Studio degli effetti della betaina in cardiomioblasti coltivati in normoglicemia e iperglicemia

Un’eccessiva concentrazione di glucosio a livello cardiaco danneggia la morfologia e la funzionalità della cellula cardiaca compromettendo la risposta dell’organo allo stimolo ischemico. In condizione di iperglicemia (IG), le cellule cardiache progenitrici perdono la loro capacità proliferativa e differenziativa, divengono ipertrofiche e vanno incontro ad apoptosi. Negli ultimi anni sono stati condotti numerosi studi finalizzati ad individuare molecole in grado di contrastare tali danni. Da tempo l’azione benefica della betaina (B) o trimetilglicina (componente di molti alimenti) è indagata in cellule caratterizzate da un alterato metabolismo glucidico, come gli epatociti affetti da steatosi.  Pochi studi hanno però investigato la possibile azione di questo nutraceutico a livello cardiaco. Abbiamo quindi valutato gli effetti a 24 h del trattamento con B 10 mM in cardiomioblasti immortalizzati di ratto (linea cellulare H9c2) coltivati per 48 h in condizione di normoglicemia (5 mM glucosio=NG), iperglicemia media (25 mM glucosio=MG) o alta iperglicemia (33 mM glucosio=HG). A livello morfologico il trattamento con B mitiga l’ipertrofia indotta dall’IG. Anche la capacità proliferativa dei cardiomioblasti, significativamente ridotta in MG e HG, risulta migliorata a seguito del trattamento. Le analisi condotte tramite western blot hanno evidenziato come tali effetti si associno ad un’attivazione della via del segnale di IGF-I, con un significativo aumento dell’espressione del suo recettore e dei livelli di attivazione di AKT. Molto interessanti sono stati, anche, i dati ottenuti analizzando le cellule normoglicemiche: lo stimolo con B, in questo caso, induce delle alterazioni morfologiche riconducibili all’ipertrofia, una riduzione della capacità proliferativa e un’inattivazione della via del segnale di IGF-I. I risultati preliminari indicano come l’azione della B sia funzione della concentrazione di glucosio nel medium di coltura confermando l’importanza del microambiente iperglicemico cardiaco nella valutazione di un possibile trattamento terapeutico.