Rubrica Aggiornamento dalla letteratura a cura di Francesco Giorgino
Dipartimento dell’Emergenza e dei Trapianti di Organi, Sezione di Medicina Interna, Endocrinologia, Andrologia e Malattie Metaboliche, Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”
ARTICOLO N. 1
Advances in Risk Prediction of Type 2 Diabetes: Integrating Genetic Scores With Framingham Risk Models – Avanzamenti nella predizione del rischio di sviluppare diabete mellito di tipo 2: integrazione degli score genetici con i modelli di rischio di Framingham
Brendan J. Keating.
Diabetes 2015; 64:1495-1497.
L’identificazione di soggetti a rischio di diabete di tipo 2 è particolarmente importante per poter attuare una efficace prevenzione. Diversi studi clinici hanno dimostrato che i familiari magri di pazienti con diabete mellito di tipo 2 sembrerebbero essere più insulino-resistenti rispetto ai familiari magri di soggetti non diabetici. È stato anche ipotizzato che questa predisposizione possa essere in parte legata al DNA mitocondriale che riduce l’efficienza dell’ossidazione del glucosio e degli acidi grassi, portando a condizioni di lipotossicità e di accumulo di lipidi nelle cellule muscolari scheletriche. Grazie all’avanzamento delle tecnologie, agli studi di aggregazione e alle meta-analisi su larga scala di studi di associazione genome-wide, ad oggi sono stati identificati più di 70 loci e di questi solo il 10% circa è in grado di spiegare la varianza genetica del diabete mellito di tipo 2. Negli ultimi cinque anni si è cercato di integrare lo score di rischio genetico (GRS, genetic risk score) con gli score convenzionali per il diabete mellito di tipo 2 come il FORS (Framingham offspring risk score). La predizione del rischio di malattia può essere migliorata integrando il GRS con i modelli statistici convenzionali e questo potrebbe essere di utilità clinica per identificare precocemente i soggetti ad alto rischio, in particolare quelli con BMI più basso o che non presentano i tradizionali fattori di rischio non genetici. Come si può osservare nella tabella 1 sono stati condotti diversi studi.
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Nel 2008, la prima analisi GRS nello studio FOS (Framingham Offspring Study) ha utilizzato 18 polimorfismi a singolo nucleotide (SNP) in 2377 partecipanti non diabetici seguendoli per 28 anni: nel corso del follow-up 225 soggetti hanno sviluppato il diabete. È stato riscontrato un modesto ma significativo rischio relativo di incremento del 12% di incidenza di malattia per allele di rischio. Indipendentemente dallo score FORS, i soggetti che possedevano un GRS con punteggio più elevato (>21) rispetto a quelli con punteggo inferiore a 15 presentavano un aumento del rischio di diabete. Un altro studio ha utilizzato un approccio simile utilizzando 16-SNP: in questo studio il GRS mostrava un lieve miglioramento nella predizione di incidenza del diabete tipo 2 quando confrontato con uno score di soli fattori di rischio clinici.
Un altro studio è stato condotto da de Miguel-Yanes et al. con un periodo di follow-up più lungo sulla popolazione dello studio FOS, in cui 446 soggetti sviluppavano la malattia diabetica dopo 34 anni. È stato utilizzato uno score con 40-SNP ed è stato dimostrato che tale metodo era efficace per predire il rischio nei soggetti con età <50 anni ma nei soggetti con età >50 anni. Vassy et al., recentemente hanno ri-analizzato gli stessi dati dello studio FOS già analizzati da de Miguel-Yanes et al. nel 2011 completandoli con i risultati provenienti dai soggetti partecipanti allo studio CARDIA (Coronary Artery Risk Development in Young Adults) e utilizzando un modello aggiornato con 62-SNP. In questa nuova analisi è stato dimostrato un modesto incremento della predizione del diabete tipo 2. Questi studi suggeriscono che il GRS potrebbe essere più utile nei soggetti più giovani probabilmente perché il diabete che colpisce questi soggetti potrebbe essere più strettamente legato a determinanti genetiche.
Un recentissimo studio del 2015 di Talmud et al. ha potenziato il ruolo del GRS utilizzando 65 varianti e ne ha esaminato l’impatto sul rischio di diabete mellito di tipo 2 in 7 studi prospettici del consorzio UK-based UCLEB (University College London-London School of Hygiene and Tropical Medicine-Edinburgh-Bristol). Dei 13.294 soggetti che all’inizio dello studio non erano diabetici, 804 hanno sviluppato il diabete di tipo 2 dopo circa 10 anni di follow-up. Anche i risultati di questo lavoro mostrano che l’aggiunta del GRS è in grado di discriminare meglio il rischio di diabete di tipo 2.
In conclusione, sebbene l’aggiunta del GRS sicuramente apporti un miglioramento nella predizione del rischio di insorgenza di diabete, l’utilità clinica deve essere ancora determinata su scala nazionale (alla luce dei costi, del rapporto costo-beneficio ecc.). In ogni caso, l’utilizzo dell’analisi genetica apporterebbe benefici soprattutto per quelle popolazioni ad alto rischio come i soggetti magri a rischio di diabete di tipo 2, che potrebbero così non presentarsi alle prime cure quando la malattia è già nelle fasi più avanzate.
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