Aggiornamento dalla letteratura
a cura di Marta Letizia Hribal
Dipartimento di Scienze Mediche e Chirurgiche, Università Magna Graecia di Catanzaro
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Comparative Effectiveness of DPP-4 Inhibitors Versus Sulfonylurea for the Treatment of Type 2 Diabetes in Routine Clinical Practice: A Retrospective Multicenter Real-World Study
Confronto tra l’efficacia dei farmaci appartenenti alla classe degli inibitori di DPP-4 con quella della sulfaniluree nel trattamento del diabete di tipo 2 nella pratica clinica quotidiana: uno studio multicentrico, retrospettivo “real world”
Gian Paolo Fadini, Daniele Bottigliengo, Federica D’Angelo, Franco Cavalot, Antonio Carlo Bossi, Giancarlo Zatti, Ileana Baldi, Angelo Avogaro, On behalf of the DARWIN-T2D Network
Diabetes Ther, 2018
https://doi.org/10.1007/s13300-018-0452-y
DOI: 10.30682/ildia1802e
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L’editoriale di questo secondo numero del 2018 riassume brillantemente l’importanza, i vantaggi e gli svantaggi degli studi clinici “real world”; lo studio DARWIN-T2D, condotto con il supporto della SID, rappresenta un ottimo esempio di questa tipologia di studi, che sta acquisendo sempre maggiore importanza nell’ambito della sperimentazione clinica. Lo studio DARWIN-T2D si proponeva di confrontare l’efficacia di due delle terapie di seconda linea più utilizzate nel trattamento del diabete di tipo 2: le sulfaniluree (SU) e i farmaci appartenenti alla classe degli inibitori di DPP4 (DPP4i). In particolare, per quanto riguarda la prima classe di farmaci, sono stati analizzati i dati dei soggetti in trattamento con gliclazide a rilascio modificato, la SU più utilizzata in Italia, mentre per quanto riguarda i DPP4i sono stati presi in esame tutti i farmaci della classe disponibili in commercio. Nello studio sono stati analizzati retrospettivamente i dati relativi a pazienti diabetici, afferenti a 46 centri ambulatoriali che, tra il 1/3/2015 ed il 31/12/2016, avevano iniziato una terapia di seconda linea con gliclazide o DPP4i e per i quali erano disponibili i dati di almeno una visita di controllo (follow-up), durante il periodo in esame. Il numero di soggetti inclusi nello studio è risultato quindi di 2410 pazienti in trattamento con DPP4i e di 1590 soggetti in terapia con gliclazide. Questi ultimi avevano una maggiore durata di malattia, un più elevato indice di massa corporea, una più elevata pressione sistolica, valori più alti di emoglobina glicata, di glicemia a digiuno, di trigliceridi ed enzimi epatici, ridotti livelli di colesterolo HDL e più bassa VFG. I pazienti nei quali è stato iniziato un trattamento con gliclazide presentavano inoltre una maggiore incidenza di microangiopatia ed erano meno frequentemente in terapia con metformina. Per confrontare i dati è quindi stato applicato un algoritmo, che ha permesso di ottenere coorti con caratteristiche cliniche non significativamente differenti. Si è quindi osservato che il miglioramento dei parametri glicemici (emoglobina glicata e glicemia a digiuno) risultava più evidente nei pazienti in trattamento con DPP4i; solamente tali farmaci inducevano inoltre una riduzione significativa del peso corporeo e della pressione sistolica (Fig. 1).
Se si analizzavano i dati tenendo conto anche degli altri farmaci antidiabetici assunti dai pazienti, si osservava che l’effetto dei DPP4i sul peso corporeo era evidente solo nei pazienti che non assumevano insulina, mentre al contrario esclusivamente nei soggetti in terapia insulinica si evidenziava la maggiore efficacia dei DPP4i rispetto alla gliclazide nella riduzione della glicemia a digiuno. Le differenze tra le due classi di farmaci non erano invece evidenti nei pazienti che avevano utilizzato metformina come terapia di prima linea. Al contrario, la maggiore efficacia dei DPP4i nella riduzione della glicemia, dell’emoglobina glicata, della pressione sistolica e del peso corporeo era confermata quando questa classe di farmaci veniva confrontata con le SU come terapia di terza linea o di linea successiva alla terza. Non sono invece state osservate differenze tra le diverse molecole appartenenti alla classe dei DPP4i.
È interessante sottolineare come i dati ottenuti in questo studio siano in contrasto con quelli di precedenti studi clinici randomizzati (RCTs) che suggerivano che le SU fossero maggiormente efficaci nel breve termine, e non inferiori a lungo termine, nella riduzione dell’emoglobina glicata, rispetto ai DPP4i. Le possibili motivazioni alla base di tale discrepanza risiedono proprio nel fatto che i dati dello studio DARWIN-T2D sono stati ottenuti in uno studio “real world”; i pazienti qui analizzati infatti erano più eterogenei, in termini di età, terapie precedenti e/o concomitanti e presenza di complicanze, rispetto a quelli reclutati negli RCTs. Inoltre, gli RCTs di seconda fase richiedono che la gliclazide sia tritata alla massima dose; tale dose è invece utilizzata di rado nella pratica clinica, soprattutto in pazienti anziani che presentino complicanze. Pur tenendo conto dei limiti dello studio, anch’essi esemplificativi delle mancanze insite in uno studio real-world, primo tra tutti un possibile bias di selezione; i risultati dello studio qui discusso possono quindi avere importanti implicazioni nella pratica clinica.
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