settimanale in pazienti anziani e fragili, precedentemente in terapia insulinica, con scompenso glicemico e frequenti episodi di ipoglicemia iatrogeni. Materiali e Metodi. Vengono proposti tre casi clinici emblematici di pazienti non più autosufficienti, con insufficienza renale, in tp insulinica prescritta per valutazione approssimativa piuttosto che per reale necessità. Risultati. Il controllo glicemico ottenuto con Dulaglutide settimanale è stato migliore di quello ottenuto precedentemente con insulina basal/bolus. La terapia è stata ben tollerata, non si sono più avute ipoglicemie, precedentemente registrate, è stata di molto semplificata anche l’assistenza da parte dei familiari. Conclusioni. I tre casi presentati sono un esempio di come troppo spesso si prescriva tp insulinica, in considerazione delle rilevanti comorbidità e della complessità del paziente. Questo atteggiamento poteva essere giustificato quando non si avevano a disposizione altri strumenti terapeutici alternativi: la terapia con metformina non sempre è prescrivibile per la presenza di comorbidità che la controindicano; la terapia con sulfaniluree è pericolosa per le ipoglicemie fatali che può provocare nel paziente a ridotta o assente autonomia. La terapia insulinica, quindi, appariva ancora come quella più sicura, più maneggevole e più efficace. La disponibilità attuale di altri strumenti terapeutici come il GLP1 settimanale permette una gestione migliore del paziente fragile: la facilità d’uso semplifica l’attività assistenziale, viene ridotta la frequenza dei controlli glicemici capillari, si ottiene un controllo metabolico efficace e maggiormente fisiologico, non si corre il rischio di ipoglicemia, non si hanno effetti negativi sul peso corporeo, il cui incremento può significare aumentato rischio di lesioni nel paziente allettato. La terapia con GLP1 è attuabile nei pazienti con DM2 e lunga storia di terapia insulinica perché la terapia insulinica ha preservato la beta cellula dall’esaurimento precoce, che si sarebbe potuto osservare se il paziente fosse stato tenuto in terapia con sulfaniluree. Infine, ultimo aspetto, sul piano economico non c’è aggravio di spesa nel passaggio da tp insulinica multiniettiva a terapia con GLP1 settimanale.
EFFETTO METABOLICO DI DULAGLUTIDE NELLA PRATICA CLINICA: LO STUDIO ANDREW (ACTIVE NOTES ON DULAGLUTIDE IN THE REAL WORLD)
De Mori V1, Agosti B2, Belviso A1, Berzi D1, Franzetti I3, Ghilardi G4, Querci F4, Scaranna C5, Severgnini SC6, Zenoni L4, Bossi AC1, Lepore G5
1ASST Bergamo Ovest, Treviglio (BG); 2ASST Brescia; 3ASST Valle Olona, Gallarate (VA); 4ASST Bergamo Est, Seriate (BG); 5ASST PG23, Bergamo; 6ASST Crema (CR)
Introduzione. Dulaglutide è un agonista recettoriale del GLP-1 (Glucagon Like Peptide-1) per il trattamento del diabete tipo 2 (DMT2) con somministrazione s.c. monosettimanale. Scopo. ANDREW è uno studio osservazionale multicentrico lombardo volto a valutare l’efficacia di dulaglutide sui parametri antropometrici e glico-metabolici, registrando possibili eventi avversi. Materiali e Metodi. Sono stati presi in esame soggetti maggiorenni con DMT2 posti in trattamento con dulaglutide in duplice associazione (metformina o SU o pioglitazone o insulina basale) o in triplice terapia (metformina + SU o metformina + pioglitazone o metformina+ insulina basale). Risultati. Sono stati arruolati 950 pazienti (435 F; 515 M), con durata di malattia media 9,5±6,5 anni (±DS). Sono attualmente disponibili i dati di 108 pazienti che hanno completato il follow-up di 18 mesi. Il trattamento ha evidenziato un miglioramento statisticamente significativo dei parametri glicometabolici rispetto al basale: HbA1c 64,2±9,8 vs 47,9±17,4 mmol/mol, glicemia basale 162,8±38,8 vs 139±30,5 mg/dl, peso corporeo 94±18,7 vs 90,5±18,5 kg. Conclusioni. I dati preliminari al follow-up a medio termine confermano l’efficacia di dulaglutide nel migliorare il compenso glicometabolico e nella riduzione del peso corporeo. Si ritiene utile acquisire informazioni da esperienze “real-world” per meglio comprendere gli effetti complessivi di trattamenti innovativi per la malattia diabetica.
EVOLUZIONE DEI PARAMETRI GLICOMETABOLICI ED ANTROPOMETRICI IN PAZIENTI IN TRATTAMENTO CON GLIFLOZINA: LO STUDIO SIDECAR (SGLT2-INHIBITORS IN DIABETES: EVALUATION OF METABOLIC CONTROL AND ADVERSE EVENTS IN THE REAL-WORLD)
De Mori V1, Braus A2, Balini A1, Berzi D1, Cipponeri E1, Forloni F1, Meregalli G1, Piccinelli R3, Vavassori S3, Veronesi G4, Bossi AC1
1ASST Bergamo Ovest, UOC Malattie Endocrine, Centro Regionale per il Diabete Mellito; 2ASST Bergamo Ovest, UOC Farmacia; 3ATS Bergamo, USS Farmacoeconomia, Servizio Farmaceutico Territoriale; 4Università degli Studi dell’Insubria, Dipartimento Medicina e Chirurgia, Centro di ricerca in Epidemiologia e Medicina Preventiva (EPIMED), Varese
Introduzione. Gli inibitori del cotrasportatore sodio-glucosio di tipo 2 (SGLT2i), utilizzati nei pazienti affetti da diabete di tipo 2 (DMT2), agiscono in modo indipendente dall’attività insulinica riducendo il riassorbimento di glucosio a livello renale, favorendo la normalizzazione della glicemia e la riduzione del peso corporeo. Scopo. Lo studio monocentrico prospettico osservazionale intende valutare l’andamento nel tempo dei dati clinici in soggetti con DMT2 che iniziano terapia con SGLT2i. Materiali e Metodi. Sono stati valutati 223 soggetti diabetici maggiorenni (M: 132; F: 91), età 60,7±11,3 anni, con durata di malattia 12,3±8,3 anni (media±DS), posti in trattamento con SGLT2i secondo le indicazioni AIFA. Risultati. Al baseline la glicemia a digiuno era 182,9±63,6 mg/dl, l’HbA1c 8,9±1,7%. Dopo 6, 12 e 18 mesi sono stati rivalutati 137 pazienti (drop-out 38,5%) in trattamento persistente con SGLT2i che hanno mostrato una precoce e perdurante diminuzione di HbA1c (mediamente -11,4% dopo 18 mesi di trattamento, p<0.0001). Anche i parametri antropometrici hanno mostrato una diminuzione statisticamente significativa: peso corporeo -4Kg, BMI -4,4% (per entrambi p<0.0001), circonferenza addominale -2,1 cm (p<0.002). Conclusioni. Si conferma l’efficacia dei farmaci SGLT2i, con significativo miglioramento dei parametri clinici, soprattutto in coloro con più elevata glicemia basale e maggior valore di HbA1c al baseline.
VARIAZIONI DI ALCUNI FATTORI DI RISCHIO CARDIOVASCOLARI IN PAZIENTI CON DIABETE TIPO 2 TRATTATI CON DULAGLUTIDE. DATI DELLO STUDIO ANDREW (ACTIVE NOTES ON DULAGLUTIDE IN THE REAL WORLD)
De Mori V1, Agosti B2, Belviso A1, Berzi D1, Franzetti I3, Ghilardi G4, Querci F4, Scaranna C5, Severgnini SC6, Zenoni L4, Lepore G5, Bossi AC1
1ASST Bergamo Ovest, Treviglio (BG); 2ASST Brescia; 3ASST Valle Olona, Gallarate (VA); 4ASST Bergamo Est, Seriate (BG); 5ASST PG23, Bergamo; 6ASST Crema (CR)
Introduzione. Dulaglutide è un agonista recettoriale del GLP-1 (Glucagon Like Peptide-1) utilizzato nei pazienti affetti da diabete di tipo 2 (DMT2), con potenziale effetto favorevole su alcuni fattori di rischio cardiovascolare (CV) (iperglicemia, peso corporeo, pressione arteriosa). Scopo. Lo studio ANDREW (multicentrico osservazionale) si prefigge di analizzare il possibile effetto di un trattamento persistente con dulaglutide sui principali fattori di rischio cardiovascolare (CV). Materiali e Metodi. Sono stati presi in esame 950 soggetti diabetici (435 F; 515 M), con durata di malattia media 9,5±6,5 anni (±DS), età 61,8±9,6 anni posti in trattamento con dulaglutide secondo le indicazioni AIFA. Risultati. 108 pazienti hanno effettuato un follow-up di 18 mesi. Il trattamento ha evidenziato, oltre al miglioramento del compenso glicometabolico, una favorevole evoluzione (statisticamente significativa a medio termine) dei principali fattori di rischio CV rispetto al basale: peso corporeo 94±18,7 vs 90,5±18,5 kg, colesterolo totale 178±37,5 vs 166±25,7 mg/dl, trigliceridi 160±45 vs 140,5±59 mg/dl. Conclusioni. Il trattamento con dulaglutide permette di ottenere un miglioramento di alcuni fattori di rischio CV in pazienti con DMT2. Tale dato conferma la potenzialità “extra-glicemica” del GLP-1 RA settimanale. Riteniamo utile proseguire il monitoraggio clinico per osservare l’evoluzione del rischio CV nel lungo termine.
L’IMPORTANZA DEL CONTENIMENTO DEI DROP-OUT IN DIABETICI TRATTATI GLIFLOZINE: DATI DELLO STUDIO SIDECAR (SGLT2-INHIBITORS IN DIABETES: EVALUATION OF METABOLIC CONTROL AND ADVERSE EVENTS IN THE REAL-WORLD)
De Mori V1, Braus A2, Balini A1, Berzi D1, Cipponeri E1, Forloni F1, Meregalli G1, Piccinelli R3, Vavassori S3, Veronesi G4, Bossi AC1
1ASST Bergamo Ovest, UOC Malattie Endocrine, Centro Regionale per il Diabete Mellito; 2ASST Bergamo Ovest, UOC Farmacia; 3ATS Bergamo, USS Farmacoeconomia, Servizio Farmaceutico Territoriale; 4Università degli Studi dell’Insubria, Dipartimento di Medicina e Chirurgia, Centro di ricerca in Epidemiologia e Medicina Preventiva (EPIMED), Varese
Introduzione. Gli SGLT2i riducono la soglia plasmatica renale del glucosio, inducendo glicosuria. Tale trattamento si associa a un maggior rischio di infezioni genito-urinarie (GUTIs) dovute alla diuresi osmotica. Scopo. Lo studio (monocentrico prospettico osservazionale) valuta gli effetti delle gliflozine in pazienti con diabete mellito tipo 2 (DMT2), riportando l’incidenza delle GUTIs e di altri fattori determinanti la sospensione del trattamento con SGLT2i. Materiali e Metodi. Sono stati valutati 223 soggetti maggiorenni (M: 132; F: 91) con DMT2, età 60,7±11,3 anni, con durata di malattia 12,3±8,3 anni (media±DS), posti in trattamento con gliflozine previa attività educazionale per la corretta prevenzione e gestione dei potenziali effetti di tali farmaci sulle vie genito-urinarie. Risultati. I pazienti che non proseguono la terapia presentano valori di Hba1c statisticamente maggiori (9,2±1,7 vs 8,7±1,5%) rispetto a coloro che continuano il trattamento (N=137). A 18 mesi di follow-up, 86 pazienti (38,5%) hanno sospeso l’assunzione di SGLT2i: 32 pazienti (14,3%) per insorgenza di GUTIs (nonostante adeguata attenzione comportamentale), 35 pazienti (15,7%) per inefficacia terapeutica, 7,6% per motivi personali o per ospedalizzazione. Conclusioni. Si ritiene prioritario potenziare l’azione educativa al fine di diminuire la percentuale di pazienti che devono sospendere il trattamento con gliflozine per la comparsa di GUTIs.
EXENATIDE PROLUNGA LA SOPRAVVIVENZA DELL’ALLOTRAPIANTO NEUTRALIZZANDO LE CELLULE T EFFETTRICI
Rocchio F1, Ben Nasr M1,2, D’Addio F1, Folli F3,4, Dellepiane S1,5, Usuelli V1,2, Loretelli C1, Assi E1, Maestroni A1, Abdelsalam A1, Dassano A1, Letizia T1, Malvandi A1, Ippolito E1, Uccella S6, La Rosa S7, Venturini M8, Biancone L5, Zuccotti GV9, Fiorina P1,2
1Centro di Riferimento Internazionale per il T1D, Centro di Ricerca Pediatrica Romeo ed Enrica Invernizzi, Università di Milano, Dipartimento di Scienze Biomediche e Cliniche L. Sacco, Università di Milano; 2Nephrology Division, Boston Children’s Hospital, Harvard Medical School, Boston, MA, USA; 3Department of Medicine, University of Texas, Health System, San Antonio, Texas, USA; 4ASST Santi Paolo e Carlo, Università degli Studi di Milano; 5Dipartimento di Nefrologia, Dialisi e Trapianto Renale, “Città della Salute e della Scienza di Torino”, Università degli Studi di Torino; 6Dipartimento di Patologia, Ospedale di Circolo, Varese; 7Department of Pathology, University Hospital of Lausanne, Lausanne, Switzerland; 8Dipartimento di Radiologia, Ospedale San Raffaele, Milano; 9Ospedale dei Bambini, Università degli Studi di Milano
Introduzione. GLP-1R (Glucagon-Like Peptide 1 Receptor) è un regolatore chiave del metabolismo del glucosio ed è espresso in diversi siti dell’organismo: cellule beta del pancreas, mucosa gastrica, ipotalamo. Recentemente si è scoperto che anche i linfociti T esprimono questa proteina, in quanto è stato trovato il suo mRNA al loro interno. Al momento la funzione di GLP-1R, all’interno delle cellule T del sistema immunitario, non è conosciuta ed è tutta da chiarire. Scopo. Lo scopo del nostro studio è quello di caratterizzare il ruolo di GLP-1R linfocitario durante l’allotrapianto. Metodi e Risultati. I dati in nostro possesso hanno evidenziato che GLP-1R è espresso dai linfociti T naïve, umani e murini, anche in condizioni basali. Quando si effettua un allotrapianto di isole pancreatiche o cardiache su topi C57BL/6, da donatori BALB/c, le cellule GLP1R+ CD4+/CD8+ si espandono nella milza e infiltrano la zona interessata da trapianto, comportando un aumento del fenomeno del rigetto. Ciò però non avviene nel caso in cui i topi vengano trattati con Exenatide, un agonista di GLP-1R. In questo caso abbiamo infatti notato che la percentuale di rigetto diminuisce drasticamente insieme a quella del numero di linfociti T infiltranti. Inoltre abbiamo notato che Exenatide è capace di indurre l’espansione delle cellule T regolatorie (Treg). Conclusione. Possiamo dire che GLP-1R sembra essere un modulatore della funzione delle cellule T e che Exenatide, il suo agonista, riesce a regolare la risposta allo-immune, modulando l’equilibrio tra cellule effettrici e regolatrici delle cellule T, riducendo il rischio di rigetto.
LA TERAPIA CON SGLT2-I PREVIENE LO SVILUPPO DI FIBROSI MIOCARDICA NELL’IPERTENSIONE ARTERIOSA ANGIOTENSINA-DIPENDENTE
Colzani M1, di Gioia CRT2, Carletti R2, Ippolito S3, Stella A1, Zerbini G4, Perseghin G 1,5, Castoldi G1
1Dipartimento di Medicina e Chirurgia, Università degli Studi di Milano-Bicocca, Monza; 2Dipartimento di Scienze Radiologiche, Oncologiche e Anatomopatologiche, Istituto di Anatomia Patologica, Sapienza Università degli Studi di Roma; 3Laboratorio Analisi Chimico Cliniche, Ospedale San Gerardo, ASST Monza; 4Unità Complicanze del Diabete, Istituto Scientifico San Raffaele, Milano; 5Dipartimento di Medicina e Riabilitazione, Policlinico di Monza, Monza
Introduzione. Il trattamento con gli inibitori di SGLT2, nei pazienti diabetici di tipo 2, ha dimostrato effetti cardioprotettivi, ma non è chiaro se questi effetti possano essere prodotti anche nelle cardiopatie non associate a diabete. Obiettivo. L’obiettivo dello studio è stato quello di valutare l’effetto della somministrazione di empagliflozin sullo sviluppo di fibrosi miocardica in un modello sperimentale di ipertensione arteriosa angiotensina-dipendente. Metodi. Gli esperimenti sono stati eseguiti in Ratti Sprague Dawley, divisi in 4 gruppi in base al trattamento: a) Angiotensina II (Ang II, 200 ng/kg/min, minipompe osmotiche s.c, n=7); b) Ang II+empagliflozin (10 mg/kg/die, per os, n=7); c) controllo (nessun trattamento, n=7), controllo+empagliflozin (n=7). Durante il periodo sperimentale della durata di due settimane è stata misurata la pressione arteriosa (tecnica pletismografica), e al termine è stato prelevato il miocardio per la valutazione della fibrosi interstiziale (colorazione Rosso Sirio, istomorfometria, Image J Software). Risultati. La somministrazione di Ang II causava un aumento significativo della pressione arteriosa (p<0.0001) e della fibrosi miocardica interstiziale (p<0.01) rispetto al gruppo di controllo e al gruppo di controllo trattato con empagliflozin. Empagliflozin non modificava significativamente l’aumento di pressione causato dalla somministrazione di Ang II, ma preveniva lo sviluppo di fibrosi miocardica interstiziale nei ratti trattati con Ang II (p<0.01). Conclusioni. La somministrazione di empagliflozin previene lo sviluppo di fibrosi miocardica interstiziale nell’ipertensione arteriosa angiotensina-dipendente. L’effetto antifibrotico ottenuto dall’inibizione di SGLT2 risulta essere indipendente dalla modulazione della pressione arteriosa.
UTILIZZO DI SGLT2 INIBITORI E GLP1-RA NEI PAZIENTI CON DIABETE TIPO 2 E COMPLICANZA CARDIACA MAGGIORE
Cimino E, Bonfadini S, Agosti B, Cimino A, Girelli A, Rocca L, Zarra E, Valentini U
UOC Medicina Generale ad Indirizzo Metabolico Diabetologico, ASST Spedali Civili di Brescia
Introduzione. È noto come la persona con diabete presenti un profilo di rischio cardiovascolare aumentato. Alcune delle terapie con SGLT2 inibitori ed GLP1-RA hanno dimostrato una riduzione della mortalità e morbilità cardiovascolare; l’utilizzo di questi farmaci sarebbe pertanto da preferire nelle persone con diabete e precedente evento cardiovascolare e valutarlo in prevenzione primaria. Scopo. Osservazione retrospettiva sull’utilizzo delle terapie con SGLT2 inibitori o GLP1-RA in pazienti con diabete tipo 2 e pregresso evento cardiaco nella normale pratica ambulatoriale. Materiali e Metodi. Valutazione della terapia con SGLT2 inibitori o GLP1-RA in pazienti con diabete tipo 2 e pregresso evento cardiaco maggiore (infarto, procedura di angioplastica/bypass, angina instabile o scompenso cardiaco) in carico presso la nostra Unità di Diabetologia in un periodo di osservazione di 12 mesi (1/06/2017 e 1/06/2018). I dati sono stati estratti dalla nostra cartella ambulatoriale informatizzata. Risultati. Il 19% (298) dei pazienti con diabete tipo 2 osservati presentava in anamnesi almeno un evento cardiaco maggiore con prevalenza della rivascolarizzazione miocardica. Il 57% (169) di questi pazienti era in terapia con SGLT2 inibitori o GLP1-RA, con un maggior utilizzo dei SGLT2 inibitori (p<0,01). La terapia con SGLT2 inibitori è stata prescritta nel 72% dei casi in add-on a metformina (+/- insulina). Nel 60% dei casi di terapia con GLP1-RA è stato utilizzato il device a somministrazione settimanale. In entrambe le classi di farmaci, si sono osservate differenze significative nella prescrizione delle diverse molecole. Conclusioni. L’osservazione ha evidenziato come nella nostra popolazione un quinto dei pazienti con diabete tipo 2 abbia in anamnesi uno o più eventi cardiaci. L’utilizzo di SGLT2 inibitori o GLP1-RA è risultata elevata, con prevalenza per gli SGLT2 inibitori e differenze significative fra le diverse molecole della classe. Sono in corso ulteriori sotto analisi delle caratteristiche cliniche delle due popolazioni e loro follow-up nel tempo.
TESI
COMPORTAMENTO ANOMALO DEI NEUTROFILI NEL SANGUE E NEL PANCREAS NELLA FASE PRESINTOMATICA E SINTOMATICA DEL DIABETE DI TIPO 1 NELL’UOMO
Federica Vecchio
Università degli Studi di Milano Bicocca, Corso di Laurea Magistrale in Biotecnologie Mediche
Introduzione. Il diabete di tipo 1 (DMT1) è una patologia autoimmune che si sviluppa attraverso delle fasi presintomatiche ben distinte. Nessuna cellula del sistema immunitario è stata identificata in modo conclusivo come la vera promotrice del processo patogenico e il ruolo dei neutrofili è stato a lungo ignorato. I neutrofili sono coinvolti in molte patologie autoimmuni, suggerendo che la loro disregolazione potrebbe essere una componente comune in contesti diversi di autoimmunità. Nel topo NOD è stato dimostrato il ruolo chiave dei neutrofili nella fase iniziale dello sviluppo del DMT1. Scopo. Abbiamo in precedenza riportato l’evidenza di una diminuzione del numero di neutrofili circolanti in pazienti diabetici e in soggetti a rischio. In questo studio abbiamo cercato di confermare che nell’uomo queste cellule sono coinvolte attivamente nello sviluppo di questa patologia. Materiali e Metodi. Sono stati utilizzati campioni di sangue da donatori TrialNet e sezioni pancreatiche provenienti da nPOD, DiViD, Siena and Exeter, analizzati con tecniche di immunofluorescenza e immunoistochimica su tessuto, ELISA e citofluorimetria. Risultati. Con questo lavoro mostriamo, innanzitutto, che una minore funzionalità delle beta-cellule caratterizza i soggetti con un minor numero di neutrofili circolanti. In secondo luogo, dimostriamo che i neutrofili infiltrano il pancreas prima della fase sintomatica del DMT1, che sono presenti nel tessuto pancreatico mentre la patologia procede, e che una frazione di questi è coinvolta nel processo di NETtosi. Infine, la misurazione delle proteine del neutrofilo nel plasma ha rivelato caratteristiche anomale di queste cellule in soggetti con rischio genetico di sviluppare DMT1 e in soggetti con malattia conclamata. Conclusioni. Questi risultati mostrano un comportamento anomalo dei neutrofili in soggetti affetti da DMT1 sin dalla fase che precede la comparsa dei sintomi, suggerendo che essi potrebbero contribuire attivamente alla patogenesi attraverso marginalizzazione nel pancreas, infiammazione, formazione di NETs e danno tissutale. L’utilizzo di farmaci mirati ad inibire la migrazione dei neutrofili nei tessuti potrebbe permettere di prevenire l’insorgenza di questa patologia.
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