Aggiornamento dalla letteratura, Vol.26, N.3, settembre 2014

Rubrica Aggiornamento dalla letteratura a cura di Francesco Giorgino

Dipartimento dell’Emergenza e dei Trapianti di Organi, Sezione di Medicina Interna, Endocrinologia, Andrologia e Malattie Metaboliche, Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”

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ARTICOLO N. 1

Endocrinization of FGF1 produces a neomorphic and potent insulin sensitizer – L’“endocrinizzazione” dell’FGF1 produce un nuovo e potente insulino-sensibilizzante 

Suh JM, Jonker JW, Ahmadian M, Goetz R, Lackey D, Osborn O, Huang Z, Liu W, Yoshihara E, van Dijk TH, Havinga R, Fan W, Yin Y-Q, Yu RT, Liddle C, Atkins AR, Olefsky JM, Mohammadi M, Downes M, Evans RM.

Nature. 2014 Jul 16. 

L’aumento della prevalenza dell’obesità, dell’insulino-resistenza e del diabete mellito tipo 2 è diventato un problema di sanità pubblica a livello mondiale, nonché un onere finanziario per il sistema sanitario, rimarcando la necessità di ampliare le attuali terapie insulino-sensibilizzanti. I tiazolidinedioni, farmaci insulino-sensibilizzanti, agiscono attraverso il recettore nucleare PPARgamma controllando i geni coinvolti nell’adipogenesi, nel metabolismo lipidico e nell’aumento della sensibilità insulinica. Tuttavia, questa terapia si associa ad aumento di peso, osteoporosi e scompenso cardiaco. È stato ipotizzato che gli effettori di PPARgamma, conservando la proprietà insulino-sensibilizzante, possano determinare un minore numero di effetti collaterali. Negli ultimi anni l’attenzione è stata rivolta all’FGF21, membro delle famiglia degli FGF, la cui espressione viene regolata nel tessuto adiposo da PPARgamma e che ha dimostrato un’efficace azione ipoglicemizzante in modelli sperimentali animali. Il fattore di crescita dei fibroblasti di tipo 1 (FGF1), un’altra proteina appartenente alla famiglia degli FGF, agisce in maniera autocrina/paracrina grazie al legame con i proteoglicani che ne limitano la presenza in circolo. Sebbene l’FGF1 sia un noto fattore mitogeno, topi privi dell’FGF1 presentano un grado severo di insulino-resistenza dopo dieta ad alto contenuto di grassi, suggerendo un ruolo nella regolazione metabolica. Per indagare il suo potenziale terapeutico, l’FGF1 ricombinante (rFGF1) è stato somministrato in topi ob/ob e db/db (topi in cui il diabete è indotto geneticamente) e in topi DIO (topi resi obesi ed insulino-resistenti in seguito a dieta ipercalorica). La somministrazione di una singola dose di rFGF1 ha prodotto una riduzione della glicemia in maniera insulino-dipendente senza tuttavia provocare ipoglicemia. Il trattamento cronico con rFGF1 ha incrementato l’uptake del glucosio insulino-dipendente nel muscolo scheletrico e ha soppresso la produzione epatica di glucosio determinando un miglioramento della insulino-sensibilità. A tal fine è stato eseguito un clamp iperinsulinemico-euglicemico in topi DIO trattati cronicamente con l’rFGF1 e in topi controllo trattati con PBS. Questo test indaginoso e relativamente complesso costituisce la metodica di riferimento per misurare la sensibilità dei tessuti all’insulina esogena. Figura1_aggiornamentoDopo tre settimane di somministrazione di rFGF1 è stato osservato un aumento della soppressione della produzione epatica di glucosio dopo stimolo insulinico in topi DIO (Fig. 1a) e un aumento della velocità di utilizzazione del glucosio allo steady-state (quando la quantità di glucosio infuso corrisponde a quella utilizzata dai tessuti periferici) (Fig. 1b) e anche dopo stimolo insulinico (Fig. 1c), a significare una maggiore sensibilità periferica all’insulina. In concomitanza con l’azione insulino-sensibilizzante dimostrata a livello epatico e sistemico, è stata osservata anche l’attivazione della via di segnale di Akt (un importante mediatore del sgnale dell’insulina a livello intracellulare) sia nel fegato (Fig. 1d) che nel muscolo (Fig. 1e) di topi DIO trattati cronicamente con rFGF. Tutti questi effetti non si accompagnavano ai classici effetti indesiderati delle attuali terapie insulino-sensibilizzanti quali aumento di peso, steatosi epatica e perdita di tessuto osseo. Questo lavoro dimostra un’azione insulino-sensibilizzante inaspettata per l’FGF1 e distinta dalla sua attività mitogena: tale scoperta potrebbe condurre ad una nuova generazione di farmaci insulino-sensibilizzanti più sicuri ed efficaci per il trattamento dell’insulino-resistenza e del diabete mellito tipo 2.

ARTICOLO N. 2

Insulin pump treatment compared with multiple daily injections for treatment of type 2 diabetes (OpT2mise): a randomised open-label controlled trial – Confronto della terapia con microinfusore rispetto alla terapia multiniettiva per il trattamento del diabete mellito tipo 2 (OpT2mise): studio in aperto randomizzato controllato

Reznik Y, Cohen O, Aronson R, Conget I, Runzis S, Castaneda J, Lee SW; for the OpT2mise Study Group.

The Lancet. 2014 Jul 2.

Molti pazienti con diabete mellito tipo 2 non raggiungono i target di emoglobina glicosilata. Gli studi randomizzati e controllati condotti sino ad oggi, che hanno confrontato l’efficacia della terapia con il microinfusore verso la terapia multiniettiva in pazienti in trattamento insulinico, non hanno fornito risultati conclusivi. L’obiettivo di questo studio è stato pertanto quello di risolvere questo quesito mediante la pianificazione di uno studio in aperto (open label) randomizzato e controllato (OpT2mise). Lo studio multicentrico ha coinvolto centri in Canada, Europa, Israele, Sud Africa e Stati Uniti. Sono stati arruolati per un periodo di due mesi pazienti diabetici di tipo 2 in scarso controllo glicometabolico nonostante la terapia multiniettiva con gli analoghi dell’insulina. Dopo un periodo di ottimizzazione della terapia multiiniettiva, i pazienti con un valore di emoglobina glicosilata compresa tra 8% e 12% (64-108 mmol/mol) sono stati randomizzati al trattamento con microinfusore o alla terapia multiniettiva. L’end-point primario era rappresentato dalle modifiche del livello medio di emoglobina glicosilata tra l’inizio e la fine della fase di randomizzazione.  495 su 590 pazienti analizzati sono stati arruolati e 331 sono stati randomizzati: 168 al trattamento con microinfusore e 163 alla terapia multiniettiva. I livelli medi di emoglobina glicosilata all’inizio dello studio erano intorno al 9% (75 mmol/mol) in entrambi i gruppi. Come si può osservare dalla Figura 2, dopo 6 mesi, i livelli medi si erano ridotti dell’1,1% nel gruppo in trattamento con microinfusore e dello 0,4% nel gruppo in trattamento multiniettivo, con una differenza tra i due gruppi di -0,7% (p<0,0001). Al termine dello studio, al gruppo in trattamento con microinfusore venivano somministrate una media di 97 unità di insulina rispetto alle 122 unità del gruppo in trattamento multiniettivo (p<0,0001), in assenza di significative modifiche del peso corporeo tra i 2 gruppi (p=0,322).

Figura2_aggiornamento

Due eventi avversi seri (l’iperglicemia e la chetosi senza acidosi), che hanno reso entrambi necessaria l’ospedalizzazione, si sono verificati nel gruppo in trattamento con microinfusore rispetto a quello in trattamento multiniettivo. Non si è verificato nessun caso di chetoacidosi nei due gruppi e solo un episodio di ipoglicemia severa (nel gruppo in trattamento multiniettivo). Pertanto, nei pazienti con diabete mellito tipo 2 scarsamente controllato nonostante l’utilizzo della terapia multiniettiva, il trattamento con il microinfusore può essere considerato come un’opzione sicura e preziosa. Questo studio presenta diverse limitazioni. Lo studio è stato condotto in “aperto” (open-label) per cui sia i pazienti che gli investigatori erano consapevoli del trattamento assegnato. Inoltre, i pazienti ai quali veniva somministrata una dose giornaliera di insulina superiore alle 220 unità sono stati esclusi dallo studio; una valutazione del trattamento con microinfusore potrebbe essere giustificata anche in questi pazienti. Inoltre, lo studio non includeva il confronto con nuovi farmaci orali ipoglicemizzanti come gli inibitori di SGLT-2, con altri farmaci somministrati per via sottocutanea (es. agonisti del recettore del GLP-1) o con nuovi analoghi dell’insulina basale che potrebbero essere presto disponibili (es. Degliudec o insulina glargine U-300). Infine, i pazienti in trattamento con microinfusore controllavano più frequentamente la glicemia durante lo studio, al contrario del gruppo in trattamento con terapia multiniettiva: questo potrebbe aver ridotto il dosaggio medio totale dell’insulina nel gruppo in trattamento con microinfusore. Tuttavia, il numero medio giornaliero di test per l’auto-monitoraggio in entrambi i gruppi era al di sotto degli standard di cura raccomandati, e questo potrebbe essere coerente con la vita reale dei pazienti. Un ulteriore limite dello studio è stata la valutazione della dose effettiva di insulina somministrata che non poteva essere rilevata in modo uguale nei due gruppi a causa del differente tipo di somministrazione.

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