Rubrica Aggiornamento dalla letteratura a cura di Francesco Giorgino
Dipartimento dell’Emergenza e dei Trapianti di Organi, Sezione di Medicina Interna, Endocrinologia, Andrologia e Malattie Metaboliche, Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”
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ARTICOLO N. 1
Generation of Functional Human Pancreatic β Cells In Vitro – Generazione “in vitro” di β cellule pancreatiche umane funzionanti
Pagliuca FW, Millman JR, Gürtler M, Segel M, Van Dervort A, Ryu JH, Peterson QP, Greiner D, Melton DA.
Cell. 2014 Oct 9; 159(2): 428-39.
La generazione in vitro di β-cellule pancreatiche secernenti insulina a partire da cellule staminali è una promettente fonte cellulare per il trattamento del diabete. Studi precedenti hanno mostrato come a partire da cellule staminali umane pluripotenti (hPSC) si possono ottenere cellule secernenti insulina che tuttavia non presentano molte delle caratteristiche funzionali delle β-cellule. In questo lavoro viene presentato per la prima volta un protocollo di differenziazione in grado di generare centinaia di milioni di β-cellule glucosio-sensibili a partire da hPSC in vitro. Queste β-cellule ottenute dalla differenziazione di cellule staminali (SC-β) presentano i marcatori tipici delle β-cellule mature, un aumento del flusso di ioni calcio in risposta al glucosio e i tipici granuli secretori contenenti insulina; inoltre sono in grado di secernere quantità di insulina comparabili alle β-cellule adulte in seguito a variazioni della concentrazione di glucosio in coltura. Esperimenti in vivo hanno confermato i risultati in vitro dimostrando che queste cellule, subito dopo il trapianto nel topo, secernono insulina umana in maniera glucosio-dipendente e sono in grado di correggere l’iperglicemia.
La disponibilità di β-cellule umane destinate al trapianto cellulare è ancora molto limitata a causa del piccolo numero di isole pancreatiche ottenute da donatori cadaveri e della piccola quantità di replicazione delle β-cellule umane ottenute in vitro. Per comprendere l’importanza di questo studio è sufficiente considerare che un paziente di 68 kg con diabete di tipo 1 richiede il trapianto di circa 340-750 milioni di β-cellule per correggere in maniera efficace l’iperglicemia (McCall e Shapiro, 2012; Shapiro et al., 2006). La strategia descritta in questo lavoro permetterebbe di superare questo limite considerando che in una fiasca da 500 ml sono coltivate circa 300 milioni di cellule. Così, una o due fiasche potrebbero essere sufficienti per il trattamento di un paziente. Un ulteriore vantaggio clinico delle cellule SC-β rispetto alle attuali terapie proposte che utilizzano cellule progenitrici del pancreas è che queste cellule non hanno bisogno di un lungo periodo post-trapianto prima di secernere insulina: la produzione di insulina è immediata e questo renderebbe teoricamente possibile ridurre il fabbisogno di insulina esogena fin dai primi giorni dopo il trapianto.
Attraverso una serie complessa di approcci sperimenali, gli Autori di questo lavoro hanno confermato anche in vivo i risultati ottenuti in vitro utilizzando un modello sperimentale di diabete di tipo 1 per verificare se le cellule SC-β fossero in grado di controllare l’iperglicemia. Il topo Akita (Yoshioka et al., 1997) è un modello sperimentale di diabete causato da una mutazione nel gene dell’insulina che determina una irreversibile insufficienza delle β-cellule e successivamente la comparsa di iperglicemia severa.
Il trapianto delle cellule SC-β a livello della capsula renale di topi Akita immunodefienti era in grado di correggere rapidamente il peggioramento progressivo dell’iperglicemia (Fig. 1a), in modo simile al trapianto di isole pancreatiche umane o di topo. Lo stesso risultato non si osservava in seguito al trapianto delle cellule PH, cellule differenziate in vitro a partire da cellule hPSC e la cui analisi trascrizionale ha mostrato essere simili a β-cellule fetali e non adulte. Come si può osservare nella figura 1a, il valore della glicemia a digiuno dei topi trapiantati con le cellule SC-β era in media inferiore a 200 mg/dl, mentre quello dei topi trapiantati con le cellule controllo PH peggiorava progressivamente raggiungendo i 600 mg/dl, in maniera analoga ai topi Akita non trapiantati. Inoltre, la determinazione dei livelli di insulinemia dopo 18 settimane dal trapianto ha mostrato che i topi trapiantati con le cellule SC-β mantenevano la secrezione di insulina umana (Fig. 1b). Infine, i topi trapiantati con cellule SC-β sono sopravvissuti meglio rispetto ai topi di controllo: dopo 8 settimane dal trapianto nessun topo su sei tra quelli che hanno ricevuto le cellule SC-β sono morti, mentre sono morti due topi su sei nel caso del trapianto di cellule PH; dopo 4 mesi di osservazione, soltanto un topo su sei trapiantati con le cellule SC-β è morto, a fronte di cinque topi su sei nel caso degli animali che hanno ricevuto le cellule PH.
La generazione di cellule SC-β rappresenta una tappa fondamentale verso la generazione in vitro di isole pancreatiche umane. L’incorporazione di altri tipi cellulari, come le cellule mesenchimali o le cellule endoteliali, in colture di cellule pancreatiche derivate da cellule staminali può essere molto utile (Sneddon et al., 2012; Lammert et al., 2001). Altre evidenze suggeriscono anche che la presenza di α-cellule e γ-cellule può essere importante per il regolare funzionamento delle β-cellule (Rodriguez-Diaz et al., 2011). L’ingegneria tissutale per la generazione di un pancreas artificiale richiederà anche l’incorporazione del tessuto esocrino e duttale, possibilmente in una specifica architettura cellulare. Molto lavoro resta ancora da fare per raggiungere questi obiettivi, ma la generazione di cellule SC-β rappresenta un passo in avanti con un potenziale forte impatto in ambito clinico.
ARTICOLO N. 2
CTSH regulates β-cell function and disease progression in newly diagnosed type 1 diabetes patients – CTSH regola la funzione β-cellulare e la progressione della malattia in pazienti diabetici con diabete di tipo 1 di recente diagnosi
Fløyel T, Brorsson C, Nielsen LB, Miani M, Bang-Berthelsen CH, Friedrichsen M, Overgaard AJ, Berchtold LA, Wiberg A, Poulsen P, Hansen L, Rosinger S, Boehm BO, Ram R, Nguyen Q, Mehta M, Morahan G, Concannon P, Bergholdt R, Nielsen JH, Reinheckel T, von Herrath M, Vaag A, Eizirik DL, Mortensen HB, Størling J, Pociot F.
Proc Natl Acad Sci U S A. 2014 Jul 15; 111(28): 10305-10.
Il diabete mellito tipo 1 (DM1) è una malattia multifattoriale poligenica caratterizzata da una distruzione immuno-mediata delle β-cellule pancreatiche che producono insulina. La patogenesi coinvolge un processo infiammatorio in cui le isole pancreatiche vengono infiltrate da cellule del sistema immunitario che inducono una progressiva perdita di β-cellule per apoptosi. Studi di associazione genome-wide hanno identificato più di 40 loci genici che contribuiscono alla suscettibilità per il DM1. Tuttavia, non è chiaro come queste varianti possano modificare il rischio e la progressione della malattia. Più del 60% dei geni candidati per il DM1 sono espressi a livello delle isole pancreatiche umane e molti di questi sono regolati dalle citochine proinfiammatorie; questo sta a suggerire che la suscettibilità genetica al DM1 dipende sia dal sistema immunitario che dalla funzione β-cellulare. Le variazioni nell’espressione genica possono infatti mediare la suscettibilità allo sviluppo della malattia e i polimorfismi possono regolare direttamente la quantità di trascritti dei geni candidati modificandone gli elementi regolatori. Il locus di suscettibilità per il DM1 localizzato sul cromosoma 15q25.1 contiene 4 geni che codificano per proteine note: ADAMTS7, catepsina H (CTSH), MORF4L1 e RASGRF. Il polimorfismo maggiormente associato con il DM1, rs3825932, è localizzato nell’introne 1 del gene della CTSH e correla con i livelli di trascrizione di questa proteina. CTSH è una catepsina, una cistein-proteasi lisosomiale espressa ubiquitariamente. La famiglia delle catepsine è coinvolta nel turnover di tutte le proteine e in specifici processi cellulari come l’apoptosi, la presentazione antigenica e il processamento dei pro-ormoni. Esperimenti condotti in topi non obesi diabetici che mancavano delle catepsine B, L o S mostravano che queste proteasi sono importanti nella patogenesi del DM1. Inoltre, diverse catepsine sono state implicate nel processamento della pro-insulina o nell’insulite in topi diabetici non obesi. Infine, CTSH è stata implicata nell’apoptosi, nello sviluppo del cancro e nel processamento di neurotrasmettitori.
In questo lavoro, per determinare i meccanismi attraverso cui i polimorfismi del gene CTSH sono in grado di modificare i meccanismi della malattia e la progressione verso il DM1, sono stati condotti esperimenti in vitro e in vivo, ma anche osservazioni funzionali in soggetti sani o con DM1.
Questo studio mostra che la variante di rischio rs3825932 nel gene CTSH predice la funzione β-cellulare sia in modelli sperimentali di DM1 che nell’uomo.
Gli Autori hanno dimostrato come le citochine proinfiammatorie riducevano l’espressione di CTSH in isole umane e in colture primarie di β-cellule di ratto. L’iperespressione di CTSH proteggeva le cellule secernenti insulina contro l’apoptosi indotta dalle citochine. Studi meccanicistici indicavano che CTSH esercita il suo effetto antiapoptotico attraverso la riduzione delle vie di segnale di JNK e p38 e riduceva l’espressione di fattori pro-apoptotici come Bim, DP5 e c-Myc. L’iperespressione di CTSH inoltre aumentava l’espressione di Ins2 e la secrezione insulinica. Inoltre, il contenuto di insulina in isole di topi geneticamente modificati e privi del gene CTSH era inferiore rispetto a quello delle isole di topi controllo. Come si può osservare nella figura 2, il genotipo TT si associava con una dose insulinica giornaliera più alta (Fig. 2a) e con una più rapida progressione della malattia nei pazienti con diagnosi recente di DM1 (Fig. 2b), a conferma della ipotesi sperimentale. In linea con queste osservazioni, soggetti sani portatori dell’allele T hanno una ridotta funzione β-cellulare valutata con un carico orale (OGTT) e endovenoso (IVGTT) di glucosio e clamp euglicemico-iperinsulinemico. Questo studio pertanto fornisce l’evidenza che CTSH è un importante regolatore della funzione β-cellulare durante la progressione del DM1 e rinforzano il concetto per cui i geni candidati per il DM1 possono modificare la progressione della malattia modulando la sopravvivenza e la funzione delle cellule β-pancreatiche che rappresentano il target dell’attacco autoimmunitario.
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