a cura di Francesco Giorgino
Dipartimento dell’Emergenza e dei Trapianti di Organi, Sezione di Medicina Interna, Endocrinologia, Andrologia e Malattie Metaboliche, Università degli Studi di Bari “Aldo Moro”
Articolo N. 1
Adipose cell size and regional fat deposition as predictors of metabolic response to overfeeding in insulin-resistant and insulin-sensitive humans – Le dimensioni delle cellule adipose e la deposizione regionale del tessuto adiposo predicono la risposta ad una alimentazione ipercalorica in soggetti insulino-resistenti ed insulino-sensibili
McLaughlin T, Craig C, Liu LF, Perelman D, Allister C, Spielman D, Cushman SW.
Diabetes, 2016 Feb 16.
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Il termine obesità non è sempre sinonimo di insulino-resistenza: nonostante l’obesità si associ spesso a insulino-resistenza esiste una significativa variabilità tra soggetti con lo stesso grado di obesità. È probabile che le caratteristiche biologiche del tessuto adiposo sia a livello cellulare che molecolare e la sua distribuzione regionale contribuiscano all’insulino-sensibilità al di là della quantità di massa grassa di per sé.
Per verificare l’ipotesi che soggetti obesi ed insulino-sensibili possiedano risposte adattative cellulari e tissutali a livello del tessuto adiposo, sono state analizzate le dimensioni delle cellule adipose sottocutanee, la soppressione della lipolisi da parte dell’insulina e le risposte regionali del tessuto adiposo ad una alimentazione ipercalorica eseguita per un breve periodo in soggetti sovrappeso/obesi classificati come insulino-sensibili o insulino-resistenti.
Mediante annunci su un giornale locale sono stati reclutati nell’area della baia di San Francisco soggetti adulti con un BMI compreso tra 25 e 35 kg/m2, stabile nei tre mesi precedenti, di età compresa tra i 30 e i 60 anni. I soggetti dovevano avere una glicemia a digiuno <126 mg/dl in assenza di farmaci in grado modificare l’omeostasi glicemica o l’insulino-sensibilità, e anamnesi negativa per storia di danno d’organo maggiore, condizioni infiammatorie, neoplasie maligne, ipertensione non controllata (P.A. >160/90 mmHg), condizioni psichiatriche attive, e uso di farmaci per perdere peso. Infine, non dovevano svolgere attività fisica intensa superiore alle 7 ore settimanali né dovevano essere stati sottoposti ad interventi di chirurgia bariatrica o di liposuzione.
Al basale i soggetti insulino-resistenti avevano più tessuto adiposo viscerale (VAT), maggiore contenuto di lipidi intraepatici (IHL), maggiore quantità di acidi grassi liberi plasmatici, maggior diametro degli adipociti e maggiore percentuale di adipociti piccoli. Con l’aumento del peso (3,1 ± 1,4 kg), i soggetti insulino-resistenti non mostravano significativi cambiamenti delle dimensioni degli adipociti, del tessuto adiposo viscerale o della soppressione della lipolisi da parte dell’insulina e solo l’8% mostrava un peggioramento dell’uptake del glucosio stimolato dall’insulina (IMGU). I soggetti insulino-sensibili, invece, mostravano un aumento delle dimensioni degli adipociti, una riduzione della percentuale dei piccoli adipociti e incrementi del tessuto adiposo viscerale, dell’IHL, della lipolisi nonché un peggioramento del 45% dell’IMGU insieme ad una ridotta espressione dei geni che controllano il metabolismo lipidico. Minori erano le dimensioni degli adipociti al basale e maggiore il loro ingrandimento con l’aumento del peso, che era anche predittivo del declino dell’IMGU, così come dell’aumento dell’IHL, del tessuto adiposo viscerale e della riduzione della soppressione della lipolisi da parte dell’insulina.
Nello specifico, l’analisi della distribuzione degli adipociti in base alle loro dimensioni è stata eseguita attraverso l’analizzatore di particelle “Multisizer” (Fig. 1) che permetteva mediante l’elaborazione di grafici di individuare per ciascun soggetto un “nadir”, definito come il punto a metà strada che due popolazioni di cellule presentavano con elevata frequenza. La “percentuale di piccole cellule” era definita dalla percentuale di adipociti sotto il nadir e “il picco di diametro” veniva definito come il diametro più elevato che gli adipociti raggiungevano con maggiore frequenza. Queste misure sono più descrittive rispetto alla valutazione della media o mediana delle dimensioni di una popolazione cellulare. Come si può osservare dai grafici rappresentativi in Figura 1, i soggetti insulino-resistenti avevano un picco significativamente più largo, un più alto nadir e una percentuale più grande di piccole cellule rispetto ai soggetti insulino-sensibili (Fig. 1A). Dopo la dieta ipercalorica il picco di diametro aumentava in entrambi i gruppi ma questo cambiamento era statisticamente significativo solo nel gruppo insulino-sensibile (da 108+15 a 115+14 µm, p=0,015, vs. da 120+16 a 125+13 µm, p=0,31) (Fig. 1B). Il nadir si spostava significativamente a destra nel gruppo insulino-sensibile (p=0,012), ma nessun cambiamento si osservava nel gruppo insulino-resistente (Fig. 1C) e la percentuale di adipociti piccoli si riduceva significativamente nel gruppo insulino-sensibile (p=0,029) ma non nel gruppo insulino-resistente (Fig. 1D).
In conclusione, nei soggetti insulino-sensibili l’aumento di peso causa cambiamenti mal-adattativi negli adipociti, nella distribuzione regionale del tessuto adiposo e nell’insulino-sensibilità. La correlazione tra il peggioramento dell’insulino-sensibilità e l’ipertrofia degli adipociti, l’aumento del VAT e dell’IHL e la soppressione della lipolisi mediata dall’insulina rende questi fattori dei potenziali mediatori tra l’obesità e l’insulino-resistenza. Ulteriori ricerche saranno necessarie per determinare cosa guida o previene l’ipertrofia degli adipociti e quali sono i processi metabolici e cellulari che una volta attivati creano un legame tra l’ipertrofia degli adipociti e l’espansione del VAT e dell’IHL e l’insulino-resistenza sistemica.
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