Alterazioni della massa e della funzione delle beta cellule nel diabete di tipo 2

Piero Marchetti, Marco Bugliani, Matilde Masini, Margherita Occhipinti,

Mara Suleiman, Lorella Marselli

Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale, Università degli Studi di Pisa

Riassunto

Il diabete mellito di tipo 2 è caratterizzato dalla presenza di alterazioni quantitative e qualitative delle cellule beta pancreatiche. Numerosi studi hanno valutato la massa, il volume e/o l’area delle beta cellule in campioni istologici, evidenziando, nel loro insieme, una riduzione di circa il 30% in caso di diabete di tipo 2. Tuttavia, studi più dettagliati eseguiti con tecniche di microscopia elettronica hanno suggerito che la perdita di beta cellule in questa forma di diabete potrebbe essere minore (intorno al 10%) di quanto finora ritenuto. Più marcate sembrano essere, sia in vivo che in vitro, le alterazioni della secrezione insulinica, che appare ridotta soprattutto in risposta al glucosio. Nel complesso, i dati disponibili suggeriscono che la prevenzione e/o la correzione del danno funzionale delle beta cellule (più di quello quantitativo) rappresentano obiettivi realistici, da perseguire con determinazione, per i soggetti a rischio di diabete di tipo 2 o già con patologia conclamata.

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Introduzione

La forma più comune di diabete mellito è il diabete di tipo 2, che rappresenta circa il 90% di tutti i casi ed è caratterizzato dalla presenza di ridotta sensibilità all’insulina (insulino-resistenza) nei tessuti periferici e insufficiente secrezione insulinica da parte delle beta cellule pancreatiche (1). Si ritiene che, in questa forma di diabete, si sviluppi inizialmente una condizione di insulino-resistenza, compensata per periodi variabili di tempo da un aumento della secrezione insulinica (1-3). Quando poi le cellule beta, a causa di fattori genetici e ambientali non ancora del tutto definiti, non riescono più a far fronte alle aumentate necessità, la produzione di insulina diviene insufficiente a garantire l’omeostasi metabolica, e l’iperglicemia si manifesta clinicamente (1-3). In questo articolo discuteremo gli aspetti principali riguardanti le alterazioni della massa e della funzione delle beta cellule nel diabete mellito di tipo 2.

IL PANCREAS E LE ISOLE PANCREATICHE

Il pancreas è un organo ghiandolare situato profondamente nella cavità addominale, al di sotto dello stomaco, tra il fegato e la milza. Nell’adulto, il suo peso può variare da circa 60 a circa 150 g, e la sua lunghezza oscilla da poco più di 10 fino a 20-25 cm. È diviso in tre porzioni principali: la testa, situata nell’ansa duodenale, il corpo, separato dalla testa da un restringimento chiamato istmo, e la coda, a contatto nella sua parte terminale con la milza. Dal punto di vista dell’embriogenesi, il pancreas, così come tutto il tratto digestivo, il fegato e l’apparato respiratorio, deriva dall’endoderma, cioè dallo strato cellulare più interno riconoscibile dopo la gastrulazione. Intorno alla quarta settimana di gestazione, dal tratto intestinale primitivo si sviluppano due abbozzi pancreatici: quello dorsale, che darà origine a parte della testa, al corpo e alla coda, e quello ventrale, che darà origine al processo uncinato della testa del pancreas. Attraverso un processo di rotazione, l’abbozzo ventrale, tra la quinta e la sesta settimana, va ad unirsi a quello dorsale, per formare l’organo così come siamo abituati a vederlo. All’interno del pancreas, le cellule endocrine cominciano a comparire tra la settima e l’ottava settimana. Secondo alcuni autori, prima compaiono le cellule contenenti insulina (cellule beta), e circa una settimana dopo sono individuabili anche le cellule contenenti glucagone (cellule alfa) o somatostatina (cellule delta) (4-5). Altri studi segnalano che inizialmente varie cellule contengono più di un singolo ormone (6). Durante la vita fetale le cellule endocrine si organizzano progressivamente nelle strutture che conosciamo come isole pancreatiche, e le beta cellule crescono di numero attraverso meccanismi rigenerativi accentuati. Dopo la nascita, con gli anni la capacità replicativa delle beta cellule diminuisce progressivamente, e si ritiene che verso i 20-30 anni il patrimonio di tali cellule si sia sostanzialmente stabilizzato. Nell’adulto, il numero delle isole pancreatiche è stato riportato variare da alcune centinaia di migliaia fino a 3-4 milioni (4). Le dimensioni delle isole pancreatiche vanno da pochi micron a 200-300 micron di diametro, ed è stato calcolato che in un’isola medio-grande (200 micron di diametro) sono presenti circa 3.000 cellule endocrine. Queste ultime sono di vario tipo, e le più rappresentate sono, appunto, le cellule beta producenti insulina (50-80%) (Fig. 1).

Fig1_Rassegna2

Le isole pancreatiche possiedono una ricchissima vascolarizzazione. I vasi afferenti di ciascuna isola sono rappresentati da 1-3 arteriole, a seconda delle dimensioni dell’isola stessa. Ogni arteriola entra nell’isola attraverso una discontinuità delle cellule del mantello e, raggiunto il core, si ramifica in diversi capillari fenestrati. I vasi efferenti sono rappresentati dalle venule post-capillari (collettrici). Nelle isole più grandi, tali venule si riuniscono già a livello dello spazio sottocapsulare, mentre nelle isole più piccole i minuscoli vasi efferenti si estendono nel tessuto esocrino per alcune decine di micron prima di riunirsi in venule più grandi e confluire infine nel circolo venoso maggiore.

La massa beta cellulare nel diabete di tipo 2

Come abbiamo accennato, nel pancreas di un adulto normale ci possono essere fino a circa 4 milioni di isole pancreatiche, ciascuna contenente 50-80% di cellule beta. La massa beta cellulare è stata stimata essere di circa 0.5-2 g; il volume e l’area delle beta cellule (in relazione a quelli del pancreas non endocrino) sono stati riportati essere rispettivamente circa l’1-2.5% e lo 0.5-1.5% (2). La massa beta cellulare è entità dinamica e capace di adattamento. I principali meccanismi che la regolano sono l’apoptosi (una particolare forma di morte cellulare programmata), la replicazione (cioè mitosi di cellule beta pre-esistenti), e la neogenesi (cioè formazione di nuove beta cellule da precursori) (3). Sebbene, come menzionato in precedenza, la massa beta cellulare, nell’uomo, si stabilizzi nelle prime decadi di vita, in caso di necessità le beta cellule sono in grado di adattarsi alle nuove circostanze. Durante la gravidanza e in caso di obesità, ad esempio, la massa beta cellulare aumenta del 50-100%, per far fronte alle nuove esigenze metaboliche e ormonali (7-8). Ciò sembra sostanzialmente dovuto ad una accentuazione dei fenomeni rigenerativi.

Nel diabete mellito di tipo 2 fattori genetici e acquisiti concomitano nel determinare la riduzione della massa delle beta cellule (2-3, 9-12). Ciò dipende da una riduzione del numero totale di isole nel pancreas e da una diminuzione delle beta cellule nelle isole (quantificate in termini di massa, volume o area). Una sintesi delle informazioni disponibili in tal senso è fornita nella tabella 1. I primi dati quantitativi riguardanti le isole e le beta cellule nei pazienti con diabete di tipo 2, confrontati con i soggetti non diabetici, risalgono a circa tre decenni fa. Dopo una prima segnalazione in cui veniva riportato che il volume totale delle isole era di circa il 30% inferiore nei campioni istologici di 26 pazienti diabetici rispetto a 37 controlli (13), Westermark e Wilander eseguirono uno studio più dettagliato (14). Di nuovo fu osservata una diminuzione del volume totale delle isole nei pazienti diabetici (1,01±0,12 vs 1,60±0,16 cm3). La differenza si manteneva o addirittura si accentuava quando il dato veniva corretto per la presenza di amiloide (0,89±0,10 cm3) e allorché venivano considerate solo le isole senza depositi di amiloide (0,41±0,05 cm3). Altri autori hanno descritto poi che anche il volume beta cellulare totale era del 30-40% più basso nei diabetici di tipo 2 rispetto ai controlli (15). Sebbene alcuni ricercatori abbiano successivamente espresso perplessità, alla luce dei risultati da loro ottenuti, circa il fatto che le beta cellule siano ridotte nel diabete di tipo 2 (16-18), la maggioranza degli studi, inclusi quelli più recenti, depone per una significativa diminuzione delle beta cellule in caso di diabete di tipo 2 (15-22). Clark e coll. hanno studiato campioni istologici dal pancreas di 15 diabetici e 10 controlli, riportando che nel primo gruppo la superficie delle isole occupata della beta cellule era più bassa del 24% (19). Uno studio più recente ha valutato il pancreas di 14 soggetti diabetici di tipo 2 e 15 non diabetici (20). Gli autori riportavano che il volume e la massa insulare non differivano tra i due gruppi, mentre la densità di volume delle beta cellule per isola (48,9±6,2 vs 62,7±5,6%) e la massa beta cellulare totale (0,82±0,44 vs 1,14±0,37 g) erano significativamente ridotte nei diabetici (2). Yoon e coll. hanno studiato la massa delle cellule beta in campioni istologici provenienti da campioni autoptici o da pancreasectomie (21). Il primo gruppo includeva 9 casi non-diabetici, mentre il secondo gruppo comprendeva 35 casi, di cui 25 con diabete di tipo 2. I dati ottenuti sui campioni autoptici indicavano che il volume e la massa delle beta cellule erano di 2,1±0,9% e 1,3±0,3 g, mentre il volume beta cellulare nei campioni chirurgici corrispondeva a 1,94±0,7%. Il volume delle cellule beta risultava significativamente più basso nei campioni chirurgici ottenuti da pazienti diabetici (1,37±1,0%). Da notare che, in questo studio, i parametri di volume e/o massa beta cellulare erano correlati all’indice di massa corporea, mentre, nei pazienti diabetici, non risultava significativa la correlazione tra volume delle beta cellule e durata del diabete.

In un successivo articolo, che poneva attenzione non solo al volume e alla massa delle beta cellule, ma anche al tasso di apoptosi e rigenerazione, venivano esaminati i pancreas di soggetti obesi o normopeso, con e senza alterata glicemia a digiuno (IFG) o diabete di tipo 2 (22). Gli autori riportavano che, nei soggetti non diabetici, la presenza di obesità si associava ad un aumento di circa il 50% del volume delle beta cellule (2,60±0,39 vs 1,71±0,28%). Tuttavia, i soggetti obesi con alterata glicemia a digiuno e quelli con diabete avevano una riduzione del volume beta cellulare pari a circa il 40% (1,56±0,25%) e 60% (0,96±0,10%), rispettivamente. Ciò era dovuto ad una diminuzione del numero di beta cellule, piuttosto che a cambiamenti delle loro dimensioni. Nei soggetti non obesi, la presenza di diabete si associava ad una riduzione del 41% del volume complessivo delle beta cellule, in confronto con i casi di analogo peso corporeo, senza diabete. La perdita del volume beta cellulare era dovuto ad un significativo aumento dell’apoptosi (3 volte più elevata nel diabete associato ad obesità, e 10 volte più alta nei diabetici non in sovrappeso). L’aumentato tasso di apoptosi non era compensato, peraltro, da meccanismi rigenerativi adeguati alle necessità, così come dimostrato dal fatto che il tasso di replicazione e neogenesi delle beta cellule non differiva significativamente nelle varie condizioni.

Tab1_Rassegna2

Più recentemente, Rahier et al. hanno esaminato campioni autoptici di 57 soggetti con diabete di tipo 2 e 52 di individui non diabetici, confermando che la massa beta cellulare è di circa il 35-40% più bassa in caso di diabete (23). In questo studio, la quantità delle beta cellule non era influenzata dal genere dei soggetti né dal tipo di trattamento antidiabetico, ma diminuiva con l’aumentare degli anni di malattia. Ulteriori dati hanno poi indicato che in alcune parti del pancreas (in particolare la testa) e nelle isole più grandi la perdita di beta cellule appare essere più marcata (24-25); altri hanno confermato l’associazione della riduzione con la presenza di amiloidosi e la comparsa delle alterazioni già in caso di prediabete (26-27).

Nell’interpretare i risultati appena discussi, dobbiamo comunque tener presenti alcune considerazioni di particolare rilevanza. Più specificatamente, è da sottolineare che la valutazione della quantità delle cellule beta è stata quasi esclusivamente eseguita mediante l’uso di anticorpi che riconoscono l’insulina. Poiché nel diabete di tipo 2 una percentuale non trascurabile di beta cellule presenta gradi variabili di degranulazione (28), è possibile che le tecniche colorimetriche tradizionali possano non individuare le cellule con pochi granuli di insulina, sottostimando il reale ammontare beta cellulare. Questo sembra essere in effetti il caso, alla luce di uno studio recentemente pubblicato (29) in cui gli autori hanno utilizzato microscopia ottica e microscopia elettronica, e hanno evidenziato che con quest’ultima si individuano isole “non viste” con la colorazione colorimetrica tradizionale, portando ad una perdita “reale” di beta cellule nelle isole diabetiche “soltanto” di circa il 10%. Il dato rilevato nelle isole di diabetici tipo 2 è stato confermato, nel medesimo studio, con isole di soggetti non diabetici pre-esposte ad alte concentrazioni di glucosio: tale espediente sperimentale determinava degranulazione delle beta cellule, che non venivano più evidenziate con la microscopia ottica, ma erano individuate con il microscopio elettronico.

In conclusione, la letteratura mostra consistenti evidenze di una diminuzione della quantità delle beta cellule nel diabete di tipo 2; tuttavia, le tecniche utilizzate nella maggior parte degli studi hanno verosimilmente portato a sovrastimare tale diminuzione, e la perdita reale di beta cellule in questa forma di diabete non sembra essere in grado di giustificare, da sola, la marcata riduzione di secrezione insulinica che si ha nel diabete di tipo 2. Più importante, quindi, appare essere il deficit funzionale delle cellule beta.

La secrezione insulinica nel diabete di tipo 2

Riprendendo la conclusione del precedente paragrafo, e anche assumendo una perdita media di beta cellule di circa il 30% (che come visto, appare sovrastimata), ciò di per sé non sembra comunque in grado di giustificare il deficit di secrezione insulinica presente nei pazienti con diabete di tipo 2, che in vivo è ridotta di più del 50% (30). In aggiunta, mentre i dati di massa beta cellulare mostrano sovrapposizioni tra soggetti di controlli e persone con diabete di tipo 2 (23), i valori degli indici di funzione delle beta cellule in vivo sono costantemente e nettamente separati tra controlli e diabetici (31). Inoltre, è noto che nei pazienti con patologia del pancreas esocrino e nei soggetti che si sottopongono a rimozione parziale del pancreas per donazione da vivente, il diabete più frequentemente insorge, nel tempo, quando la perdita di massa pancreatica è maggiore del 50% (32-34). Infine, è ben descritta la situazione in cui, dopo chirurgia bariatrica in pazienti con diabete di tipo 2, le beta cellule possono pienamente recuperare la loro funzione di secrezione insulinica in vivo (35-36). Tutto ciò orienta verso la conclusione che, nei diabetici di tipo 2, non tanto il deficit di massa, quanto piuttosto le alterazioni della secrezione insulinica, sottendono principalmente all’insorgenza e alla progressione della patologia (2-3).

Fig2_Rassegna2

Questa riflessione è supportata da studi che hanno direttamente valutato la secrezione insulinica da parte di isole pancreatiche preparate da donatori non diabetici o con diabete di tipo 2 (Fig. 2). In un articolo pubblicato nel 1994 veniva dimostrato che il rilascio di insulina indotto dal glucosio era più basso nelle isole di tipo 2 rispetto ai controlli (37); tuttavia, la secrezione in risposta ad una combinazione di L-leucina e L-glutammina era simile nelle due condizioni, indicando una qualche selettività del difetto. Successivamente, isole preparate da 8 donatori con diabete di tipo 2 e 9 non diabetici sono state studiate mediante la tecnica di perifusione (38); gli autori evidenziavano che mentre la secrezione basale era simile nelle due condizioni, le isole preparate dai soggetti con diabete di tipo 2 mostravano una soglia più elevata per cominciare a rilasciare insulina in risposta al glucosio e una secrezione massima di oltre il 50% più bassa. Nello stesso studio, si mostrava come il trapianto di una quantità equivalente di isole “diabetiche” o “non diabetiche” correggeva l’iperglicemia in roditori diabetici solo nel secondo caso. In un altro articolo (39), la secrezione ex vivo di insulina era misurata in risposta a glucosio, glibenclamide, e arginina; anche in questo caso non venivano evidenziate differenze nel rilascio basale tra isole di soggetti normali e diabetici di tipo 2, mentre una secrezione significativamente più bassa si osservava quando lo stimolo era rappresentato da glucosio alla concentrazione di 16.7 mmol/L. Da segnalare che, nella serie di isole studiate, la risposta insulinica alla glibenclamide e all’arginina differiva di poco tra i due gruppi, suggerendo di nuovo che le beta cellule dei diabetici di tipo 2 sono particolarmente poco “sensibili” al glucosio, mentre possono mantenere la capacità di rispondere ad altri tipi di secretagoghi.

Conclusioni

La disfunzione beta cellulare è cruciale nello sviluppo e nella progressione del diabete di tipo 2. In questa forma di diabete le beta cellule mostrano difetti di quantità e di funzione. La massa beta cellulare è ridotta e la secrezione insulinica in risposta al glucosio è diminuita. I dati disponibili indicano che, tra i due difetti, quello funzionale appare di maggior rilievo. L’obiettivo principale della terapia di questa forma di diabete dovrebbe essere pertanto, in primo luogo, quello di salvaguardare e/o ripristinare la capacità secretoria delle beta cellule.

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