Aggiornamento dalla letteratura

a cura di Francesco Giorgino

Dipartimento dell’Emergenza e dei Trapianti di Organi, Sezione di Medicina Interna, Endocrinologia, Andrologia e Malattie Metaboliche, Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”

 

articoli selezionati e commentati

Il Diabete n. 4/2017

Francesco Giorgino, Anna Leonardini

Dipartimento dell’Emergenza e dei Trapianti di Organi, Sezione di Medicina Interna, Endocrinologia, Andrologia e Malattie Metaboliche, Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”

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Articolo n. 1

ACE inhibitors and statins in adolescents with type 1 diabetes – ACE inibitori e statine in adolescenti affetti da diabete di tipo 1

Marcovecchio ML, Chiesa ST, Bond S, Daneman D, Dawson S, Donaghue KC, Jones TW, Mahmud FH, Marshall SM, Neil HAW, Dalton RN, Deanfield J, Dunger DB; AdDIT Study Group.

NEJM. 2017 November; 377(18): 1733-1745.

I ragazzi con diabete mellito di tipo 1 hanno un rischio elevato di sviluppare complicanze sia renali che cardiovascolari rispetto alla popolazione generale. L’adolescenza rappresenta un periodo critico per lo sviluppo delle complicanze del diabete poiché i pazienti più difficilmente raggiungono e mantengono un buon controllo glicemico in questo particolare momento della vita. L’aumento rapido dell’escrezione urinaria di albumina durante la pubertà precede lo sviluppo di micro- e macroalbuminuria; inoltre queste modifiche si associano spesso con la dislipidemia, l’ipertensione arteriosa, l’aumento dei livelli di proteina C reattiva (PCR), l’aumento dello spessore intima-media carotideo e aortico e le alterazioni dei vasi retinici. È stato ipotizzato che gli adolescenti con elevati livelli di escrezione dell’albumina potrebbero beneficiarsi dall’uso di ACE-inibitori e/o di statine. Questo studio, denominato Adolescent Type 1 Diabetes Cardio-Renal Intervention Trial (AdDIT), è stato disegnato con l’obiettivo di valutare gli effetti di questi farmaci in adolescenti con diabete di tipo 1. Questi farmaci, infatti, vengono comunemente utilizzati nei diabetici di tipo 1 adulti ma non sono stati pienamente valutati negli adolescenti.

In questo studio sono stati reclutati 4407 pazienti diabetici di tipo 1 tra i 10 e i 16 anni di età, ma sono stati selezionati solo quelli ad elevato rischio per l’insorgenza di potenziali complicanze. Tutti i pazienti avevano una diagnosi di malattia da più di un anno o una diagnosi eseguita entro l’anno ma con livelli di PCR indosabili. 1287 pazienti avevano il valore del rapporto albumina/creatinina, ottenuto su 6 campioni mattutini delle urine e aggiustato per età, sesso e durata della malattia, ai limiti alti della norma: solo questi pazienti hanno continuato lo studio. Gli adolescenti sono stati assegnati in maniera random al trattamento con un ACE-inibitore (da 5 a 10 mg giornalieri di quinapril), al trattamento con statina (atorvastatina 10 mg), al trattamento con una combinazione di entrambi o a placebo.

La più bassa dose di ACE-inibitore o placebo (5 mg) veniva avviata e poi incrementata a 10 mg dopo 2 settimane. Se i pazienti presentavano effetti collaterali la dose veniva riportata a 5 mg e rivalutata la possibilità di un nuovo incremento; in alternativa lo studio continuava con la dose minima. L’obiettivo primario per entrambi gli interventi era rappresentato dalle modifiche nell’escrezione dell’albumina, valutata in base al rapporto albumina/creatinina ottenuto su tre campioni mattutini delle urine ogni 6 mesi per un periodo di follow-up durato dai 2 ai 4 anni. Il rapporto veniva espresso come area sotto la curva. Tra gli obiettivi secondari vi era lo sviluppo di microalbuminuria, la progressione della retinopatia, le modifiche nella velocità di filtrazione glomerulare, l’assetto lipidico e le misurazioni del rischio cardiovascolare valutato mediante lo spessore intima-media, i livelli di PCR ad alta sensibilità e la dimetilarginina asimmetrica (ADMA, un analogo endogeno dell’arginina che inibisce la produzione di ossido nitrico).

L’obiettivo primario (Fig. 1) non veniva modificato dalla terapia con l’ACE-inibitore né da quella con la statina o dalla combinazione dei due. L’utilizzo dell’ACE-inibitore si associava con una più bassa incidenza di microalbuminuria rispetto al placebo; tuttavia, in considerazione del fatto che non era stato raggiunto l’obiettivo primario dello studio, questo risultato (hazard ratio 0,57; intervallo di confidenza 95%, da 0,35 a 0,94) non veniva considerato statiticamente significativo.

L’utilizzo delle statine determinava una riduzione significativa nei livelli di colesterolo totale, colesterolo LDL e non-HDL, trigliceridi e nel rapporto apolipoproteina B/apolipoproteina A1, mentre nessun farmaco aveva effetti significativi sullo spessore intima-media o su altri marcatori di rischio cardio-vascolare, sulla velocità di filtrazione glomerulare o sulla progressione della retinopatia. L’aderenza alla terapia è stata del 75% e il numero di eventi avversi è stato simile tra i gruppi.

In conclusione, l’utilizzo di un ACE inibitore e/o di una statina per un periodo di 2-4 anni non ha modificato il rapporto albumina/creatinina nel tempo. Tuttavia, lo studio presenta alcune limitiazioni, in primis la breve durata del trattamento. Come atteso in questa popolazione, i livelli medi di emoglobina glicata aumentavano approssimativamente dello 0,5% durante il periodo dello studio, nonostante circa la metà dei partecipanti utilizzasse il microinfusore. È verosimile pertanto che il tempo di valutazione dell’insorgenza delle complicanze sia stato troppo breve in considerazione dell’effetto negativo che il peggioramento del compenso glicometabolico può avere avuto sullo sviluppo delle stesse. Non si può escludere che nei prossimi anni si possa osservare un effetto benefico ritardato legato al precoce trattamento con ACE-inibitore e/o statina, come riportato in altri studi di intervento con ipoglicemizzanti orali, statine o antipertensivi, in cui la riduzione delle complicanze vascolari emergeva solo dopo il termine del trial originale. Un follow-up di questa popolazione sarà essenziale nei prossimi anni per valutare i potenziali benefici di un precoce intervento con questi farmaci.

 

Articolo n. 2

Circular noncoding RNA HIPK3 mediates retinal vascular dysfunction in diabetes mellitus – L’RNA circolare non codificante HIPK3 (circHIPK3) media la disfunzione vascolare retinica nel diabete mellito

Shan K, Liu C, Liu BH, Chen X, Dong R, Liu X, Zhang YY, Liu B, Zhang SJ, Wang JJ, Zhang SH, Wu JH, Zhao C, Yan B.

Circulation. 2017; 136: 1629-1642.

Le complicanze vascolari sono la principale causa di morbidità e mortalità tra i pazienti affetti da diabete mellito; tra queste, quelle oculari rappresentano ad oggi la prima causa di cecità e si caratterizzano per la presenza di infiammazione, perdita dei capillari, incremento della permeabilità vascolare e neovascolarizzazione. Gli RNA circolari sono una classe di RNA endogeni non codificanti che regolano l’espressione genica negli eucarioti e agiscono o come microRNA (miRNA) «spugna» in grado di sequestrare le proteine che legano l’RNA o come regolatori trascrizionali nucleari. Essi sono tessuto-specifici e diverse linee di ricerca hanno mostrato che vengono espressi in maniera aberrante nelle malattie vascolari, neurologiche e nei tumori.

Prima di questo lavoro nessuno studio ha valutato il ruolo degli RNA circolari nella disfunzione vascolare retinica indotta dal diabete mellito.

Gli Autori hanno osservato che i livelli di espressione dell’RNA circolare non codificante HIPK3 (circHIPK3) a livello delle membrane fibrovascolari retiniche sono aumentati in soggetti affetti da diabete mellito rispetto ai controlli (Fig. 2). Inoltre, è stato osservato anche un aumento dei suoi livelli circolanti nel plasma dei pazienti diabetici ma non nella componente cellulare del sangue periferico. La quantità di circHIPK3 è risultata maggiore nell’umore acqueo dei pazienti con retinopatia diabetica rispetto ai pazienti con glaucoma, cataratta o trauma. Queste evidenze suggeriscono che circHIPK3 è coinvolto nella patogenesi delle complicanze oculari vascolari legate al diabete mellito.

Per approfondire i meccanismi alla base del ruolo di circHIPK3 nella retinopatia diabetica sono stati utilizzati modelli sperimentali in vivo e in vitro in presenza di un milieu diabetico. Gli studi in vivo sono stati condotti in topi, mentre quelli in vitro sono stati condotti utilizzando cellule endoteliali vascolari retiniche umane (HRVEC). In entrambi i modelli sperimentali si è osservato un aumento dell’espressione di circHIPK3 indotta dall’iperglicemia soprattutto nelle prime fasi quando le alterazioni del flusso sanguigno, l’ispessimento della membrana basale, la perdita di periciti e la riduzione dei vasi causano ipossia, incremento della risposta infiammatoria e neovascolarizzazione.

È stato successivamente valutato l’effetto del silenziamento di circHIPK3 sulla progressione della disfunzione microvascolare diabetica. Le cellule endoteliali sono il principale target del danno iperglicemico. Nel sistema vascolare retinico in presenza di diabete si verifica un’eccessiva e progressiva proliferazione e migrazione di cellule endoteliali. Studi precedenti avevano dimostrato che il silenziamento di circHIPK3 rallenta la velocità di proliferazione delle cellule tumorali. In maniera simile, in questo studio è stato dimostrato un effetto analogo di circHIPK3 sulle cellule endoteliali retiniche. Infatti, in esperimenti in vitro il silenziamento di circHIPK3 ha ridotto la proliferazione anomala, la mobilità e la formazione di strutture tubulari di cellule endoteliali retiniche. Gli Autori hanno così dimostrato il legame tra aumentata espressione di circHIPK3 e disfunzione microvascolare retinica indotta dal diabete mellito.

Studi recenti hanno dimostrato che gli RNA circolari svolgono un ruolo importante nel controllo dei livelli di espressione genica di altre molecole funzionando come miRNA «spugna». Nello studio è stato dimostrato che circHIKP3 agisce come miRNA «spugna» inibendo l’attività di miR-30a-3p, miRNA importante per il suo effetto repressivo sul fattore di crescita vascolare endoteliale C (VEGF-C), su FZD4 e su WNT2, incrementandone l’espressione. Studi precedenti hanno infatti dimostrato che queste proteine sono up-regolate nei disordini della crescita e della funzione vascolare retinica che sono in ultima analisi responsabili della perdita del visus in malattie vascolari oculari come la retinopatia diabetica, la degenerazione maculare senile, l’occlusione arteriosa/venosa retinica e la retinopatia del prematuro.

In conclusione, l’iperglicemia aumenta l’espressione di circHIPK3 in cellule endoteliali retiniche. Quest’effetto è responsabile dell’alterazione della funzione cellulare endoteliale retinica e della disfunzione microvascolare. L’effetto regolatorio di circHIPK3 sulla funzione vascolare retinica è mediata dalla sua interazione con miR-30a-3p endogeno che conduce ad un incremento della proliferazione endoteliale e della disfunzione vascolare. Questo studio sposta l’attenzione su un nuovo meccanismo di regolazione della funzione microvascolare che potrebbe diventare un potenziale target di nuovi trattamenti farmacologici mirati a prevenire le complicanze vascolari indotte dal diabete mellito, in particolare la retinopatia proliferante, utilizzando un approccio basato sull’RNA circolare non codificante.

 

ERRATA CORRIGE

Il vol. 29, n. 3 ottobre 2017 riporta nell’articolo Ruolo della proteina p66Shc nel danno epatico, pancreatico e cardiovascolare, di A. Natalicchio, G. Biondi, F. Giorgino alle pp. 277-279 due immagini errate, si ripubblicano a seguire quelle corrette:

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