a cura di Francesco Dotta1, Anna Solini2
1U.O.C. Diabetologia, Azienda Ospedaliera Universitaria Senese, Università degli Studi di Siena; 2Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università degli Studi di Pisa
Margherita Occhipinti, Laura Sambuco, Loredana Rizzo
U.O.C. Diabetologia, Azienda USL Toscana SUD-EST, Ospedale “Misericordia” Grosseto
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G.P. è un paziente di 65 anni ricoverato in data 20 settembre presso la UO di Terapia Intensiva dell’ospedale di Grosseto, trasferito dalla terapia sub-intensiva dove era stato ammesso in seguito all’insorgenza di coma iperosmolare con elevatissimi valori di glicemia (1299 mg/dl). Durante il ricovero in terapia sub-intensiva il paziente presentava episodio di vomito caffeano con tosse, comparsa di dispnea ingravescente, peggioramento degli scambi respiratori e ulteriore deterioramento dello stato di coscienza. Veniva pertanto intubato, iniziata ventilazione meccanica assistita e predisposto il trasferimento in terapia intensiva.
Anamnesi patologica remota: dall’anamnesi patologica, raccolta sulla base della documentazione clinica e con l’aiuto dei familiari, emergeva un quadro di diabete mellito di tipo 2 da circa 16 anni, in terapia insulinica, con scarsa compliance al trattamento e compenso molto scadente (HbA1c 10.8%), complicato con insufficienza renale di grado lieve; cardiopatia ischemica con pregresso infarto del miocardio e aritmia in portatore di pace-maker bicamerale, ipertensione arteriosa, dislipidemia, obesità morbigena, epatopatia cronica in paziente con storia di potus.
Obiettivamente emergeva: Glasgow Coma scale pari a 10. Ipotensione severa con instabilità emodinamica, iperpiressia con temperatura corporea pari a 38°, diuresi conservata.
Gli esami ematochimici mostravano: iperglicemia persistente (1088 mg/dl), severa iponatriemia (Na 120 mEq/L), peggioramento della funzione renale con acidosi metabolica severa (Ph 6.96; creatinina 4.04 mg/dl, bicarbonatemia 5 mmol/L), anemia con valori di emoglobina totale in calo (da 11.7 g/dl a 10.7 g/dl). Veniva inoltre riscontrata leucocitosi neutrofila (leucociti 15720/mcl) e indici di flogosi elevati (PCR >19 mg/dl, Fibrinogeno 813.9 mg/dl).
Veniva prontamente intrapresa terapia infusione insulinica ed idro-elettrolitica per la gestione dell’iperglicemia acuta, come indicato da protocollo aziendale, in accordo con i principali documenti di gestione dell’iperglicemia in area medica. Venivano inoltre eseguiti esami colturali (emocolture per germi comuni e miceti, urinocoltura, tampone nasale, faringeo e rettale) ed intrapresa terapia antibiotica empirica con piperacillina / tazobactam e levofloxacina e.v. Il paziente veniva anche trasfuso con una sacca di emazie concentrate, proseguita ventilazione meccanica assistita, mantenuta terapia con antipiretici e amine, albumina e diuretici.
Nei giorni successivi, nonostante il trattamento farmacologico in atto, gli esami ematochimici mostravano persistente iperglicemia, con lieve miglioramento dell’equilibrio idro-elettrolitico, persistente alterazione dello stato di coscienza e persistente instabilità emodinamica con ipotensione arteriosa.
In data 22/09 veniva richiesta consulenza diabetologica; durante tale visita, a carico del piede destro veniva riscontrato un quadro di piede diabetico infetto di grado severo con piede edematoso, caldo e arrossato, presenza di escara e necrosi colliquativa del I SID e superficie plantare alla base del I e II dito, flemmone dorsale esteso fino al medio piede e sindrome del dito blu a carico del IV dito del piede destro. Veniva immediatamente eseguita escarectomia e drenaggio chirurgico plantare e dorsale del flemmone, con fuoriuscita di abbondante materiale purulento (Fig. 1) ed eseguita raccolta per esame colturale.
Nelle successive 24-48 ore osservavamo un progressivo e netto miglioramento delle condizioni sistemiche del paziente con riduzione degli indici di flogosi, stabilizzazione emodinamica, miglioramento della funzione renale e recupero degli scambi gassosi. In quinta giornata veniva rimossa ventilazione meccanica assistita e predisposto il trasferimento in degenza ordinaria per proseguire le cure del caso. La tabella 1 riporta l’andamento dei principali parametri ematochimici in corso di ricovero.
Decorso clinico: in data 29 settembre il paziente viene trasferito in un reparto di Medicina. L’esito dell’esame colturale evidenziava una duplice infezione ad opera di Streptococcus Agalatie e di Candida Krusei; sulla base dell’antibiogramma veniva confermata terapia antimicrobica in corso ed introdotta terapia con Micostatina.
Il quadro locale a carico del piede destro mostrava una regressione dei segni locali di infezione, ma la cianosi del IV dito evolveva in gangrena e gli esiti del drenaggio plantare risultavano non sufficientemente detersi o granuleggianti (Fig. 2).
La radiografia del piede non evidenziava alterazioni osteostrutturali degne di nota (Fig. 3).
Al fine di indagare la coesistenza di un quadro di ischemia a carico dell’arto inferiore interessato veniva richiesto studio ecocolordoppler arterioso, che evidenziava un quadro di arteriopatia obliterante cronica sia sopra- che sotto-poplitea con particolare stenosi a carico dell’arteria femorale superficiale dell’arto inferiore destro. Verificata dunque la stabilità dei parametri vitali e di funzionalità renale, si concordava con i chirurghi vascolari l’esecuzione di rivascolarizzazione endoluminale. La procedura, eseguita in data 1 ottobre andava a buon fine, con valido rimodellamento e ripristino di flusso vascolare a valle.
Nei giorni successivi si procedeva ad eseguire ulteriore debridement chirurgico con amputazione del IV dito, ottenendo un netto miglioramento del quadro locale (Fig. 5).
In considerazione delle difficili condizioni socio-economiche del paziente, veniva proposto trasferimento presso l’ospedale di comunità dove venivano proseguite terapia riabilitativa e medicazioni locali.
Al momento della dimissione a domicilio, in data 27/11, il paziente era in grado di deambulare con adeguato dispositivo di scarico, in attesa delle ortesi definitive. Le condizioni cliniche generali risultavano nettamente migliorate, normalizzati i profili glicemici in terapia insulinica multi-iniettiva basal-bolus e si confermava il recupero di una condizione clinica sicuramente ancora severa, ma stabile rispetto al pre-ricovero (Fig. 6).
1° QUESITO
Coma iperglicemico o coma settico?
Il nostro paziente presentava al momento del ricovero uno stato di assoluta gravità clinica per la coesistenza di due condizioni severe: la sindrome iperglicemica-iperosmolare e un quadro di piede diabetico infetto di stadio 4 secondo la Working Group on the Diabetic Foot Classification. Tali condizioni, entrambe singolarmente gravi, risultano spesso associate e reciprocamente precipitanti. Se da un lato gli stati iperglicemici cronici sono associati ad una maggiore frequenza, durata e gravità degli stati infettivi, al tempo stesso uno stato settico associato a febbre, tachicardia, disidratazione, può peggiorare una sindrome iperglicemica.
I pazienti con sepsi, ovvero manifestazione sistemica di grave stato infiammatorio e alterazione delle funzioni d’organo, sono ad alto rischio per mortalità rispetto ai pazienti con infezioni non complicate. Le alterazioni fisiopatologiche collegate alla sepsi stessa sono spesso associate ad iperglicemia e insulino-resistenza. Da un punto di vista fisiopatologico l’iperglicemia si associa a una riduzione della degranulazione neutrofila, ed è in grado di modificare espressione di citochine e chemochine infiammatorie. La ridotta capacità immunologica associata all’iperglicemia, fa sì che, nei pazienti diabetici, quadri infettivi locali avanzati possano non associarsi a sintomi da risposta infiammatoria/infettiva sistemica. Tali segni e sintomi, benché rari, quando presenti, individuano un quadro di assoluta urgenza e gravità. La stessa iperglicemia isolata ed improvvisa può rappresentare un segno di infezione grave e va indagata per favorirne il precoce riconoscimento (Tab. 2). È noto come valori di glicemia elevati in acuto ed in cronico siano associati ad una maggior incidenza e gravità degli episodi infettivi; non sono tuttavia definiti eventuali obiettivi terapeutici da adottare per evitare un aumento degli episodi infettivi e le conseguenze ad essi associate.
Quale trattamento è prioritario?
La sindrome iperglicemica iperosmolare rappresenta una complicanza acuta del diabete mellito tipo 2 associata ad elevata morbilità e mortalità. Tale sindrome, più frequente nel paziente anziano, specialmente quando sono presenti condizioni socio-economiche scadenti, può manifestarsi frequentemente all’esordio della malattia. Se non correttamente trattata, questa sindrome è gravata da un alto tasso di mortalità, che può riguardare fino al 15% dei casi, ed è per lo più legata alle conseguenze della condizione clinica precipitante piuttosto che agli effetti metabolici dell’iperglicemia acuta. La correzione della causa precipitante, che nel nostro caso è una grave infezione del piede, rappresenta un cardine della terapia, e il suo trattamento deve essere intrapreso in maniera contemporanea alla gestione dello status glicemico-osmolare.
In presenza di infezioni gravi del piede con coinvolgimento delle strutture profonde, l’incisione, il drenaggio e il debridement chirurgico rappresentano un trattamento prioritario, da eseguire il prima possibile nel tentativo di salvataggio della gamba e della vita del paziente. Il ritardo nel debridement chirurgico aumenta il rischio di amputazione prossimale.
La priorità pertanto è quella di un trattamento delle problematiche del paziente nella sua interezza e che quindi preveda una gestione multidisciplinare. da parte di professionisti diversi.
2° QUESITO
Piede diabetico infetto. Quando rivascolarizzare?
Le linee guida per la gestione e il trattamento del piede diabetico, redatte dal gruppo internazionale di lavoro sul piede diabetico, indicano e raccomandano di valutare sempre il quadro di perfusione arteriosa in un paziente con lesione ulcerativa infetta. Circa il 50% dei pazienti con un’ulcera del piede presenta un quadro di arteriopatia obliterante. Il mancato trattamento condiziona la guarigione della lesione ed è correlato ad un rischio aumentato di amputazione maggiore.
Nel caso del nostro paziente, l’esame eco-color-doppler confermava un quadro di arteriopatia obliterante degli arti inferiori con interessamento dell’arteria femorale superficiale. Lo stato infiammatorio-edematoso locale non ha consentito di valutare la tensione superficiale di ossigeno mediante ossimetria transcutanea. Il criterio che ha quindi indirizzato la scelta di una procedura di rivascolarizzazione endoluminale è stato dettato dall’arresto, dopo un’iniziale fase di stabilizzazione, dell’evoluzione positiva intrapresa dopo il primo debridement e dal contestuale recupero di una stabilità dei parametri renali, cardiaci ed epatici. Garantire un’adeguata perfusione rappresenta un cardine essenziale della terapia di una lesione ulcerativa, riducendo il rischio di amputazione Tale procedura pertanto va eseguita, quando necessaria, il prima possibile, ma sempre secondariamente al debridement chirurgico, che nelle infezioni profonde del piede rappresenta il trattamento prioritario per il salvataggio d’arto.
Conclusioni
Il miglior trattamento del piede diabetico infetto è la combinazione di varie modalità terapeutiche. Nel caso del nostro paziente, la gestione condivisa con i colleghi della Terapia Intensiva, gli infettivologi, i cardiologi, i chirurghi vascolari e la condivisione del percorso post-ricovero con i fisioterapisti ed il medico di medicina generale ha consentito una valutazione integrata e favorito il trattamento globale del paziente. Il salvataggio d’arto e la vita dipendono dalla tempestività del trattamento e dalla collaborazione tra un team multi- e interdisciplinare.
LETTURE CONSIGLIATE
1. Shetty S, Inzucchi SE, Goldberg PA et al. Conforming to the New Consensus Guidelines for ICU Management of Hypergycemia: The Update Yale Insulin Infusion Protocol. American Diabetes Association 71st Scientific Session, San Diego.
2. Standard di Cura Italiani del Diabete Mellito 2014. AMD-SID.
3. Trialogue. La gestione dell’iperglicemia in area medica. Istruzioni per l’uso. FADOI. AMD. SID: 2012.
4. Pearson-Stuttard J, Blundell S, Harris T, Cook DG, Critchley J. Diabetes and infection: assessing the association with glycemic control in population-based studies. Lancet Diabetes Endocrinol 4(2): 148-158, 2016.
5. Lonneke A van Vught, Maryse A Wiewl, Petere M.C: Klein K., et al. Admission hyperglycemia in critically III sepsis patients: association with outcome and host response. Critical Care Medicine 44(7): 1338-1346, 2016.
6. Ali NA, O’Brein JM Jr, Dungan K, Philips G,Phillips G, Marsh CB, Lemeshow S, Connors AF Jr, Preiser JC. Glucose variability and mortality in patients with sepsis. Crit Care Med 36(8): 2316-2321, 2008.
7. Prompers L, Schaper N, Apelqvist J, Edmonds M, Jude E, Mauricio D, Uccioli L, Urbancic V, Bakker K, Holstein P, Jirkovska A, Piaggesi A, Ragnarson-Tennvall G, Reike H, Spraul M, Van Acker K, Van Baal J, Van Merode F, Ferreira I, Huijberts M . Prediction of outcome in individuals with diabetic foot ulcers: focus on the differences between individuals with and without peripheral arterial disease. The EURODIALE Study. Diabetologia 51(5): 747-755, 2008.
8. Armstrong DG, Lavery LA, Harkless LB. Validation of a diabetic wound classification system. The contribution of depth, infection, and ischemia to risk of amputation. Diabetes Care 21(5): 855-859, 1998.
9. Pickwell K, Siersma V, Kars M, Apelqvist J, Bakker K, Edmonds M, Holstein P, Jirkovská A, Jude EB, Mauricio D, Piaggesi A, Reike H, Spraul M, Uccioli L, Urbancic V, van Acker K, van Baal J, Schaper N. Predictors of lower-extremity amputation in patients with an infected diabetic foot ulcer. Diabetes Care 38(5): 852-857, 2015.
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