Angelo Avogaro, Maurizio De Rocco Ponce
Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università degli Studi di Padova, Facoltà di Medicina e Chirurgia
INTRODUZIONE
Il diabete mellito di tipo 2 (T2DM) è un fattore di rischio importante ed indipendente per malattia cardiovascola- re (CVD) (1). Parecchi studi dimostrano una relazione tra la glicemia e le complicanze a lungo termine del diabe- te: uomini e donne diabetici hanno, rispettivamente, il doppio ed il triplo di probabilità di morire per coronaro- patia ischemica rispetto a uomini e donne non diabetici (2). Una lunga durata del diabete e uno scarso controllo glicemico sono importanti fattori di rischio per nefropa- tia cronica (CKD) in pazienti con T2DM (3): pertanto, un controllo glicemico rigoroso è un punto chiave per preve- nire l’esordio o la progressione della nefropatia. Queste osservazioni, unite al fatto che, nello stesso paziente, coesistono una lunga durata della malattia, CVD e CKD, rendono spesso problematico il raggiungimento del con- trollo glicemico. In questa review, quindi, discuteremo le seguenti domande: quali farmaci antidiabetici possono essere usati o non dovrebbero essere usati in pazienti con T2DM e CKD? Quale aggiustamento del dosaggio è neces- sario applicare? Non ci occuperemo della end-stage renal disease (ESRD) né del controllo di altri fattori di rischio per CVD.
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Criteri di selezione delle fonti
Abbiamo riesaminato la letteratura presente in PubMed riguardate farmaci antidiabetici in pazienti con CKD.
Abbiamo specificamente escluso “end-stage renal disea- se” e “hemodialysis”.
Definizione di CKD, insufficienza renale e nefropatia
Secondo le National Kidney Foundation Practice Guide- lines for Chronic Kidney Disease: Evaluation, Classifi- cation, and Stratification Kidney, il “danno” è definito come un’alterazione della struttura o della funzione del rene che si manifesta con delle alterazioni patologiche dei marker di funzionalità renale, come un esame urine anormale, o con delle anomalie nell’imaging renale (4).
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In questa classificazione vengono definiti 5 stadi di CKD in base alla velocità di filtrazione glomerulare stimata (eGFR). Il quadro di “insufficienza renale cronica” è com- preso all’interno della CKD ed è definito come l’innalza- mento del livello di creatinina sierica a valori ≥1,4 mg/dl nell’uomo e ≥1,2 mg/dl nella donna, oppure quando viene riscontrata microalbuminuria (5).
Storia naturale e progressione della CRI/CKD
La percentuale di pazienti diabetici con una eGFR minore di 60 ml/min è notevole ed oscilla tra il 12 e il 35% (6-8). Quando si confrontano gruppi di pazienti ad alto rischio con CKD, si osserva un continuum nel rischio per malat- tia coronarica (CHD) in termini di eventi per 1000 perso- ne all’anno. In pazienti diabetici con una eGFR minore di 45 ml/min il tasso di eventi cardiovascolari (endpoint combinato) è del 25% (9). Dalla diagnosi di diabete, la pro- gressione verso la microalbuminuria è del 2,0% all’anno, la progressione dalla microalbuminuria alla macroalbu- ninuria è del 2,8% all’anno e quella dalla macroalbuninu- ria a valori plasmatici di creatinina ≥175 μM/l o necessità di terapia renale sostitutiva è del 2,3% all’anno (10). La proporzione di pazienti con CKD che fanno uso di farma- ci antidiabetici è aumentata notevolmente (6).
Riduzione del rischio in pazienti con CRI
Nello studio STENO-2, un’implementazione nel miglio- ramento dello stile di vita e nella terapia farmacologica dell’iperglicemia, dell’ipertensione, della dislipidemia e della microalbuminuria, ha portato ad una significativa riduzione del rischio di sviluppare nefropatia o di pro- gressione della stessa (rischio relativo 0,39, 95% CI 0,17- 0,87; p=0,003) (11). In un ulteriore periodo di follow-up di 5,5 anni si è poi osservato un beneficio persistente con un rischio relativo di sviluppare nefropatia di 0,44 (95% CI, 0,25-0,77; p=0,004) (12). Lo studio Losartan Intervention For Endpoint reduction in hypertension (LIFE) ha dimo- strato, in un follow-up della durata media di 4,7 anni, che il rapporto albumina: creatinina (UACR) è un predittore dell’endpoint primario combinato per morte cardiovasco- lare, infarto del miocardio ed ictus (13).
Nell’analisi covariata tempo dipendente, un aumento di due volte della UACR sotto trattamento corrispondeva ad un aumento per endopoint combinato dell’11% (RR 1,111, p<0,001). Nello studio ADVANCE, la combinazione di un controllo glicemico intensivo con perindopril/indapamide
riduce gli eventi renali maggiori del 28%, e questo include una riduzione del 33% del rischio di insorgenza o peggiora- mento della nefropatia, una riduzione del 54% del rischio di esordio di macroalbuminuria ed una riduzione del 25% del rischio di comparsa di microalbuminuria (14).
MANAGEMENT ATTUALE
A. Cosa consigliano le linee guida?
Studi osservazionali mostrano costantemente un’asso- ciazione tra scarso controllo glicemico e sviluppo di al- buminuria elevata in pazienti con T2DM. La National Kidney Foundation (NKF; http://www.kidney.org/pro- fessionals/KDOQI/guideline_diabetes/guide2.htm) e la American Diabetes Association Guidelines (15) raccoman- dano, per i pazienti diabetici adulti, il raggiungimento di un livello di HbA1c minore di 7,0% o il più possibile vicino a valori normali senza troppi episodi di ipoglice- mia. I pazienti con una funzionalità renale ridotta (CKD stadi 3-5) hanno un aumentato rischio di ipoglicemia (16-17). Questi soggetti hanno una gluconeogenesi ridot- ta, una degradazione insulinica renale compromessa, minore clearance delle sulfoniluree o dei loro metaboli- ti attivi (18). La NKF suggerisce di evitare le sulfoniluree di prima generazione (es. clorpropamide, tolazamide e tolbutamide) nei pazienti con CKD. Tra le sulfoniluree di seconda generazione (es. glipizide, gliclazide, gliburide e glimepiride) sono da preferirsi la glipizide e la glicla- zide in quanto non hanno metaboliti attivi. Nella classe delle meglitinidi, in presenza di una ridotta funzionali- tà renale, aumentano i metaboliti attivi con la nategli- nide mentre non aumentano con la repaglinide (19). La metformina non andrebbe somministrata a pazienti con concentrazioni di creatinina sierica ≥1,5 mg/dl nell’uomo e ≥1,4 mg/dl nella donna in quanto essa è escreta per via renale e espone potenzialmente i pazienti al rischio di acidosi lattica. Il rosiglitazone è escreto per via epatica e non necessita di essere ridotto in presenza di alterata funzionalità renale. Pertanto, non aumenta il rischio di ipoglicemia ma, come per il pioglitazone, potrebbe peg- giorare la ritenzione idrica. Le linee guida della National Institute for Health and Clinical Excellence (NICE: www. nice.org.uk/nicemedia/live/12165/44320/44320.pdf) appro- vano un uso cauto della metformina per i pazienti a ri- schio di improvviso deterioramento della funzionalità renale e per quelli a rischio di una riduzione della eGFR a valori <45 ml/min/1,73m2. Il consensus sul diabete tipo 2 della American Association of Clinical Endocrinolo- gists/American College of Endocrinology conferma che la presenza di una funzionalità renale deteriorata con- troindica l’uso della metformina (20). L’Australian Natio- nal Evidence Based Guideline for Blood Glucose Control in Type 2 Diabetes (www.nhmrc.gov.au/_files_nhmrc/ file/publications/synopses/di19-diabetes-blood-glucose- control.pdf) raccomanda di evitare la metformina in pre- senza di un eGFR <30 ml/min/1,73 m2 ed una particolare cautela quando la eGFR ha valori compresi tra 30 e 45 ml/ min/1,73 m2. Analogamente, le linee guida del Canadian Diabetes Association (www.diabetes.ca/files/cpg2008/ cpg-2008.pdf) raccomandano cautela con valori di eGFR <60 ml/min/1,73 m2 e controindicano l’uso di metformina con eGFR <30 ml/min/1,73 m2. La percezione è che le linee guida attualmente disponibili per il trattamento dei pa- zienti diabetici con CKD o CRI si concentrino prevalen- temente sull’uso della metformina trascurando ampia- mente le altre classi di farmaci.
B. Come vengono gestiti attualmente i pazienti diabetici di tipo 2 in Europa?
Sono disponibili pochi dati riguardo il trattamento dei pazienti con CKD in Europa. Abbiamo valutato il trat- tamento attuale per i pazienti diabetici con una ridotta clearance della creatinina (<60 ml/min) sia in studi cli- nici che in trial randomizzati e controllati in Europa. Nello studio RENAAL, tra i pazienti caucasici con eGFR di 42 ml/min/1,73 m2, il 61% dei maschi e il 75% delle fem- mine era in terapia insulinica (21). Nello studio TREAT, i pazienti avevano una mediana di eGFR di 45 ml/min/1,73 m2; tra questi, il 49% era trattato con insulina, il 25% con tiazolidinedioni, il 35% con sulfoniluree (SU) e il 17% con biguanidi (22). In un altro studio nel quale Schneider e coll. hanno valutato gli effetti del pioglitazone sull’outco- me cardiovascolare, in presenza di una eGFR media di 50 ml/min, il 7,9% dei pazienti era trattato con metformina (MET), il 17% con SU, il 24% con la combinazione di MET più SU, il 19% con MET più insulina e il 12% con insulina più SU (9). Lo studio VIVALDI, nel quale si è testato l’effet- to antiproteinurico degli antagonisti del recettore dell’an- giotensina telmisartan versus valsartan in pazienti iperte- si con T2DM e CKD, con una eGFR di 56,5 ml/min, il 57,5% dei pazienti era trattato con antidiabetici orali e il 57% con terapia insulinica (23). Joss e coll. hanno testato l’effetto
di un controllo più intensivo dei fattori di rischio in pa- zienti con T2DM e CKD; essi riportano un 8% di pazienti in trattamento con la sola dieta, un 34,5% con antidiabetici orali e un 57% con insulina (24). Berl e coll. riportano, per il Collaborative Study Group, solamente una percentuale di pazienti T2DM in trattamento insulinico pari al 57% (25). È chiaro, dalla letteratura, che disponiamo ancora di poche e incomplete informazioni circa l’attuale trattamento dei pazienti T2DM con CKD o CRI. Questo è particolarmente importante anche alla luce dei numerosi episodi di ipogli- cemia nei pazienti con CKD; in pazienti con età superiore a 70 anni, nei quali la eGFR è strettamente correlata all’e- tà, episodi di ipoglicemia indotta da SU avverrebbero in più del 60% dei casi (17).
Quali trattamenti “tradizionali” possono essere usati in UE per i pazienti con T2DM e CRI?
La presenza di insufficienza renale può compromettere l’efficacia e la sicurezza delle sostanze usate per tratta- re le comorbilità. Inoltre, la concentrazione plasmatica dei farmaci ipoglicemizzanti può essere aumentata in pazienti con CKD e questo aumento può avere delle con- seguenze come l’ipoglicemia o effetti avversi sconosciuti. In teoria, il trattamento insulinico non ha controindica- zioni, tuttavia, si assiste ad una progressiva diminuzione del fabbisogno insulinico parallelamente alla riduzione della clearance della creatinina (26). L’insulina esogena è primariamente eliminata per via renale, mentre l’in- sulina endogena è normalmente degradata a livello epa- tico. La metformina può essere usata con una eGFR <60 ml/min/1,73 m2, va ridotto il dosaggio per una eGFR <45 ml/min/1,73 m2 mentre va invece sospesa quando la eGFR scende a valori <30 ml/min/1,73 m2 (vedi Tab. 1). L’utilizzo di altri farmaci sembra problematico.
L’acarbosio può essere usato quando la eGFR è >25 ml/ min/1,73 m2. I pazienti con insufficienza renale cronica tendono alla ritenzione idrica e questa condizione può essere aggravata dai tiazolidinedioni (TZD). Tuttavia, il pioglitazone non ha controindicazioni né necessita di ag- giustamento del dosaggio (per clearance della creatinina >4 ml/min). Le SU di seconda generazione come la glicla- zide, la glimepiride e la glipizide, possono essere usate in presenza di una compromissione della funzionalità rena- le lieve a moderata ma solo con un attento aggiustamento del dosaggio a causa dell’elevato rischio di ipoglicemia. Il gliquidone può essere usato in pazienti diabetici nefropatici grazie al suo metabolismo epatico. In alternativa, grazie alla loro più breve emivita, le meglitinidi cause- rebbero meno ipoglicemie; tuttavia, esse possono essere prescritte in CRI lievi e moderate ma vanno attentamente titolate nell’insufficienza renale severa (27).
Quali trattamenti ipoglicemizzanti innovativi possono essere usati in UE per pazienti con T2DM e CRI?
Le terapie incretiniche sono state recentemente intro- dotte nella pratica clinica e rappresentano la più recen- te classe di farmaci ipoglicemizzanti disponibile per il trattamento del T2DM. L’agonista per il glucagon-like peptide 1 (GLP-1) riduce in modo significativo il peso cor- poreo e dà una riduzione della glicemia senza il rischio di ipoglicemia (28). Gli inibitori della dipeptidyl pepti- dase-IV (DPP-4) hanno anch’essi un meccanismo basato sulle incretine e sul GLP-1; anch’essi riducono la glicemia senza indurre ipoglicemia e non hanno effetti sul peso corporeo (29). L’exenatide, un agonista del recettore del GLP-1 (GLP-1 RA) è primariamente eliminato dal rene. La via renale sembra essere la principale via di eliminazio- ne e degradazione dell’exenatide (30). La sua tollerabilità è considerata clinicamente accettabile per pazienti con CRI lieve-moderata; è quindi appropriato somministra- re l’exenatide a questi pazienti senza aggiustamento del dosaggio. Tuttavia, in pazienti con severa CKD la tollera- bilità diventa scarsa a causa della comparsa di nausea e vomito e vi sono alterazioni significative della farmaco- cinetica alle dosi terapeutiche disponibili (5 e 10 micro- grammi) (31). Se la terapia con exenatide si accompagna a nausea e vomito, l’ipovolemia conseguente potrebbe portare a insufficienza renale ischemica (32-34). La li-
raglutide, un altro GLP-1 RA, non è metabolizzato solo dal rene (35). Sembra non ci siano problemi di sicurezza nell’uso di questo farmaco in pazienti con CKD (35). La disfunzione renale non ha portato a una maggiore espo- sizione alla liraglutide e i pazienti con T2DM ed insuffi- cienza renale dovrebbero usare dei regimi standard per il trattamento con liraglutide (36). Esiste, tuttavia, al mo- mento, una limitata esperienza nell’uso della liraglutide in pazienti con patologia renale che vada oltre lo stadio di lieve insufficienza. Gli inibitori della DDP-4: sitaglip- tina, vildagliptina, saxagliptina, alogliptina e linaglip- tina, agiscono incrementando la concentrazione delle in- cretine endogene. Le prime quattro hanno una variabile eliminazione per via renale che va da un 80% circa per la sitagliptina ad un 15% circa per la vildagliptina. La saxa- gliptina, analogamente, ha un’escrezione primariamen- te reale ma è pure soggetta a metabolismo epatico. Solo la linagliptina è escreta pressoché interamente per via biliare (37). Per quanto riguarda la sicurezza e la tollera- bilità degli inibitori della DPP-4, cefalea e rash sono stati osservati in pazienti trattati con vildagliptina rispetto a pazienti trattati con TZD (38). Un numero minore di pazienti hanno interrotto lo studio a causa degli effetti avversi rispetto al gruppo trattato con TZD. Effetti av- versi importanti sono stati più numerosi fra i pazienti in trattamento con TZD (3,0%) rispetto a quelli trattati con vildagliptina (2,4%). Nei pazienti con CKD, il trattamento con vildagliptina è stato dimostrato essere relativamente sicuro in termini di funzionalità epatica (39). Come per la vildagliptina, in presenza di CRI, il dosaggio di sita- gliptina dovrebbe essere aggiustato (40-41). I pazienti con insufficienza renale lieve-moderata a cui si prescriva la sitagliptina necessitano di una riduzione del 50% della dose. Se l’insufficienza renale è severa, la sitagliptina va ridotta al 25% del normale dosaggio (42). La saxaglip- tina migliora il controllo glicemico ed è ben tollerata nei pazienti con insufficienza renale. In uno studio rando- mizzato, controllato, a doppio cieco, è stato confrontato il trattamento con saxagliptina 2,5 mg vs placebo; 170 pazienti con HbA1c tra il 7 e l’11% e clearance della creati- nina <50 ml/min sono stati stratificati in base all’insuffi- cienza renale. La diminuzione della HbA1c media aggiu- stata alla 12a settimana è stato numericamente maggiore nei pazienti trattati con saxagliptina rispetto al placebo nei sottogruppi di pazienti con CKD moderata e severa (43). La saxagliptina è stata generalmente ben tollerata; l’incidenza di effetti avversi ed eventi ipoglicemici sono stati simili al placebo. La FDA raccomanda una dose di 2,5 mg/die (la dose più alta è 5 mg) per pazienti con CKD moderata-severa (44). I trials con linagliptina mostrano che l’escrezione renale di linagliptina non metabolizzata è <7% in pazienti con CKD. Il grado di insufficienza rena- le non modifica il profilo della curva concentrazione pla- smatica-tempo. Questi trials hanno mostrato un declino e delle concentrazioni plasmatiche a 24 ore dalla sommi- nistrazione sostanzialmente sovrapponibili nei pazien- ti con insufficienza renale lieve, moderata o severa e in pazienti T2DM con o senza insufficienza renale. È stata riscontrata solo una debole correlazione tra la clearance della creatinina e l’esposizione steady-state (45). La DPP-4 è un enzima ubiquitario che regola l’attività di un gran numero di substrati come il neuropeptide Y e lo stromal derived factor-1 (46). La compresenza di CKD e alti livelli di inibizione della DPP-4 può potenzialmente avere degli effetti avversi. Sembra esserci un aumentato rischio di angioedema associato con la riduzione dell’attività della DPP-4, soprattutto in associazione con l’uso di ACE inibi- tori per il trattamento dell’ipertensione (47). Non possono essere esclusi una perdita dell’efficacia del farmaco (48) o il potenziale di rilascio di cellule staminali dal midollo osseo.
La DPP-4 è un enzima ubiquitario che regola l’attività di un gran numero di substrati come il neuropeptide Y e lo stromal derived factor-1 (48). La compresenza di CKD e alti livelli di inibizione della DPP-4 può potenzialmente avere degli effetti avversi. Sembra esserci un aumentato rischio di angioedema associato con la riduzione dell’attività della DPP-4, soprattutto in associazione con l’uso di ACE inibitori per il trattamento dell’ipertensione (49). Non possono essere esclusi una perdita dell’efficacia del farmaco (50) o il potenziale di rilascio di cellule staminali dal midollo osseo.
CONCLUSIONI
I pazienti diabetici con compromissione renale sono ad alto rischio per complicanze severe e morte. Un cattivo controllo glicemico è associato ad un significativo au- mento della mortalità sia all-cause che per cause cardio- vascolari, specialmente in pazienti con CKD. Molti dei farmaci antidiabetici orali largamente utilizzati non possono essere impiegati in questi pazienti o vanno tito- lati per ridurre l’alto rischio di ipoglicemie (vedi Fig. 1). I farmaci più nuovi a disposizione come gli GLP-1RA o gli inibitori della DPP-4 potrebbero ampliare queste limitate opzioni terapeutiche.
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