Salvatore Piro
Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università degli Studi di Catania
INTRODUZIONE
Nel 1921 Banting e Best, somministrando un estratto pancreatico ad un cane reso diabetico, riuscivano a prevenire l’imminente morte dell’animale correggendone le profonde alterazioni metaboliche derivanti dall’assenza di pancreas (1). Questo esperimento ha cambiato la storia; loro erano coscienti che nell’estratto pancreatico era presente un fattore, successivamente noto come insulina, in grado di prevenire la morte dell’animale ma non avevano sicuramente coscienza che per oltre 100 anni nessuno avrebbe mai osato pensare in maniera differente rispetto alla loro visione. Dal 1921 il diabete si associa all’insulina, ridotta nei livelli o nell’azione, e tutto il resto seppur importante ci è sembrato secondario. Questa visione assolutamente corretta ha condizionato ogni sforzo degli scienziati, ogni investimento delle case farmaceutiche e ogni speranza dei pazienti diabetici. Il suggello del successo e della corretta interpretazione di questi risultati avveniva nel 1923 con la consegna del premio Nobel agli autori per la conferma delle loro visioni, avendo riprodotto i dati ottenuti sul cane anche nell’uomo. In quegli anni anche un bambino con diabete di tipo 1 veniva trattato e salvato dall’estratto pancreatico contenente la sostanza “insulina”. Il 1923 era l’anno in cui qualunque altra acquisizione fosse giunta, sarebbe arrivata in ritardo e pertanto sarebbe potuta apparire solo di supporto o di disturbo alla precedente. Il primo network era già disegnato ed i due elementi identificati, glucosio e insulina, bastavano per spiegare le basi fisiopatologiche del diabete. Non serviva ricordarsi che l’intestino era stato già descritto ed identificato nel 1902 come un organo capace di produrre fattori con capacità ormonale, le secretine (2), in grado di interagire con l’omeostasi del glucosio, così come a nulla servì la scoperta del secondo ormone prodotto dalle isole di Langerhans, il glucagone. Quest’ultimo, seppur capace di contrastare l’eccessivo effetto dell’insulina, poteva solo supportare da gregario i successi e gli insuccessi dell’insulina.
Ripercorrere queste tappe critiche per la storia della medicina, alla luce delle nostre attuali conoscenze, a mio avviso, appare sconvolgente. Dietro questi particolari eventi è presente la storia recente della medicina, lo spirito umano, l’avanzamento culturale ed il pericolo del condizionamento. Chi è capace di spingersi oltre le colonne di Ercole non deve farlo usando un navigatore satellitare. L’avvento delle incretine e del GLP-1 nella pratica clinica ha permesso di tornare indietro fino a queste scoperte e la rilettura non più in chiave “insulino-centrica” ha fornito elementi che fanno dubitare dei punti cardine forgiati da Banting e Best nel 1921. Oggi, pensando all’isola pancreatica, nessuno la assimilerebbe più alla sola cellula beta così come pensando al glucagone nessuno riporterebbe alla memoria la sola capacità di correggere una crisi ipoglicemica. L’isola pancreatica è composta da popolazioni cellulari differenti capaci di interagire tra loro per coordinare le necessità metaboliche dell’organismo ma è anche un organo endocrino in grado di rappresentare uno spettro cellulare con origini embriologiche differenti. La comune origine embrio-staminale delle cellule che compongono l’isola di Langerhans mantiene aperti filoni di ricerca della medicina rigenerativa che rappresentano avanguardie culturali, sia per il diabete mellito che per altre patologie cronico-degenerative dell’organismo umano. Queste cellule dell’isola, inoltre, sono fortemente influenzate e condizionate nella funzione dagli ormoni prodotti dall’intestino e tra questi in particolare dal GIP (Glucose-dependent Insulinotropic Polypeptide, noto anche come Gastric Inhibitory Polypeptide) e dal GLP-1 (Glucagon-Like Peptide 1), fino al punto che in certe condizioni riescono loro stesse a produrre localmente alcuni di questi ormoni. La produzione all’interno dell’isola di questi ormoni intestinali potrebbe servire come base per il coordinamento secretorio delle cellule di Langerhans o come stimolo maturativo o trans-differenziativo di queste cellule verso popolazioni più utili al supporto secretorio, in funzione dei fabbisogni di alcuni particolari momenti dell’organismo (obesità, gravidanza, stress metabolici o infiammatori). L’aspetto che però appare sorprendente sta nel fatto che sia l’isola pancreatica sia le cellule endocrine intestinali condividono apparati di produzione ormonale simili in grado di far produrre di volta in volta ormoni intestinali a livello pancreatico o viceversa. Questi particolari aspetti, noti da molti anni e riscoperti recentemente, permettono di speculare su nuove prospettive fisiopatologiche e consentono di dubitare dei punti fissi sui quali poggiamo le nostre certezze. “Seguir virtute e conoscenza” potrebbe servire come guida per ricalcolare il percorso in assenza di navigatore, oltre le colonne di Ercole.
[protected]
>Scarica l’articolo in formato PDF
RILEGGIAMO LA STORIA DIABETOLOGICA PARTENDO DAL GLUCAGONE
Nel 2011 il gruppo di Unger, forte sostenitore del ruolo del glucagone nella patogenesi del diabete, ha prodotto una serie di dati su modelli murini in grado di mettere in dubbio la storia diabetologica degli ultimi 100 anni (3-4). Gli autori di questi esperimenti riuscivano a prevenire la comparsa del diabete in topi trattati con streptozotocina, agente tossico per le beta cellule pancreatiche, tramite il blocco dei recettori per il glucagone. In particolare, tramite opportune procedure, in questi esperimenti si ottenevano topi assolutamente privi del recettore del glucagone (GcgR -/-). In questo modello dove era annullata l’azione del glucagone, il fenotipo clinico era paragonabile ai topi normali (wild type). Come atteso in questi animali transgenici era riscontrabile una maggiore presenza delle cellule alfa pancreatiche, sia come numero sia come dimensione, ed era presente inoltre un aumento dei livelli circolanti di GLP-1. Questi due gruppi di topi, i wild type e quelli senza l’azione del glucagone, mostravano livelli di insulina plasmatica paragonabili. Il risultato sorprendente appariva quando ai due gruppi di topi veniva selettivamente distrutta la popolazione delle beta cellule tramite somministrazione di streptozotocina. Dopo il trattamento, i topi wild type mostravano iperglicemia progressiva, poliuria intensa, polidipsia e morte dopo alcuni giorni. Sorprendentemente invece i topi mancanti del recettore per il glucagone GcgR -/- non risentivano dell’effetto della somministrazione di streptozotocina; nessun fenotipo di tipo diabetico era osservabile fino a 12 settimane dopo il trattamento. Inoltre, poiché giustamente si potrebbe immaginare una parziale presenza di beta cellule residue, i due gruppi di topi venivano sottoposti a curva da carico orale di glucosio (2g/Kg). In questo ulteriore esperimento, che prevedeva la misurazione della glicemia e dell’insulinemia, si dimostrava che, sebbene i livelli di insulina erano non misurabili, l’andamento della glicemia era invece paragonabile a quella dei topi non trattati. Questi dati indicano quindi che, almeno nel topo, in assenza di insulina, il diabete non compare se l’azione del glucagone viene bloccata. Un anno dopo lo stesso gruppo, a conferma dei risultati sorprendenti ottenuti, produceva ulteriori dati negli stessi modelli (4). In questi nuovi esperimenti gli autori, tramite infezione transiente (della durata di circa 8 settimane) con adenovirus, riuscivano a ripristinare la presenza del recettore del glucagone nei topi che ne erano privi. La presenza del recettore del glucagone, ripristinando l’azione dell’ormone, determinava comparsa di diabete. Dopo le 8 settimane, al cessare dell’azione dell’infezione, scomparendo il recettore del glucagone, scompariva anche l’iperglicemia. Questi dati, troppo poco citati nel mondo diabetologico, indicano in maniera inequivocabile che, anche in assenza di insulina, è il glucagone che determina e sostiene l’iperglicemia del diabete. In altri termini, l’assenza di insulina, anche totale, in questi modelli murini appare come un disordine silente se viene bloccata l’azione del glucagone.
La lettura di questi dati, ben scritti e presentati, rappresenta un’esperienza che andrebbe fatta da ognuno di noi. La consequenzialità con cui i dati vengono presentati solleva forti dubbi sulle nostre “fisse e sicure” conoscenze. Mai ci verrebbe in mente di pensare ad altro trattamento, oltre che all’insulina, in diabetici insulino-privi. In questi modelli murini, geneticamente costruiti, un razionale nuovo viene sostenuto e dimostrato, anche se non autorizza nessun clinico a cambiare in atto le modalità di trattamento del diabete insulino-privo. Poi però, riflettendo nelle ore e nei giorni successivi ci si accorge che modelli simili sono possibili anche nell’uomo; per esempio i pazienti con pancreatite che presentano massiva distruzione della parte endocrina dell’organo. Questi pazienti, che perdono parte dell’organo esocrino e risultano quasi completamente privi nella produzione pancreatica di insulina e di glucagone, perché diventano diabetici? E perché inoltre possiamo trattare questi pazienti solo utilizzando insulina esogena? Quello descritto da Unger è solo un fenomeno tipico dei modelli murini o ci sfugge qualche particolare? Nei prossimi paragrafi potrebbero trovarsi elementi utili per provare a rispondere a questi quesiti.
QUALCHE INFORMAZIONE SULL’INTESTINO
Gli anni Settanta sono ricchi di letteratura riguardante il ruolo dell’intestino come organo endocrino. In questi anni sono stati prodotti dati molto interessanti, anche da gruppi italiani, che alla luce delle nostre attuali conoscenze sulle incretine acquistano interesse notevole (5). In questo periodo per esempio è stato evidenziato come preparati di intestino di cane e di uomo contenevano sostanze in grado di interagire con anticorpi anti-glucagone (6). La purificazione di queste sostanze, con le tecniche disponibili in quegli anni, restituiva informazioni che lasciavano spazio a future scoperte; se per certo veniva identificato il glucagone come ormone presente nel fondo gastrico del cane, nel duodeno e nel colon, altri peptidi simili al glucagone venivano messi in evidenza dalla cross-reattività anticorpale, e necessitavano di ulteriori verifiche e validazioni che però in quegli anni non erano possibili. Oggi avremmo per certo riconosciuto in queste sostanze il GLP-1 ed avremmo chiuso il cerchio lasciato aperto dagli autori di questi lavori. Questa introduzione al problema si rende necessaria poiché oggi è documentato con certezza che l’intestino anche dell’uomo produce glucagone e che questo ormone prende origine dal proglucagone. Il proglucagone inoltre nel 1983 (7) è stato meglio caratterizzato ed è stato descritto che all’interno della sua sequenza aminoacidica sono contenuti non solo GLP-1 e glucagone, ma anche Oxintomodulina, GLP-2, Glicentina e molti altri frammenti ancora poco conosciuti e dei quali il significato non è ancora noto (Fig. 1).
Si sa inoltre che l’azione specifica di enzimi di clivaggio determina il risultato finale e la resa degli ormoni in esso contenuti. Per esempio oggi sappiamo l’enzima PC2, noto come (Pro-ormone Convertasi 2) a livello pancreatico escinde dal proglucagone il glucagone, mentre PC1/3 (Pro-ormone Convertasi 1/3) a livello intestinale taglia il frammento noto come GLP-1. Il glucagone, quindi, non è solo un ormone prodotto dalle cellule alfa pancreatiche con funzione iperglicemizzante, utile per contrastare le ipoglicemie e per supportare l’insulina, ma è anche prodotto dall’intestino dei mammiferi. Questo aspetto, oltre che rappresentare una frontiera di ricerca del tutto aperta, potrebbe spiegare parte dei quesiti che avevamo lasciato in sospeso nel paragrafo precedente. I soggetti con pancreatite, secondo la lezione che deriva dal modello murino, in assenza di isole pancreatiche, diventano diabetici perché continuano a produrre glucagone dall’intestino. Inoltre il proglucagone contiene al suo interno peptidi e frammenti in atto non ben caratterizzati ed il loro ruolo potrebbe fornire informazioni utili, non solo per la fisiopatologia del diabete. Ricordo inoltre che nel modello murino citato nel paragrafo precedente i topi in cui l’azione del glucagone era annullata, mostravano forse in maniera compensatoria, un aumento non spiegato dei livelli circolanti di GLP-1. Questo fenomeno è da spiegarsi come un aumento compensatorio della sintesi dell’intera molecola del proglucagone o come un aumento “anti-iperglicemico” per contrastare l’assenza di insulina? Questi aspetti ad oggi non sono descritti o non sono definitivi nella comprensione e nell’interpretazione.
NETWORK TRA ORMONI GASTRO-INTESTINALI NOTI
L’esempio del proglucagone rappresenta un paradigma che ci impegnerà per molti anni. Gli ormoni in esso contenuti, gli stimoli per la sintesi o l’inibizione, i sistemi di clivaggio o di inattivazione offrono spunti per ricerche, non solo in ambito diabetologico. L’aspetto però che maggiormente stimola il sottoscritto sta nel fatto che tra questi ormoni, intestinali e pancreatici, esiste un sistema di connessione e di comunicazione che è percepibile, ma che in atto sfugge ai nostri occhi ed alle nostre regole. Oltre al modello murino prodotto da Lee e dal gruppo di Unger, in cui inibendo l’azione del glucagone aumentava la biosintesi ed i livelli circolanti di GLP-1, altri modelli hanno confermato questa reciprocità di comportamento (Fig. 2).
Un altro modello per esempio, in cui oltre all’azione del glucagone veniva inibita anche l’azione del GLP-1, ha apportato informazioni preziose. In questo modello, senza azione del glucagone e senza GLP-1, veniva dimostrato il mantenimento della tolleranza ai carboidrati, un’aumentata sensibilità all’azione del GIP, un aumento dell’azione della colesistochinina (Cck) ed un aumento di fattori “incretino simili” probabilmente derivanti dal proglucagone, prodotti forse dalle cellule endocrine intestinali (8). A conferma dell’interazione, più o meno apparente, tra cellule endocrine intestinali e pancreas contribuisce un altro modello murino, in cui questa volta, sempre in maniera elegante viene annullata selettivamente sia l’azione del GLP-1 che del GIP (doppio Knock-Out) (9). In questo modello, in assenza dell’azione dei due ormoni gastrointestinali più noti per l’omeostasi glicemica, si assisteva ad un aumento compensatorio di molti ormoni derivanti del proglucagone. Questi modelli murini sollevano importanti riflessioni sia sulle nostre conoscenze attuali, sia sulle modalità di trattamento del soggetto con diabete. Recentemente queste osservazioni appena descritte, ottenute su modelli murini, hanno trovato riscontro anche nell’uomo. Un gruppo australiano ha valutato il comportamento degli ormoni gastrointestinali, almeno quelli ad oggi dosabili, in soggetti con precedente pancreatite (10). Gli autori, pur ponendo l’attenzione su aspetti più prettamente gastroenterologici e sulla modificazione della flora batterica intestinale, hanno tuttavia evidenziato come possa modificarsi l’equilibrio ormonale intestinale in corso di pancreatite e come gli ormoni ad oggi noti necessitano di una revisione sistematica nella comprensione del loro significato. In questo lavoro l’Oxintomudulina per esempio, più di altri ormoni era in grado di regolare, sia l’equilibrio di altri ormoni intestinali (Glicentina e VIP in particolare), sia l’omeostasi metabolica dei soggetti esaminati. Gli autori inoltre aprono spunti di ricerca sottolineando che questi ormoni, impropriamente noti come prodotti dall’intestino, sono sintetizzati e secreti anche a livello cerebrale; l’interazione intestino-cervello-pancreas deve oramai essere considerata nella visione moderna del diabete e della medicina.
NETWORK ALL’INTERNO DELL’ISOLA PANCREATICA
Per comprendere le dinamiche di interazione tra intestino e pancreas bisogna prima soffermarsi sulle comunicazioni cellulari presenti all’interno dell’isola pancreatica. Nel 1975, dopo 54 anni dalla scoperta del ruolo dell’insulina, Roger Unger e Lelio Orci pubblicavano su Lancet un articolo in cui veniva evidenziato e riconosciuto il ruolo essenziale del glucagone nella patogenesi del diabete (11). All’inizio degli anni Settanta una quantità di lavori a firma sempre di Unger descrivevano l’importanza del glucagone, il ruolo dell’insulina, l’interazione con le cellule beta producenti l’insulina, il controllo da parte della somatostatina sia dell’insulina che del glucagone e la similitudine del glucagone con alcuni ormoni gastro-intestinali, chiamati allora “enteroglucagon” (12-16). Questi articoli hanno visto una seconda primavera negli ultimi anni, in seguito alla caratterizzazione dell’effetto incretinico nell’uomo e successivamente all’utilizzo del GLP-1 per il trattamento dell’iperglicemia nel diabete. Rileggere ai nostri giorni questi articoli ha un sapore paragonabile alla lettura dei filosofi naturalisti del V secolo a.C. Con le conoscenze di allora e con le tecniche di indagine in loro possesso gli autori avevano identificato punti critici della fisiopatologia del diabete. La cellula beta pancreatica è quella più rappresentata all’interno dell’isola e produce l’insulina in seguito agli stimoli provenienti dal cibo; l’aumento dei livelli plasmatici di glucosio, proteine e grassi inducono maggior rilascio di insulina, mentre gli stimoli provenienti dal digiuno e la riduzione dei livelli di glicemia circolante riducono la secrezione dell’ormone. Gli stessi stimoli condizionano la secrezione di glucagone da parte della cellula alfa pancreatica (Fig. 3).
In particolare la cellula alfa risente degli aumenti post-prandiali di glucosio e dei livelli di insulina che aumentano in seguito all’ingestione di cibo; queste condizioni inibiscono la secrezione di glucagone fisiologicamente, mentre al contrario l’ipoglicemia e la mancata presenza di insulina ne stimolano la secrezione di questo secondo ormone. Nei pazienti con diabete mellito è stato dimostrato, già a partire dagli anni Settanta, che la cellula alfa risulta non responsiva a queste variazioni metaboliche; per esempio l’iperglicemia e l’aumento dei livelli di insulina non riescono a bloccare la secrezione di glucagone (Fig. 4) e la conseguente iper-glucagonemia determina e sostiene l’iperglicemia nel diabete.
Questi aspetti di fisiologia e di fisiopatologia hanno ricevuto attenzione in seguito alla scoperta che il GLP-1 agisce anche a questo livello. Somministrando GLP-1 in pazienti diabetici i livelli di glucagone si riducono in corso di iperglicemia, mentre addirittura la secrezione viene potenziata in risposta all’ipoglicemia (17). La capacità di rendere più sensibile l’interazione tra cellule all’interno dell’isola ha aperto campi di ricerca nuovi, nel tentativo di comprendere le regole dell’interazione cellula-cellula e successivamente all’interno della rete di interazioni dell’organismo. La cellula alfa è una cellula molto simile alla cellula beta; condivide con quest’ultima l’apparato di secrezione, canali ionici, fattori di trascrizione e morfologia. Queste caratteristiche derivano dal fatto che, come già detto, la loro origine embriologica è comune. La cellula alfa tuttavia dal punto di vista differenziativo è una cellula meno specializzata e più “instabile” dal punto di vista genetico ed epigenetico (18). Questa caratteristica la rende più interessante poiché in certe condizioni può smettere di funzionare come cellula producente glucagone e abilitarsi alla trasformazione verso cellule di supporto, simil-staminali, o verso cellule maggiormente differenziate quali le cellule beta. È stato dimostrato che in condizioni di estrema distruzione beta cellulare (oltre il 99%) indotta dalla streptozotocina, in modelli murini, le cellule alfa presenti nell’isola riescono a ripopolare di beta cellule le isole pancreatiche (19). Queste evidenze, di estrema utilità per la medicina rigenerativa, hanno deviato l’attenzione, prima rivolta solamente alle beta cellule, anche verso questa seconda popolazione. Oggi è noto che le condizioni che determinano danno metabolico alle cellule beta, e tra questi la lipotossicità, sono in grado di alterare la funzione anche delle cellule alfa. L’esposizione cronica di cellule alfa ad elevati livelli di palmitato inducono insulino-resistenza cellulo-specifica e potrebbero essere alla base della irresponsività di queste cellule all’aumento di insulina e glucosio (20). La scoperta di maggiore interesse riguarda tuttavia il fatto che le cellule alfa in certe condizioni metaboliche sono in grado di produrre esse stesse GLP-1 (21). Questa condizione deriva dal fatto che possiedono il gene del proglucagone, sono in grado di sintetizzare proglucagone ed inoltre sono capaci di escindere dal peptide oltre che il glucagone (tramite PC2) anche il GLP-1. Quest’ultimo ottenuto dal clivaggio tramite l’enzima PC1/3 è stato identificato sia in isole di modelli murini che in isole umane (22). La produzione di GLP-1 all’interno dell’isola potrebbe avere funzioni di controllo secretorio ormonale, non solo per l’insulina, ma anche di supporto per il mantenimento dell’identità cellulare, per il supporto differenziativo delle cellule staminali ivi presenti o per impedire danni tossici o metabolici che possono raggiungere l’isola. È noto infatti che il GLP-1, almeno in modelli murini, protegge l’isola pancreatica dal danno e dalla morte. Oltre la cellula alfa e la cellula beta pancreatica, all’interno dell’isola sono presenti altre tipologie cellulari; in ordine di nomenclatura sono presenti le cellule delta producenti somatostatina, le cellule PP producenti polipeptide pancreatico, note anche come cellule F, e le cellule epsilon producenti Ghrelina. Altre cellule, meno caratterizzate, sono presenti all’interno dell’isola e potrebbero rappresentare popolazioni in fasi differenziative precoci, o cellule non meglio caratterizzabili dalle attuali metodologie e conoscenze disponibili. Per esempio, al riguardo delle cellule positive per Ghrelina, queste sono presenti solo in alcune isole pancreatiche e potrebbero rappresentare momenti maturativi differenti dell’isola ed essere di supporto per il mantenimento dell’architettura dell’isola pancreatica. L’ormone Ghrelina inoltre, tipico di alcuni tessuti quali stomaco, placenta, ipofisi, tiroide e testicolo, nell’isola pancreatica è stato identificato in co-localizzazione con l’insulina e con il glucagone. Comprendere la funzione di queste cellule, il ruolo di questi ormoni apparentemente minori e la loro variazione in seguito ai disordini correlati al diabete, potrebbe apportare informazioni importanti per la fisiopatologia del diabete e per le strategie terapeutiche possibili.
PROVE DI COMUNICAZIONE INTESTINO CHIAMA ISOLA
Tra le azioni note del GLP-1 e degli analoghi/agonisti recettoriali a nostra disposizione viene riportata l’azione di modulazione sulla secrezione del glucagone. A questo punto della nostra storia si potrebbe cominciare a comprendere l’importanza di questo aspetto. Tuttavia ad oggi la prova di una azione diretta del GLP-1 sulla cellula alfa pancreatica manca. Sebbene l’azione modulatrice sulla secrezione del glucagone viene universalmente riconosciuta, la prova certa della presenza del recettore per il GLP-1 sulla cellula alfa pancreatica risulta dubbia. Esistono lavori scientifici che escludono tale presenza e altri lavori che invece trovano questo recettore espresso, sebbene in una sottopopolazione di cellule alfa. Nel tentativo di comprendere questo aspetto specifico sono state valutate le azioni del GLP-1 sulle popolazioni dell’isola che con certezza possiedono tale recettore; tra questi le cellule PP. Questa popolazione cellulare nelle isole umane è collocata in prossimità dei capillari sanguigni dell’isola e risulta in grado di influenzare sia la secrezione di insulina che di glucagone. Il polipeptide pancreatico inoltre sembra poter influenzare, oltre che la secrezione ormonale dell’isola, anche funzioni intestinali quali la motilità ed il grado di riempimento (23-24). Recentemente Chia e collaboratori hanno dimostrato che le cellule PP possiedono recettori sia per il GLP-1 che per il GIP (25). L’azione diretta di questi ormoni sulla secrezione del polipeptide pancreatico potrebbe rappresentare un legame di comunicazione tra intestino e pancreas e condizionerebbe la secrezione finale dell’isola pancreatica (Fig. 5).
Sebbene la presenza del recettore per il GLP-1 sulle cellule alfa appare dubbia, quella per il recettore del GIP invece è certa sia per le cellule alfa, che per le beta e per le cellule PP. Il GIP quindi rappresenta un mediatore intestino-pancreas di importanza fondamentale. A testimonianza di questo aspetto un lavoro recente del gruppo di Donath analizza e descrive questa interazione in modelli sperimentali murini ed umani (26). Gli autori di questo studio dimostrano che il GIP promuove e facilita la secrezione intestinale di GLP-1 ed inoltre evidenziano come il GIP funga da mediatore nei rapporti di comunicazione tra intestino e pancreas. Il GIP, in questa analisi, induceva produzione intra-isola di interleuchina-6 (IL-6) da parte delle cellule alfa. L’IL-6 a sua volta determinava produzione di GLP-1 e insulina. Questi risultati quindi potrebbero voler dire che, ancor prima che il GLP-1 giunga dall’intestino, il GIP potrebbe preparare l’isola alla sua azione. Inoltre l’infiammazione e la produzione di citochine potrebbero giocare un ruolo per la produzione intra-isola di GLP-1, per la sua azione di stimolo ormonale e forse per il supporto al mantenimento dell’identità e per la differenziazione delle cellule dell’isola. La perdita dell’azione del GIP sull’isola, così come già dimostrato in soggetti prediabetici, potrebbe inoltre precedere la perdita dell’effetto incretinico concepito in chiave GLP-1 indotta e potrebbe rappresentare un marcatore di danno precoce da ricercare nella popolazione a rischio (25, 27). Quando le cellule dell’isola diventano irresponsive agli ormoni intestinali, sia quelli prodotti dall’intestino che quelli prodotti localmente, potrebbero perdere la loro identità funzionale e da questo potrebbe derivare una perdita della normale architettura dell’organo endocrino come da noi inteso (Fig. 6).
ALTRE VIE DI COMUNICAZIONE
Soffermandosi a riflettere sul GLP-1, la prima cosa che ci colpisce sta nel fatto che questo ormone viene prodotto a livello intestinale da parte delle cellule L. Queste cellule sono maggiormente presenti nella parte distale dell’intestino e sono collocate in prossimità di grandi quantità di inibitori della sua azione, le di-peptidil-peptidasi di tipo 4 (DPP-IV). Appena il GLP-1 viene prodotto, immediatamente dopo viene quasi completamente degradato. Inoltre, affinché una sostanza ingerita dalla bocca possa raggiungere il colon devono trascorrere delle ore; questo sicuramente scoraggia il pensiero che la secrezione rapida del GLP-1 post-ingestione di cibo possa essere solamente sostenuta dalle cellule L intestinali del colon. Inoltre manca il sistema certo di comunicazione colon-isola; sarà di tipo endocrino? Nervoso? Urge quindi la necessità di ricalcolare il percorso. Tra le conoscenze a nostra disposizione, oltre l’acquisizione che l’isola è in grado di produrre localmente GLP-1, recentemente è stato dimostrato che anche i frammenti dei peptidi di connessione che vengono rilasciati dall’inattivazione del GLP-1 e del GIP possano essi stessi fungere da mediatori di comunicazione. È stato dimostrato che questi di-peptidi possano fungere da mediatori con il sistema nervoso centrale, utilizzando afferenze vagali e recettori epatici collocati in prossimità della vena porta. L’esistenza di questa comunicazione tra cellule endocrine intestinali, fegato e sistema nervoso, le conseguenti influenze sulla secrezione pancreatica endocrina e sull’omeostasi glicemica, solleva l’esistenza di un asse di comunicazione in atto noto come “gut-brain-neural-pancreas axis” (28-30). Queste nuove acquisizioni permettono di far riconsiderare anche il razionale della terapia con inibitori di DPP-4; questi farmaci potrebbero avere anche ruoli di influenza nei sistemi di comunicazione tra intestino, cervello ed isola che supererebbero la loro semplice azione rivolta verso l’aumentando i livelli di GIP e GLP-1 circolanti. Questa classe farmacologica potrebbe quindi possedere potenzialità positive che sono ancora da scoprire.
ASSE INTESTINO-ISOLA
Quanto fin qui esposto rafforza significativamente l’idea che gli ormoni prodotti a livello intestinale esercitino azioni critiche sia per la funzione che per l’integrità dell’isola pancreatica. Inoltre, appare chiaro che tali azioni siano bi-direzionali e che anche gli ormoni pancreatici influenzino l’intestino. Il glucagone in particolare, prodotto sia dall’isola che dalle cellule endocrine intestinali, rappresenta la congiunzione tra i due sistemi. Il GLP-1 ed il GIP sono tra gli ormoni gastrointestinali maggiormente studiati ed è nota la loro azione sulla secrezione ormonale, sulla funzione e sulla sopravvivenza cellulare dell’isola. L’importanza di questa reciproca interazione è dimostrata dall’esistenza di modelli murini in cui è stato possibile isolare l’effetto di un singolo ormone o di azioni ormonali multiple; in questi modelli è stata evidenziata l’azione difettiva sulla risposta secretoria pancreatica e sull’omeostasi glicemica ed inoltre è stato possibile ottenere avanzamenti culturali per la comprensione della patogenesi del diabete. Tuttavia, gli ormoni gastrointestinali sono molteplici, oltre 20 ad oggi identificati, ed inoltre la loro degradazione, come è noto, genera peptidi con funzioni metaboliche attive. Questo nuovo aspetto pone questioni aperte e rende insicure le nostre certezze; per esempio è fuor di dubbio che dal proglucagone deriveranno nuovi mediatori non solo dell’omeostasi glicemica. Nei prossimi anni, dunque, bisognerà comprendere il ruolo di ormoni oggi noti solo per svolgere funzioni meccaniche per l’intestino.
Tra questi per esempio la colecistochinina (CCK) o la gastrina. La CCK, rilasciata dalle cellule I del duodeno, sembra avere un ruolo importante nel mantenimento del tono secretorio basale dell’insulinica e del glucagone (31-33); la gastrina invece, prodotta dalle cellule G dello stomaco e del duodeno, è stato dimostrato essere coinvolta in fenomeni differenziativi, trans-differenziativi e di neogenesi di precursori duttali verso beta cellule pancreatiche (34; 35). Inoltre, oltre agli ormoni in grado di stimolare la secrezione insulinica, noti come “incretine”, comincia ad emergere anche il ruolo di nuovi fattori con azione opposta, le “decretine”. Queste sostanze, la limostatina o la Neuromedina U (NmU) per esempio, sarebbero prodotte durante il digiuno e avrebbero un’azione inibente sulla secrezione di insulina. La Neuromedina U è stata identificata principalmente a livello dell’utero, da qui la lettera U; oggi è nota la sua ampia espressione a livello dell’intestino ed appare coinvolta nelle comunicazioni tra intestino e cervello. Recettori per NmU sono stati anche identificati a livello delle isole pancreatiche lasciando immaginare anche a questo livello un ruolo di modulazione secretoria (31, 36-38). Questo quindi lascia aperta la strada per future acquisizioni riguardanti il ruolo degli ormoni gastrointestinali nell’interazione con l’isola pancreatica e viceversa.
CONCLUSIONI E PROSPETTIVE FUTURE
Le recenti acquisizioni scientifiche hanno profondamente cambiato il panorama diabetologico a nostra disposizione. Nessuno ai giorni nostri baserebbe le proprie conoscenze solamente sul binomio insulina-glicemia. Gli ormoni gastrointestinali hanno permesso di riscoprire e ridiscutere aspetti scientifici noti ma trascurati per molto tempo. Gli avanzamenti culturali nuovi inoltre ci hanno insegnato a mettere in discussione anche punti fermi della nostra conoscenza. Gli anni futuri certamente incideranno su quello che oggi appare raggiunto e conquistato. Il cervello per esempio deve assolutamente essere considerato quando si parla di interazione tra pancreas ed intestino e per questo il sistema “gut-brain-pancreas” appare come il più corretto da interpretare e gli stimoli provenienti dal cibo potrebbero svolgere la loro azione corretta solo quando questo sistema complesso funziona bene. Per questo ritengo che il nostro viaggio non è da considerarsi concluso. Bisogna allora continuare ad esplorare, spingendosi oltre le colonne di Ercole ed avendo cura di non attivare il navigatore satellitare.
BIBLIOGRAFIA
1. Banting FG, Best CH, Collip JB, Campbell WR, Fletcher AA. Pancreatic Extracts in the Treatment of Diabetes Mellitus. Canadian Medical Association journal 12: 141-146, 1922.
2. Bayliss WM, Starling EH. The mechanism of pancreatic secretion. The Journal of physiology 28: 325-353, 1902.
3. Lee Y, Wang MY, Du XQ, Charron MJ, Unger RH. Glucagon receptor knockout prevents insulin-deficient type 1 diabetes in mice. Diabetes 60: 391-397, 2011.
4. Lee Y, Berglund ED, Wang MY, Fu X, Yu X, Charron MJ, Burgess SC, Unger RH. Metabolic manifestations of insulin deficiency do not occur without glucagon action. Proceedings of the National Academy of Sciences of the United States of America 109: 14972-14976, 2012.
5. Grimelius L, Capella C, Buffa R, Polak JM, Pearse AG, Solcia E. Cytochemical and ultrastructural differentiation of enteroglucagon and pancreatic-type glucagon cells of the gastrointestinal tract. Virchows Arch B Cell Pathol 20: 217-228, 1976.
6. Gutman RA, Fink G, Voyles N, Selawry H, Penhos JC, Lepp A, Recant L. Specific biologic effects of intestinal glucagon-like materials. The Journal of clinical investigation 52: 1165-1175, 1973.
7. Bell GI, Santerre RF, Mullenbach GT. Hamster preproglucagon contains the sequence of glucagon and two related peptides. Nature 302: 716-718, 1983.
8. Ali S, Lamont BJ, Charron MJ, Drucker DJ. Dual elimination of the glucagon and GLP-1 receptors in mice reveals plasticity in the incretin axis. The Journal of clinical investigation 121: 1917-1929, 2011.
9. Omar B, Ahlkvist L, Yamada Y, Seino Y, Ahren B. Incretin hormone receptors are required for normal beta cell development and function in female mice. Peptides 79: 58-65, 2016.
10. Pendharkar SA, Asrani VM, Murphy R, Cutfield R, Windsor JA, Petrov MS. The Role of Gut-brain Axis in Regulating Glucose Metabolism After Acute Pancreatitis. Clin Transl Gastroenterol 8: e210, 2017.
11. Unger RH, Orci L. The essential role of glucagon in the pathogenesis of diabetes mellitus. Lancet 1: 14-16, 1975.
12. Braaten JT, Faloona GR, Unger RH. The effect of insulin on the alpha-cell response to hyperglycemia in long-standing alloxan diabetes. The Journal of clinical investigation 53: 1017-1021, 1974.
13. Faloona GR, Unger RH. Biological and immunological activity of pancreatic glucagon and enteric glucagon-like immunoreactivity. Isr J Med Sci 10: 1324-1331, 1974.
14. Sakurai H, Dobbs R, Unger RH. Somatostatin-induced changes in insulin and glucagon secretion in normal and diabetic dogs. The Journal of clinical investigation 54: 1395-1402, 1974.
15. Sasaki H, Faloona GR, Unger RH. Candidate hormones of the gut. XIV. Enteroglucagon. Gastroenterology 67: 746-748, 1974.
16. Unger RH. Alpha- and beta-cell interrelationships in health and disease. Metabolism: clinical and experimental 23: 581-593, 1974.
17. Dunning BE, Foley JE, Ahren B. Alpha cell function in health and disease: influence of glucagon-like peptide-1. Diabetologia 48: 1700-1713, 2005.
18. Bramswig NC, Everett LJ, Schug J, Dorrell C, Liu C, Luo Y, Streeter PR, Naji A, Grompe M, Kaestner KH. Epigenomic plasticity enables human pancreatic alpha to beta cell reprogramming. The Journal of clinical investigation 123: 1275-1284, 2013.
19. Thorel F, Nepote V, Avril I, Kohno K, Desgraz R, Chera S, Herrera PL. Conversion of adult pancreatic alpha-cells to beta-cells after extreme beta-cell loss. Nature 464: 1149-1154, 2010.
20. Piro S, Maniscalchi ET, Monello A, Pandini G, Mascali LG, Rabuazzo AM, Purrello F. Palmitate affects insulin receptor phosphorylation and intracellular insulin signal in a pancreatic alpha-cell line. Endocrinology 151: 4197-4206, 2010.
21. Piro S, Mascali LG, Urbano F, Filippello A, Malaguarnera R, Calanna S, Rabuazzo AM, Purrello F. Chronic exposure to GLP-1 increases GLP-1 synthesis and release in a pancreatic alpha cell line (alpha-TC1): evidence of a direct effect of GLP-1 on pancreatic alpha cells. PloS one 9: e90093, 2014.
22. Marchetti P, Lupi R, Bugliani M, Kirkpatrick CL, Sebastiani G, Grieco FA, Del Guerra S, D’Aleo V, Piro S, Marselli L, Boggi U, Filipponi F, Tinti L, Salvini L, Wollheim CB, Purrello F, Dotta F. A local glucagon-like peptide 1 (GLP-1) system in human pancreatic islets. Diabetologia 55: 3262-3272, 2012.
23. Moens K, Heimberg H, Flamez D, Huypens P, Quartier E, Ling Z, Pipeleers D, Gremlich S, Thorens B, Schuit F. Expression and functional activity of glucagon, glucagon-like peptide I, and glucose-dependent insulinotropic peptide receptors in rat pancreatic islet cells. Diabetes 45: 257-261, 1996.
24. Fujita Y, Wideman RD, Asadi A, Yang GK, Baker R, Webber T, Zhang T, Wang R, Ao Z, Warnock GL, Kwok YN, Kieffer TJ. Glucose-dependent insulinotropic polypeptide is expressed in pancreatic islet alpha-cells and promotes insulin secretion. Gastroenterology 138: 1966-1975, 2010.
25. Chia CW, Odetunde JO, Kim W, Carlson OD, Ferrucci L, Egan JM. GIP contributes to islet trihormonal abnormalities in type 2 diabetes. The Journal of clinical endocrinology and metabolism 99: 2477-2485, 2014.
26. Timper K, Dalmas E, Dror E, Rutti S, Thienel C, Sauter NS, Bouzakri K, Bedat B, Pattou F, Kerr-Conte J, Boni-Schnetzler M, Donath MY. Glucose-Dependent Insulinotropic Peptide Stimulates Glucagon-Like Peptide 1 Production by Pancreatic Islets via Interleukin 6, Produced by alpha Cells. Gastroenterology 151: 165-179, 2016.
27. Calanna S, Urbano F, Piro S, Zagami RM, Di Pino A, Spadaro L, Purrello F, Rabuazzo AM. Elevated plasma glucose-dependent insulinotropic polypeptide associates with hyperinsulinemia in metabolic syndrome. European journal of endocrinology / European Federation of Endocrine Societies 166: 917-922, 2012.
28. Waget A, Cabou C, Masseboeuf M, Cattan P, Armanet M, Karaca M, Castel J, Garret C, Payros G, Maida A, Sulpice T, Holst JJ, Drucker DJ, Magnan C, Burcelin R. Physiological and pharmacological mechanisms through which the DPP-4 inhibitor sitagliptin regulates glycemia in mice. Endocrinology 152: 3018-3029, 2011.
29. Niijima A. Neurophysiological evidence for hepatic glucose-sensitive afferents. Commentary on “The current status of hepatic theory of food intake control”. Appetite 2: 151-152, 1981.
30. Niijima A. Glucose-sensitive afferent nerve fibres in the hepatic branch of the vagus nerve in the guinea-pig. The Journal of physiology 332: 315-323, 1982.
31. Roder PV, Wu B, Liu Y, Han W. Pancreatic regulation of glucose homeostasis. Exp Mol Med 48: e219, 2016.
32. Ahren B, Pettersson M, Uvnas-Moberg K, Gutniak M, Efendic S. Effects of cholecystokinin (CCK)-8, CCK-33, and gastric inhibitory polypeptide (GIP) on basal and meal-stimulated pancreatic hormone secretion in man. Diabetes Res Clin Pract 13: 153-161, 1991.
33. Karlsson S, Ahren B. Effects of three different cholecystokinin receptor antagonists on basal and stimulated insulin and glucagon secretion in mice. Acta Physiol Scand 135: 271-278, 1989.
34. Wang TC, Bonner-Weir S, Oates PS, Chulak M, Simon B, Merlino GT, Schmidt EV, Brand SJ. Pancreatic gastrin stimulates islet differentiation of transforming growth factor alpha-induced ductular precursor cells. The Journal of clinical investigation 92: 1349-1356, 1993.
35. Rooman I, Lardon J, Bouwens L. Gastrin stimulates beta-cell neogenesis and increases islet mass from transdifferentiated but not from normal exocrine pancreas tissue. Diabetes 51: 686-690, 2002.
36. Hauge-Evans AC, King AJ, Carmignac D, Richardson CC, Robinson IC, Low MJ, Christie MR, Persaud SJ, Jones PM. Somatostatin secreted by islet delta-cells fulfills multiple roles as a paracrine regulator of islet function. Diabetes 58: 403-411, 2009.
37. Kaczmarek P, Malendowicz LK, Fabis M, Ziolkowska A, Pruszynska-Oszmalek E, Sassek M, Wojciechowicz T, Szczepankiewicz D, Andralojc K, Szkudelski T, Strowski MZ, Nowak KW. Does somatostatin confer insulinostatic effects of neuromedin u in the rat pancreas? Pancreas 38: 208-212, 2009.
38. Kaczmarek P, Malendowicz LK, Pruszynska-Oszmalek E, Wojciechowicz T, Szczepankiewicz D, Szkudelski T, Nowak KW. Neuromedin U receptor 1 expression in the rat endocrine pancreas and evidence suggesting neuromedin U suppressive effect on insulin secretion from isolated rat pancreatic islets. Int J Mol Med 18: 951-955, 2006.
[/protected]